Le "Virtù di un buon Maestro" in Fr. Teodoreto

B165-A2

( dalla Rivista "Sussidi per l'Insegnamento della Religione" N. 6-7/XXIX )

« Le XII Virtù di un Buon Maestro », secondo i principi e gli insegnamenti di S. Giovanni Battista De La Salle, vennero sviluppate e pubblicate il 1787 in Melun da un successore del grande Pedagogista, il Fr. Agatone.

È alla luce di una così profonda e saggia pedagogia intorno al compito ed alle doti del Maestro Cristiano che accostiamo, non senza qualche timore di riuscire inadeguati, la figura del Servo di Dio Fr. Teodoreto F.S.C., uno dei più genuini esemplari tra i discepoli del Santo di Reims.

Virtù ascetiche e pedagogiche del maestro cristiano

1. Se ogni cristiano deve possedere le virtù proprie dei redenti di Cristo, come la fede e la carità, coloro che attendono a particolari missioni dovranno rivestirsi, inoltre, di quelle virtù che li renderanno idonei al loro compito.

È chiaro che il missionario che evangelizza i popoli infedeli deve possedere uno zelo a tutta prova e che il maestro che si prefigge di educare i fanciulli a Cristo ed alla Chiesa, deve fare sua una grande umiltà ed una maturata saggezza.

Parlando di questi, in modo particolare, diremo che dovrà mettere non poco impegno nel conquistarsi le virtù proprie del suo ministero educativo, quelle virtù, cioè, che gli faciliteranno la sua missione di formatore di cristiani, che, anzi, la condizioneranno.

Fr. Agatone nell'avvertenza al suo aureo libro « Le 12 Virtù di un Buon Maestro »1 parla di tali virtù come di mezzi per raggiungere lo scopo della educazione cristiana: « Non basterebbe conoscere gli obblighi del proprio stato ed il fine dell'Istituto che è la educazione cristiana della fanciullezza se si ignorano i mezzi necessari … ».

Naturalmente non si tratta soltanto di conoscere dei mezzi, in questo caso, ma come è ovvio, occorre possederli in modo da renderli connaturati al proprio comportamento e da dirigerne costantemente gli atteggiamenti e le manifestazioni.

2. Come si sa, S. Giovanni Battista De La Salle ha iniziato le scuole popolari per la fanciullezza; e per questo la storia della pedagogia non gli ha negato il posto che gli competeva.

Ma ciò che ci testimonia meglio della sua originalità, quale pedagogista cristiano, è l'aver concepito e formato un nuovo tipo di Educatore che, per essere tale, deve aver acquistato, con cura assidua, le disposizioni virtuose che sole potranno dare efficacia al di lui compito.

Egli, cioè, non soltanto si convinse che il maestro deve possedere delle virtù idonee, ma volle chiaramente configurarle trovando viva e generosa risposta fra i suoi discepoli.

Ne vennero fuori mirabili insegnamenti in quella costellazione di virtù ascetico - pedagogiche che i suoi figli codificarono in scritti e pubblicazioni varie: importantissima, fra le altre, quella del già detto Fr. Agatone.

Tali virtù, secondo un nostro pratico disegno, potremmo così elencare: virtù del comportamento interiore: umiltà, prudenza, sapienza, pietà; virtù del comportamento esteriore: gravita, ritenutezza, silenzio; virtù dell'attività apostolica: pazienza, dolcezza, zelo, generosità, vigilanza.

3. È appena da accennare che il numero rilevante di queste virtù risulta piuttosto dallo sviluppo di alcune di esse che ne sono come il nerbo, e che tutte hanno radice in una ordinata forza inferiore dello spirito.

Ed è facile scoprire come l'una si lega all'altra in modo da formare un sistema armonico.

Si veda, per esempio come si tengano « umiltà e prudenza », « pazienza e dolcezza ».

Ma il fatto che maggiormente ci colpisce nell'esame di queste virtù, dal Santo De La Salle inculcate nei suoi figli, è la insistenza e la meticolosità con cui il Maestro veniva sollecitato a modellarsi in modo da essere un vero esemplare di fronte ai suoi alunni.

