Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro II

150 - In che modo no e in che modo si

Giuliano. Spiattellata dunque o la tua impudenza o la tua imperizia che o non cura o non è capace di spiegare ciò che dice l'Apostolo, e dimostrato con la luce della stessa Verità, come il Cristo si è chiamato da sé, ( Gv 14,6 ) che nei ragionamenti dell'apostolo Paolo nulla collima con la demenza manichea, ossia con la vostra demenza, dedichiamoci adesso al commento, perché, come si è dimostrato in che modo non si possa intendere Paolo, così si chiarisca in che modo egli deve e può essere inteso.

Agostino. Sei tanto orfano di verità e non puoi trovare che dire contro le manifeste parole dell'Apostolo, che quanto in esse hanno inteso tanti santi e chiari dottori, i quali lo appresero e lo insegnarono nella Chiesa cattolica - infatti non potevano intendere diversamente parole così manifeste e con un sano modo di sentire -, tu lo dici dottrina dei manichei; e che essi non siano stati manichei sei costretto a confessarlo, per quanto forte sia il veleno della peste pelagiana che ti fa insanire.

151 - La medicina del Cristo ha giovato ugualmente agli ebrei e ai pagani

Giuliano. Scrivendo dunque ai Romani in un tempo in cui era già cominciata la mescolanza delle genti e le chiese perciò si riempivano tanto di Giudei quanto di Gentili, compone insieme i dissensi tumultuosi dei due popoli, inculcando che scusare con l'ignoranza della legge la propria empietà, per cui avevano cambiato la gloria di Dio con immagini riprodotte di uomini e di uccelli e di quadrupedi e di serpenti, non lo potevano nemmeno le genti, le quali per la forza innata della ragione avevano potuto conoscere, anche se non i riti del culto ebraico, Dio tuttavia dalle cose che ha fatte, rendendosi egli manifesto con le sue opere, mentre rimane segreto nella profondità della sua sostanza.

Quanto poi alla probità della vita, la propria coscienza suggeriva a ciascuno la norma della legge, ossia di non fare al prossimo niente di ciò che non volesse subire.

E in tal modo dimostra, a buon diritto, che la profanità delle genti può ritenersi colpevole, se non per la legge, almeno tuttavia per quella giustizia da cui è stata stabilita la legge e secondo il cui giudizio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno pure senza la legge.

Ma quanto ai Giudei, dei quali si interessava di più, poiché grondavano di superbia nel disprezzare i pagani, rivendicando a sé l'onore delle purificazioni e stimando per questo che la grazia del Cristo, la quale condona i peccati, non avesse giovato a loro quanto alle genti, dal momento che avevano evitato i peccati per l'istituzione della legge, con grandi e forti discussioni li strapazza, argomentando che ad essi con l'indulgenza delle colpe era stato elargito tanto di più, avendo essi peccato senza nessuna ignoranza dopo gli avvertimenti della legge, e per questo è convinto che essi erano stati rei e avrebbero potuto essere puniti severamente nel giusto giudizio di colui presso il quale coloro che hanno peccato nella legge saranno giudicati in nome della legge: Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. ( Rm 2,13 )

Con questo proposito dunque, discutendo per tutta la Lettera, e reprime la superbia dei Giudei e strappa ogni scusa alla vanità dei Gentili, così da insegnare che ad ambedue i popoli ha giovato ugualmente la medicina del Cristo.

Agostino. Questa medicina voi la negate ai bambini, che la legge stessa comandava di circoncidere nell'ottavo giorno, prefigurando la grazia di colui del quale il giorno della domenica, ossia il giorno ottavo dopo il settimo del sabato, fece conoscere la risurrezione.

Né sapete né volete prestare attenzione al fatto che un bambino, se muore senza la grazia del Cristo, è destinato a perire, come è detto che fosse eliminata dal suo popolo l'anima di un bambino non circonciso. ( Gen 17,14 )

Della quale eliminazione non potete trovare il merito, finché non dite che i bambini contraggono il peccato dell'origine.

152 - La circoncisione non fa giusti e la non circoncisione non fa peccatori

Giuliano. Il quale e ha perdonato le colpe della volontà, da cui sarebbe stato libero astenersi, e ha concesso la gloria della beata eternità a coloro che si sono corretti con l'imitazione di lui, che era la forma e la norma delle virtù.

Sebbene dunque Paolo chiami a giudizio ambedue i popoli secondo il tempo e il diritto della sua Lettera, tuttavia nei passi di cui discutiamo viene alle mani assolutamente con gli Israeliti, i quali osavano arrivare a tale disprezzo per coloro che venivano dalla razza degli incirconcisi da affermare che non avevano potuto entrare in comunione con loro nemmeno con l'aiuto della fede.

Contro la quale alterigia Paolo rievoca gli esordi della gente dei Giudei e indica nella stessa radice della circoncisione che il prepuzio non vale tanto o da fare ingiusti se rimane o da fare giusti se è tolto.

