Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro I

100 - La libertà non è alternanza

Giuliano. Perduto il possesso dell'eternità - che del resto non consta abbia mai avuto in forza della sua nascita - incomberrebbe la volontà di bramare costantemente la malvagità.

E tu aggiungi: La volontà che è libera nel male, non è libera nel bene.

Indubbiamente con non minore professione di stupidità che di irreligiosità chiami libera la volontà che dici non poter volere se non una cosa soltanto: il male.

Agostino. Se non è libero se non chi può volere due cose, ossia e il bene e il male, non è libero Dio, se non può volere il male e del quale anche tu hai detto e con verità: Dio non può essere che giusto.73

Così dunque lodi Dio da togliergli la libertà?

O non devi piuttosto capire che è una beata necessità quella per cui Dio non può essere ingiusto?

101 - Crolla la scena del peccato originale

Giuliano. Ma sebbene tu non ti regga da nessuna parte, lascio tuttavia al saggio lettore giudicare quale sia stato il tuo apporto.

Concediamo che possa dirsi libera una volontà che non può volere il bene: ma tu asserisci che questa volontà è liberata nel battesimo.

Domando io: in che modo è liberata? Così da essere costretta a volere sempre il bene e non poter volere il male?

O così da poterli bramare ambedue? Se qui rispondi: Da essere costretta a volere sempre il bene, conosci da te quanto tu sii giovinianista.

Se al contrario rispondi: Come può essere libera una volontà se è costretta a volere sempre il bene? io replico: In che modo prima si diceva volontà libera, se era costretta a volere il male soltanto?

Se dunque risponderai che dopo il battesimo la volontà diventa libera in modo da poter e peccare e non peccare, con questa tua stessa risposta dichiarerai che l'arbitrio non era libero quando non poteva ambedue le cose.

Da ogni parte ti chiudono i nodi del tuo modo di ragionare: l'arbitrio era libero prima del battesimo, aveva la facoltà di fare il bene come aveva la facoltà di fare il male, e tutta la scena del tuo dogma, con il quale vai persuadendo il male naturale, crolla.

Agostino. Chi legge troverà che ti ho già risposto più sopra nei riguardi di Manicheo e di Gioviniano.

Come poi tu faccia a dire che uno, la cui volontà noi diciamo preparata dal Signore, diventi di così buona volontà da essere costretto a volere il bene - e Dio ci guardi dal dirlo! - lo veda la tua preclara intelligenza.

Se infatti è costretto, non vuole: e che più assurdo del dire che vuole il bene senza volerlo?

Anche sulla natura di Dio vedi quale sia il tuo modo di sentire, o uomo che dici l'uomo costretto a volere il bene se non può volere il male.

È forse infatti costretto Dio a volere il bene, perché non può volere il male, essendo assolutamente immutabile?

Ma la natura umana, benché mutevole, è buona, per quanto attiene al fatto della creazione: essa non solo è stata fatta senza vizio, ma, anche adesso che è cattiva a causa del vizio, è capace del bene, e quindi è buona.

Questa sentenza vera sovverte l'insania falsa dei manichei.

Nel battesimo poi i peccati sono rimessi tutti dalla grazia di Dio, per mezzo della quale l'uomo è condotto allo stesso battesimo, dopo che Dio gli ha preparato la volontà.

E sono rimessi in tal modo che successivamente, sebbene il suo spirito concupisca contro la carne per non acconsentire alla iniquità, anche la carne tuttavia concupisce contro lo spirito, sicché l'uomo non fa quello che vorrebbe.

Vuole infatti non avere nemmeno questa concupiscenza della carne, ma per ora non lo può, e per questo geme ancora interiormente aspettando l'adozione, la redenzione del suo corpo, ( Rm 8,23 ) dove avere la carne in tal modo da non poter più peccare.

Attualmente dunque non solo può peccare dopo il battesimo, ma inoltre poiché, anche ben opponendosi alla concupiscenza della carne, qualche volta è trascinata da essa al consenso e commette alcuni peccati, che sebbene veniali sono tuttavia peccati, ha sempre in questa vita motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti. ( Mt 6,12 )

Anche questa verità cattolica rintuzza la falsità di Gioviniano.

Ambedue le cose poi, ossia e ciò che diciamo contro Manicheo e ciò che diciamo contro Gioviniano, sbaragliano la vostra eresia e le vostre calunnie.

102 - Il premio di non poter peccare come gli angeli

Giuliano. Se poi prima del battesimo non è stato libero di fare il bene e dopo il battesimo è diventato libero in tal modo da non poter fare il male, mai ha davvero avuto a sua disposizione la libertà dell'arbitrio, e questa è la prova che prima ha peccato senza reato e dopo possiede la gloria senza cura di santità.

Agostino. Dunque nemmeno in Dio c'è la libertà dell'arbitrio, perché non può fare il male, come non può rinnegare se stesso. ( 2 Tm 2,13 )

Il quale Dio anche a noi con quel premio supremo sta per elargire di non poter peccare, pari noi non certo a Dio stesso, ma tuttavia ai suoi angeli.

Questo infatti si deve credere, che Dio dopo la caduta del diavolo abbia donato agli angeli per il merito della buona volontà con la quale perseverarono nelle verità: che in seguito nessuno diventasse un nuovo diavolo a causa del libero arbitrio.

