Summa Teologica - II-II |
Supra, q. 3, a. 1; In 4 Sent., d. 15, q. 3, a. 1, sol. 3
Pare che il digiuno non sia un atto di astinenza.
1. Nel commentare quel passo evangelico [ Mt 17,21 ]: « Questa razza di demoni », ecc., S. Girolamo [ Glossa ord. ] afferma: « Il digiuno non consiste nell'astenersi dai soli cibi, ma da tutte le seduzioni ».
Ma ciò è comune a tutte le virtù.
Quindi il digiuno non è propriamente un atto di astinenza.
2. S. Gregorio [ In Evang. hom. 17 ] insegna che il digiuno quaresimale è la decima di tutto l'anno.
Ora, pagare le decime è un atto di religione, come si è detto [ q. 85, introd. ].
Perciò il digiuno è un atto di religione e non di astinenza.
3. L'astinenza è una virtù annessa alla temperanza, come si è detto sopra [ q. 143; q. 146, a. 1, ad 3 ].
Ma la temperanza è distinta dalla fortezza, a cui spetta il sopportare i disagi, che si presentano molto grandi nel digiuno.
Quindi il digiuno non è un atto di astinenza.
S. Isidoro [ Etym. 4,19 ] insegna che « il digiuno è parsimonia nel vitto e astinenza dai cibi ».
È identica la materia di un abito e dei suoi atti.
Perciò ogni atto virtuoso che riguarda una determinata materia appartiene alla virtù che è specificata da quella materia.
Ora, il digiuno riguarda il vitto, in cui il giusto mezzo è determinato dall'astinenza.
Per cui risulta chiaro che il digiuno è un atto di astinenza.
1. Il digiuno propriamente detto consiste nell'astenersi dal vitto, ma preso in senso metaforico può consistere nell'astenersi da qualsiasi cosa nociva, e quindi soprattutto dai peccati.
Oppure si può rispondere che il digiuno propriamente detto è l'astinenza da tutte le seduzioni: poiché con l'aggiunta di qualsiasi circostanza difettosa, come si è visto sopra [ a. prec., ad 1 ], il digiuno cessa di essere un atto virtuoso.
2. Nulla impedisce, come si è visto [ q. 32, a. 1, ad 2; q. 85, a. 3 ], che l'atto di una certa virtù appartenga anche a un'altra virtù, in quanto è ordinato al fine di quest'ultima.
E in questo senso nulla impedisce che il digiuno appartenga alla religione, alla castità o a qualsiasi altra virtù.
3. La fortezza in quanto virtù specifica non ha il compito di sopportare qualsiasi disagio, ma solo quelli relativi ai pericoli di morte.
Invece il sopportare i disagi dovuti alla carenza dei piaceri del tatto appartiene alla temperanza e alle sue parti.
E tali sono appunto i disagi del digiuno.
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