Agostino. Quando l'Apostolo dava cotesti insegnamenti non trattava della circoncisione o della incirconcisione, ma dei precetti della legge, ( Rm 7,5 ) tra i quali c'è anche quello che dice: Non concupire, ( Es 20,17; Dt 5,21 ) e l'ha ricordato anche lui stesso.

Che tergiversate? Per primi perite, mentre annebbiate le idee degli imperiti.

153 - Non ti vergogni di commemorare questi eventi di grazia?

Giuliano. Non dunque in virtù della legge fu data ad Abramo la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.

Poiché se diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa.

La legge infatti provoca l'ira, al contrario dove non c'è legge non c'è nemmeno trasgressione.

Eredi dunque per fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi come è scritto: " Ti ho costituito padre di molti popoli ", davanti a Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.

Egli credette sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: " Così sarà la tua discendenza ".

Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo, essendo quasi centenario, e morto il seno di Sara.

Per la promessa di Dio non esitò con incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento.

Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. ( Rm 4,13-22 )

Agostino. Di commemorare questi eventi non ti vergogni, tu che osteggi la grazia, in virtù della quale si adempiono coteste promesse?

Contro Dio infatti voi parlate dicendo: Siamo noi a fare ciò che egli ha promesso di fare.

In Isacco appunto, che fu promesso come figlio ad Abramo, furono prefigurati, non coloro che si fanno giusti da se stessi, ma coloro che Dio stesso avrebbe fatti giusti.

In tal senso per mezzo del Profeta dice alla Chiesa universale: Io sono il Signore che faccio te. ( Is 45,8 )

Per questo si chiamano anche figli della promessa, come apertissimamente dice l'Apostolo: Non può venire meno la parola di Dio.

Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, né tutti i discendenti di Abramo sono suoi figli. No.

Ma: " In Isacco ti sarà data una discendenza ", cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. ( Rm 9,6-8 )

Ciò che dunque Dio ha promesso, Dio lo fa.

Tutto questo dunque, come edifica coloro che ripongono la loro speranza in Dio, così rovina coloro che confidano nella propria forza, ( Sal 49,7 ) e perciò, come edifica la fede cattolica, così demolisce l'errore pelagiano.

154 - La volontà delle genti fu preparata dal Signore con la sua grazia

Giuliano. Il quale brano quanto sia ostile alla vostra opinione nella sua interezza lo abbiamo dimostrato nella prima opera e ritorneremo a parlarne, se in qualche caso sarà opportuno rievocarlo.

Per il momento si avverta che la promessa fatta ad Abramo in premio della sua fede, dove si dice che è costituito padre di molte genti, ha fatto capire due verità: né Abramo deve essere difeso come progenitore di un popolo soltanto, essendo stato preannunziato padre di molte genti; né egli ha ricevuto da solo la ricompensa della fede così da pensare che escluda dalla partecipazione del premio gli altri che credono alla sua stessa maniera.

Dice: Non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ma anche per noi, ai quali sarà ugualmente accreditato; a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo nostro Signore, il quale è stato messo a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,23-25 )

Agostino. Diteci, o vani gonfiatori e non difensori del libero arbitrio, che, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la vostra, non vi siete sottomessi alla giustizia di Dio, ( Rm 10,3 ) diteci, ripeto: se non avessero voluto le genti credere e vivere rettamente, rimarrebbe inadempiuta la promessa fatta ad Abramo? No, dirai.

Perché dunque Abramo in premio della sua fede conseguisse la dilatazione della sua discendenza, fu preparata dal Signore la volontà delle genti, e che esse volessero ciò che avrebbero potuto anche non volere è stato fatto da Dio, il quale riguardo alle promesse che ha fatto ha pure il potere di mantenerle.

155 - I pagani ripetono la fede di Abramo

Giuliano. Se dunque Abramo fu designato ad essere testimonio della fede, quando aveva ancora il prepuzio, e in premio della sua fede conseguì la dilatazione della sua discendenza, per quale regola tu, o Giudeo, chiede Paolo, reputi che siano esclusi dalla partecipazione della giustizia i Gentili, i quali ripetono la fede di Abramo credendo alle virtù di Dio al pari di lui?

Agostino. Parli bene contro di voi: perché certamente, se credono alle virtù di Dio, non confidano come voi sulla propria virtù per essere giustificati, cioè per diventare giusti, ma sulla virtù di colui che giustifica l'empio.

156 - Senza la legge i pagani non sono al rango di Abramo

Giuliano. Perché, chiede [ Paolo ], reputerai che senza le consacrazioni legali le nazioni non possano essere elevate al rango di Abramo, quando consta che la promessa fatta ad Abramo fu anteriore alla legge e non fu donata alle abluzioni, ma ai costumi?

Agostino. Se questi costumi, che senza dubbio vuoi far intendere buoni, l'uomo, come reputate voi, se li fa da sé, Dio li avrebbe dovuti predire con la sua prescienza e non promettere, perché in questa situazione non si dicesse di lui: Quanto aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento, ( Rm 4,21 ) ma si dicesse: Quanto aveva preconosciuto è anche capace di preannunziarlo o è capace anche di dimostrarlo.