103 - Non costrizione, ma fruizione

Giuliano. Tirando la somma di tutto, eccoti dimostrato che il tuo dogma svanisce completamente: prometti di non negare il libero arbitrio e lo distruggi prima con la necessità del male e dopo con la necessità del bene.

Agostino. Sei pronto a dire, come vedo, che a non poter peccare è pressato da necessità Dio, il quale in realtà né può volere, né vuole poter peccare.

Ma anzi, se deve dirsi necessità quella per cui è necessario che qualcosa sia o avvenga, è assolutamente beatissima la necessità per cui è necessario vivere felicemente e in questo medesimo vivere non poter morire e non poter mutare in peggio.

Di questa necessità, se pur si deve dire necessità anch'essa, gli angeli santi non hanno la costrizione, ma la fruizione.

Per noi invece tale necessità è futura e non presente.

104 - Non c'e peccato nelle cose

Giuliano. Ma tuttavia alla distruzione completa del tuo dogma giova che ci ricordiamo anche delle precedenti definizioni.

Se il peccato non è se non la volontà di continuare o di commettere ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi, non si trova assolutamente nessun peccato nelle cose.

Agostino. Cotesta definizione è del peccato che è soltanto peccato, non del peccato che è anche pena del peccato, per la quale pena si è perduta la libertà di non peccare.

Dal qual male non libera se non Dio, cui non solo diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti, bensì pure: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male. ( Mt 6,12-13 )

105 - Il peccato non può trovarsi nel seme dell'uomo

Giuliano. Perché se la giustizia non imputa se non ciò da cui è libero astenersi e se prima del battesimo c'è la necessità del male, non essendo la volontà libera di fare il bene, come hai detto, e non potendo quindi fare altro che il male, la volontà è tenuta lontana dall'infamia del male in forza della stessa necessità che subisce, dal momento che non può essere aggravata dalle sue azioni davanti a quella giustizia che non imputa se non il male da cui è libero astenersi.

Dopo il battesimo poi, se c'è la necessità del bene, non ci può essere davvero nessun peccato.

Vedi tu dunque come ciò che la ragione definisce peccato non possa trovarsi nei semi, quando già secondo le tue definizioni non si trova nemmeno nei costumi.

Agostino. Sbagli di grosso o pensando che non esiste nessuna necessità di peccare o non capendo che la necessità di peccare è pena di quel peccato che fu commesso senza nessuna necessità di peccare.

Se infatti non c'è nessuna necessità di peccare - per non parlare della violenza di quel male che si contrae originalmente, perché voi non ne volete l'esistenza -, che cosa pativa, ti prego, colui che secondo il vostro modo di sentire era pressato da tanto male di cattiva consuetudine da dire: Io non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio? ( Rm 7,19 )

Inoltre io stimo che tu pensi quanto è grande la fatica da fare nel corso della vita per imparare che cosa sia da bramare e che cosa sia da evitare.

Coloro poi che non lo sanno patiscono la necessità di peccare per la stessa ignoranza del bene da bramare e del male da evitare.

È infatti nella necessità di peccare chi, non sapendo che cosa debba fare, fa ciò che non deve.

Per questo genere di mali si prega Dio dove si dice: Non ricordare i peccati della mia giovinezza e della mia ignoranza. ( Sal 25,7 )

Se le mancanze di questo genere non le imputasse il Dio giusto, non chiederebbe che gli fossero rimesse l'uomo fedele.

È per questo che anche il servo di Dio Giobbe dice: Hai sigillato in un sacco i miei peccati e hai tenuto conto di quello che ho commesso senza volerlo. ( Gb 14,17 sec. LXX )

Anche tu stesso nell'ultimo tuo libro di quei quattro che hai pubblicati contro uno solo mio, dici che dalle affezioni e dalle passioni dell'animo viene agli uomini un sentimento e un attaccamento così forte da non potersi svellere in nessun modo o solo con grande sforzo.74

Pertanto chiunque pecca per una timidezza che non gli si può togliere di dosso, come peccherà se non per necessità?

Ma che questi peccati provengano da quei peccati che furono commessi senza nessuna necessità voi lo concedete almeno nel caso di colui che dice: Io faccio il male che non voglio.

Chi infatti, per patire cotesta necessità, non è pressato se non dalla consuetudine di peccare, senza dubbio prima che peccasse non era ancora pressato dalla necessità della consuetudine.

E perciò anche secondo voi la necessità di peccare, dalla quale non è libero astenersi, è pena di quel peccato da cui è stato libero astenersi, quando non urgeva nessun peso di necessità.

Perché dunque non credete che quel peccato, indicibilmente grave, del primo uomo sia valso a viziare la natura umana universale almeno tanto quanto vale adesso in un singolo uomo la seconda natura?

Che sia infatti chiamata così dai dotti la consuetudine ti sei creduto in dovere di rammentarcelo.75

Poiché dunque e noi confessiamo la presenza negli uomini di quei peccati che si commettono non per necessità ma per volontà, i quali sono i soli peccati dai quali è libero astenersi, e d'altra parte il genere umano è pieno di peccati che provengono dalla necessità dell'ignoranza o delle passioni, i quali non sono solamente peccati ma anche pene di peccati, come fai a dire che secondo le nostre definizioni il peccato non si trova neppure nei costumi?