Giustamente i biografi del grande Pedagogista di Reims ci dicono con quale convincimento educava i suoi discepoli nell'acquisto di tali virtù.

Come già si disse, è questo l'aspetto più caratteristico del « merito » pedagogico di Lui.

Fr. Teodoreto maestro lasalliano

1. L'ideale del maestro secondo la mente del De La Salle non rimase una chimera.

Esso fu abbastanza forte ed abbastanza raggiungibile perché i suoi figli lo perseguissero spesso in modo generoso, da campioni.

La letteratura lasalliana ci offre delle testimonianze ricche e convincenti.

Il servo di Dio Fr. Teodoreto fu uno dei questi campioni e di questi testimoni.

In Lui fu raggiunta in modo mirabile quella configurazione delle virtù del Maestro: chi lo ha conosciuto, chi ha convissuto con Lui sa come quelle virtù si armonizzassero nel suo comportamento e ne aureolassero la persona, sa come tutte fossero in Lui presenti e splendidamente maturate.

Quando lo si vedeva e lo si ascoltava, dal gesto, dallo sguardo, dalla voce; da tutta la persona si aveva modo di riscontrare il fascino di una soavità pensosa e di una ferma dolcezza: lo « smalto » genuino delle virtù lasalliane.

Anche le virtù che sembrerebbero opposte si disposavano in Lui in perfetta armonia, come se, ad ogni occasione, anche se sfavorevole, un misterioso congegno ne equilibrasse il comportamento.

2. Si parla spesso di testimonianza, di esemplarità, di autorità morale sugli alunni, quando si vuole significare quale sia il prezzo da pagare se si vuole essere efficaci nell'attività educativa.

Ebbene, queste condizioni in Fr. Teodoreto erano visibili ed in perennità; erano la carta di identità che immediatamente esibiva pur senza alcuna posa od ostentazione.

La sua presenza sulla cattedra, presenza sia morale che fisica, così composta e dignitosa, non era frutto certamente di improvvisazione, non era convenzionale finzione dettata dalla opportunità.

Come avrebbe potuto reggere di fronte a quegli imprevisti che nella scuola sono sempre pronti a tentarti?

Come avrebbe potuto non lasciarsi logorare dal « terribile quotidiano » ( Pio XI ) della vita di scuola?

Era appunto quella continuità inalterata e inalterabile a rendere Fr. Teodoreto del tutto « prevedibile » da parte degli alunni, consentendo loro un comportamento del pari regolare, disteso.

Si sa, la calma genera la calma, la serenità è foriera di buoni propositi e sollecita buone azioni.

Comportamento interiore

1. Noi chiediamo al Maestro anzitutto la umiltà, nei suoi pensieri e nelle sue opere.

Non è possibile insegnare ed educare orgogliosamente.

Per riuscire a « divenire come fanciulli » ( Mt 18,3 ) occorre abbattere in se stessi le pretese eccessive del proprio « io ».

Educare è porgere servizio e questo è impensabile se non è suggerito dall'umiltà.

Fr. Teodoreto era un Maestro che sapeva rendere il suo servizio con profonda umiltà di spirito e di atteggiamenti.

Chi lo avrebbe mai potuto pensare come un ricercatore di se stesso o della propria gloria come quando ci si impanca a maestri?

Egli era profondamente persuaso che « poco giova essere conosciuto e lodato dagli uomini » ( Lc 10,20 ).

A Lui sono del tutto applicabili le parole del già citato Fr. Agatone: « È umile quel Maestro che lavora senza ricercare se medesimo e l'approvazione altrui » ( Ibid., pag. 33 ).

2. L'umiltà sa essere prudente, per intanto nel rapporto con gli alunni.

Non si tratta, infatti, di abdicare alla propria dignità di « mandati », nel fatto educativo, sia dalla Chiesa che dalla Autorità civile.

Noi abbiamo conosciuto un Fr. Teodoreto umile fino alla mansuetudine, ma anche dignitoso e rispettoso di sé fino alla fermezza.

In questo equilibrio è già implicata la prudenza.

La prudenza nella condotta della classe ha innumeri modi di essere applicata.