Quando al contrario gli uomini dicono: Ciò che Dio ha promesso siamo noi a farlo, fanno potenti se stessi con insistenza e con arroganza fanno mentitore Dio.

157 - Sono figli di Abramo quelli che seguono la fede di Abramo

Giuliano. Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa. ( Rm 4,14 )

Il quale ragionamento, se non si intende bene, solleva una grandissima questione: senza alcun dubbio infatti dice provenienti dalla legge quelli che prima aveva detti provenienti dalla circoncisione e che conosceva arrogare tanto a se stessi da credere che all'infuori di loro nessun altro fosse assunto alla dignità della discendenza di Abramo.

Da tutta la discussione aveva tirato questa conclusione: non soltanto coloro che vengono dalla circoncisione, ma anche coloro che, pur venendo dal prepuzio, hanno voluto seguire le orme della fede di Abramo, si considerassero non immeritatamente figli di Abramo.

Agostino. Che sarebbe successo, se non avessero voluto? Sarebbe resa nulla la promessa?

Vi ammonisco di capire di quale grazia siate nemici negando che è Dio a suscitare le volontà negli animi degli uomini, non perché credano senza voler credere, il che sarebbe l'assurdità più grossa che si dica, ma perché diventino volenti da non volenti.

Non come fa un maestro umano insegnando ed esortando, minacciando e promettendo con la parola di Dio: ciò farebbe inutilmente, se Dio non suscitasse nell'uomo anche il volere attraverso le sue inscrutabili vie.

Quando infatti un maestro con le sue parole pianta e irriga, possiamo dire: L'uditore forse crede, forse non crede; ma quando Dio fa crescere, ( 1 Cor 3,8 ) l'uditore crede e progredisce senza alcun dubbio. Ecco quanto ci corre tra la legge e la promessa, tra la lettera e lo spirito.

158 - Unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione

Giuliano. Dopo essersi dato dunque da fare prima perché intendessimo che non avevano potuto essere escluse dalla partecipazione della giustizia le genti, ma per mezzo della medesima fede esse sono contate con i figli della circoncisione nella stirpe di Abramo, adesso ha concluso che nessun circonciso appartiene alla promessa fatta ad Abramo: ma questo, se non si intende bene, ripugna assolutamente.

Pertanto con le sue parole: Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa, ( Rm 4,14 ) non ha evidentemente dichiarato quello che sembra, cioè credere che nessuno dei Giudei diventi per mezzo della fede erede dell'antica promessa; ma manca un vocabolo, che l'intelligenza supplisce: gli unici eredi non sono coloro che vengono dalla circoncisione.

Come se fosse stato detto in questo modo: Se infatti diventassero eredi solamente coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede.

Veramente infatti sembrerebbe escluso il prepuzio, se l'eredità della benedizione non giungesse a nessun altro all'infuori di coloro che provengono dalla circoncisione.

Dobbiamo insomma intendere la consuetudine delle Scritture: non si nega subito ciò che non si dice, perché per mezzo dell'intelligenza siano supplite le manchevolezze delle parole.

Agostino. Capiscono così quelli che non capiscono.

Perché, vi prego, non badate che non sono eredi coloro che vengono dalla legge per la ragione che la legge provoca l'ira?

Al contrario dove non c'è la legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 )

La ragione invece per cui sono eredi coloro che vengono dalla promessa è che Dio stesso porta a compimento ciò che promette.

Chi infatti crede di osservare i precetti della legge per mezzo dell'arbitrio della propria volontà senza lo spirito della grazia, vuole stabilire una sua propria giustizia e non vuole accettare la giustizia di Dio.

Perché infatti il medesimo Apostolo dice: Al fine di essere trovato nel Cristo non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede, cioè con la giustizia che deriva da Dio? ( Fil 3,9 )

Perché dice sua la giustizia che deriva dalla legge e la respinge, ma non dice sua, bensì derivante da Dio, la giustizia che deriva dalla fede?

Non è forse da Dio la legge? Chi potrebbe dire che non è da Dio, se non un incredulo?

Ma dice sua giustizia quella che deriva dalla legge, perché in essa l'uomo pensa che gli basti la legge per praticare i comandamenti divini, confidando nella propria forza.

La giustizia invece che viene dalla fede la dice proveniente da Dio, perché è Dio che dà a ciascuno la sua misura di fede, ( Rm 12,3 ) e alla fede spetta di credere che è Dio a suscitare in noi anche il volere, ( Fil 2,13 ) come lo suscitava in quella commerciante di porpora alla quale aveva aperto il cuore perché aderisse alle parole di Paolo. ( At 16,14 )

E per questo nemmeno gli stessi Giudei che credettero nel Cristo, tra i quali ci fu anche Paolo, devono dirsi in senso assoluto eredi che vengono dalla legge, ma piuttosto eredi che vengono dalla promessa.

