Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se il loro moto sia istantaneo

Sembra che il loro moto sia istantaneo.

Infatti:

1. S. Agostino [ De civ. Dei 22,30 ] afferma che « il corpo sarà dovunque vorrà lo spirito ».

Ora il moto della volontà, col quale lo spirito vuole essere in un posto, è istantaneo.

Quindi anche il moto del corpo sarà istantaneo.

2. Nella Fisica [ 4,8 ] il Filosofo dimostra che se il moto avvenisse nel vuoto dovrebbe essere istantaneo, poiché il vuoto non resiste in alcun modo al corpo mobile, mentre lo spazio pieno oppone resistenza: per cui non vi può essere alcuna proporzione di velocità tra il moto nel vuoto e il moto nel pieno, poiché la velocità dei vari moti dipende dalla resistenza del mezzo; ora, tra due moti che avvengono nel tempo ci deve essere un rapporto di velocità, poiché i tempi sono proporzionali.

Ora, in modo analogo, nessuno spazio pieno può opporre resistenza a un corpo glorioso, potendo tale corpo coesistere localmente con altri corpi, comunque ciò avvenga [ q. 83, aa. 2,3,4 ]: esattamente come il vuoto non resiste a un altro corpo.

Se quindi il corpo glorioso si muove, il suo moto sarà istantaneo.

3. La potenza dell'anima glorificata supera incomparabilmente quella dell'anima non glorificata.

Ora, l'anima non glorificata muove il corpo nei limiti del tempo.

Quindi l'anima glorificata lo muove in maniera istantanea.

4. Ciò che percorre nello stesso tempo una piccola e una grande distanza ha un moto istantaneo.

Ora, gli spostamenti dei corpi gloriosi sono di questo tipo: poiché essi attraversano qualsiasi distanza in un tempo impercettibile; per cui S. Agostino [ Epist. 102,1 ] può affermare che il corpo glorioso « raggiunge i due estremi con l'identica velocità, come un raggio di sole ».

Quindi il corpo glorioso ha un moto istantaneo.

5. Tutto ciò che si muove o ha un moto misurato dal tempo, oppure ha un moto istantaneo.

Ma il moto dei corpi gloriosi non è misurato dal tempo: poiché, come dice l'Apocalisse [ Ap 10,6 ], allora « il tempo non ci sarà più ».

Quindi tale moto sarà istantaneo.

In contrario:

1. Nel moto locale lo spazio, il moto e il tempo sono suddivisi secondo la stessa misura, come dimostra Aristotele [ Phys. 6,4 ].

Ora, lo spazio che i corpi gloriosi attraverseranno con il loro moto è divisibile.

Perciò saranno divisibili anche il moto e il tempo.

L'istante invece non è divisibile.

Quindi tale moto non sarà istantaneo.

2. È impossibile che una cosa sia per intero in un dato luogo e insieme si trovi parzialmente in esso e in un altro luogo - poiché una delle due parti dovrebbe trovarsi simultaneamente in due luoghi, il che è impossibile [ q. 83, a. 3, ad 4 ] -, ma ciò che si muove si trova in parte nel punto di partenza e in parte in quello di arrivo, come dimostra Aristotele [ Phys. 6,6 ].

Invece quanto è già stato mosso si trova per intero nel punto di arrivo.

Quindi è impossibile che una cosa si muova e insieme sia stata già mossa.

Ora, ciò che ha un moto istantaneo, mentre si muove è già stato mosso.

Perciò il moto locale di un corpo glorioso non può essere istantaneo.

Dimostrazione:

Molte sono le opinioni in proposito.

Alcuni affermano che il corpo glorioso passa da un luogo all'altro senza attraversare lo spazio intermedio, come anche la volontà passa da un luogo all'altro in tal modo.

Per cui il moto del corpo glorioso potrebbe essere istantaneo come quello della volontà.

Ma questa spiegazione non regge.

Poiché il corpo glorioso non arriverà mai alla nobiltà della natura spirituale, come non cesserà mai di essere un corpo.

- Inoltre la volontà, quando si dice che passa da un luogo a un altro luogo, non compie un trasferimento sostanziale da un luogo all'altro, non essendo essa contenuta sostanzialmente in nessun luogo, ma si volge verso uno dei due luoghi dopo essersi rivolta verso l'altro; e in questo senso si dice che si muove da un luogo all'altro.

