Summa Teologica - I-II |
Pare che esista un timore naturale.
1. Il Damasceno [ De fide orth. 3,23 ] afferma che « esiste un timore naturale, non volendo l'anima separarsi dal corpo ».
2. Il timore, come si è detto [ a. 2, ad 1 ], nasce dall'amore.
Ora, al dire di Dionigi [ De div. nom. 4 ], esiste un amore naturale.
Quindi esiste anche un timore naturale.
3. Il timore si oppone alla speranza, come si è visto [ q. 40, a. 4, ad 1 ].
Ora, esiste una speranza naturale, come è evidente da ciò che S. Paolo [ Rm 4,18 ] dice a proposito di Abramo, il quale « credette contro la speranza » della natura « nella speranza » della grazia.
Quindi esiste anche un timore naturale.
Le proprietà naturali si riscontrano sia negli esseri animati che in quelli inanimati.
Ma il timore non si trova negli esseri inanimati.
Quindi non esiste un timore naturale.
Si dice che un moto è naturale perché verso di esso inclina la natura.
Ma ciò può avvenire in due modi.
Primo, nel senso che la natura ne è la causa totale, senza l'intervento di una facoltà conoscitiva: sono moti naturali in questo senso il moto del fuoco verso l'alto, e la crescita degli animali e delle piante.
- Secondo, si dice che un moto è naturale nel senso che la natura vi è inclinata, sebbene esso non si compia se non mediante la conoscenza: sopra [ q. 10, a. 1; q. 17, a. 9, ad 2 ] infatti abbiamo detto che i moti delle facoltà conoscitive e appetitive si riportano alla natura come al loro primo principio.
E in questo senso anche gli atti delle facoltà conoscitive, quali l'intellezione, la sensazione e il ricordo, nonché i moti dell'appetito animale, talora sono detti naturali.
E in questo modo anche il timore può essere naturale.
E si distingue dal timore non naturale in base a una diversità di oggetti.
Infatti, come dice il Filosofo [ Reth. 2,5 ], c'è un timore che ha per oggetto « il male atto a distruggere » e che la natura fugge per il naturale desiderio di esistere: e questo timore è detto naturale.
C'è poi un timore che ha per oggetto « un male atto a contristare », il quale non si contrappone alla natura, ma al desiderio dell'appetito: e questo timore non è naturale.
Come anche sopra [ q. 26, a. 1; q. 30, a. 3; q. 31, a. 7 ] abbiamo distinto l'amore, la concupiscenza e il piacere in naturali e non naturali.
Stando invece alla prima accezione del termine naturale, bisogna sapere che certe passioni dell'anima, come l'amore, il desiderio e la speranza, possono essere denominate naturali, a differenza delle altre.
E ciò perché l'amore e l'odio, il desiderio e la fuga implicano una certa inclinazione a perseguire il bene o a fuggire il male; e questa inclinazione si riscontra anche nell'appetito naturale.
Quindi esiste un amore naturale, o fisico: e così negli esseri naturali privi di conoscenza si può parlare in qualche modo di desiderio e di speranza.
- Invece le altre passioni dell'anima implicano dei moti per i quali è del tutto inadeguata l'inclinazione naturale.
O perché la natura di tali passioni implica una sensazione o conoscenza, come si è visto [ q. 31, aa. 1,3; q. 35, a. 1 ] per il godimento e per il dolore, per cui gli esseri privi di conoscenza non possono né godere né soffrire, oppure perché tali moti sono contrari alla tendenza delle inclinazioni naturali: infatti la disperazione distoglie da un bene per qualche obiezioni, e il timore rifugge dall'impugnare un male contrario mentre l'inclinazione naturale spingerebbe in quella direzione.
Quindi queste passioni in nessun modo vengono attribuite agli esseri inanimati.
E così sono risolte anche le obiezioni.
Indice |