La ragione infatti per cui è stato detto: In Isacco ti sarà data una discendenza, è che non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. ( Rm 9,7-8 )

159 - Non sono eredi tutti i battezzati

Giuliano. Ha riassunto pertanto l'Apostolo la sua argomentazione in questo modo: Se altri non fossero eredi della benedizione al di fuori di coloro che vengono dalla legge, come risultava escluso il prepuzio, così era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che venisse dalla legge; ossia: se così tanto valeva la circoncisione da non valere nulla la fede senza la circoncisione, come le genti risultavano respinte, così rimaneva provato che nessuno dei Giudei avrebbe mai potuto finire in perdizione.

Agostino. Com'era conseguente, o grossolano dialettico?

Com'era conseguente che non fosse privato della benedizione nessuno che veniva dalla legge, se altri non fossero eredi della benedizione all'infuori di coloro che vengono dalla legge?

Forse per il fatto che nessuno è erede se non a condizione che sia battezzato, sono eredi tutti coloro che sono battezzati?

Ma mi premeva dirlo,46 non perché stia qui la questione controversa tra noi, bensì per mostrare quanto acuto sia tu stesso che dici me più ottuso di un pestello.

160 - Se fuori dalla legge nessuno fosse giusto

Giuliano. Siccome ora invece confessate che non sono eredi della benedizione coloro che prevaricano contro la legge, perché contro di essi la legge provoca l'ira, consta che quella promessa non spetta alla circoncisione, ma alla fede.

Si distruggerebbe però la promessa, se fuori dalla legge nessuno fosse giusto, perché la legge, fatta conoscere quattrocentotrenta anni dopo la promessa, ( Gal 3,17 ) mostrerebbe e lo stesso Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i santi del tempo intermedio privi della benedizione, che non si sarebbe potuta conferire a nessuno senza la legge.

Agostino. Al contrario si distruggerebbe la promessa, se qualcuno fosse giusto in forza della legge.

Se infatti diventassero eredi coloro che provengono dalla legge, sarebbe resa vana la fede e nulla la promessa, perché la legge provoca l'ira, ( Rm 4,14-15 ) essendo richiesta la grazia precisamente allo scopo di sfuggire all'ira di Dio.

161 - La legge provoca l'ira divina contro l'iniquità volontaria

Giuliano. Il che essendo manifestamente falso, sia perché sotto la legge i peccatori meritavano la pena, sia perché prima della legge la giustizia e la fede non sono state private dei frutti della loro rimunerazione, consta che la gloria di quella promessa non spetta alle carni tagliate dal ferro della circoncisione, bensì alle menti illuminate dall'onestà.

Segue poi fulminea la sentenza contro la " traduce ": La legge infatti provoca l'ira; al contrario dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 )

Persuaditi dunque che la legge è stata data ai concepiti, che la legge può darsi ai neonati perché li possa accusare come rei di prevaricazione.

Del resto con l'Apostolo, dal cui modo di sentire escludiamo qualsiasi atteggiamento irragionevole, noi crediamo che non c'è prevaricazione in quell'età nella quale non poté esserci legge: infatti dove non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione.

E la legge provoca l'ira, non per un suo vizio, ma per l'iniquità di coloro che antepongono i peccati alle virtù.

Agostino. Non c'è dunque la legge del Cristo: Se uno non nasce da acqua e da spirito, non può entrare nel regno di Dio? ( Gv 3,5 )

La quale legge tu vedi che riguarda anche i bambini.

Ma tu piuttosto spiega: il bambino, la cui anima era eliminata dalla sua stirpe, se non si circoncideva nell'ottavo giorno ( Gen 17,12-14 ), di quale prevaricazione era accusato per essere colpito da tale pena?

Soltanto questo: senza peccare minimamente in se stesso, lo si riteneva reo di una trasgressione simile a quella di Adamo, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12.14 )

Le quali parole apostoliche tanto chiare tu ti sforzi di oscurarle, tanto diritte tu ti sforzi di curvarle con ingente, sì, ma vana fatica.

162 - Anche noi siamo giustificati quando crediamo

Giuliano. L'Apostolo dunque ha ritenuto che non soltanto per Abramo sia stato scritto che gli fu accreditato come giustizia, ( Rm 4,23 ) ma anche per noi, ai quali è accreditato senza dubbio quando crediamo in Dio che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo, il quale, dice, è stato messo a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,24-25 )

Agostino. Da questa grazia voi escludete i bambini che sostenete immuni da ogni delitto contratto dall'origine.

Donde parte la conseguenza che non spetta a loro il beneficio per cui il Cristo è stato messo a morte per i nostri peccati.

E sentendo così e dogmatizzando così voi osate dirvi cristiani cattolici!