Perciò altri affermano che il corpo glorioso deve alla proprietà della sua natura corporea la necessità di attraversare lo spazio intermedio, e quindi di muoversi entro i limiti del tempo; tuttavia per la virtù della sua gloria, per cui ha una certa infinità rispetto alla natura, avrebbe la facoltà di non attraversare lo spazio intermedio, e quindi di potersi muovere in un istante.

Ma anche questa spiegazione non regge, poiché implica una contraddizione.

Ed eccone la prova.

Ammettiamo un corpo che si muova da A verso B, e chiamiamo Z tale corpo.

È evidente che Z, fino a che è tutto in A, non è in moto.

E così pure quando sarà tutto in B: perché allora è già stato mosso.

Per cui, se si muove, è necessario che non sia né tutto in A, né tutto in B.

Quindi, quando si muove, o non si trova in nessun luogo, oppure è parte in A e parte in B, oppure sarà tutto nello spazio intermedio, che chiameremo C; oppure ancora parte in C e parte in A o in B.

Ma non si può ammettere che non si trovi in nessun luogo: perché allora avremmo una quantità estesa non avente posizione, il che è assurdo.

E neppure si può pensare che sia parte in A e parte in B senza essere in qualche modo nello spazio intermedio: poiché essendo B un luogo distante da A, ne seguirebbe che nello spazio intermedio la parte di Z che è in B non sarebbe unita a quella sua parte che è in A.

Perciò tale corpo o sarà tutto in C, oppure parzialmente in esso e parzialmente in un altro luogo intermedio, mettiamo tra C e A, che chiameremo D, e così via.

Quindi perché Z passi da A a B è indispensabile che prima passi per tutti i luoghi intermedi: a meno che non si dica che arriva da A a B senza muoversi affatto; il che implica contraddizione, poiché la successione stessa dei luoghi costituisce il moto locale.

E lo stesso si dica di qualsiasi altra mutazione che presenti due termini target="nw" onClick="Citaz(this.href)"contrari di carattere positivo.

Diverso è invece il caso di quelle mutazioni che hanno un solo termine positivo, partendo da una pura privazione: poiché tra l'affermazione e la negazione, o privazione, non esiste alcuna distanza determinata; cosicché il termine negativo è più o meno vicino all'affermazione, e viceversa, solo in forza di ciò che prepara o causa il movimento.

E così capita che ciò che è in moto, mentre perdura tutto sotto la negazione, viene a mutarsi nell'affermazione, e viceversa.

Per cui anche in questi casi l'atto del mutare precede la mutazione avvenuta, come spiega Aristotele [ Phys. 6,5 ].

Nulla di simile invece accade nel moto degli angeli: poiché la localizzazione corporea viene attribuita agli angeli solo in senso equivoco [ cf. I, q. 52, a. 1 ].

È evidente quindi che in nessun modo un corpo può passare da un luogo a un altro senza attraversare tutti i luoghi intermedi.

Perciò altri concedono questo, però affermano ugualmente che il corpo glorioso ha un moto istantaneo.

- Ma da ciò seguirebbe che tale corpo nel medesimo istante verrebbe a trovarsi insieme in due o più luoghi: cioè nel punto di arrivo e in tutti i luoghi intermedi.

Il che è inammissibile.

Essi però rispondono che un istante, pur essendo unico nella realtà, tuttavia è molteplice secondo la ragione: come un unico punto in cui terminano diverse linee.

- Ciò però non basta.

Poiché l'istante misura ciò che esiste in esso secondo la realtà, non secondo la nostra considerazione.

Per cui una diversa considerazione dell'istante non può far sì che esso sia capace di misurare delle realtà che non coincidono nel tempo: come la diversa considerazione di un punto non può far sì che in un determinato punto dello spazio coincidano cose tra loro distanti.

E così altri ritengono con più probabilità che il moto dei corpi gloriosi sia misurato dal tempo, svolgendosi però in un tempo impercettibile per la sua brevità.

E tuttavia un corpo glorioso potrà percorrere una data distanza in meno tempo che un altro: poiché il tempo, per quanto breve, è divisibile all'infinito.

Analisi delle obiezioni:

1. « Quando manca poco sembra che non manchi nulla », nota il Filosofo [ Phys. 2,5 ].

Per cui diciamo: « Lo faccio subito », quando pensiamo di fare qualcosa entro pochissimo tempo.

Ora, dicendo che « il corpo sarà dovunque vorrà lo spirito », S. Agostino ricorre a questo modo di parlare.