Ad ogni istante, si potrebbe dire, è chiamata in causa di fronte al comportamento della scolaresca per cui, di volta in volta, occorrerà accortezza nell'uso dei mezzi, accorgimento nelle parole, cautela di fronte a possibili tentazioni di esuberanza o di intolleranza.

Si tratta di mantenersi su di un piede di continua vigilanza su di sé e di dominarsi circa le possibili reazioni suscitate dal fermento di vita quale è quello costituito da un gruppo di ragazzi.

In queste linee si situa, con particolare luce, la figura di Fr. Teodoreto.

Egli era davvero possessore di quella « prudenza che è assai più dell'oro » ( Pr 16,16 ).

Chi ha mai potuto scorgere nel suo comportamento « precipitazione, sventatezza, temerità, leggerezza, incostanza, i difetti ordinari di coloro che non sanno essere prudenti? » ( Ibid., pag. 59 ).

3. Fr. Teodoreto possedeva inoltre, ed in modo spiccatissimo, la virtù della pietà.

Era pio sia per un profondo bisogno interiore, sia per essere efficace nel rendere pii i suoi alunni.

E renderli pii significava aiutarli ad innalzarsi a Dio e ad amarlo.

Era la pietà che lo faceva dolcemente incline a considerare nei fanciulli dei « redenti dal sangue di Cristo e dei templi dove abita lo Spirito Santo » ( Ibid., pag. 167 ), che lo rendeva sensibile a ciò che di sacro e di rispettabile i piccoli portano in sé quali battezzati.

Ed era pietà il suo parlare di Dio a quelle anime ben disposte alla Parola, e parlare - chi non lo ricorda se lo ha conosciuto? - con quella unzione, quella commossa soavità tutta sua.

4. E con la pietà anche la sapienza, la capacità di vedere, al di là delle vicende contingenti, la Verità cristiana e di stimarne il valore assoluto.

La sapienza di Fr. Teodoreto si appalesava sia quando dalla cattedra insegnava la dottrina cristiana sia quando, nell'incontro familiare, dava il suo consiglio od esplicitava il suo comando.

Egli era sapiente tanto che, per dirla con S. Bernardo, « la sua parola era luminosa ed era capace di illuminare le sue opere » ( Serm. 59, in Cant. ).

Ciò gli proveniva dalla costante abitudine di considerare uomini, cose, vicende alla luce della fede secondo la regola lasalliana ( v. Regole Com., II ).

Comportamento esteriore

Soltanto dal punto di vista concettuale si può parlare di interiorità e di esteriorità, a proposito delle virtù di Fr. Teodoreto.

In sostanza tutte le virtù hanno radice nello spirito e si alimentano alle stesse fonti.

Ma per procedere con un certo ordine ci sia consentito di considerare alcune altre virtù come abiti maggiormente esteriori, direi più visibili.

1. Ed anzitutto la gravita del contegno.

Essa colpisce favorevolmente gli alunni quando si disposa a « naturalezza di atteggiamenti e rifugge da affettazione o soggezione » ( Ibid., pag. 17 ).

È una virtù confacente al Maestro perché risponde all'attesa dei piccoli per l'innata stima che essi sono portati ad avere per lui.

Era una virtù che Fr. Teodoreto portava in modo eccellente sì da destare il massimo rispetto negli alunni senza tuttavia impedirgli di « avvicinarsi loro con bontà ed affetto » ( ibid., pag. 18 ), con evangelica semplicità.

Sapeva evitare certe punte di esagerazione quali si riscontrano talora in temperamenti altezzosi che - come è facile comprendere - tralignano nel ridicolo e nell'insopportabile.

L'equilibrio, anche in questo, caso, non si può rompere senza danno.

Nel nostro eminente Educatore l'armonia fra le diverse esigenze era tanto evidente e continua da divenire un fatto ovvio.

Egli doveva tenere presente il monito paolino « Nessuno faccia poco conto di te » ( Tt 2,15 ), ma per godere della necessaria autorità sugli alunni sapeva ricorrere ai mezzi idonei che non fossero l'asprezza e l'arroganza dei modi.