163 - Non ci macchiano i peccati altrui

Giuliano. Con quanto impeto inculca che presso Dio, giusto giudice, non nuocciono ad altri i peccati altrui [ l'Apostolo ] che, esaltando la morte del Cristo, enunzia con vigile attenzione che egli affrontò la morte per i nostri delitti, che erano molti, che erano nostri, e non per un delitto e unico e altrui e di un uomo già morto da tempo!

Agostino. Certamente non si sbaglia a dire peccato altrui la disobbedienza di quell'uomo, perché noi, non ancora nati, non avevamo fatto ancora nulla di personale né in bene né in male.

Ma poiché in lui che disobbedì, quando disobbedì, c'eravamo tutti e poiché il suo delitto fu tanto e tale da viziare l'universale natura umana - come basta a indicarlo la stessa miseria così manifesta del genere umano - cotesto delitto altrui diventa nostro per l'inquinamento della successione.

Perciò un dottore cattolico, che intese bene l'Apostolo, ha detto: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine.47

Il quale modo d'intendere di Ambrogio e di altri suoi colleghi nella verità cattolica, se lo vorrete seguire, non sarete costretti ad escludere i bambini dal beneficio della morte di colui che fu messo a morte per i nostri peccati e morì uno per tutti. ( Rm 4,25 )

Dove l'Apostolo grida come conseguenza: Tutti quindi sono morti e per tutti egli è morto, ( 2 Cor 5,14-15 ) e voi reclamate: Non sono morti i bambini. Mettetevi a gridare anche la conseguenza.

Dunque per i bambini non è morto Gesù, e vedete se a giacere morti non siate voi che ai bambini morti, perché non ritornino vivi, negate la morte del Cristo.

Perché ad essi non si deve imputare, come pensate voi, il peccato di un uomo unico e morto già da tempo.

Né fate attenzione che il primo uomo Adamo è morto da tempo, così tuttavia che il secondo uomo dopo di lui sia il Cristo, sebbene tra il primo e il secondo gli uomini siano nati a migliaia.

Perciò è manifesto che appartiene ad Adamo ogni uomo che nasce da lui per la successione della propaggine, come appartiene al Cristo ogni uomo che rinasce in lui per elargizione di grazia.

Perciò avviene che i due uomini, il primo e il secondo, siano in qualche modo tutto il genere umano.

164 - O calunnioso!

Giuliano. L'Apostolo dunque che dice molti i delitti, non sospetta nulla dell'unico peccato dei manichei, ossia del peccato della " traduce ".

Agostino. Ma certamente, o uomo litigioso, molti sarebbero i delitti che avrebbero molti uomini, anche uno solo per ciascuno, di volontà propria, se venissero al lavacro della rigenerazione subito dopo aver commesso il primo peccato, e tutti costoro, secondo cotesta tua, non ragione, ma distorsione, voi li escludete da questa grazia che giustifica da molti delitti, perché non volete che partecipino ad essa tutti quegli uomini i cui delitti sono delitti singoli.

Quanto molti di più sono dunque, se aggiungiamo i peccati degli altri che ne abbiano più o meno!

Da tutti i quali peccati libera tuttavia cotesta grazia di cui si dice: Da molte cadute per la giustificazione. ( Rm 5,16 )

C'era infatti Adamo e in lui eravamo tutti noi.

Perì Adamo e in lui perirono tutti:48 l'ha detto Ambrogio, e non era manicheo, o calunnioso!

Che i bambini con la loro prima nascita contraggono il contagio dell'antica morte lo dice Cipriano:49 e non era manicheo, o calunnioso!

Che nel solo Adamo hanno peccato tutti lo dice Ilario:50 e non era manicheo, o calunnioso!

La Chiesa nella quale essi impararono coteste verità non era manichea, o calunnioso; e poiché era cattolica e continua ad essere cattolica, per questo non ha potuto sopportare voi che sentite contro coteste verità e le contestate; e per rimanere cattolica ha protetto l'infermità dei suoi bambini con la vostra condanna.

165 - Giustificazione e remissione dei peccati

Giuliano. Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.

Per suo mezzo abbiamo anche ottenuto di accedere a questa grazia, nella quale ci troviamo, e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. ( Rm 5,1-2 )

Voi, dice, che vi vedete concessa la giustificazione per mezzo del perdono dei peccati, tenete salda la vostra concordia e con sentimenti unanimi lodate i doni del Mediatore, per il quale è stato concesso a noi di avere accesso a questa grazia, e coloro che la giustizia riteneva rei, poiché rei non ci aveva fatti la natura ma la volontà, li ha restituiti alla libertà e li ha strappati alla punizione, e a noi, che temevamo gli eterni castighi, ha concesso di vantarci ora nella speranza della gloria di Dio.

Agostino. Siete voi soli a ridurre il conferimento di cotesta giustificazione alla sola remissione dei peccati.

Dio appunto giustifica l'empio non soltanto rimettendogli i mali che fa, ma anche donandogli la carità perché stia lontano dal male e faccia il bene per mezzo dello Spirito Santo, ( Fil 1,19 ) la cui continua somministrazione chiedeva l'Apostolo per coloro ai quali scriveva: Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male. ( 2 Cor 13,7 )

Contro cotesta grazia voi fate guerra, e il risultato non è che difendiate il libero arbitrio della volontà con il vostro discorrere, ma lo inganniate con il vostro presumere.

