Anche se i sacrifici furono istituiti da Mosè seguendo il comando di Dio, molti profeti più tardi nella storia d'Israele parlarono contro quei sacrifici, per esempio 1 Sam 15,22; Sal 51,16; Ger 6,20; Ger 7,21-23; Os 6,6; Mi 6,6-8.
Però, in realtà quei profeti parlarono contro i sacrifici fatti in modo sbagliato, come rito esteriore senza il cuore retto davanti a Dio e senza l'ubbidienza a Dio.
Cioè, i sacrifici in sé non furono condannati, ma il modo in cui furono offerti.
Questa spiegazione è dimostrata da alcuni fatti:
1) spesso gli stessi autori che parlarono contro i sacrifici, fecero dei sacrifici e parlarono dei sacrifici graditi, poco prima o dopo di aver parlato contro i sacrifici ( 1 Sam 16,2-5; Sal 51,19 );
2) il linguaggio usato era che l'ubbidienza era meglio del sacrificio, o che non piacevano a Dio i "vostri" sacrifici ( quegli specifici degli ascoltatori, che si comportavano male ), o che Dio voleva la conoscenza di Dio più degli olocausti.
Cioè, non è che Dio non volesse i sacrifici, ma che voleva di più l'ubbidienza, e non voleva i sacrifici senza ubbidienza;
3) Geremia, che mostrò una conoscenza di Es 19,5 in Ger 7,23, non poteva non sapere dei sacrifici comandati in Es 20 quando disse Ger 7,22.
Invece il punto di Ger 7,22 è che dal tempo dell'esodo fino all'arrivo al monte Sinai in Es 19, Dio non comandò dei sacrifici sull'altare, ma di camminare nelle sue vie ( cioè l'ubbidienza ).
Quindi l'ubbidienza era il fondamento del rapporto fra Israele e Dio; i sacrifici, che furono ordinati dopo, non valgono senza quell'ubbidienza.