Ma udite ciò che non volete udire! Da tutti i peccati, siano originali, siano morali, e dopo che sono stati fatti o perché non si facciano, non libera se non la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro, nel quale siamo stati rigenerati e dal quale abbiamo imparato a dire nella orazione non solo: Rimetti a noi i nostri debiti, perché cioè abbiamo peccato, ma anche: Non ci indurre in tentazione, ( Mt 6,12-13 ) perché cioè non pecchiamo.

106 - Si dimostra superfluo il battesimo di A., previsto solo per l'orgasmo dei genitali

Giuliano. Ma, consegnato all'animo del saggio lettore questo sommario della nostra discussione, esaminiamo che cosa del compito che gli è stato assegnato realizzi il tuo battesimo, che tu dici previsto unicamente per l'orgasmo dei genitali.

Il tuo battesimo confessa di espiare gli uomini dai peccati, ma quando si dibatte davanti alla giustizia la causa della volontà, questa non si dichiara rea se non ha potuto volere diversamente.

Cadendo poi l'odioso reato, è già caduta pure la pompa di chi perdona, perché non può perdonare ciò che non può giustamente imputare.

E così il battesimo viene frustrato negli effetti della sua promessa, perché né trova i crimini la cui remissione gli meriti lode, né questo beneficio di sciogliere i vincoli del peccato gli fa acquistare dei debitori, non potendo convincere di cattiva volontà coloro che sono al riparo nell'asilo della necessità: e per tutto questo il tuo battesimo si dimostra superfluo.

Ma poiché non è superflua la grazia che è stata prevista dal Cristo, si ritenga giustificata la munificenza del battesimo, per mezzo del quale si convince di colpa la volontà del peccatore, la quale certamente ha tanto potuto volere il bene quanto ha voluto il male.

Tutta dunque è svanita la fantasticheria della necessità, e quindi non c'è nessun peccato che venga da condizione di natura, ma nella natura degli uomini rimane il libero arbitrio; il che, come lo neghi tu con Manicheo, così lo confessiamo noi con gli Apostoli e con tutti i cattolici.

Agostino. È in necessità di peccare chi ignora la giustizia; ma, quando poi abbia conosciuto la giustizia, non gli si dovranno per questo perdonare i peccati che ha commessi per necessità d'ignoranza?

Oppure, poiché ha conosciuto ormai come deve vivere, dovrà presumere che il vivere in modo giusto gli venga da se stesso e non da Dio, al quale si dice: Non c'indurre in tentazione? ( Mt 6,13 )

Non c'è dunque sicurezza d'impunità nella necessità di peccare, ma che questa necessità non rechi danno lo dona Dio, al quale si dice: Cavami dalle mie necessità. ( Sal 25,17 )

Lo dona poi in due modi: e rimettendo l'iniquità commessa e aiutandoci a non cadere in tentazione.

Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. ( Gc 1,14 )

E questa tua " protetta " ti è tanto cara da ritenere di doverla lodare quando uno non è trascinato da essa al consenso, quasi che non sia un male ciò che spinge al male, se chi è spinto non gli cede ma gli resiste.

Sebbene tu, anche quando si acconsente alla concupiscenza, sostieni con grande vaniloquio che la colpa va data a chi è caduto e non alla concupiscenza che l'ha spinto, a chi è stato attratto e non alla concupiscenza che l'ha attratto, a chi è rimasto sedotto e non alla concupiscenza che l'ha sedotto, evidentemente perché, come tu sentenzi, ha fatto uso cattivo di un bene: tu hai appunto uno spirito tanto cattivo da sembrarti buona la concupiscenza che fa concupire la carne contro lo spirito.

Ma tu stimi di aver messo elegantemente in ridicolo la nostra sentenza sul battesimo, attribuendoci nella maniera più bugiarda l'affermazione che il battesimo sia stato previsto solo per l'orgasmo dei genitali.

Non diciamo questo, ma diciamo ciò che voi tentate di distruggere con la vostra eresia nuova e perversa: per questo è stato previsto da Dio l'aiuto di una seconda natività spirituale, che Cristo ha stabilito di far avvenire in se stesso, perché coloro che nascono carnalmente da Adamo contraggono con la prima natività il contagio della morte antica.76

Ecco che ho fatto uso delle parole del vescovo punico Cipriano, contro il quale, benché martire, tu latri quando impugni la fondatissima fede della Chiesa, per la quale è stato versato il suo sangue.

Come infatti l'apostolo Paolo dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui, ( Rm 5,12 ) ugualmente anche il vescovo Cipriano, esperto di questo Apostolo, ha confessato che quanti nascono carnalmente da Adamo contraggono con la prima natività il contagio della morte antica.

Cos'è dunque questo tuo associarti ingannevolmente agli Apostoli e a tutti i cattolici, dal momento che in modo fraudolento contraddici l'Apostolo, ma in modo apertissimo contraddici un vescovo e martire nella sentenza che condivide con la Chiesa Cattolica orientale e occidentale?