2. La virtù lasalliana della ritenutezza fa da sponda alla gravita e talora la previene.

Come è detto nell'aureo libro di Fr. Agatone, essa « consiglia moderazione quando ci si sente alterati » ( ibid., pag. 81 ).

È facile in certi casi che « esplodono » all'improvviso, trovarsi impreparati ed agire d'impulso, senza riflessione.

Proprio allora, con la sua forza inibitrice, deve intervenire la virtù della ritenutezza per « non commettere alcuna cosa che non sia conveniente e imitabile dagli alunni » ( ibid., pag. 81 ).

È da tenersi presente infatti che tutti gli atti del Maestro, in genere, vengono compiuti sotto gli occhi degli scolari i quali su quelli si modelleranno e potranno ricavare motivo di edificazione o di disappunto, se non di scandalo.

Fr. Teodoreto, anche sotto questo profilo era irreprensibile: non si lasciava cogliere alla sprovvista ed in ogni circostanza sapeva dominarsi perfettamente.

Ben sapeva infatti - come tutti i maestri - che talora basta « una sola parola, un gesto, un sorriso, un nulla per lasciare negli alunni una cattiva impressione » ( ibid., pag. 81 ).

Veramente questo suo evitare qualsiasi motivo di disagio di fronte agli occhi sempre attenti dei ragazzi gli conferiva una aureola di amabile e veneranda autorevolezza per cui degnamente sedeva in cattedra.

3. E chi avrebbe potuto trovare nel di Lui linguaggio, anche familiare, una qualche parola disdicevole?

Era l'esecutore diligente di quanto è suggerito nella Scrittura: « Fatevi una bilancia per soppesare le vostre parole » ( Sir 21,25 ).

Fr. Teodoreto era dunque osservatore di un'altra virtù, quella del silenzio, virtù diffìcile e rara nella pratica eppure tanto necessaria in chi ha il compito di insegnare.

Essa, infatti, « dispone all'arte difficile di tacere e di parlare » ( Ibid., pag. 24 ).

Fr. Teodoreto sapeva tacere quando era il caso, puntualmente.

Se parlava era soltanto perché aveva qualcosa da dire.

Non è una annotazione lapalissiana.

Quanti maestri - appunto perché debbono insegnare - parlano troppo, smodatamente, infastidendo ognuno e « finendo con il non essere ascoltati » ( Ibid., pag 25 ).

Fr. Teodoreto, quando il caso voleva parlasse, sapeva fare economia di parole.

Seguiva il consiglio di S. Bemardo: « Le vostre parole siano ponderate e veraci » ( Serm. 59, in Cant. ).

E questa sua parsimonia nell'impiego del mezzo vocale gli permetteva di essere incisivo nella spiegazione, penetrante nella riflessione morale, intanto che gli risparmiava tutta la sequela di difetti del maestro loquace: inesattezze, fanfaronate, trottole, ecc.

Attività apostolica

1. Abbiamo poi altre virtù, quelle che sostengono il lavoro apostolico.

Ed anzitutto la pazienza che da la misura del possesso di sé, giusta il detto evangelico: « Nella pazienza possederete le anime vostre » ( Lc 21,9 ).

Che questo possesso sia necessario all'Educatore cristiano già l'abbiamo veduto.

Ora ci sarebbe da dire quali ne siano le benefiche conseguenze.

La pazienza « fa tollerare i dispiaceri e i disgusti che si possono incontrare nella vita di scuola » ( ibid., pag. 75 ); inoltre « sostiene nei travagli e calma gli spiriti » ( ibid., pag. 74 ).

Quindi anche nelle asprezze e nelle repellenze del quotidiano lavoro scolastico la pazienza apporta e custodisce la necessaria serenità.

Essa esige un accurato esercizio, una continua verifica; il che avveniva esemplarmente in Fr. Teodoreto la cui condotta sempre uguale, inalterabile sapeva superare qualsiasi prova.

La sua pazienza dava un senso di finito, di perfetto alla sua opera conforme a quanto afferma S. Giacomo: « La pazienza contiene la perfezione dell'opera » ( Gc 1,4 ).