166 - È già un premio non peccare

Giuliano. Ma per esprimere più intensamente la forza e la sicurezza di questa dottrina, l'Apostolo prosegue dicendo che cosa conferisca ai fedeli la filosofia cristiana: E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza.

La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,3-5 )

Ossia: questi benefici non ci fanno solamente godere dell'ampiezza futura dei doni, ma già attualmente, posti come siamo in mezzo all'ardore delle sofferenze, esultiamo nel possesso della virtù stessa e ridiamo del furore dei persecutori, giudicando la crudeltà degli empi più una esercitazione della nostra pazienza che una perturbazione della nostra letizia, perché non solo ci asteniamo dal peccare per amore dei premi, ma stimiamo essere già un premio questo nostro stesso non peccare.

Agostino. Se è un premio non peccare, chi lo dà questo premio?

Penso che non dirai: L'uomo se lo dà da se stesso, benché a dirlo ti costringa la perversità della vostra eresia.

Se dunque è Dio che dà all'uomo il premio di non peccare, vedo che si dovrebbe chiamare più dono che premio, perché non sembri che lo abbiano preceduto dei meriti, avendo anche lo stesso Pelagio condannato quanti dicono che la grazia di Dio si dà secondo i nostri meriti.51

In che modo poi si dia questo dono, cioè il dono di non peccare, l'hai detto anche tu poco fa ricordando le parole dell'Apostolo: L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Perciò nella filosofia cristiana vantarci nelle tribolazioni non è una possibilità che venga da noi, perché anche questo lo abbiamo ricevuto; altrimenti all'uomo che se ne gloria come di un risultato che si è regalato da sé si dice: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?

E se l'hai ricevuto perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto? ( 1 Cor 4,7 )

E tuttavia ce ne vantiamo, non come se non lo avessimo ricevuto, ma ce ne vantiamo in colui che ce lo ha dato, perché chi si vanta si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31 )

Questa è la grazia che la fede cattolica predica.

Perché mai, ti prego, il vostro errore la combatte, dal momento che essa anche per bocca vostra vi convince?

167 - Caparra della beatitudine eterna la carità di Dio

Giuliano. Inoltre, quando osserviamo le promesse dei Testamenti, mettiamo assolutamente tutti i beni e i mali della vita presente tra le inezie, stimando la fedeltà della promessa di Dio dalla grandezza della sua carità verso di noi.

Né infatti deluderà la nostra speranza la frustrazione dei favori eterni, dal momento che teniamo come caparra della beatitudine futura la carità di Dio, che si è riversata nei nostri cuori con lo Spirito Santo dato a noi: ( Rm 5,5 ) cioè con i doni dello Spirito Santo Dio ha dato prova del suo amore verso il genere umano.

Agostino. Tu non vuoi che tra questi doni ci sia anche il dono di non peccare, ma confidando nella tua virtù ( Sal 49,7 ) te lo vuoi dare da te stesso.

Non ti arrabbiare, per favore, se ti ricordo: Maledetto ogni uomo che confida nell'uomo. ( Ger 17,5 )

168 - Fedele Dio con i suoi fedeli

Giuliano. Renderà dunque Dio fedelmente ai suoi fedeli tutto ciò che ha promesso a loro.

Agostino. Renderà evidentemente anche questo: che siano fedeli, perché ad Abramo promise la fede delle genti e un grande fedele dice: Ottenni misericordia dal Signore per essere fedele. ( 1 Cor 7,25 )

169 - Gesù morì per gli empi, non "anche" per gli empi

Giuliano. Infatti: Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, e per mezzo di lui ci ha consacrati con l'operazione dello Spirito Santo, senza dubbio ci ha donato tutto con lui. ( Rm 8,32 )

A che fine infatti il Cristo, mentre eravamo ancora peccatori, morì per gli empi nel tempo stabilito? ( Rm 5,6 )

Agostino. Stai tirando in ballo testimonianze divine che sballano il vostro errore.

Non è detto infatti che il Cristo morì anche per gli empi, ma è detto che morì per gli empi.

Ma, come tu stesso hai confessato altrove, egli morì anche per i bambini, e tuttavia, non so con quale sfacciataggine, tu neghi che l'empietà del primo uomo sia passata in loro originalmente.52

In che modo dunque i bambini appartengono al Cristo, che morì per gli empi?

170 - Con quanta pietà d'amore

Giuliano. A stento infatti uno muore per un giusto: qualcuno forse ha il coraggio di morire per una buona persona.

Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo morì per noi.

A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.

Se infatti, quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.

Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione. ( Rm 5,7-11 )

Ci ha dichiarato con quanta pietà d'amore abbia fatto tutto il Cristo, che si degnò di morire per coloro che non meritavano nulla di buono.

