Divini Redemptoris

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Tutti i cristiani sono impegnati in questa grande lotta

40 Che cosa bisogna dunque fare, di quali rimedi servirsi per difendere Cristo e la civiltà cristiana contro quel pernicioso nemico?

Come un padre nel cerchio della sua famiglia, Noi vorremmo intrattenerci quasi nell'intimità sui doveri che la grande lotta dei giorni nostri impone a tutti i figli della Chiesa, indirizzando il Nostro paterno avvertimento anche a quei figli che si sono allontanati da essa.

Il rinnovamento della vita cristiana è il rimedio fondamentale che preserva dal comunismo

41 Come in tutti i periodi più burrascosi della storia della Chiesa, così ancor oggi il fondamentale rimedio è un sincero rinnovamento di vita privata e pubblica secondo i principii del Vangelo in tutti quelli che si gloriano di appartenere all'Ovile di Cristo, affinché siano veramente il sale della terra che preservi la società umana da una tale corruzione.

Consolazione per i segni di rinnovamento spirituale

42 Con animo profondamente grato al Padre dei lumi, da cui discende "ogni cosa ottima data e ogni dono perfetto" , ( Gc 1,17 ) vediamo dappertutto consolanti segni di questo rinnovamento spirituale, non solo in tante anime singolarmente elette che in questi ultimi anni si sono innalzate al vertice della più sublime santità e in tante altre sempre più numerose che generosamente camminano verso la stessa luminosa meta, ma anche nel rifiorire di una pietà sentita e vissuta in tutti i ceti della società, anche nei più colti, come abbiamo rilevato nel Nostro recente Motu-proprio In multis solaciis del 28 ottobre scorso, in occasione del riordinamento della Pontificia Accademia delle Scienze.24

Necessità di professare la religione non solo esteriormente

43 Non possiamo però negare che molto ancora resta a fare su questa via del rinnovamento spirituale.

Anche in paesi cattolici, troppi sono quelli che sono cattolici quasi solo di nome; troppi quelli che, pur seguendo più o meno fedelmente le pratiche più essenziali della religione che si vantano di professare, non si curano di conoscerla meglio, di acquistarne una più intima e più profonda convinzione, e meno ancora di far sì che all'esterna vernice corrisponda l'interno splendore di una coscienza retta e pura, che sente e compie tutti i suoi doveri sotto lo sguardo di Dio.

Sappiamo quanto il Divin Salvatore aborrisse questa vana e fallace esteriorità, Egli che voleva che tutti adorassero il Padre "in spirito e verità". ( Gv 4,23 )

Chi non vive veramente e sinceramente secondo la fede che professa, non potrà oggi, mentre tanto gagliardo soffia il vento della lotta e della persecuzione, reggersi a lungo, ma verrà miseramente travolto da questo nuovo diluvio che minaccia il mondo, e così mentre si prepara da sé la propria rovina, esporrà al ludibrio anche il nome cristiano.

Il distacco dai beni terreni e il precetto della carità sono due insegnamenti particolarmente attuali

44 E qui vogliamo, Venerabili Fratelli, insistere più particolarmente sopra due insegnamenti del Signore, che hanno speciale connessione con le attuali condizioni del genere umano: il distacco dei beni terreni e il precetto della carità.

"Beati i poveri di spirito" furono le prime parole che uscirono dalle labbra del Divin Maestro, nel suo sermone della montagna. ( Mt 5,3 )

E questa lezione è più che mai necessaria in questi tempi di materialismo assetato dei beni e piaceri di questa terra.

Tutti i cristiani ricchi o poveri, devono sempre tener fisso lo sguardo al cielo, ricordandosi che "non abbiamo qui una città permanente, ma cerchiamo quella avvenire". ( Eb 13,14 )

I ricchi non devono porre nelle cose della terra la loro felicità né indirizzare al conseguimento di quelle i loro sforzi migliori; ma, considerandosene solo come amministratori che sanno di doverne rendere conto al supremo Padrone, se ne valgano come i mezzi preziosi che Dio loro porge per fare del bene; e non lascino di distribuire ai poveri quello che loro avanza, secondo il precetto evangelico. ( Lc 11,41 )

Altrimenti si verificherà di loro e delle loro ricchezze la severa sentenza di San Giacomo Apostolo: "Su via adesso, o ricchi, piangete, urlate a motivo delle miserie che verranno sopra di voi.

Le vostre ricchezze si sono imputridite e le vostre vestimenta sono state rose dalle tignole.

L'oro e l'argento vostro è arrugginito; e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi, e quasi fuoco, divorerà le vostre carni.

Vi siete adunati tesori d'ira per gli ultimi giorni…" . ( Gc 5,1-3 )

La miseria e la sofferenza non potranno mai scomparire dal mondo

45 Ma anche i poveri, a loro volta, pur adoperandosi secondo le leggi della carità e della giustizia a provvedersi del necessario e anche a migliorare la loro condizione, devono sempre rimanere essi pure "poveri di spirito", ( Mt 5,3 ) stimando più i beni spirituali che i beni e godimenti terreni.

Si ricordino poi che non si riuscirà mai a fare scomparire dal mondo le miserie, i dolori, le tribolazioni, alle quali sono soggetti anche quelli che nell'apparenza sembrano più fortunati.

E quindi, per tutti è necessaria la pazienza, quella pazienza cristiana che solleva il cuore alle divine promesse di una felicità eterna.

"Siate dunque pazienti, o fratelli - vi diremo ancora con San Giacomo - sino alla venuta del Signore.

Ecco, l'agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra, e l'aspetta con pazienza finché riceva il frutto primaticcio e il serotino.

