Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro II

175 - Il significato di "tutti"

Giuliano. Che poi " tutti " si usi per " molti " lo attestano innumerevoli esempi delle Scritture, per esempio: Tutti traviarono, tutti si sono corrotti; e poco dopo: Divorano il mio popolo come pane. ( Sal 14,3-4 )

Da quei tutti, di cui aveva denunziata la cattiva condotta, indica che era separato il popolo.

Nel Vangelo si racconta: E tutto il popolo urlava: " Crocifiggilo, crocifiggilo! " ( Lc 23,21; Mc 15,13; Mt 27,33 ) e tuttavia l'universalità di tale popolo tutto non includeva né gli Apostoli, né Nicodemo, né le sante donne.

Qui il medesimo Apostolo poco dopo chiama " molti " quelli che ora ha detti " tutti ".

Agostino. A ciò si è già risposto che i " molti " non contraddicono i " tutti ", perché gli stessi tutti non sono pochi ma molti.

E sono verissime le parole del Salmo da te citate: Tutti traviarono, tutti sono corrotti.

Effettivamente i figli degli uomini, che avevano tutti traviato, li ha distinti dai figli di Dio che non avevano traviato e venivano divorati.

Dio infatti osservava i figli degli uomini e questi avevano tutti traviato; da loro sono stati evidentemente esclusi i figli di Dio.

A questi figli degli uomini che erano tutti traviati apparteneva anche tutto quel popolo che gridava: Crocifiggilo, crocifiggilo!

Al quale popolo non appartenevano appunto in nessun modo coloro che avevano già creduto nel Cristo.

Tìrati fuori da questo testo, se puoi: Uno è morto per tutti, e abbi il coraggio di dire che non erano tutti morti coloro per i quali è morto il Cristo, e l'Apostolo ti tapperà subito la bocca e ti ricaccerà in gola la sfrontatissima voce, mostrando la conseguenza della sua affermazione: Quindi tutti sono morti.

Non lodare l'Apostolo, non lo spiegare in tal modo da non volerlo ascoltare quando dice: Uno è morto per tutti, quindi tutti sono morti. ( 2 Cor 5,14-15 )

In questi " tutti " dilagò la morte insieme al peccato a causa di colui nel quale muoiono tutti, e qui sono compresi anche i bambini, perché pure per loro morì il Cristo, il quale è morto per tutti, proprio perché tutti sono morti.

Comunque tu ragioni, comunque tergiversi, comunque tenti di sovvertire o di pervertire le parole dell'Apostolo, non dimostri l'immunità dei bambini dalla morte che sta nel peccato, poiché non osi negare che il Cristo sia morto anche per loro.

176 - Moltissimi, non tutti

Giuliano. Apparisca dunque il risultato ottenuto da noi: l'Apostolo chiama tutti i moltissimi e li dice soggetti alla morte, perché hanno peccato con la propria volontà.

Quindi non accusa un crimine originale, ma un crimine volontario, e veramente nient'altro indicano le parole, se si tiene conto del credito e della proprietà che hanno.

Se infatti avesse creduto che un peccato fosse passato ai posteri per generazione, cioè fosse stato scagliato da Adamo su coloro che non erano là, avrebbe dichiarato nella maniera più falsa che tutti hanno peccato.

Agostino. Ti potrei chiedere: In che modo hanno seguito l'esempio del peccato di Adamo i posteri che non furono là, né videro, né udirono, né credettero lo stesso suo peccato? Ma non te lo chiedo.

Ci fu infatti Adamo e in lui siamo stati noi tutti.

Perì Adamo e in lui perirono tutti,53 perché in lui muoiono tutti.

Ascolta l'Apostolo che parla apertissimamente e non ascoltare te stesso che ciarli tortuosissimamente.

177 - Il peccato è un'attività personale

Giuliano. Di ciò infatti che uno solo fa e manda ad altri non si dice con esattezza che tutti l'abbiano fatto.

Dunque o passò a loro il peccato ed essi non peccarono, o essi peccarono, e questa parola sta ad indicare un'attività, e allora il peccato non passò ad essi se non esclusivamente per imitazione.

Agostino. Se uno per la sua intemperanza prende la podagra e la trasmette ai figli, come spesso accade, non si dice giustamente che quel vizio è passato dal genitore ai figli?

Anch'essi hanno preso la podagra nel genitore, perché erano in lui quando egli la prese, ed erano così, essi e lui, ancora un solo uomo; la presero dunque non per azione umana, ma per ragione seminale.