2. E con la pazienza la dolcezza.

Fr. Teodoreto stava sulle tracce del divino Maestro: « Imparate da me che sono dolce e umile di cuore » ( Mt 11,29 ).

Per i suoi alunni nutriva « affetti di Padre » ( ibid., pag. 89 ) oltre a sentimenti di illuminata carità cristiana.

Era il padre o il fratello che spezzava la parola della Verità fra i suoi alunni alimentandone la fede; e faceva questo con amabile dolcezza come lo dimostravano e il sorriso pacato, lo sguardo mansueto, il tono della voce sommesso.

Se è vero che « il fiore della carità è la dolcezza » ( S. Francesco di Sales ) Fr. Teodoreto si apriva a questa efflorescenza nell'incanto del suo atteggiamento.

Anche quando avesse dovuto ricorrere al rimprovero, aveva la cura di « dissipare tosto l'amarezza causata dal quell'intervento necessario » ( ibid., pag. 91 ), così come farebbe un padre.

3. Egli era pure pervaso di un santo zelo.

Con fervore attendeva al bene delle anime che la Provvidenza gli aveva affidate.

Era la lampada sul candelabro con il suo dono di luce e di calore.

Il suo zelo consisteva anzitutto nel porgere chiaro esempio di quanto voleva fosse appreso dagli alunni.

Ben sapeva che questi « hanno più occhi per vedere che orecchi per sentire » ( ibid., pag. 144 ).

Che gli scolari progredissero alla scuola di Gesù, vivessero della sua grazia, fossero devoti della sua passione, ecco le mete della sua tensione apostolica.

E per arrivarvi era tanto penetrante quanto industrioso: sempre però con amabilità e signorile misura.

Persuaso che « non c'è sacrificio più gradito a Dio dello zelo per le anime » ( S. Giov. Crisostomo, in Ezechiele, 12 ), sull'esempio dell'Apostolo si « faceva tutto a tutti », rinnovandosi nel suo proposito ogni giorno.

4. Da ciò la sua generosità, virtù che consiste nel non mettere limiti alla propria fatica, salva la prudenza e la obbedienza.

Si dice - sia pure con altra significazione - « pagare di propria borsa ».

Fr. Teodoreto sapeva pagare di propria borsa, cioè con sacrificio personale, con un vero dispendio di se stesso, senza mai nulla togliere all'offerta iniziale.

Avrebbe potuto dire con S. Paolo: « Spendo del mio e dò anche più di me stesso per le anime » ( 2 Cor 12,15 ).

5. E finalmente la vigilanza, virtù spesso fraintesa dura a praticarsi ma tanto necessaria alla educazione dei fanciulli.

Essa infatti previene tanti possibili mancamenti e viziati modi di procedere da parte dei soggetti.

Fr. Teodoreto era un assiduo vigilante; la sua presenza era tale che si estendeva a tutto, per « dirigere e sostenere ogni cosa » ( ibid., pag. 63 ).

Tuttavia il suo modo di vigilare non aveva nulla dell'inquisitivo o del sospettoso.

Era amabile e sereno perché emanava da un animo aperto all'ottimismo ed all'amore della fanciullezza.

Ma era anche costante, instancabile, conscio che « I fanciulli sono un deposito prezioso a noi affidato » ( S. Giov. Crisostomo, in I Ep. a Timoteo ).

Oggi si vorrebbe qualcosa di diverso, si inclina a credere che il fanciullo si sviluppi meglio in un clima di larga incontrollata libertà.

Supposto, però, che questo nuovo orientamento sia valido si può sempre osservare che la presenza assidua e amorevole dell'Educatore fra i ragazzi, intanto che offre una utilissima guida, può costituire una necessaria componente dello sviluppo dei soggetti nel senso della libertà.

Fr. Teodoreto per questo aveva idee chiare e sapeva risolvere elegantemente il problema sia pure non indugiando nella discussione.

Con il suo intuito sicuro mirava dritto allo scopo: il bene dei fanciulli, la loro preservazione dal male, il loro profitto spirituale.

Fr. Agilberto F.S.C.


1 Si veda nella traduzione italiana: Fr. Agatone / Le XII Virtù di un Buon Maestro, « Sussidi », Milano.