107 - Non diventiamo schiavi del peccato per natura

Giuliano. Certamente il commento che hai fatto dei testi dell'apostolo Paolo sarebbe da passare con una risata sotto silenzio, se non atterrisse gli ignari delle Scritture: Quando eravate sotto la schiavitù del peccato, ha scritto l'Apostolo, eravate liberi nei riguardi della giustizia. ( Rm 6,20 )

Non poteva dire senza dubbio " liberati ", perché questo termine di liberazione si porta fuori convenientemente e appropriatamente quando l'uomo è liberato da situazioni dannose.

Ma liberi nei riguardi delle virtù si possono dire coloro che stabiliscono di non dovere nulla alle virtù.

Libero dunque si può dire e nei riguardi del bene e nei riguardi del male chi servendo all'uno si studia di non dovere nulla all'altro.

Liberato invece non si può dire se non dal male, perché questa parola di liberazione richiama di per sé un'angoscia che si toglie.

Che problema dunque si poteva muovere all'Apostolo in questo caso circa le sue parole, quando egli secondo lo stile universale ha detto liberi nei riguardi del bene e liberati nei riguardi del male?

Quando eravate sotto la schiavitù del peccato, dice, eravate liberi nei riguardi della giustizia.

Ma quale frutto raccoglievate da cose di cui ora vi vergognate? ( Rm 6,21 )

Ma perché tu non stimi che noi diventiamo schiavi del peccato per natura, ascolta il medesimo Apostolo che nel medesimo testo dice: Non sapete voi che se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia nell'obbedienza al peccato, sia nell'obbedienza alla giustizia? ( Rm 6,16 )

Da voi stessi, dice, vi siete messi a servizio del peccato come schiavi per obbedirgli, perché tu capissi che egli imputa il peccato alla volontà e non alla natività.

Per questo soltanto dice dunque che erano liberi nei riguardi della giustizia, perché si erano rifiutati d'osservare i suoi precetti.

Agostino. Se per questo soltanto è stato detto che costoro erano liberi nei riguardi della giustizia perché si erano rifiutati d'osservare i suoi precetti, prima dunque che ricevessero i precetti della giustizia che rifiutavano d'osservare non erano liberi nei riguardi della giustizia e sotto la schiavitù del peccato? Chi lo dirà?

Da questa necessità della schiavitù dunque libera colui che non solo dà i precetti per mezzo della legge, ma per mezzo dello Spirito dona anche la carità, per la cui dilettazione si vinca la dilettazione del peccato; altrimenti la necessità della schiavitù persevera invitta e tiene sotto di sé il suo schiavo.

Perché uno è schiavo di ciò che l'ha vinto. ( 2 Pt 2,19 )

108 - Solo la libertà di peccare

Giuliano. Inoltre aggiunge immediatamente che sono adesso schiavi della giustizia, così come prima erano schiavi del peccato.

Questo ti consente, se ti piace, di dirli liberi dal peccato ora che sono schiavi della giustizia, come sono stati detti da lui liberi nei riguardi della giustizia quando erano schiavi del peccato.

Molto maldestramente dunque hai voluto calunniare la semplicità dell'Apostolo.

Né è stato lui infatti a indicare con grande vigilanza ciò che pensi tu, ma sei tu a vedere con occhi pieni di sonno ciò che egli ha proferito.

Congetturi appunto che egli abbia preferito dire liberati piuttosto che liberi, perché intendessimo che con la libertà dell'arbitrio si può certo agire male, ma non si può agire bene.

Ora, l'ordine stesso delle sue parole si oppone a te.

Perché, se avesse pensato quello che pensi tu, cioè che con la libertà si pecca solamente, avrebbe dovuto dire: " Eravate liberi per il peccato "; non dire: Eravate liberi per la giustizia, ( Rm 6,20 ) perché fosse detto libero colui per il quale la stessa libertà operava.

Se infatti piace ponderare anche l'importanza dei casi, li dice liberi per questa giustizia, non li dice liberi da questa giustizia.

Più conseguentemente saremmo noi ad essere avvantaggiati da questa locuzione, se volessimo insistere su elementi tanto leggeri.

Ma lungi questo da noi: intendiamo il senso dell'Apostolo e ci contentiamo della funzione di elocuzioni proferite con semplicità.

Nient'altro ha detto il Maestro delle Genti se non questo: Eravate liberi, non eravate servi della giustizia; siete stati liberati, avete ricevuto il perdono dei peccati, rimanendo la libertà dell'arbitrio, per mezzo della quale hanno potuto obbedire e prima al peccato e dopo alla giustizia.

Agostino. Viene da questo vostro modo di sentire ereticale, con cui dite che per mezzo della grazia non si fa liberazione dal peccato se non quando si riceve il perdono del peccato commesso, ma non anche perché il peccato non prevalga quando qualcuno è attratto dalla propria concupiscenza ad acconsentire al peccato, che voi siete in contraddizione anche con le orazioni dei santi.

Perché infatti si dice a Dio: Non c'indurre in tentazione, ( Mt 6,13 ) se è in potere del nostro libero arbitrio, insito in noi per natura, che questo non avvenga?

E perché mai l'Apostolo dice: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male, ( 2 Cor 13,7 ) se Dio non libera dai peccati se non dando venia dei peccati trascorsi?

109 - L'albero da cui il diavolo coglie i frutti

Giuliano. Inoltre l'Apostolo indica che cosa contenesse la sua esortazione premettendo: Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne.

Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione.

Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. ( Rm 6,19-20 )

Con logica assolutamente perfetta dice che sono stati liberi nei riguardi della giustizia quelli che aveva chiamati a tenere le loro membra in ogni santificazione.

Ma poiché su questo punto ci siamo fermati non poco per mostrare che è certissimo quello che avevo detto,77 ossia che negherebbero il libero arbitrio le persone che fossero state spaventate dai vostri discorsi, e che sarebbero state spinte ad una vera rovina da una falsa paura, e che tu sei il principale negatore del libro arbitrio, ritorniamo a quel libro che è stato destinato a Valerio, per provare che tu in un primo tempo hai negato la creazione da parte di Dio, ma ora in alcuni testi la neghi senz'altro e in altri testi ti esprimi molto più sacrilegamente di quando l'avevi negata.

E con quanta assolutezza tu abbia negato la creazione degli uomini da parte di Dio in quel tuo libro precedente è certamente apparso a sufficienza nel corso della discussione.

Hai detto appunto che il genere umano è come un albero piantato dal diavolo, dal quale egli ha il diritto di cogliere il frutto,78 e molte altre espressioni che, usate da te come argomenti, cooperano a questo errore.

Ma in questo secondo libro, sebbene tu persegua il medesimo scopo con l'insieme del tuo dogma, tuttavia tenti di emendare la tua sentenza più perniciosamente di quanto l'hai enunziata antecedentemente.

Agostino. Se per te è poco l'Apostolo che dice: A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui, ( Rm 5,12 ) Ambrogio, certamente non da manicheo, con il quale nome tu incrimini persone che sono tali di fede quale era stato lui, ma da cattolico ha compreso l'Apostolo e comprendendolo ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, essendo nel vizio la nostra stessa origine.79

Ecco da dove, come da un suo albero, il diavolo colse con diritto il frutto: non dalla natura che Dio creò, ma dal vizio che il diavolo stesso impiantò.

Né infatti coloro che nascono sotto il peccato non possono essere se non sotto l'autore del peccato, se non rinascono nel Cristo.

110 - Non lasciatevi schiacciare dalla disperazione

Giuliano. Ma completiamo brevemente la risposta che si deve al tuo capitolo, già riportato sopra da noi.80

Coerentemente e sinceramente pertanto rispondo: noi non rifiutiamo agli uomini la liberazione da parte del Signore Gesù Cristo e li preveniamo perché, credendo a voi, non si lascino schiacciare dalla disperazione dell'emendazione e non si ritirino dalla erudizione del Cristo, quasi che egli imponga doveri di cui la natura dei mortali sarebbe incapace, appunto perché aggravata da un male congenito.

Agostino. Ma anche la morte è congenita e tuttavia da essa libera gli uomini colui che dà la vita a chi vuole ( Gv 5,21 ) e al quale devono ricorrere quelli che vogliono essere liberati dal male congenito.

E perché lo facciano leggi nel Vangelo chi li attiri. ( Gv 6,44 )

111 - Sono uomini da salvare anche i bambini

Giuliano. Corrano piuttosto a colui che grida: Il mio giogo è dolce e il mio carico leggero; ( Mt 11,30 ) a colui che anche alla volontà cattiva elargisce il perdono con inestimabile liberalità, e l'innocenza che crea buona la fa ancora migliore rinnovandola e adottandola.

Agostino. Sono proprio uomini quegli stessi ai quali tu rifiuti il Liberatore, perché neghi la presenza in essi di un male dal quale abbiano bisogno d'essere liberati.

In che modo dunque rispondi coerentemente e sinceramente che non rifiutate agli uomini la liberazione da parte del Signore Gesù Cristo, quando piuttosto operi pertinacemente e mentitamente perché non si creda che i bambini siano salvati da lui, come salva il suo popolo dai suoi peccati; ( Lc 19,10 ) e per questo apprendiamo, parlando così il Vangelo, che è stato chiamato Gesù? ( Mt 1,21 )

Non potrete dunque insegnare che non rifiutate agli uomini la liberazione da parte del Cristo, perché non potete in nessun modo dimostrare che i bambini non siano uomini.

112 - Tutti gli uomini erano in Adamo, vinto senza combattere

Giuliano. Mi stupisce pertanto che tu abbia osato riportare il testo dove si dice: Uno è schiavo di ciò che l'ha vinto. ( 2 Pt 2,19 )

Questo testo fa per noi nel modo più manifesto, perché asseriamo che nessuno può sottostare al diavolo se non è stato superato da lui in combattimento per vile resa della sua volontà.

Non doveva invece essere adoperato da te, a cui si oppone fortemente, perché vuoi persuadere che sono nel regno del diavolo i nascenti, i quali senza propria volontà non hanno potuto certamente né essere vinti né peccare.

Agostino. I nascenti, dei quali dici che non hanno potuto né essere vinti né combattere, traggono origine da quell'uomo in cui tutti hanno peccato, e quell'uomo, ciò che è più grave, fu vinto senza combattimento.