Ciò dunque che talvolta accade nelle malattie del corpo lo sapeva accaduto in quell'antico e grande peccato che viziò l'universale natura umana per colpa del primo e unico genitore l'Apostolo, il quale con lucidissima locuzione, che voi tentate di ottenebrare, diceva: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e con il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini, che tutti peccarono in lui. ( Rm 5,12 )

Aveva appunto inteso esaltare la grazia del Cristo indicando in lui la " forma " opposta ad Adamo e contrapponendo al principe della generazione il principe della rigenerazione.

178 - L'inclusione di tutti gli uomini in Adamo suppone la "traduce" delle anime

Giuliano. Ciò poi che hai creduto di opporre o in questo libro a cui adesso rispondo o nei libri che avevi scritto a Marcellino, dicendo, per usare le tue parole, che il peccato passò quando tutti gli uomini erano quell'unico uomo,54 senza difficoltà la verità lo demolisce e lo espone allo scherno di ogni persona saggia.

Infatti con tale argomentazione non si indica nient'altro all'infuori della tua empietà; una empietà, dico, per la quale credi che la " traduce " delle anime, già condannata nell'insegnamento sacrilego di Tertulliano e di Marcione, sia come la " traduce " dei corpi: un'opinione talmente scellerata che, quando noi la rinfacciavamo a voi nell'Epistola che inviammo in Oriente, tu nei libri che ultimamente hai mandati a Bonifacio fai di tutto per stornarla da te, negando d'averla mai sostenuta.

Scrivi infatti: Dicono poi che noi professiamo la " traduce " delle anime, e non so nei libri di chi lo abbiano letto,55 per giurare evidentemente che nulla di simile viene detto da te.

Ebbene, perché la tua falsità emerga dal confronto delle tue parole, come fai a dire che la " traduce " delle anime, una opinione davvero sacrilega, esula dai tuoi modi di sentire, quando confessi che tutti gli uomini sono stati quell'unico uomo?

Se infatti non credi che una parte dell'anima sia collegata con i semi, con quale faccia scrivi che tutti gli uomini sono stati quell'unico Adamo, quando l'uomo non può certamente essere se non un corpo e un'anima insieme?

Agostino. Tu pensi che non possa dirsi uomo il solo corpo dell'uomo, mentre sai che lo stesso unico Figlio di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e fu sepolto, come confessa di credere tutta la sua Chiesa e come confessano molte eresie, tra le quali c'è anche la vostra, e tuttavia soltanto il corpo del Cristo fu sepolto.

Non doveva dunque secondo te l'unico Figlio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, dirsi sepolto, poiché non dal corpo soltanto, bensì dal Verbo di Dio e dall'anima razionale e dal corpo risulta il Cristo, unico Figlio di Dio nostro Signore; ma la professione di fede, arrivata a queste parole: Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, avrebbe dovuto continuare così: E il suo corpo fu sepolto.

Né dello stesso primo uomo di cui si tratta avrebbe dovuto dire la Scrittura: Dio plasmò l'uomo come polvere della terra, ( Gen 2,7 ) perché solo il corpo dell'uomo viene dalla terra.

Che inoltre lo stesso Dio ha sbagliato a dire all'uomo minacciandogli la morte: Terra sei e in terra tornerai, ( Gen 3,19 ) gridatelo, perché secondo la tua dottrina avrebbe dovuto dire piuttosto: Terra è il tuo corpo e alla terra esso tornerà.

Poiché dunque c'era Adamo e in lui eravamo noi tutti,56 una verità che prima di noi i dottori cattolici impararono e insegnarono secondo le sante Scritture nella santa Chiesa, per questo io ho detto: Erano tutti quell'unico uomo, essendo già anche quei due, maschio e femmina, non più due ma una sola carne. ( Mt 19,6 )

E l'ho detto di tutti gli uomini generati, perché quando fu commesso il peccato essi erano tutti quell'uomo, non essendo stato ancora trasfuso nessuno da Adamo con il seme nel seno della madre; e certo i figli sono trasfusi dai maschi nelle femmine.

Dunque, per quella parte che vuoi e per quanta parte tu vuoi, tutti coloro che sono nati da Adamo sono stati quell'unico Adamo, o secondo il corpo soltanto, o secondo ambedue le parti dell'uomo; il che confesso di non saperlo, e non mi vergogno, come voi, di confessare di non sapere ciò che non so.