Oppure si può rispondere che la volontà dei beati non sarà mai disordinata.

Perciò essi non vorranno mai che il loro corpo venga a trovarsi in un certo istante là dove non può trovarsi.

Perciò è vero che, qualunque sia l'istante determinato dalla volontà, là il corpo glorioso verrà a trovarsi.

2. Alcuni, come riferisce Averroè [ Comm. 71 ], respingono la suddetta affermazione del Filosofo, dicendo che non esiste soltanto la relazione fra il moto nella sua totalità e la resistenza del mezzo, ma che bisogna tenere conto anche dello spazio percorso.

Infatti qualsiasi moto ha una determinata velocità in base alla vittoria del motore sul mobile, anche se non esiste alcuna resistenza da parte del mezzo: come è evidente nei corpi celesti, i quali non incontrano ostacoli al loro movimento, e tuttavia non si muovono in modo istantaneo, ma in un tempo determinato secondo il rapporto tra la virtù che muove e il corpo mobile.

Di conseguenza quindi anche nell'ipotesi di un moto nel vuoto non sarebbe necessario che il moto sia istantaneo, ma solo che non aumenti la durata del suo tempo rispetto a quello che è dovuto al solo rapporto tra il motore e il mobile, dato che il moto non subisce alcuna resistenza.

Però questa osservazione, come nota Averroè [ ib. ], deriva da un'idea sbagliata, cioè dal pensare che il ritardo causato dalla resistenza del corpo intermedio faccia parte del moto come un'aggiunta al moto naturale, che deve la sua grandezza alla proporzione esistente tra il motore e il mobile, come quando una linea si aggiunge a un'altra linea, per cui accade nelle linee che la proporzione del tutto rispetto a tutta la linea non rimane più quella che esisteva reciprocamente fra le linee aggiunte; di modo che la proporzione di tutto il moto a tutto il moto sensibile non è uguale a quella dei ritardi dovuti alla resistenza del mezzo.

Ora, questa immaginazione è falsa.

Poiché qualsiasi parte di un determinato moto ha l'identica velocità del moto nel suo insieme, mentre qualsiasi parte di una linea non ha l'estensione di tutta la linea.

Perciò il ritardo o la velocità che viene impressa a un moto ridonda su qualsiasi parte di esso: il che non avviene invece nel prolungamento di una linea.

Perciò il ritardo imposto a un moto non determina una parte supplementare di moto, come invece avviene nel caso della linea, in cui l'aggiunta viene a essere una parte di tutta la linea.

Per comprendere quindi l'argomentazione del Filosofo, spiega Averroè, bisogna prendere il tutto come un'unica cosa: sia la resistenza del corpo mobile all'impulso del motore, sia la resistenza del mezzo in cui il moto si svolge, sia quella di qualsiasi altra cosa che opponga resistenza.

Cosicché la grandezza del ritardo dell'intero moto è proporzionale alla virtù esercitata dal motore sul corpo mobile, che resiste in qualsiasi modo, sia per se stesso, sia a motivo di qualcos'altro.

Bisogna infatti che il mobile resista sempre in qualche modo al suo motore: poiché il movente e il mosso, l'agente e il paziente in quanto tali sono contrari.

Ora, talvolta il mobile presenta al suo motore una resistenza per se stesso: o perché è dotato di una virtù che lo spinge nella direzione opposta, come appare evidente nei moti violenti, oppure perché la sua localizzazione è contraria a quella che è nell'intenzione di chi lo muove; e tale resistenza si riscontra persino nei corpi celesti rispetto ai loro motori.

- Talora invece il mobile resiste alla virtù del motore non per se stesso, ma solo per dei coefficienti estranei: come accade, ad es., nel ritardo del moto naturale dei corpi gravi o lievi.

Poiché la loro stessa forma li spinge a tale moto: la forma infatti non è che l'impronta del generante, che nel caso dei corpi gravi o lievi è il loro motore.

D'altra parte nessuna resistenza può venire dalla materia [ prima ], né come impulso contrario al moto, né come ripugnanza a una data localizzazione, poiché una determinazione di luogo non è dovuta alla materia [ prima ] se non in modo indiretto, cioè in quanto, esistendo sotto certe dimensioni, essa viene attuata da una forma corporea.

Perciò la resistenza non può venire che da parte del mezzo: la quale resistenza è connaturale al moto di questi corpi.

