Summa Teologica - II-II |
Infra, q. 84, a. 2; C. G., III, c. 119; In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 3, sol. 3; In De Trin., q. 3, a. 2
Pare che il culto di latria non abbia degli atti esterni.
1. Nel Vangelo [ Gv 4,24 ] si legge: « Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità ».
Ma gli atti esterni non appartengono allo spirito, bensì al corpo.
Quindi la religione, a cui appartiene l'adorazione, non ha atti esterni, ma solo interni.
2. Il fine della religione è di rendere a Dio riverenza e onore.
Ma rendere a una persona superiore gli omaggi che si offrono agli inferiori è un'irriverenza.
Siccome dunque ciò che l'uomo offre con gli atti del corpo pare ordinato a soddisfare l'indigenza di altri uomini, o a riverire creature inferiori, non pare che tali atti possano essere usati per rendere onore a Dio.
3. S. Agostino [ De civ. Dei 6,10 ] loda Seneca perché aveva ripreso alcuni i quali offrivano agli idoli cose che si è soliti offrire agli uomini: poiché ad esseri immortali non si addicono le cose proprie dei mortali.
Ma queste meno che mai si addicono al vero Dio, il quale « è eccelso sopra tutti gli dèi » [ Sal 95,3 ].
Quindi è riprovevole che si renda un culto a Dio con atti del corpo.
E così la religione non ammette atti corporali.
Sta scritto [ Sal 84,3 ]: « Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente ».
Ora, come gli atti interni appartengono al cuore, così quelli esterni appartengono alle membra della nostra carne.
Quindi Dio deve essere onorato nel culto non solo con atti interni, ma anche con atti esterni.
Noi prestiamo a Dio riverenza e onore non per lui stesso, che in sé è così pieno di gloria che nessuna creatura può aggiungergli nulla, ma per noi: poiché mediante la riverenza e l'onore che prestiamo a Dio la nostra mente si sottomette a lui, raggiungendo così la propria perfezione.
Infatti ogni essere raggiunge la perfezione per il fatto che si subordina a una realtà superiore: come il corpo per il fatto che è vivificato dall'anima, e l'aria perché è illuminata dal sole.
Ora l'anima umana, per unirsi a Dio, ha bisogno di essere guidata dalle realtà sensibili: poiché, come dice l'Apostolo [ Rm 1,20 ], « le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute ».
Perciò nel culto divino è necessario servirsi di realtà materiali come di segni mediante i quali l'anima umana venga eccitata alle azioni spirituali che la uniscono a Dio.
La religione quindi abbraccia degli atti interni, che sono come principali e appartenenti di per sé alla religione, e degli atti esterni, che sono secondari e ordinati a quelli interni.
1. Il Signore in quel testo si riferisce a ciò che è principale e direttamente richiesto nel culto divino.
2. Queste cose esterne non vengono offerte a Dio come se egli ne avesse bisogno, poiché sta scritto [ Sal 50,13 ]: « Mangerò forse la carne dei tori, berrò forse il sangue dei capri? », ma vengono offerte a Dio come segni degli atti interni spirituali, che egli accetta per se stessi.
Per cui S. Agostino [ De civ. Dei 10,5 ] ha scritto: « Il sacrificio visibile è un sacramento, cioè un segno sacro del sacrificio invisibile ».
3. Gli idolatri vengono derisi per il fatto che offrivano agli idoli doni adatti per gli uomini non come segni invitanti ad azioni spirituali, ma come cose gradite agli idoli per se stesse.
E specialmente perché si trattava di cose vane e turpi.
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