C'era infatti Adamo e in lui eravamo noi tutti: perì Adamo e in lui perirono tutti.81

Lasciate dunque che i bambini siano ritrovati da colui che è venuto a cercare ciò che era perduto. ( Lc 19,10; Rm 5,12 )

Altrimenti, essendo uomini anche i bambini, voi rifiutate assolutamente agli uomini la liberazione da parte di Gesù, per quanto sia grande la loquacità con la quale credete di dovere coprire la crudeltà di questo vostro errore.

113 - Misericordia e giustizia

Giuliano. E certamente perché ti sei accorto che questo testo vale moltissimo contro di te, quasi che tu fossi interrogato dal testo stesso così: Per quale ragione dunque i bambini sono nel regno della potestà avversa, se si crede alla Scrittura che uno è schiavo di ciò che l'ha vinto, e se consta che l'infanzia senza uso di ragione e di volontà non ha potuto né combattere né cedere?, aggiungi: Appunto " a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così ha raggiunto tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui ".82

Dio dunque è il creatore di quanti nascono, ma lo è in tal modo che se ne vadano a finire nella condanna tutti quelli di cui Dio non sia stato liberatore facendoli rinascere.

Dio stesso appunto è stato paragonato ad un vasaio che " dalla medesima massa di creta fa secondo la sua misericordia un vaso per uso nobile e secondo la sua giustizia ne fa un altro per uso volgare "; ( Sal 101,1 ) al quale Dio la Chiesa canta: " Misericordia e giustizia ". ( Is 45,9 )

Quello che tu dici, che a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, con la quale testimonianza dell'Apostolo hai turbato il cuore di moltissime persone, persone tuttavia sprovvedute di erudizione, sebbene io abbia dimostrato brevemente nel quarto libro come sia da intendere,83 tuttavia con l'aiuto del Cristo lo esporrò in modo più pieno in quest'opera, cosicché nel secondo libro, tralasciate tutte le altre testimonianze, questo stesso passo apostolico si apra nel suo contesto in modo pienissimo.

Agostino. All'esposizione che dici fatta brevemente da te nel tuo quarto libro ti è stato risposto nel sesto dei nostri.84

Quanto poi a ciò che prometti in quest'opera, quando comincerai a renderlo, apparirà allora quanto tu sii vaniloquo.

114 - Affermazioni contraddittorie solo apparentemente

Giuliano. Qui però farò presente in breve che questa testimonianza dell'Apostolo non ti può suffragare per la conferma di quella tua sentenza, che tutta l'erudizione, tutta la ragione e la legge di Dio dimostrano iniquissima.

Il lettore diligente faccia dunque attenzione a ciò che hai dichiarato: Dio è il creatore di uomini cattivi, e li crea tali che vadano assolutamente tutti alla dannazione senza nessun merito della loro propria volontà.

Agostino. Questo è ciò che ho detto: Dio fa la natura degli uomini, i quali sono cattivi per un vizio che Dio non ha fatto e dal quale Dio fa il bene anche se sono cattivi gli uomini che Dio fa, perché Dio li fa in quanto sono uomini e non in quanto sono cattivi.

Né infatti gli uomini nascerebbero come vasi volgari se non fossero cattivi, e tuttavia essi sono certamente buoni per la natura che Dio fa, ma sono cattivi per la presenza in loro di un vizio che il nemico ha inseminato, sì, contro la natura, tuttavia dentro la natura, con la conseguenza che a causa di questo vizio fosse cattiva la natura, cioè fosse cattivo l'uomo.

Nessun male infatti può esistere se non esiste dentro qualche bene, perché il male non può esistere se non dentro una qualche natura, e ogni natura in quanto è natura è un bene.85

Osservate diligentemente come si facciano affermazioni che sembrano contraddittorie tra loro, e non lo sono, purché tuttavia non abbiate perduto completamente gli occhi per il fumo di una superba contesa.

115 - Tutti i non battezzati soggiacciono al diavolo e alla condanna

Giuliano. E perché non ignorassimo di quale tempo tu parlassi, dichiari che da Adamo, il quale dici che da solo era tutti noi, fino alla fine coloro che non sono stati battezzati si trovano a soggiacere alla dannazione e al diavolo.

Nella quale sentenza ti sforzi di curarti molto più dannosamente di quanto ti sia ferito antecedentemente.

Per rimuovere infatti la odiosità che rovinava su di te per la tua affermazione che il diavolo sia il creatore degli uomini, correggendoti confessi che è Dio il loro creatore, ma creatore di tali uomini quali sono quelli che Manicheo ascrive al principe delle tenebre.

Agostino. Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è nel vizio la stessa nostra nascita.86

Questo non l'ha detto l'immondo eretico Manicheo, ma il santo cattolico Ambrogio.

Quanto poi a Manicheo, né dice buona ogni natura in quanto è natura, né dice che si possa in qualche modo risanare e far diventare buona quella che egli chiama natura cattiva.

Il che dice la fede cattolica della natura umana dei piccoli e dei grandi, sia contro i manichei, sia contro i pelagiani, gli uni e gli altri per malattie diverse, ma ugualmente malati.

116 - Anche i mostri sono creati dal Dio giusto

Giuliano. Per la verità infatti Manicheo, credendo che gli uomini siano cattivi per condizione di nascita, assegnò ad essi come creatore uno che allontanasse dal Dio buono il crimine di un'opera cattiva.

