Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 24, q. 3, a. 1
Pare che il peccato di compiacenza o dilettazione morosa non sia nella ragione.
1. La compiacenza è un moto della facoltà appetitiva, come si è detto [ q. 31, a. 1 ].
Ma le potenze appetitive sono distinte dalla ragione, che è una potenza conoscitiva.
Quindi la dilettazione morosa non ha sede nella ragione.
2. È dagli oggetti che risulta quale sia la potenza a cui un atto appartiene, avendo l'atto la funzione di applicare la potenza al suo oggetto.
Ora, la dilettazione morosa spesso riguarda beni sensibili, e non beni di ordine razionale.
Quindi il peccato di dilettazione morosa non è nella ragione.
3. Una cosa viene detta morosa per il suo prolungarsi nel tempo.
Ma la durata non è un motivo sufficiente per assegnare un atto a una data potenza.
Quindi la dilettazione morosa non appartiene alla ragione. In contrario: S. Agostino [ De Trin. 12,12.17 ] ha scritto: « Se il consenso dell'attrattiva peccaminosa si ferma alla sola compiacenza del pensiero, giudico l'atto come se soltanto la donna avesse mangiato il frutto proibito ».
Ora, nell'interpretazione di S. Agostino [ De Trin. 12,12.17 ] la donna sta a indicare la ragione inferiore.
Quindi il peccato di dilettazione morosa è nella ragione.
Come si è visto [ a. prec. ], il peccato si può produrre nella ragione non solo rispetto al proprio atto, ma anche in quanto dirige gli atti umani.
Ora, è chiaro che la ragione dirige non solo gli atti esterni, ma anche quelli interni delle passioni.
Perciò, quando la ragione sbaglia nel dirigere le passioni interiori, si dice che in essa c'è un peccato, come anche quando sbaglia nel dirigere gli atti esterni.
E lo sbaglio nel dirigere le passioni interiori può avvenire in due modi.
Primo, col comandare passioni illecite: come quando uno provoca in se stesso deliberatamente un moto d'ira o di concupiscenza.
Secondo, col non reprimere un moto passionale illecito: come quando uno, dopo aver avvertito che un incipiente moto passionale è disordinato, si trattiene ancora in esso, senza scacciarlo.
E in questo senso si dice che il peccato di dilettazione morosa è nella ragione.
1. La dilettazione ha come principio prossimo la facoltà appetitiva, ma ha nella ragione il suo primo movente: d'altra parte sopra [ a. 1 ] si è spiegato che le azioni intransitive, o immanenti, risiedono nei loro princìpi.
2. La ragione ha il proprio atto illecito in rapporto al proprio oggetto, ma ha pure la direzione di quanto forma l'oggetto delle potenze inferiori, che essa dirige.
E da questo lato anche la compiacenza riguardo agli oggetti sensibili appartiene alla ragione.
3. La dilettazione viene detta morosa non per un prolungamento di tempo, ma perché la ragione nel deliberare indugia in essa, senza scacciarla: la ragione cioè, al dire di S. Agostino [ De Trin. 12,12.17 ], « trattiene e medita volentieri cose che appena giunte all'anima si sarebbero dovute respingere ».
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