Summa Teologica - II-II |
In 2 Sent., d. 5, q. 1, a. 2, ad 1; d. 22, q. 1, a. 2; Comp. Theol., c. 191
Pare che la superbia del primo uomo non sia consistita nel desiderare la somiglianza con Dio.
1. Nessuno pecca desiderando ciò che gli compete per natura.
Ma la somiglianza con Dio compete all'uomo per la sua natura, poiché si legge nella Genesi [ Gen 1,26 ]: « Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza ».
Quindi egli non peccò desiderando la somiglianza con Dio.
2. Il primo uomo desiderò la somiglianza con Dio per avere la scienza del bene e del male, secondo quelle parole [ Gen 3,5 ]: « Diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male ».
Ma il desiderio del sapere è naturale nell'uomo, come dichiara il Filosofo [ Met. 1,1 ]: « Tutti gli uomini per natura desiderano di conoscere ».
Perciò il peccato dei progenitori non fu il desiderio della somiglianza con Dio.
3. Nessun uomo saggio delibera e sceglie cose impossibili.
Ma i nostri progenitori erano dotati di saggezza, come sta scritto [ Sir 17,6 ]: « Li riempì di dottrina e di intelligenza ».
Poiché dunque tutti i peccati consistono in un desiderio deliberato, che è la scelta, è chiaro che il primo uomo non poté peccare desiderando una cosa impossibile.
Ma è impossibile che l'uomo sia simile a Dio, come si legge nell'Esodo [ Es 15,11 ]: « Chi è come te fra gli dèi, Signore? ».
Perciò il primo uomo non poté peccare desiderando la somiglianza con Dio.
S. Agostino [ Glossa ord. ], commentando il Salmo 69,5: « Ciò che non ho rubato, lo dovrei restituire? », scrive: « Adamo ed Eva tentarono di rapire la divinità, e perdettero la felicità ».
Ci sono due tipi di somiglianza.
Una di uguaglianza assoluta.
E questa somiglianza non poté essere desiderata dai nostri progenitori: poiché tale somiglianza non è concepibile, specialmente in chi è dotato di sapienza.
Il secondo tipo di somiglianza è invece per imitazione, secondo le possibilità della creatura rispetto a Dio: in quanto cioè essa partecipa qualcosa della sua somiglianza secondo la propria misura.
Da cui le parole di Dionigi [ De div. nom. 4 ]: « Una stessa cosa è simile e non è simile a Dio: gli è simile in quanto lo imita in modo contingente; gli è dissimile invece in quanto gli esseri causati sono inferiori alla loro causa ».
Ora, qualsiasi bene esistente nelle creature è una somiglianza partecipata del sommo bene.
Di conseguenza per il fatto stesso che l'uomo desiderò, come si è detto [ a. prec. ], un bene spirituale superiore alla propria misura, desiderò la somiglianza con Dio in maniera peccaminosa.
Si deve però notare che l'oggetto del desiderio è propriamente ciò che non si possiede.
Ora, il bene spirituale per cui l'uomo partecipa la somiglianza divina può essere di tre specie.
Primo, quello dello stesso essere naturale.
E questa somiglianza fu impressa nell'uomo all'inizio della creazione, secondo le parole [ Gen 1,26s ]: « Dio fece l'uomo a sua immagine e somiglianza »; e a proposito dell'angelo si legge in Ezechiele [ Ez 28,12 Vg ]: « Tu sei un contrassegno di somiglianza ».
- Secondo, nell'ordine della conoscenza.
E anche questa somiglianza l'angelo la ricevette fin dalla sua creazione: da cui il seguito delle parole riferite di Ezechiele: « Tu sei un contrassegno di somiglianza, pieno di sapienza ».
L'uomo invece al momento della creazione questa somiglianza non l'ebbe in atto, ma solo in potenza.
- Terzo, nella capacità di agire.
E questa somiglianza all'inizio della loro creazione non l'ebbero né l'angelo né l'uomo: poiché all'uno e all'altro rimaneva da compiere qualcosa per raggiungere la beatitudine.
Poiché dunque il demonio e l'uomo peccarono desiderando disordinatamente una somiglianza con Dio, è certo che nessuno dei due peccò desiderando una somiglianza di natura, ma il primo uomo peccò principalmente desiderando una somiglianza nella « conoscenza del bene e del male », come gli suggerì il serpente: in modo cioè da poter determinare in forza della propria natura ciò che nel suo agire doveva essere il bene e il male; oppure in modo da poter conoscere da se stesso in precedenza il bene o il male che gli doveva accadere.
Secondariamente poi l'uomo peccò desiderando la somiglianza con Dio nel potere di agire, cioè in modo da poter conseguire la beatitudine in virtù della propria natura: « L'animo della donna», scrive infatti S. Agostino [ De Gen. ad litt. 11,30.38 ], « fu attratto dall'amore del proprio potere ».
- Il demonio invece peccò desiderando la somiglianza con Dio nel potere: infatti S. Agostino [ De vera relig. 13.26 ] insegna che il demonio « preferì il godimento del suo potere a quello del potere di Dio ».
- Entrambi comunque desiderarono una certa somiglianza con Dio: in quanto cioè entrambi vollero appoggiarsi sulle proprie forze disprezzando l'ordine della norma divina.
1. La obiezioni argomenta in base alla somiglianza di natura; la quale, come si è visto [ nel corpo ], non diede all'uomo occasione di peccare.
2. Di per sé il desiderare la somiglianza con Dio nella scienza non è un peccato.
È invece un peccato il desiderarla in modo disordinato, cioè oltre la propria misura.
Per cui spiegando quel detto dei Salmi [ Sal 71,19 ]: « Chi è come te, o Dio? », S. Agostino [ Glossa ord. ] afferma: « Chi da se stesso vuole essere Dio, in modo perverso vuole essere simile a Dio: come il diavolo, che non volle essere sotto di lui; e come l'uomo,che non volle quale suddito osservare i suoi comandi ».
3. La obiezioni si fonda sulla somiglianza di uguaglianza assoluta.
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