Siate anche voi pazienti, e rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina". ( Gc 5,7-8 )

Solo così si adempirà la consolante promessa del Signore: "Beati i poveri!".

E non è questa una consolazione e una promessa vana come sono le promesse dei comunisti; ma sono parole di vita che contengono una somma realtà e che si verificano pienamente qui in terra e poi nell'eternità.

Quanti poveri, infatti, in queste parole e nell'aspettativa del regno dei cieli che è già proclamato loro proprietà: "perché il regno di Dio è vostro", ( Lc 6,20 ) trovano una felicità, che tanti ricchi non trovano nelle loro ricchezze, sempre inquieti e sempre assetati come sono di averne di più.

La carità cristiana testimonia che la Chiesa sta dalla parte dei poveri e dei lavoratori

46 Ancora più importante, come rimedio del male di cui trattiamo, o certo più direttamente ordinato a risanano, è il precetto della carità.

Noi pensiamo a quella carità cristiana, "paziente e benigna", ( 1 Cor 13,4 ) la quale evita ogni aria di avvilente protezione e ogni ostentazione; quella carità che fin dagli inizi del cristianesimo guadagnò a Cristo i più poveri tra i poveri, gli schiavi; e ringraziamo tutti coloro che nelle opere di beneficenza, dalle conferenze di S. Vincenzo de' Paoli fino alle grandi recenti organizzazioni d'assistenza sociale, hanno esercitato ed esercitano le opere della misericordia corporale e spirituale.

Quanto più i lavoratori e i poveri sperimenteranno in se stessi ciò che lo spirito dell'Amore animato dalla virtù di Cristo fa per essi, tanto più si spoglieranno del pregiudizio che il Cristianesimo abbia perduto della sua efficacia e la Chiesa stia dalla parte di quelli che sfruttano il loro lavoro.

La giustizia e la carità cristiana non sempre sono state vissute nella pratica quotidiana

47 Ma quando vediamo da un lato una folla di indigenti per varie ragioni indipendenti da loro veramente oppressi dalla miseria, e dall'altro lato accanto ad essi, tanti che si divertono spensieratamente e spendono enormi somme in cose inutili, non possiamo non riconoscere con dolore che non solo non è ben osservata la giustizia ma che pure il precetto della carità cristiana non è approfondito abbastanza, non è vissuto nella pratica quotidiana.

Desideriamo pertanto, Venerabili Fratelli, che venga sempre più illustrato con la parola e con gli scritti questo divino precetto, preziosa tessera di riconoscimento lasciata da Cristo ai suoi veri discepoli; questo precetto, che ci insegna a vedere nei sofferenti Gesù stesso e ci impone di amare i nostri fratelli come il divin Salvatore ha amato noi, cioè fino ai sacrificio di noi stessi, e, se occorre, anche della propria vita.

Si meditino poi da tutti e spesso queste parole, per una parte consolanti ma per l'altra terribili, della sentenza finale, che pronuncerà il Giudice Supremo nel giorno dell'estremo Giudizio: "Venite, o benedetti dal Padre mio: …

Perché io ebbi fame, e voi mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere …

In verità vi dico, che tutte le volte che avete fatto qualche cosa a uno di questi minimi tra i miei fratelli, l'avete fatto a me". ( Mt 25,34-40 )

E di contro: "Andate via da me, maledetti nel fuoco eterno.., perché io ebbi fame, e voi non mi deste da mangiare; ebbi sete, e non mi deste da bere …

Io vi dico in verità che tutte le volte che voi non l'avete fatto a uno di questi minimi tra i miei fratelli, non l'avete fatto a me" . ( Mt 25,41-45 )

Osservare il "nuovo precetto" della carità

48 Per assicurarsi dunque la vita eterna e poter efficacemente soccorrere gli indigenti, è necessario ritornare ad una vita più modesta; rinunziare ai godimenti, spesso anche peccaminosi, che il mondo oggi offre in tanta abbondanza; dimenticare se stesso per l'amore del prossimo.

Una divina forza rigeneratrice si trova in questo "precetto nuovo" ( come Gesù lo chiamava ) di carità cristiana, ( Gv 13,34 ) la cui fedele osservanza infonderà nei cuori un'interna pace sconosciuta al mondo, e rimedierà efficacemente ai mali che travagliano l'umanità.

Carità e giustizia debbono operare insieme

49 Ma la carità non sarà mai vera carità se non terrà sempre conto della giustizia.

L'Apostolo insegna che "chi ama il prossimo, ha adempiuto la legge"; e ne da la ragione: "poiché il Non fornicare, Non uccidere, Non rubare … e qualsiasi altro precetto, si riassume in questa formula: Amerai il tuo prossimo come te stesso". ( Rm 13,8-9 )

Se dunque, secondo l'Apostolo, tutti i doveri si riducono al solo precetto della vera carità, anche quelli che sono di stretta giustizia, come il non uccidere e il non rubare; una carità che privi l'operaio del salario a cui ha stretto diritto, non è carità, ma un vano nome e una vuota speranza di carità.

Né l'operaio ha bisogno di ricevere come elemosina ciò che a lui tocca per giustizia; né si può tentare di esimersi dai grandi doveri imposti dalla giustizia con piccoli doni di misericordia

Carità e giustizia impongono dei doveri, spesso circa la stessa cosa, ma sotto diverso aspetto; e gli operai, a questi doveri altrui che li riguardano, sono giustamente sensibili per ragione della loro stessa dignità.

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24 In multis solaciis, del 28 ottobre 1936: A.A.S-, vol. XXVIII ( 1936 ), pp. 421-424