E poiché aveva sbagliato nella definizione del peccato così da crederlo naturale, mentre non può essere che volontario, conseguentemente inventò poi un cattivo artefice di una cattiva origine: più religioso costui nei riguardi di Dio e più irrispettoso verso la natura.

Tu viceversa dici che gli uomini nascono, sì, cattivi, ma che Dio è il creatore di questi uomini cattivi: più irrispettoso tu verso Dio e più riguardoso verso la natura; questa ha infatti a sua difesa la maestà del suo Creatore, il Creatore al contrario a sua accusa ha la bruttezza della sua opera.

Agostino. Accusa dunque Dio, se ti va, della bruttezza della sua opera, poiché veramente alcuni corpi nascono così brutti che certuni di essi per enorme deformità si dicono anche mostri.

Non infatti un altro Dio, come finge Manicheo, né alcuni dèi inferiori, come sbaglia Platone, sono i creatori dei corpi, ma è bensì il Dio buono e giusto che fa pure tali corpi.

Se li riporti al grave giogo che pesa sui figli di Adamo, ( Sir 40,1 ) non troverai né un Dio cattivo, come quello che Manicheo assegna alla fabbricazione dei corpi, né un Dio vinto dai mali, implicato e immischiato con essi, come Manicheo non teme di credere del Dio buono, ma evidentemente un Dio giusto, atteso il peccato originale, come il Dio che conosce la fede cattolica, dalla cui orbita ha deviato il vostro errore.

Né infatti se nessuno avesse peccato, corpi brutti e mostruosi sarebbero nati nel paradiso.

117 - Manicheo anche Paolo?

Giuliano. Non hai temuto, o tristissimo uomo, di appioppare a Dio ciò che per rimuoverlo da Dio Manicheo inventò un altro creatore.

Siete ambedue certamente nemici della verità, ma prima che arrivassi tu si credeva che non fosse possibile superare in empietà Manicheo.

Agostino. Prima di me c'era Ambrogio, che non era manicheo; prima di lui Ilario e Gregorio; prima di loro Cipriano e tutti gli altri che sarebbe lungo ricordare e che non erano manichei.

E tuttavia hanno insegnato alla Chiesa quello che hanno imparato nella Chiesa: i bambini traggono il peccato originale e si devono essufflare negli esorcismi per sottrarli al potere delle tenebre e trasferirli nel regno del loro Salvatore e Signore. ( Col 1,13 )

Perché, se il Cristo è morto anche per essi, come pure tu sei stato costretto a confessare, allora tutti sono morti e Gesù è morto per tutti, ( 2 Cor 5,14-15 ) secondo le parole dell'Apostolo.

Se anche lui è manicheo, secondo le tue parole, che cosa sarai tu allora?

118 - Felicissimo di essere vituperato da A., accusatore di Dio

Giuliano. Tu però hai giustificato la tua sorella Sodoma, ( Ez 16,48.51.55 ) come dice il Profeta, e si crederà assolto Manicheo se si confronta con le tue bestemmie.

Io nel primo libro della mia opera mi ero vantato d'essere lacerato da quella bocca dalla quale anche gli Apostoli avevano patito ingiuria; adesso invece mi spaventa la grandezza della mia felicità: sono vituperato da uno che incrimina Dio!

Agostino. Sei vituperato da uno che con Ambrogio e con tutti gli altri suoi colleghi predica liberatore anche dei bambini il Cristo, che tu non solo incrimini come mentitore là dove dice di essere venuto a salvare e a cercare ciò che era perduto, ( Lc 19,10 ) ma anche lo contraddici perché non cerchi egli i bambini da salvare.

119 - Parole fragili come il vetro

Giuliano. Donde mi è venuto l'onore di tanto oltraggio?

Nulla di simile avresti potuto arrecarmi con le tue lodi.

Delle mie sentenze dici che sono da riprovare, ma delle opere di Dio dici che sono da condannare; di me dichiari che ragiono malamente, ma di Dio dichiari che crea malvagiamente; contro di me gridi che sono nell'assurdità, contro Dio che è nella crudeltà; di me asserisci che ignoro la legge, ma di Dio che ignora la giustizia; di me vociferi che non sono cattolico perché dico che il Cristo sollecita gli uomini che vuol salvare, ma di Dio giuri che crea gli uomini che vuol condannare e che non crea se non perché finiscano tutti nella dannazione.

Agostino. Questo si può dire anche della prescienza di Dio, che tuttavia non può essere negata dai fedeli e penso nemmeno da voi.

Oppure decidetevi a negare che Dio preconosca la futura condanna da parte sua di molti di quelli che crea, perché non sembri creare uomini da condannare; decidetevi a negare un fatto ancora più misterioso e inscrutabile: Dio non rapisce da questa vita ( Sap 4,11 ) perché la malizia non muti i loro sentimenti molti dei quali non può ignorare che sarebbero stati cattivi.

Date onore a Dio: alla profondità dei suoi giudizi ceda la tempesta rumorosa delle vostre parole, in apparenza nitide e acute, ma fragili come il vetro.

120 - È sparita la speranza della salvezza

Giuliano. Tra te dunque e Manicheo, primo seminatore dei tuoi modi di sentire, vedo che per il progresso della tua erudizione si è fatta una grande distanza.

