Sermoni sul Cantico dei Cantici

Indice

Sermone XLVIII

I. Come giglio fra le spine, così l’anima fra le colpe

1. Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle ( Ct 2,2 ).

Non sono buone le fanciulle che pungono.

Considera il pessimo germoglio di quella nostra terra che è stata maledetta.

Quando, dice, la coltiverai, ti germoglierà triboli e spine ( Gen 3,18 ).

Pertanto fino a che l’anima è nel corpo si trova tra le spine, e necessariamente è soggetta alle punture delle tentazioni e delle tribolazioni.

E se essa è un giglio, come dice lo Sposo, veda quanto deve essere vigilante e sollecita nel custodire se stessa, circondata come è da ogni parte da spine che protendono tutto intorno i loro aculei.

E il fiore è così tenero che non può resistere alla minima puntura di una spina, che non appena lievemente lo preme, lo perfora.

Senti quanto sia giusta e necessaria l’esortazione che ci fa il Profeta di servire il Signore nel timore, e così l’Apostolo, dove dice che dobbiamo operare la nostra salvezza in timore e tremore?

Conoscevano essi per propria esperienza la verità di questa sentenza in quanto amici dello Sposo, che non dubitavano minimamente che potesse applicarsi anche alla loro anima la frase: Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle.

E difatti uno di loro dice: Mi sono convertito nel mio dolore, mentre esso mi trafigge come una spina ( Sal 32,4 ).

Bene trafitto colui che per questo si è ravveduto.

Bene sei punto, se ne resti compunto.

Molti, quando sentono la pena, correggono la colpa; uno così può dire: Mi sono ravveduto nel mio dolore, mentre esso mi trafigge come una spina.

Spina è la colpa; spina è la pena, spina il falso fratello, spina il cattivo vicino.

2. Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle.

Oh, candido giglio! Oh, fiore tenero e delicato!

Tu ti trovi tra gli increduli e i sovvertitori.

Cammina con cautela tra le spine.

Il mondo è pieno di spine; ce n’è in terra, ce n’è nell’aria, ve ne sono nella tua carne.

Vivere tra queste e non restare offesi è effetto della divina potenza, non della tua forza.

Ma abbiate fiducia, dice il Signore, io ho vinto il mondo!

Dunque, anche se ti accorgi che da ogni lato sono rivolti verso di te gli aculei delle tribolazioni non si turbi né si spaventi il tuo cuore, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, la virtù provata la speranza; la speranza poi non delude ( Rm 5,3-5 ).

Considera i gigli del campo, come prosperano e splendono tra le spine.

Se l’erba che oggi è verde e domani viene bruciata è così custodita da Dio, quanto maggiormente avrà cura della sua diletta e carissima sposa?

Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano ( Sal 145,20 ).

Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle.

Non è veramente una piccola prova di virtù conservarsi buono tra i cattivi, e mantenere il candore dell’innocenza e la soavità dei costumi tra i maligni, soprattutto se ti mostri pacifico con quelli che odiano la pace, e amico con i nemici.

Questo in verità ti insinua specialmente l’addotta similitudine del giglio per una certa sua speciale proprietà, per cui non cessa di dar risalto e bellezza con il suo candore alle stesse spine che io pungono.

Non ti sembra pertanto che il giglio realizzi in qualche modo la perfezione del Vangelo che ci comanda di pregare per quelli che ci calunniano e ci perseguitano e di fare del bene a coloro che ci odiano?

Dunque, anche tu fa’ lo stesso ( Lc 10,37 ) e la tua anima sarà la diletta del Signore, e ti loderà per te dicendo: Come il giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle.

II. Encomio dello sposo che è paragonato al melo fra gli alberi della selva; che cosa significhi essere lodati dallo sposo o lodare lo sposo

3. Come il melo tra gli alberi delle foreste, così il mio diletto tra i figli ( Ct 2,3 ).

La sposa ricambia la lode allo Sposo che l’ha lodata, dal quale essere lodato equivaleva diventare degno di lode, e lodare il quale corrisponde a conoscere e ammirare lui che è degno di lode.