- Talora poi la resistenza deriva dall'una e dall'altra causa: come è evidente nei moti degli animali.

Perciò quando nel moto non si riscontrano resistenze che da parte del mobile, come nel caso dei corpi celesti, allora il tempo in cui il moto si svolge è misurato in base al rapporto esistente tra il motore e il mobile.

E nel caso non è valida l'affermazione del Filosofo: perché anche eliminando ogni corpo intermedio, tale moto è sempre misurato dal tempo.

- In quei moti invece in cui si ha una resistenza solo da parte del mezzo, la misura del moto deriva solo dall'impedimento offerto da tale mezzo.

Perciò, eliminando totalmente tale corpo, non rimane alcun impedimento.

E allora o il moto sarà istantaneo, oppure si svolgerà nello stesso tempo di quando lo spazio suddetto era pieno.

Posto infatti che il moto avvenga secondo la misura del tempo anche attraverso il vuoto, il tempo suddetto sarà proporzionale a quello del moto che si svolge nello spazio pieno.

Però se immaginiamo un corpo proporzionalmente più sottile del corpo che riempie lo spazio intermedio, allora in uno spazio di uguale grandezza un corpo potrà muoversi attraverso il corpo intermedio in un tempo così piccolo come prima attraverso il vuoto: poiché aumentando la sottigliezza del corpo intermedio si viene a ridurre la durata del tempo; e più quel corpo è sottile, meno offre resistenza.

Negli altri moti invece, in cui si assommano la resistenza del corpo mobile e quella del mezzo, la durata del tempo va desunta dalla proporzione tra la potenza che muove e la somma delle due resistenze suddette.

Perciò, pur eliminando il mezzo, od ogni sua resistenza, non ne segue che il moto avvenga in modo istantaneo, ma che il tempo richiesto dal moto deve essere misurato solo in base alla resistenza del mobile.

Né c'è obiezioni se un corpo impiega lo stesso tempo ad attraversare il vuoto o un corpo sottilissimo: poiché più la sottigliezza del corpo intermedio si accentua, più si riduce il ritardo del moto; cosicché è possibile immaginare una sottigliezza così grande da offrire un ritardo meno grande di quello prodotto dalla resistenza del mobile: e in tal caso la resistenza del mezzo non incide sul ritardo del moto.

Perciò è evidente che, sebbene lo spazio intermedio non opponga resistenza alcuna ai corpi gloriosi, potendo essi coesistere localmente con altri corpi, tuttavia il loro moto non potrà essere istantaneo: poiché lo stesso corpo mobile oppone resistenza alla virtù motrice per il fatto che occupa una posizione determinata, come si è detto a proposito dei corpi celesti.

3. Sebbene la potenza dell'anima glorificata superi senza confronto quella dell'anima non glorificata, tuttavia non la supera all'infinito, poiché entrambe tali potenze sono finite.

Perciò non ne segue che possa imprimere un moto istantaneo.

E se anche l'anima avesse una potenza assolutamente infinita, non ne seguirebbe tuttavia la capacità di muovere in un solo istante se non viene superata ogni resistenza da parte del mobile.

Ora, sebbene tale resistenza in quanto è dovuta all'inclinazione verso un moto contrario possa essere superata del tutto da un motore di potenza infinita, tuttavia, in quanto deriva dalla contrarietà al luogo verso il quale chi muove intende condurre il mobile, non può essere del tutto superata se non si toglie dal corpo mobile il suo essere in tale luogo, o in tale posizione.

Come infatti il bianco resiste al nero a motivo della bianchezza, così il corpo resiste a una nuova localizzazione per il fatto che ne ha attualmente un'altra, e la resistenza è proporzionata alla distanza.

Ora, non è possibile togliere a un corpo il suo essere in un luogo o in una posizione se non togliendogli la sua corporeità.

Per cui finché esso rimane un corpo non può in alcun modo muoversi di moto istantaneo, per quanto grande sia la virtù movente.

Ma il corpo glorioso non perderà mai la corporeità.

Quindi non potrà mai avere un moto istantaneo.

4. « L'identica velocità » di cui parla S. Agostino va intesa nel senso che la differenza è impercettibile: come del resto è già impercettibile il tempo di tutto il movimento.

5. Sebbene dopo la risurrezione venga a cessare il tempo che è il numero del moto dei cieli, tuttavia rimarrà il tempo che nasce dalla successione del prima e del poi in qualsiasi moto.

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