Egli infatti, benché abbia tirato fuori due princìpi, ha lasciato tuttavia sussistere in parte la speranza della salvezza dicendo che il Dio buono è contrarissimo all'iniquità e alla crudeltà.

Tu viceversa, parlando, sì, di un unico Dio buono, ma creatore lui stesso di uomini cattivi, come hai tolto di mezzo il rispetto dovuto alla divinità, così hai tolto di mezzo radicalmente la speranza della salvezza.

Agostino. I manichei fingono un Dio crudelmente debole, che ha lasciato contaminare e dilaniare la sua parte, la sua sostanza, le membra della sua natura dai suoi nemici, dai quali vedeva incombere su di sé la devastazione.

Voi invece, che non negate l'assoluta onnipotenza di Dio, lo volete far credere ingiusto nel grave giogo dei bambini, negando il peccato originale.

121 - Molto più numerosi i condannandi dei salvandi

Giuliano. Non è tale infatti da venire in soccorso dei rei, quando egli stesso che è unico per il desiderio di creare miserie punisce anche coloro nei quali nient'altro riconosce che quanto ha fatto in loro lui stesso.

Agostino. Riconosce in loro anche quanto non ha fatto lui stesso: il peccato appunto non è lui che l'ha fatto.

Un altro poi, vano quanto voi, potrebbe dire che Dio per il desiderio di creare miserie crea pure coloro dei quali non ha potuto ignorare la futura condanna da parte sua, incomparabilmente più numerosi di quelli dei quali ha previsto la futura liberazione da parte sua.

122 - Nessuno è cattivo per natura

Giuliano. Osservato dunque l'abisso della tua empietà, benché non si possa trovare nulla di più profano, si mostrerà tuttavia con un breve ragionamento quanto sia privo di qualsiasi forza quello che dici e che cosa si raccolga dalle tue costruzioni.

Il Dio che ha voluto essere chiamato con questo nome, come si crede che sia onnipotentissimo, così si crede giustissimo, delle quali doti se ne mancherà una, nessuna delle due sarà presente; come è il creatore benignissimo degli uomini, così è l'estimatore giustissimo dei meriti; tutto quello che fa è molto buono. ( Gen 1,31 )

Conseguentemente nessuno è cattivo per natura, ma chiunque sia reo, ad accusarlo sono i suoi comportamenti e non i suoi esordi.

Agostino. Perché dunque il grave giogo sopra gli esordi dei bambini sotto un Dio potentissimo e giustissimo?

123 - Conclusioni

Giuliano. Pertanto né esiste il male naturale, né Dio può creare uomini rei, né può collocare gli uomini nel regno del diavolo.

Conclusioni di tutto questo: da una parte tu risulti seguace di Manicheo e anzi peggiore di Manicheo; dall'altra parte rifulsero senza il peccato l'ingresso dell'umanità, i frutti della fecondità sotto il diritto di Dio e non del diavolo, l'innocenza naturale.

Agostino. Dunque anche Ambrogio, il quale ha detto: I bambini che sono stati battezzati sono riportati dalla malizia ai primordi della loro natura,87 risulta seguace di Manicheo, come tu affermi o insultando o infuriando.

124 - Sacramenti diversi secondo epoche diverse per la medesima salvezza

Giuliano. Assicurato tutto questo, osserva che cosa segua al tuo procedimento.

Si sa che i Profeti, i Patriarchi, i Santi del Vecchio Testamento furono tutti privi del battesimo, ma, creati da Dio, rifulsero poi per le loro proprie virtù: si dovrebbero credere dunque, contro la testimonianza della legge, sotto il regno del diavolo per esser consegnati agli eterni supplizi, perché tu dichiari tutti i discendenti di Adamo creati per la dannazione.

Agostino. Anche gli stessi giusti dell'antichità li ha liberati la medesima grazia alla quale voi avete dichiarato guerra, sebbene abbiano fatto uso di sacramenti diversi secondo l'epoca.

Perché credevano nei riguardi del Cristo ciò che crediamo noi.

Uno infatti è Dio e uno il Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, ( 1 Tm 2,5 ) il cui avvento di umiltà ad essi fu preannunciato e a noi invece fu annunziato, ma l'avvento di clarità che avverrà alla fine fu preannunziato e ad essi e a noi.

Da parte loro dunque e da parte nostra unica è la fede in quest'unico Mediatore, e medesimo è lo spirito di fede tanto in loro quanto in noi, per cui l'Apostolo dice: Animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo. ( 2 Cor 4,13 )

Ma donde questa fede venga, per non gloriarcene come se venisse da noi, ascoltiamolo dal medesimo Apostolo: Per la grazia siete stati salvati mediante la fede, e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio. ( Ef 2,8 )

E in un altro passo: Pace ai fratelli e carità e fede da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. ( Ef 6,23 )

Indice

73 Sopra 28
74 C. Iul. 6,54
75 Sopra 69
76 Cyprianus, Ep. ad Fidum 64, 5
77 Sopra 73
78 De nupt. et concup. 1,26
79 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
80 Sopra 74
81 Ambrosius, In Luc. 7, 234
82 Rm 9,21;
De nupt. et concup. 2,8
83 Infra 2,20
84 C. Iul. 6,75
85 Prosperus, Excerpta 296. 8
86 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
87 Ambrosius, In Luc. 1, 37