Ciò tuttavia che io non so non è che di ogni uomo è scritto: L'uomo è quasi vanità, i suoi giorni come ombra che passa, ( Sal 144,4 ) per la ragione che anche altrove la medesima santa Scrittura dice: Solo tutta vanità è ogni uomo che vive; ( Sal 39,6 ) il che non avverrebbe in un mondo creato dal giusto Dio, se non ci fosse il peccato originale.

179 - Quando Adamo peccò, erano già due: lui e la moglie

Giuliano. Inoltre, anche se lo riferisci alla carne soltanto, nemmeno così può scusarsi questa fatuità del tuo modo d'intendere, per cui dici: Tutti erano quell'uno, perché in quel tempo in cui Adamo peccò erano già due gli uomini e non uno solo, cioè Adamo e la sua moglie.

E dalla loro sostanza, non dalla loro colpa, il genere umano pullulò come Dio aveva stabilito.

Agostino. L'ho già detto ed ecco lo dico di nuovo.

Io ho detto: Tutti furono quell'uno coloro che Adamo avrebbe seminati, ossia generati.

Principalmente dunque da quell'uno che li generò avrebbero tratto il peccato originale i nascenti.

Eva invece - e furono due con l'aggiunta di lei - concepì i figli che recepì e fu seconda nel partorirli, benché nel peccare sia stata la prima.

Perciò anche la santa Scrittura dice che i figli di Levi furono nei lombi del loro padre Abramo e che in lui pagarono le decime al sacerdote Melchisedech; ( Eb 7,5.9-10 ) leggi la Lettera agli Ebrei e correggi la tua lingua.

180 - Anche Abele ebbe la carne del peccato

Giuliano. Inoltre che al figlio Abele non abbia nociuto per nulla il peccato dei suoi genitori lo attesta la sua santità, celebrata da tutte le Scritture.

Agostino. Perché dunque non Abele, che fu il primo giusto, propose l'Apostolo alla imitazione ma, trattando di due uomini dei quali uno mandava alla condanna e l'altro alla giustificazione, ha detto Adamo e il Cristo?

Se poi Abele non aveva nelle sue membra la legge che muove guerra alla legge della mente, ( Rm 7,23 ) che egli, giusto com'era, debellava con lotta interiore, e se la sua carne non aveva desideri contrari allo spirito, ( Gal 5,17 ) per nulla gli aveva nociuto il peccato dei genitori.

Ma chiunque dice che tale fu Abele, dica che egli non ebbe la carne del peccato, mentre è certissimo che il Cristo Signore non avrebbe avuto una carne somigliante alla carne del peccato, se la carne di tutti gli altri uomini non fosse la carne del peccato.

181 - Tutto all'opposto Caino, pur generato dalla medesima natura

Giuliano. Tutto all'opposto Caino: invidioso, parricida, generato dalla medesima natura, non sospinto dalla medesima volontà, è devastato da un terrore che gli fa l'anima a pezzi.

L'Apostolo dunque ha detto che il peccato entrò in questo mondo a causa di uno solo e per il peccato la morte, e così la morte passò in tutti gli uomini che peccarono; la quale sentenza, consona con il dogma cattolico, non presta a voi nessun aiuto.

Agostino. Che la morte sia passata con il peccato l'Apostolo lo indica dicendo: E così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )

Per questo anche i bambini, quando vengono battezzati, sono strappati al potere delle tenebre.

Altrimenti, con grande offesa di Dio, come abbiamo già detto e come dovremo dire spesso, si esorcizza e si insuffla l'immagine di Dio, se nei bambini non si esorcizza e non si insuffla il principe del mondo, il quale è buttato fuori, perché si stabilisca nei bambini l'abitazione dello Spirito Santo. ( Gv 12,31 )

Quanto poi al crimine di Caino, esso non appartiene al problema dell'origine, perché fu commesso dalla volontà.

182 - Abele opposto ad Adamo

Giuliano. La sentenza è costruita infatti con parole che indicano il precedere di un esempio e il susseguire della scelta di chi imita l'esempio.

Agostino. Ti è già stato detto: avrebbe dovuto dunque essergli opposto dall'altra parte Abele e non il Cristo.

183 - La colpa fu di due

Giuliano. Del resto, se avesse voluto indicare la generazione o infettata dal peccato o soggetta al peccato, non avrebbe detto che il peccato entrò per colpa di un solo uomo, ma per colpa di due.

Agostino. È già stato risposto. Nulla dici e tuttavia dici e dici, perché non puoi trovare che dire di giusto.