E come lo Sposo loda la sposa paragonandolo a uno splendido fiore, così a sua volta essa dimostra la sua singolare gloria e la sua eminenza paragonandola a un albero eccellente.

Mi fa tuttavia meraviglia che sia stato preso come esempio un albero che non sembra avere nulla di straordinario, come ce ne sono altri, e pare pertanto non essere degno di essere adoperato come esempio in quanto non adatto ad esprimere la lode dello Sposo.

Come il melo, tra gli alberi delle foreste, così il mio diletto tra i figli.

Del resto non sembra ne avesse grande stima la stessa sposa, che lo ha scelto solamente tra gli alberi delle selve che sono sterili, né portano frutto adatto per l’alimento dell’uomo.

Perché dunque, omesse altre piante migliori e più nobili, è stata presa questa pianta mediocre per tessere l’elogio dello Sposo?

Ha dovuto forse essere lodato con misura colui che non ha ricevuto secondo misura lo Spirito?

L’esempio preso da questa pianta lascia supporre che abbia di più grandi di lui; egli che non ha eguali.

Che cosa dire a questo riguardo?

Lo devo ammettere: piccola lode, perché lode di un piccolo.

Non viene infatti qui proclamato: Grande il Signore e degno di ogni lode ( Sal 48,2 ), ma piccolo il Signore, e amabile fuori di misura, piccolo veramente colui che è nato per noi.

4. Dunque qui non si esalta la maestà, ma è lodata l’umiltà, e come è degno e giusto, ciò che è stoltezza e debolezza di Dio passa davanti alla fortezza e alla sapienza degli uomini.

Questi sono infatti piante selvatiche e infruttuose perché, secondo il Profeta tutti hanno traviato, sono divenuti inutili, più nessuno fa il bene, neppure uno ( Sal 14,3 ).

Come melo tra gli alberi delle foreste così il mio diletto tra i figli.

Tra gli alberi delle foreste il Signore Gesù è l’unica pianta che fa frutto, che emerge come uomo tra gli uomini, ma di poco fatto meno degli angeli.

Fattosi uomo infatti si assoggettò in modo meraviglioso agli angeli, e, restando Dio, come tale li conservò a soggetti.

Vedrete, è detto, gli angeli salire e scendere sul figlio dell’uomo ( Gv 1,15 ) per il fatto che nel medesimo uomo Cristo Gesù servono la debolezza e ammirano la maestà.

Poiché, dunque, alla sposa è cosa molto dolce il fatto che egli si è abbassato, più volentieri ne esalta la grazia, ne mette in evidenza la misericordia, ne ammira con stupore la degnazione.

Le piacque perciò ammirare l’uomo tra gli uomini, non Dio tra gli angeli; come il melo eccelle tra gli alberi delle foreste, e non tra le piante dei giardini.

Né pensa la sposa che ci sia una diminuzione delle lodi dove, dalla considerazione della debolezza, viene messa in risalto la pietà e la bontà.

Mentre infatti sembra limitare, secondo un aspetto, le lodi, sotto un altro aspetto loda maggiormente, considerando meno la gloria della dignità, per dar più rilievo alla bellezza della degnazione.

Come dunque l’Apostolo dice che ciò che è stoltezza e debolezza di Dio è più sapiente e più forte degli uomini, ma non degli angeli, e come il Profeta dichiara Cristo bello tra i figli dell’uomo, ma non tra gli angeli, così la sposa, parlando senza dubbio nel medesimo Spirito, sotto la figura di un albero fruttifero e di alberi selvatici intese, in questo passo, presentare l’uomo-Dio superiore in bellezza a tutti gli uomini, ma non agli angeli.

