Summa Teologica - I |
C. G., III, c. 65; De Pot., q. 5, a. 1; In Ioan., c. 5, lect. 2; In Hebr., c. 1, lect.
Pare che le creature non abbiano bisogno di essere conservate da Dio.
1. Ciò che non può non essere non ha bisogno di venir conservato nell'essere, come ciò che non può allontanarsi da un luogo non ha bisogno di esservi trattenuto perché non se ne allontani.
Ora, vi sono delle creature che, in virtù della loro natura, non possono non essere.
Quindi non tutte le creature hanno bisogno di venir conservate da Dio nel loro essere.
- Prova della minore.
Ciò che è inerente a una cosa come sua proprietà essenziale è necessario che si trovi in essa, ed è impossibile che in quella cosa si trovi il suo contrario: come è necessario che il numero due sia pari, ed è impossibile che sia dispari.
Ora, l'essere è annesso di per sé alla forma: poiché ogni ente è in atto in quanto ha la forma.
Ma esistono delle creature che sono forme sussistenti, come fu detto [ q. 50, aa. 2,5 ] degli angeli: a queste perciò l'essere inerisce di necessità.
E la medesima ragione vale per quelle cose la cui materia è in potenza a una sola forma, come si è già visto [ q. 66, a. 2 ] a proposito dei corpi celesti.
Quindi tali creature, in forza della loro natura, esistono necessariamente, e non possono non esistere: infatti la potenza a non essere non può fondarsi né sulla forma, a cui segue necessariamente l'essere, né sulla materia la quale, non essendo in potenza a un'altra forma, esiste sotto una forma che non può perdere.
2. Dio è più potente di qualunque agente creato.
Ma si danno degli agenti creati capaci di comunicare ai loro effetti il potere di conservarsi da sé nell'essere, anche al cessare della loro azione: come al cessare dell'azione del muratore resta la casa, e al cessare dell'azione del fuoco l'acqua rimane calda per qualche tempo.
Quindi a più forte ragione Dio può conferire alle sue creature il potere di conservarsi nell'essere, pur cessando egli dalla sua azione.
3. Nessun fatto violento può verificarsi senza una causa agente.
Ora, tendere al non essere è cosa contro natura e violenta per tutte le creature: poiché ogni creatura appetisce naturalmente l'essere.
Quindi nessuna creatura può tendere al non essere se non in forza di un agente che la porti alla distruzione.
Ma vi sono degli esseri la cui distruzione sfugge alla forza di qualsiasi agente, come le sostanze spirituali e i corpi celesti.
Quindi tali creature non possono tendere al non essere, anche cessando l'azione di Dio.
4. Se Dio conserva le cose nell'essere, ciò avverrà in forza di una sua azione.
Ora qualunque azione, se è efficace, produce qualcosa nell'effetto.
Quindi l'azione conservatrice di Dio dovrà produrre degli effetti nella creatura.
- Ma ciò non risulta.
Infatti una tale azione non produce l'essere della creatura, poiché non si può fare ciò che già esiste.
E d'altra parte non produce qualche nuova perfezione: perché altrimenti o Dio non conserverebbe di continuo la creatura nell'essere, oppure le aggiungerebbe di continuo qualcosa, il che è inammissibile.
Quindi le creature non sono conservate nell'essere da Dio.
Sta scritto [ Eb 1,3 ]: « Egli sostiene tutto con la potenza della sua parola ».
Tanto secondo la fede quanto secondo la ragione è necessario affermare che le creature sono conservate nell'essere da Dio.
Per una chiara dimostrazione di ciò dobbiamo osservare che una cosa può essere conservata da altri in due modi.
Primo, indirettamente e per accidens, ed è il caso di chi tiene lontano da una cosa quanto potrebbe distruggerla: come se uno bada a un bambino affinché non caschi nel fuoco, si dice che lo conserva.
E anche in questo senso si dice che Dio conserva alcuni esseri, ma non tutti: poiché si danno degli esseri per i quali non esistono cause da tener lontane perché atte a distruggerli.
- Secondo, si può conservare una cosa formalmente e direttamente [ per se ]: quando cioè la cosa conservata dipende talmente da ciò che la conserva da non poter esistere senza di esso.
E in questo modo tutte le creature hanno bisogno di essere conservate da Dio.
Infatti l'essere di qualunque creatura dipende da Dio in maniera tale che le creature non potrebbero sussistere nemmeno per un istante, ma ricadrebbero nel nulla, se non venissero conservate nell'essere dall'azione della potenza divina, come scrive S. Gregorio [ Mor 16,37 ].
Ed eccone la spiegazione.
Ogni effetto dipende dalla sua causa, nella misura in cui questa è causa.
Ma bisogna osservare che alcuni agenti sono causa del loro effetto non direttamente quanto all'essere, ma solo quanto al divenire.
E ciò si verifica sia per i manufatti che per le realtà naturali.
Come chi edifica una casa è causa del suo divenire [ della sua costruzione ], ma non direttamente del suo essere.
È evidente infatti che l'essere della casa consegue alla forma della casa: la quale forma, consistente nell'ordinamento e nella struttura [ propria di una casa ], dipende dalle proprietà fisiche del materiale usato.
