Summa Teologica - II-II |
In 3 Ethic., lect. 22
Pare che l'intemperanza non sia un peccato infantile.
1. Commentando quel passo evangelico [ Mt 18,3 ]: « Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini », ecc., S. Girolamo [ In Mt 3, su 18,4 ] afferma che « il bambino non persevera nell'ira, se è percosso non se ne ricorda e nel vedere una bella donna non se ne compiace »: il che è il contrario dell'intemperanza.
Perciò l'intemperanza non è un peccato infantile.
2. I bambini non hanno altri desideri, o concupiscenze, all'infuori di quelli naturali.
Ma in rapporto a questi desideri è raro peccare di intemperanza, come nota il Filosofo [ Ethic. 3,11 ].
Quindi l'intemperanza non è un peccato infantile.
3. I bambini devono essere nutriti e allevati.
Invece la concupiscenza e il piacere, che sono oggetto dell'intemperanza, vanno combattuti ed estirpati, secondo l'esortazione di S. Paolo [ Col 3,5 ]: « Mortificate quella parte di voi che appartiene alla terra, cioè le passioni e i desideri cattivi », ecc.
Perciò l'intemperanza non è un peccato infantile.
Il Filosofo [ Ethic. 3,12 ] afferma che noi « attribuiamo il nome di intemperanza ai difetti dei bambini ».
Una cosa può dirsi infantile per due motivi.
Primo, perché è propria dei bambini.
E il Filosofo [ cf. s. c. ] non intende dire che l'intemperanza è un peccato infantile in questo senso.
- Secondo, per una certa somiglianza.
Ed è in questo senso che i peccati di intemperanza sono detti infantili.
Infatti il peccato di intemperanza è un eccesso di concupiscenza, che assomiglia al bambino sotto tre aspetti.
Primo, quanto all'oggetto che viene desiderato.
Come il bambino infatti, così anche la concupiscenza brama qualcosa di indecente.
E ciò perché il decoro negli atti umani dipende dall'essere ordinati secondo la ragione: per cui Cicerone [ De off. 1,27 ] afferma che « è bello quanto si addice alla grandezza dell'uomo in ciò che per natura lo differenzia dagli altri animali ».
Invece il bambino non bada all'ordine della ragione.
E così anche « la concupiscenza non ascolta la ragione », come dice il Filosofo [ Ethic. 7,6 ].
Secondo, l'intemperanza e la puerizia coincidono negli effetti.
Se infatti il bambino viene lasciato al proprio volere, diviene più ostinato; nella Scrittura [ Sir 30,8 ] infatti si legge: « Un cavallo non domato diventa restio, e un figlio lasciato a se stesso diventa uno sventato ».
E la stessa cosa vale per la concupiscenza, che se viene soddisfatta acquista più vigore, come nota S. Agostino [ Conf. 8,5 ]: « Mentre si serve alla passione, ecco che si forma l'abitudine; e non resistendo all'abitudine, ecco la necessità ».
Terzo, esse coincidono nei rimedi consigliati per l'una e per l'altra.
Infatti il bambino viene corretto con la coercizione, secondo le parole dei Proverbi [ Pr 23,13s ]: « Non risparmiare al giovane la correzione; se tu lo batti con la verga, lo salverai dall'inferno ».
E così pure, resistendo alla concupiscenza, la si riconduce alla misura dell'onestà.
Per cui S. Agostino [ De musica 6,11.29 ] afferma che « quando l'anima si innalza e si fissa nelle realtà spirituali, la forza dell'abitudine », cioè della concupiscenza carnale, « si spezza, e un po' per volta si smorza e si estingue.
Se infatti la assecondiamo, diventa più grande; se invece la reprimiamo, non viene annientata, ma certo diventa più debole ».
E il Filosofo [ Ethic. 3,12 ] scrive che « come il fanciullo deve stare al comando del pedagogo, così la concupiscenza deve adeguarsi alla ragione ».
1. L'obiezione prende il termine « infantile » nel senso di una cosa che si trova nei bambini.
Ora, il peccato di intemperanza non è infantile in questo senso, ma per una certa somiglianza, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].
2. Una concupiscenza, o desiderio, può dirsi naturale in due modi.
Primo, in senso generico.
E in questo senso la temperanza e l'intemperanza hanno per oggetto delle concupiscenze naturali: infatti riguardano le concupiscenze dei cibi e dei piaceri venerei, che sono ordinate alla conservazione della natura.
- Secondo, una concupiscenza può dirsi naturale quanto alla specie di ciò che la natura richiede per la propria conservazione.
E in questo senso non si pecca frequentemente rispetto alle concupiscenze naturali.
Infatti la natura non cerca se non quanto esige la necessità della natura stessa, nel cui desiderio non c'è peccato se non per un eccesso quantitativo; e secondo il Filosofo [ l. cit. nell'ob. ] è solo in questo modo che si pecca nelle concupiscenze di ordine naturale.
Si pecca invece maggiormente in certi incentivi alla concupiscenza escogitati dall'industria umana: quali ad es. la squisitezza dei cibi e l'abbigliamento delle donne.
E anche se i bambini non badano molto a queste cose, tuttavia l'intemperanza viene detta infantile per le ragioni esposte [ nel corpo ].
3. Nei bambini si deve nutrire e incrementare tutto ciò che è proprio della natura.
Ciò che invece è dovuto a una mancanza di ragione non va favorito in essi, ma piuttosto corretto, come si è già sottolineato [ ib. ].
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