Agostino. Queste tue parole sono state modellate in modo da sembrare che tocchino anche i bambini, poiché concedete che anch'essi sono tra coloro che non hanno meritato nulla di buono, confessando voi che non hanno fatto nulla di buono.

Ma non ha parlato così l'Apostolo, il quale ha detto che il Cristo morì per gli empi e per i peccatori.

Invano dunque hai pensato di attenuare la grande misericordia del Cristo: egli infatti morì per coloro che avevano meriti cattivi, e voi da tanto beneficio escludete i bambini, perché li dite immuni.

Ma il Cristo dice: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ( Mt 9,12 ) e dunque non hanno bisogno del Cristo i bambini, per i quali egli certamente, secondo voi, non è Gesù.

Per coloro invece che hanno bisogno di lui, egli è senza dubbio Gesù.

Ma allontanatevi, o malvagi! I bambini hanno bisogno, senza dubbio alcuno, del Cristo.

Anch'essi dunque egli salva dai loro peccati, poiché per questo egli ha ricevuto il nome di Gesù nel testo dove l'angelo disse: Lo chiamerai Gesù, perché salverà il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

171 - La carità e la fortezza di Gesú sono ad un'altezza unica

Giuliano. Avevano appunto calpestato la ragione e la legge per amore dei crimini, andando dietro ai loro desideri, condannati dalla stessa coscienza, che ha la più grande forza.

Ma poiché si sapeva che anche i Profeti avevano frequentemente dato splendido esempio di sprezzo della morte per la giustizia e si sapeva che moltissimi erano andati con animo sicuro incontro al pericolo per tutte le cause grandi e fulgide del fulgore della dignità insita in esse, nel timore che la singolarità della virtù del Cristo non apparisse più luminosa di tali esempi, l'Apostolo, per dimostrare che la sua carità e la sua fortezza si sollevano ad una altezza unica, adoperò il seguente argomento.

Anch'io, sebbene sia raro, sebbene sia difficile, riconosco che alcuni hanno preferito morire per cause giuste e buone; ma per essi la dignità delle imprese, ossia lo splendore degli stessi valori per i quali avevano combattuto, temperò il dolore dei pericoli.

Il Cristo al contrario non ebbe nulla da amare nelle passioni degli empi e non si schifò di lasciarsi appendere per coloro che si erano resi deformi volontariamente.

Egli appare superiore a tutti in tutte le virtù, perché, se pochi possono essergli pari nella sofferenza, nessuno può essergli pari nella causa.

Non disperiamo dunque minimamente della sua munificenza, perché, se egli morì per noi, quando eravamo ancora peccatori, tanto più ora che siamo stati giustificati nel suo sangue, saremo per lui salvi dall'ira.

Agostino. Non vogliate dunque escludere i bambini dal numero dei peccatori, se confessate che anche per loro morì il Cristo.

172 - A causa del solo Adamo l'inimicizia, per il solo Gesù la riconciliazione

Giuliano. E dopo la riconciliazione che abbiamo meritato di avere con Dio, s'intende per opera del Mediatore, dobbiamo accogliere con il nostro animo i gaudi eterni e sperare non solo la salvezza, ma anche la gloria.

Agostino. Nota, ti prego, il contesto che ha condotto l'Apostolo a parlare del primo uomo: trattava della riconciliazione, che anche tu attribuisci alla mediazione del Cristo, dalle inimicizie che avemmo con Dio.

Ecco, vedi le parole dell'Apostolo: Giustificati dunque per la fede, stiamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. ( Rm 5,1 )

E poco più sotto: Se il Cristo infatti, mentre eravamo peccatori, morì per gli empi nel tempo stabilito. ( Rm 5,6 )

Finalmente poco dopo: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, il Cristo morì per noi.

A maggior ragione ora, dopo che siamo stati giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. ( Rm 5,8-9 )

Nota ancora quello che segue: Se infatti quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto più dopo essere stati riconciliati saremo salvi nella sua vita. ( Rm 5,10 )

Questa riconciliazione su cui insiste tante volte, la mette anche da ultimo dicendo: Dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione, ( Rm 5,11 ) e poi conclude: Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo. ( Rm 5,12 )

Come dunque a causa di questo solo uomo l'inimicizia, così per il solo Cristo la riconciliazione.

Chiunque perciò dice che i bambini sono immuni dal peccato che ha provocato l'inimicizia, nega per forza che essi abbiano parte nella riconciliazione della quale si fece mediatore il Cristo, e quindi li esclude pure dalla giustificazione che avviene nel sangue del Cristo, della cui effusione non fu ricordata da lui, quando raccomandò di berlo, nessun'altra causa che la remissione dei peccati. ( Mt 26,27-28 )

La conseguenza è che la morte del Cristo ai bambini che non hanno il peccato non giova affatto in nessun modo.

Per essa infatti noi siamo stati riconciliati con Dio da nemici che eravamo: il che non erano secondo voi i bambini.