Come infatti il cuoco cucina i cibi usando la forza attiva del fuoco, così il muratore costruisce la casa impiegando calce, pietre e legname, che sono materiali atti a ricevere e a conservare quella struttura e quell'ordinamento.
Quindi l'essere della casa dipende dalla natura di quei materiali, mentre il suo divenire, [ cioè la sua costruzione ], dipende dall'azione del muratore.
- E un ragionamento analogo vale per le realtà naturali.
Perché se un dato agente non è causa della forma in quanto tale, non sarà direttamente causa dell'essere che accompagna quella forma, ma sarà causa dell'effetto solo quanto al suo divenire.
Ora è evidente che, se due cose appartengono alla medesima specie, una non può essere causa diretta e adeguata [ per se ] della forma dell'altra in quanto è una forma di tale natura: perché altrimenti dovrebbe essere causa della propria forma, essendo identica l'essenza di ambedue.
Può essere invece causa di tale forma in quanto essa viene a trovarsi in una data materia: può cioè far sì che questa materia riceva questa forma.
Ma ciò equivale a essere causa del divenire: ed è così che l'uomo genera l'uomo, e il fuoco il fuoco.
Ogni volta quindi che un effetto naturale subisce l'influsso di una causa agente nello stesso ordine essenziale dell'agente, l'effetto dipende dalla causa agente per il suo divenire, ma non per il suo essere.
- Altre volte invece l'effetto non riceve l'influsso causale dall'agente secondo la medesima natura dell'agente stesso, come è evidente per tutte le cause agenti che non producono effetti della medesima specie: i corpi celesti, p. es., causano la generazione dei corpi inferiori che sono dissimili nella specie.
Ora, un agente di questo genere può causare la forma come tale, e non solamente in quanto è ricevuta in una data materia: perciò non è causa soltanto del divenire, ma [ anche ] dell'essere.
Come dunque non può durare il divenire di una cosa se cessa l'azione dell'agente che è causa del suo divenire, così non può durare il suo essere se cessa l'azione dell'agente che è causa dell'effetto non solo quanto al divenire, ma anche quanto all'essere.
Ed è questa la ragione per cui l'acqua rimane calda pur cessando l'azione del fuoco, mentre l'aria non resta illuminata neppure un istante al cessare dell'azione del sole.
Appunto perché la materia dell'acqua è capace di ricevere il calore del fuoco secondo la medesima natura che ha nel fuoco: per cui, se viene portata a possedere perfettamente la forma del fuoco, manterrà il calore per sempre; se invece partecipa della forma del fuoco in modo imperfetto, il calore non vi rimarrà sempre, ma per un certo tempo, a causa di quella debole partecipazione del principio del calore.
L'aria invece non è disposta in alcun modo a ricevere la luce secondo la medesima forma o natura in cui si trova nel sole, vale a dire secondo la forma del sole, che è il principio della luce: e così, al cessare dell'azione del sole, cessa anche la luce che non ha nell'aria la sua radice.
Ora, ogni creatura è in rapporto a Dio come l'aria in rapporto al sole che la illumina.
Come infatti il sole è risplendente per sua natura, mentre l'aria diventa luminosa partecipando la luce del sole senza partecipare la natura del sole, così Dio è il solo ente per essenza, poiché la sua essenza si identifica col suo essere, mentre ogni creatura è ente per partecipazione, poiché in essa l'essenza non si identifica con l'essere.
Per cui S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4,12.22 ] scrive che « se per ipotesi la potenza di Dio cessasse di sostenere le realtà create, cesserebbe all'istante anche la loro specie, e ogni natura verrebbe meno ».
E ancora [ De Gen. ad litt. 8,12.25 ]: « Come l'aria diventa luminosa alla presenza della luce, così l'uomo si illumina quando Dio gli è presente, mentre subito si ottenebra quando Dio si ritrae ».
1. L'essere è annesso di per sé alla forma della creatura, previo però l'influsso di Dio: come la luce segue alla qualità diafana dell'aria previo l'influsso del sole.
Quindi per le creature spirituali e per i corpi celesti la potenza a non essere risiede più in Dio che può sottrarre il suo influsso che non nella forma o nella materia di tali creature.
2. Dio non può comunicare a nessuna creatura il potere di conservarsi da sé nell'essere, al cessare della sua azione; come non può far sì che non dipenda da lui l'origine della sua esistenza.
Infatti la creatura ha tanto bisogno di essere conservata da Dio quanto ne ha l'essere dell'effetto di dipendere dalla causa dell'essere.
Quindi il paragone di un agente che è causa del divenire soltanto, e non dell'essere, non regge.
3. L'argomento vale per quella specie di conservazione che consiste nel rimuovere gli agenti disgregatori, e della quale non tutte le creature hanno bisogno, come si è detto [ nel corpo ].
4. Dio non conserva le cose con una nuova azione, ma continuando l'azione con la quale dà l'essere, azione che non è soggetta né al moto né al tempo.
Come anche la conservazione della luce nell'aria si attua per un influsso continuato del sole.
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