Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 57, a. 6; In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 1, sol. 3
Pare che l'eubulia non sia una virtù distinta dalla prudenza.
1. Il Filosofo [ Ethic. 6, cc. 5,7,9 ] scrive che « è proprio dell'uomo prudente ben consigliare », o deliberare.
Ma questo è il compito dell'eubulia, come si è visto [ a. prec. ].
Perciò l'eubulia non è distinta dalla prudenza.
2. Gli atti umani, a cui le virtù sono ordinate, sono specificati principalmente dal fine, come si è spiegato sopra [ I-II, q. 1, a. 3; q. 18, a. 6 ].
Ora, stando ad Aristotele [ Ethic. 6,9 ], l'eubulia e la prudenza sono ordinate allo stesso fine: esse cioè non sono ordinate a un fine particolare, ma al fine universale di tutta la vita umana.
Quindi l'eubulia non è una virtù distinta dalla prudenza.
3. Nelle scienze speculative è compito di una medesima scienza investigare e determinare.
Per la stessa ragione quindi queste due cose apparterranno alla medesima virtù in campo pratico.
Ora, investigare è compito dell'eubulia, determinare invece della prudenza.
Quindi l'eubulia non è una virtù distinta dalla prudenza.
Come dice Aristotele [ Ethic. 6,10 ], « la prudenza ha il compito di comandare ».
Ma ciò non spetta all'eubulia.
Quindi l'eubulia è una virtù distinta dalla prudenza.
La virtù, come fu spiegato in precedenza [ q. 47, a. 4; I-II, q. 55, aa. 2,3 ], è ordinata propriamente all'atto, rendendolo buono.
Perciò la distinzione delle virtù deve seguire la distinzione degli atti: e specialmente quando il costitutivo della bontà dei vari atti è diverso.
Se infatti fosse identico il costitutivo della loro bontà, allora i diversi atti apparterrebbero a una stessa virtù: come dal medesimo motivo dipende la bontà dell'amore, del desiderio e del godimento, per cui tutti questi atti appartengono alla sola virtù della carità.
Invece gli atti della ragione che sono ordinati all'operazione sono diversi, ed è diverso il costitutivo della loro bontà: diversi infatti sono i motivi che rendono un uomo adatto a ben deliberare, a ben giudicare e a ben comandare; il che si dimostra col fatto che queste funzioni talora sono separate fra di loro.
Perciò l'eubulia, che rende l'uomo disposto a ben consigliare, è una virtù distinta dalla prudenza, che predispone l'uomo a ben comandare.
E come la deliberazione è ordinata al comando, che è l'atto principale, così l'eubulia è ordinata alla prudenza come alla virtù principale, senza della quale non sarebbe neppure una virtù, come non lo sono le virtù morali senza la prudenza, e tutte le virtù senza la carità.
1. Il consiglio, o deliberazione, spetta alla prudenza poiché tocca ad essa comandarlo; ma è compito dell'eubulia l'esercitarlo.
2. All'unico fine ultimo, che è « il ben vivere nella sua totalità », sono ordinati diversi atti secondo un certo ordine: prima infatti viene il consiglio, segue il giudizio e per ultimo viene il precetto, che si rapporta immediatamente al fine ultimo, mentre gli altri due atti sono remoti nei suoi riguardi.
Essi però hanno due fini prossimi: infatti il consiglio, o deliberazione, mira a scoprire le azioni da compiere, mentre il giudizio mira a determinarle.
Per cui da ciò non segue che l'eubulia e la prudenza siano la stessa virtù, ma che l'eubulia è ordinata alla prudenza come una virtù secondaria alla virtù principale.
3. Anche in campo speculativo la dialettica, che è ordinata alla ricerca della verità, è distinta dalla scienza dimostrativa, che è fatta per determinarla.
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