Summa Teologica - II-II |
III, q. 7, a. 8; De Verit., q. 12, a. 1; In Is., c. 1; In 1 Cor., c. 14, lect. 1; In Heb., c. 11, lect. 7
Pare che la profezia non sia un fatto di ordine conoscitivo.
1. Nella Scrittura [ Sir 48,14 ] si legge che « il corpo di Eliseo profetò anche da morto »; e ancora [ Sir 49,15 Vg ] che « le ossa di Giuseppe furono oggetto di cura, e dopo la morte profetarono ».
Ora, nel corpo e nelle ossa dopo la morte non rimane cognizione alcuna.
Quindi la profezia non è un fatto conoscitivo.
2. « Chi profetizza », scrive S. Paolo [ 1 Cor 14,3 ], « parla agli uomini per loro edificazione ».
Ma il parlare è un effetto della conoscenza, e non la conoscenza stessa.
Perciò la profezia non rientra nella conoscenza.
3. Ogni perfezione di ordine conoscitivo esclude la stoltezza e la follia.
Invece queste ultime possono coesistere con la profezia, poiché si legge in Osea [ Os 9,7 ]: « Israele lo sappia: un pazzo è il profeta, l'uomo ispirato vaneggia ».
Quindi la profezia non è una perfezione di ordine conoscitivo.
4. Come la rivelazione è un fatto di ordine conoscitivo, così l'ispirazione è di ordine affettivo: poiché implica una mozione.
Ora, secondo Cassiodoro [ Exp. in Ps., Prol. ], la profezia è « un'ispirazione o una rivelazione ».
Quindi non è detto che sia più di ordine conoscitivo che affettivo.
Nella Scrittura [ 1 Sam 9,9 ] si legge: « Quello che oggi si dice profeta, allora si diceva veggente ».
Ma la visione è un fatto di ordine conoscitivo.
Quindi lo è anche la profezia.
La profezia consiste primariamente e principalmente in una conoscenza: poiché i profeti conoscono cose che sfuggono alla conoscenza umana.
Quindi si può dire che profeta viene da phanos, che significa apparizione: in quanto cioè gli vengono manifestate cose lontane.
Per questo S. Isidoro [ Etym. 7,8 ] poteva scrivere che « i profeti nell'antico Testamento erano chiamati Veggenti, poiché vedevano ciò che gli altri non vedevano, e scorgevano le cose che erano avvolte dal mistero ».
I pagani poi li chiamavano vates, derivandone il nome dalla forza della mente.
Ma poiché « a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per un'utilità », cioè « per l'edificazione della Chiesa », come spiega S. Paolo [ 1 Cor 12,7; 1 Cor 14,12 ], così la profezia in secondo luogo consiste in una enunciazione, in quanto i profeti annunziano a edificazione di altri le cose rivelate ad essi da Dio, secondo l'espressione di Isaia [ Is 21,10 ]: « Ciò che ho udito dal Signore degli eserciti, Dio di Israele, io l'ho annunziato a voi ».
E in base a ciò S. Isidoro [ l. cit. ] scrive che i profeti possono venire considerati come i predicenti, poiché parlano da lontano e predicano il vero sulle cose future.
Ora, le cose rivelate da Dio al di là del sapere umano non possono essere confermate dalla ragione umana, che esse trascendono, ma solo dall'intervento della virtù divina, secondo le parole evangeliche [ Mc 16,20 ]: « Gli apostoli predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano ».
Perciò in terzo luogo la profezia implica il compimento dei miracoli, quale conferma delle parole profetiche.
Da cui l'affermazione del Deuteronomio [ Dt 34,10s ]: « Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, lui con il quale il Signore parlava a faccia a faccia, con ogni sorta di miracoli e prodigi ».
1. I testi citati parlano di profezia in riferimento a questo terzo aspetto, che serve a provarne l' autenticità.
2. L'Apostolo in quel testo parla dell'enunciazione profetica.
3. Coloro che sono chiamati profeti pazzi e vani non sono profeti veri, ma falsi, di cui così parla Geremia [ Ger 23,16 ]: « Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore »; ed Ezechiele [ Ez 13,3 ]: « Così dice il Signore Dio: Guai ai profeti stolti, che seguono il loro spirito senza avere avuto visioni ».
4. Nella profezia si richiede che l'attenzione della mente si elevi a percepire le cose di Dio; da cui le parole dette a Ezechiele [ Ez 2,1 ]: « Figlio dell'uomo, alzati, ti voglio parlare ».
Ora, questa elevazione della mente si compie grazie a una mozione dello Spirito Santo, come si rileva dalle parole dello stesso Ezechiele [ Ez 2,2 ]: « Lo Spirito entrò in me, e mi fece alzare in piedi ».
Ma una volta che l'attenzione è sollevata alle realtà superne, la mente percepisce le cose divine, per cui il profeta aggiunge: « E udii che mi parlava ».
Così dunque nella profezia si richiede l'ispirazione per elevare la mente, secondo le parole [ Gb 32,8 ]: « L'ispirazione dell'Onnipotente dà l'intelligenza », e si richiede la rivelazione quanto alla conoscenza delle cose divine, rivelazione nella quale si compie la profezia e mediante la quale viene tolto il velo dell'oscurità e dell'ignoranza, secondo le altre parole di Giobbe [ Gb 12,22 ]: « Egli porta alla luce le cose oscure ».
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