5. Come melo tra gli alberi delle foreste, così il mio diletto tra i figli.

E bene tra i figli, perché essendo il Figlio unico del Padre cercò di acquistargli, senza invidia, molti figli che non si vergogna di chiamare fratelli, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli.

A buon diritto egli viene anteposto a tutti quelli adottati per grazia, lui che è figlio per natura.

Giustamente come melo, perché a guisa di albero fruttifero fornisce il refrigerio dell’ombra e ottimo frutto.

Non è forse veramente un albero fruttifero colui i cui fiori sono frutto di onore e di onestà?

Infine è un albero di vita per chi ne gusta ( Pr 3,18 ).

Non potranno paragonarsi a questo tutti gli alberi della foresta, perché anche se fossero belli e grandi e sembrino portare vantaggio pregando, servendo, insegnando, aiutando con esempi, solo Cristo, tuttavia, sapienza di Dio è albero di vita, solo lui è il pane vivo che discende dal cielo e dà la vita al mondo.

III. L’ombra del diletto e il suo dolce frutto, cioè la fede e la contemplazione

6. Perciò dice: Mi sono seduta all’ombra di colui che avevo desiderato e il suo frutto è dolce al mio palato ( Ct 2,3 ).

Con ragione aveva desiderato l’ombra di lui, dal quale le veniva il refrigerio e l’alimento.

Le altre piante invece, della foresta, anche se forniscono il sollievo dell’ombra, non danno però un alimento vitale, non frutti perenni di salvezza.

Uno solo è infatti l’autore della vita, uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che dice alla sua sposa: Io sono la tua salvezza ( Sal 35,3 ).

Non Mosè, dice, vi ha dato il vero pane dal cielo, ma il mio Padre vi dà dal cielo il pane vero ( Gv 6,32 ).

Per questo dunque aveva principalmente desiderato l’ombra di Cristo, perché solo lui dà refrigerio contro l’ardore dei vizi, non solo, ma riempie anche con il diletto delle virtù.

Mi sono seduta all’ombra di colui che avevo desiderato.

La sua ombra e la sua carne; sua ombra e la fede.

Maria fu adombrata dalla carne del proprio Figlio, io dalla fede del Signore.

Ma anche a me in un certo modo fa ombra la sua carne della quale mi nutro nel mistero.

E la santa Vergine ha sperimentato anche lei l’ombra della fede, come le fu detto: Beata te che hai creduto ( Lc 1,45 ).

Mi sono seduta all’ombra di colui che avevo desiderato.

E il Profeta: Spirito, dice, è davanti alla, nostra faccia Cristo Signore, alla sua ombra viviamo tra le nazioni ( Lam 4,20 ).

All’ombra tra le nazioni, alla luce con gli angeli.

Siamo nell’ombra fino a che camminiamo nella fede e non nella visione; e perciò è nell’ombra il giusto che vive di fede.

Ma chi vive di intelligenza perché non più nell’ombra, ma nella luce.

Giusto era Davide che viveva di fede quando diceva a Dio: Dammi intelligenza e avrò vita ( Sal 119,144 ), sapendo che alla fede sarebbe subentrata l’intelligenza, all’intelligenza si sarebbe rivelata la luce della vita, e questa avrebbe seguito la luce.

Prima si viene all’ombra, poi si passa a ciò di cui è ombra, perché se non crederete, non comprenderete ( Is 7,9b ).

7. Vedi come la fede è vita e ombra della vita.

All’opposto, la vita che trascorre nelle delizie, non essendo secondo la fede è morte e ombra di morte.

Quella vedova, dice l’Apostolo, che vive nelle delizie, pur vivendo è morta ( 1 Tm 5,6 ).

E infine: La sapienza della carne è morte ( Rm 8,6 ).

Ma è anche ombra della morte, di quella morte cioè che strazia in eterno.

Anche noi eravamo una volta seduti nelle tenebre e nell’ombra della morte, vivendo secondo la carne e non secondo la fede, morti ormai alla giustizia, in procinto di venire assorbiti dalla morte seconda.