Perché infatti in forza di tale riconciliazione morissimo al peccato nel quale stava la nostra inimicizia con Dio, quanti siamo stati battezzati nel Cristo, siamo stati tutti battezzati nella sua morte, ( Rm 6,3 ) come dice il medesimo Apostolo.

Ma per giungere a queste parole si domanda prima: Noi che siamo già morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso? ( Rm 6,2 )

E subito dopo, per dimostrare che siamo morti al peccato, chiede: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,2 )

Dov'è la libertà e la fortezza del vostro animo?

Perché temete di dire ciò a cui non temete di aderire?

Cioè che non hanno bisogno di essere battezzati nel Cristo i bambini che voi dite esenti da qualsiasi peccato a cui debbano morire?

173 - Per il peccato di Adamo entrò nel mondo la morte eterna

Giuliano. Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, anche la morte entrò con il peccato, e così la morte dilagò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 )

Per domare la superbia dei Giudei che non ritenevano il perdono dei peccati tanto necessario a sé quanto ai Gentili, rivendicando essi la santità alla propria razza per la prerogativa della legge, si addentra nel morbo della condotta umana e ricerca la moltitudine dei peccatori nei tempi passati, perché l'autorità dell'antichità stessa metta in evidenza quanta dominazione abbia acquistato l'iniquità in questo mondo e quanto numerosi e letargici crimini, trasmessi dalle corrotte generazioni precedenti alle successive per le mani di una contagiosa imitazione, abbia spazzato via la grazia del Cristo.

E perciò fa menzione del primo uomo: non perché da lui aveva cominciato il peccato, risultando che la prima a peccare era stata la donna, ma perché per il privilegio del sesso aveva occupato la cattedra del delitto.

Per causa di lui dunque entrò il peccato e con il peccato la morte; senza dubbio la morte che si minaccia ai peccatori, ossia la morte eterna.

E così la morte dilagò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui.

Spalancò senza lasciare dubbi in che modo fosse dilagata questa morte nei posteri: evidentemente per imitazione e non per generazione.

Agostino. Già certamente ti è stato risposto per quale ragione Paolo non ha nominato la donna, dalla quale ebbe inizio il peccato, ma l'uomo soltanto: o perché in lui era compresa anche lei per l'unità della carne, o perché comincia dall'uomo la generazione, attraverso la quale voleva indicare l'ingresso del peccato nel mondo.

Ma voi, gente che dite che la morte consistente nel peccato passò nei posteri per imitazione e non per generazione, per quale ragione non dite apertamente che i bambini non devono essere battezzati nel Cristo Gesù?

Se infatti sono da battezzare nel Cristo, poiché tutti coloro che sono battezzati nel Cristo sono battezzati nella sua morte, senza dubbio anche i bambini muoiono al peccato; con questo argomento appunto l'Apostolo ha provato che noi siamo morti al peccato: con l'argomento del nostro battesimo nella morte del Cristo.

Dopo aver chiesto infatti: Se siamo già morti al peccato, come potremmo vivere in esso? ( Rm 6,2 )

Domanda immediatamente per indicarci morti al peccato: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, tutti siamo stati battezzati nella sua morte? ( Rm 6,3 )

Perciò chi è senza peccato non ha perché morire nel battesimo; ma chiunque quando è battezzato non muore al peccato, non è battezzato nella morte del Cristo e quindi non è battezzato nel Cristo.

Che tergiversate? Aprite liberamente gli inferi vostri, entrino liberamente da voi coloro che non vogliono i loro bambini morti nel peccato e non li vogliono rivivi nel battesimo.

174 - Non Adamo o il suo peccato, ma il fatto

Giuliano. Dopo che infatti aveva detto: In tutti gli uomini passò, aggiunse immediatamente: In quanto tutti peccarono.

Queste ultime parole: In quanto tutti peccarono non significano se non questo: Perché tutti peccarono; secondo quella espressione davidica: In che [ in quo ] un giovane corregge la sua propria via? ossia: In che modo corregge la sua via? Nel custodire le tue parole. ( Sal 119,9 )

Dice che si corregge la via in ciò che la corregge.

Così pure l'Apostolo ha detto che la morte dilagò nel fatto che tutti peccarono con la propria volontà.

Non nel senso che il relativo in quanto sembri indicare o Adamo o il suo peccato, ma nel senso che il relativo in quanto intende esprimere il fatto che tutti peccano.

Agostino. Apri gli occhi! Tutti muoiono in Adamo, nel quale se non sono morti i bambini e non rinascono nel Cristo, perché mai con indegna simulazione correte al battesimo del Vivificatore e del Salvatore per portarci i bambini, di cui non volete la rinascita e la guarigione, gridando che sono vivi e sono sani?

Indice

46 Sopra 117
47 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
48 Ambrosius, In Luc. 7, 234
49 Cyprianus, Ep. 64, 5
50 Hilarius, 1, 52
51 De gestis Pel. 30
52 C. Iul. 3,58