Summa Teologica - III |
In Ioan., c. 6, lect. 7
Pare che questo sacramento non abbia come effetto il conseguimento della gloria.
1. L'effetto deve corrispondere alla causa.
Ma questo sacramento spetta ai viatori, per cui è detto anche viatico.
Non essendo dunque i viatori ancora capaci di possedere la gloria, pare che questo sacramento non ne causi il conseguimento.
2. Posta la causa sufficiente, si ha l'effetto.
Molti invece ricevono questo sacramento senza giungere alla gloria, come osserva S. Agostino [ De civ. Dei 21,25 ].
Perciò questo sacramento non è la causa del raggiungimento della gloria.
3. Il più non viene dal meno, poiché nulla agisce oltre i limiti della propria specie.
Ora, ricevere Cristo sotto specie non proprie, come avviene in questo sacramento, è meno che goderlo nella sua propria specie, come avviene nello stato di gloria.
Questo sacramento dunque non può causare il raggiungimento della gloria.
Nel Vangelo [ Gv 6,51 ] si legge: « Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno ».
Ma la vita eterna è la vita della gloria.
Quindi l'effetto di questo sacramento è il conseguimento della gloria.
In questo sacramento si può considerare sia il principio da cui esso riceve la forza di produrre l'effetto, cioè Cristo stesso presente e la sua passione rappresentata, sia gli elementi ai quali l'effetto è condizionato, cioè l'uso del sacramento e le specie sacramentali.
Ora, sotto ambedue gli aspetti è proprio di questo sacramento causare il raggiungimento della vita eterna.
Infatti Cristo in persona ci aprì l'ingresso alla vita eterna con la sua passione, secondo l'affermazione di S. Paolo [ Eb 9,15 ]: « Egli è mediatore di una nuova alleanza, perché essendo ormai intervenuta la sua morte, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che è stata promessa ».
Ed è per questo che nella forma di questo sacramento si dice: « Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza ».
Similmente la refezione prodotta da questo cibo spirituale e l'unità significata dalle specie del pane e del vino sono certamente possedute già al presente, però in modo imperfetto, mentre saranno possedute perfettamente nello stato di gloria.
Per cui S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 26 ], a commento delle parole del Signore [ Gv 6,55 ]: « La mia carne è vero cibo », scrive: « Gli uomini che con il cibo e la bevanda desiderano non sentire più la fame e la sete, non ottengono ciò propriamente se non con questo cibo e con questa bevanda, che rendono i loro consumatori immortali e incorruttibili nella società dei Santi, dove si avrà la pace e l'unità piena e perfetta ».
1. Come la passione di Cristo, in forza della quale opera questo sacramento, pur essendo la causa sufficiente della nostra gloria, non ci introduce subito in essa, dovendo noi prima « soffrire con Cristo » per poi « essere con lui glorificati », come dice S. Paolo [ Rm 8,17 ], così questo sacramento non ci introduce subito nella gloria, ma ci dà la capacità di giungervi.
E per questo motivo è detto viatico.
In figura del quale si legge di Elia [ 1 Re 19,8 ] che « mangiò e bevve, e con la forza datagli da quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb ».
2. Come la passione di Cristo non ha il suo effetto in coloro che non sono debitamente disposti verso di essa, così con questo sacramento non raggiungono la gloria coloro che lo ricevono indegnamente.
Per cui S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 26 ], commentando le parole [ Gv 6,48 ]: « Io sono il pane della vita », afferma: « Una cosa è il sacramento e un'altra la virtù del sacramento.
Molti prendono dall'altare, e prendendo muoiono.
Mangiatelo dunque spiritualmente il pane celeste: portate l'innocenza all'altare ».
Non c'è dunque da meravigliarsi se quanti non conservano l'innocenza non conseguono l'effetto di questo sacramento.
3. È compito del sacramento, che agisce strumentalmente, offrirci Cristo sotto specie non proprie.
Ma nulla impedisce che la causa strumentale produca un effetto ad essa superiore, come si è visto sopra [ q. 77, a. 3, ad 3 ].
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