Quanto infatti l’ombra è vicina al corpo di cui è ombra, altrettanto la nostra vita di allora era vicina all’inferno.

Se non fosse che il Signore mi ha aiutato, l’anima mia rischiava di abitare nell’inferno ( Sal 94,17 ).

Ma ora dall’ombra della morte siamo passati all’ombra della vita, e più ancora siamo passati dalla morte alla vita, vivendo all’ombra di Cristo, se pure vivi e non morti.

Non penso infatti che sia la stessa cosa essere alla sua ombra e vivere in essa, perché non tutti quelli che hanno la fede vivono effettivamente di fede.

E la fede che è senza le opere è morta ( Gc 2,20 ) né può dare la vita che essa non ha.

Perciò il Profeta avendo detto: Spirito è davanti alla nostra faccia Cristo Signore, non si contentò di aggiungere: « Siamo nella sua ombra », ma: Alla sua ombra viviamo tra le nazioni.

Anche tu dunque, sull’esempio del Profeta cerca di vivere alla sua ombra, affinché anche tu un giorno possa regnare nella luce di lui.

Non ha infatti solo l’ombra: ha anche la luce.

Egli per la carne é ombra di fede, per lo spirito è luce di intelligenza.

È infatti carne e spirito.

Carne per chi vive nella carne, spirito davanti alla nostra faccia, vale a dire in futuro, se tuttavia dimentichi delle cose che sono dietro ci protendiamo a quelle che ci stanno davanti, e là giungendo possiamo sperimentare la verità della sua parola: La carne non giova a nulla; è lo spirito che vivifica ( Gv 6,64 ).

E non ignoro che qualcuno, vivente ancora nella carne, ha detto: Anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così ( 2 Cor 5,16).

Questo per San Paolo.

Ma noi che non abbiamo ancora meritato di essere rapiti in paradiso, non ancora al terzo cielo, cibiamoci frattanto della carne di Cristo, veneriamo i misteri, seguiamone gli esempi, conserviamo la fede, e così in verità viviamo alla sua ombra.

8. Mi sono seduta all’ombra di colui che avevo desiderato.

Forse la sposa si gloria di aver sperimentato qualche cosa di più felice nello Sposo, per il fatto che dice non di vivere, come il Profeta, ma di essersi seduta all’ombra dello Sposo.

Sedere, infatti, equivale a riposarsi.

Ora, dice di più riposare all’ombra che vivere, come vivere è più che essere semplicemente all’ombra.

Il Profeta applica dunque a sé ciò che è comune a molti dicendo: Viviamo alla sua ombra; la sposa, invece, si vanta della sua singolare prerogativa di sedersi a questa sua ombra.

Così con fatica viviamo noi che, consci dei nostri peccati, serviamo il Signore con timore, mentre la sposa devota e amante soavemente riposa.

Il timore ha con sé la pena ( 1 Gv 4,18 ), l’amore la soavità.

Perciò dice: Il suo frutto è dolce al mio palato ( Ct 2,3 ), intendendo il gusto della contemplazione di lui, che aveva ottenuto soavemente innalzata per l’amore.

Ma questo nell’ombra, perché attraverso uno specchio e in modo oscuro ( 1 Cor 13,12 ).

E sarà, quando cadranno le ombre con il crescere della luce, anzi, saranno del tutto scomparse, e subentrerà la chiara e perpetua visione, e non solo vi sarà dolcezza al palato, ma sazietà del ventre, senza fastidio e nausea però: Mi siederò all’ombra di colui che avevo desiderato, e il suo frutto è dolce al mio palato.

Anche noi mentre la sposa riposa, facciamo una pausa glorificando per il gusto ricevuto il Padre di famiglia che ci ha invitato a questo banchetto, lo Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore che e sopra ogni cosa Dio benedetto nei secoli.

Amen.

Indice