184 - Alle medesime affermazioni le medesime risposte

Giuliano. Né avrebbe detto: In tanto passò la morte in quanto tutti peccarono. ( Rm 5,12 )

Ma avrebbe detto: In tanto passò la morte in quanto tutti discesero dalla voluttà diabolica e dalla carne diabolica del primo uomo e della prima donna.

E se l'avesse dichiarato l'Apostolo, non avrebbe rafforzato il vostro dogma, ma avrebbe causato il crollo di tutte le sue sentenze.

Dunque è la volontà di coloro che peccano ed è l'esempio del peccato che egli accusa, e per questo voi siete battuti e dalla ragione e da Paolo.

Agostino. Dunque in Abele, primo uomo giusto, avrebbe dovuto porre l'esempio della giustificazione, come in Adamo, primo peccatore, credete che abbia posto l'esempio del peccato.

Perché infatti dovrebbe rincrescere a noi di darti le medesime risposte, se tu non ti vergogni di ripetere inutilmente tante volte le medesime affermazioni?

185 - Peccato e prevaricazione

Giuliano. Fino alla legge infatti ci fu il peccato in questo mondo, ma il peccato non era imputato, perché mancava la legge; ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche su coloro che non peccarono, a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. ( Rm 5,13-14 )

Distingue la qualità del peccato con la diversità delle denominazioni, per indicare che altro è il peccato e altro è la prevaricazione, e in questo luogo vuol fare intendere soltanto che ogni prevaricazione è senza dubbio peccato, ma non ogni peccato è una prevaricazione.

Il vocabolo di prevaricazione aumenta l'odiosità del peccato, e coloro che hanno trasgredito dei precetti sembrano più rei di coloro che senza l'ammonimento da parte di una legge hanno mancato eludendo l'innata ragione.

Prima dunque di quella legge che fu data per mezzo di Mosè e fu messa in scritto, per imporre con la sua sanzione la forma delle azioni, che al popolo vivente sotto di essa non era lecito ignorare, in quel tempo intermedio tra Adamo e Mosè, l'Apostolo accusa di peccato e non di prevaricazione i mortali che si erano variamente macchiati di prave passioni.

Agostino. Che cosa significano dunque le parole: La morte regnò da Adamo fino a Mosè, anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo?

Comunque infatti dividiate il testo, si trova che l'Apostolo vi ha contraddetti.

Se infatti dividerete così: La morte regnò anche su coloro che non peccarono, in che modo ciò può essere giusto se non a causa del peccato originale?

Perciò, quasi si chiedesse perché mai la morte aveva regnato anche su coloro che non avevano peccato, è stata data la risposta: Per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cioè non a causa dei loro propri peccati, ma poiché quel prevaricatore di Adamo li generò simili a sé, come hanno spiegato queste parole anche i dottori cattolici che vissero prima di noi. Sebbene infatti quel primo e unico peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo, sia comune a tutti, e per questo si dice: Nel quale peccarono tutti, i bambini tuttavia non hanno peccati loro propri.

E perciò di essi si è potuto dire con verità che non hanno peccato, ma la morte regnò su di loro per la somiglianza, come si è detto, della prevaricazione di Adamo.

Se invece volete dividere così: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, nel senso che peccarono, sì, ma non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, non trovate nessuno come volete voi, perché voi sostenete che quanti peccarono hanno peccato a somiglianza di Adamo, cioè hanno seguito il suo esempio.

È stata chiusa dunque da tutte e due le parti la tana della piccola volpe; non ha per dove entrare a nascondersi o non ha per dove uscire e scappare, se era già nascosta nella tana.

186 - La paura della morte

Giuliano. Si deve intendere che quelli che non avevano ricevuto la legge, non avevano trasgredito dei precetti, ma dovevano essere considerati rei perché, trascurando la ragione, attestata in ciascuno dai suoi propri sentimenti, hanno violato il diritto della società umana o del pudore, e quindi si dice che hanno peccato per vicendevole imitazione, sì, non tuttavia per trasgressione di una legge, che non era stata ancora emanata.

Fino alla legge dunque ci fu il peccato e non la prevaricazione, dopo la legge invece non solo il peccato, ma anche la prevaricazione.

La morte poi che regnò è la morte eterna che Dio aveva minacciato d'infliggere ad Adamo se avesse peccato.

Quindi quella morte dovuta al peccato, la morte penale, regnò anche prima della legge su quelli che peccarono, come regnò in mezzo ai sodomiti e a coloro che furono annientati al tempo del diluvio per la loro iniquità, pur tuttavia volontaria, o in altre epoche diverse; e dopo la legge regnò in mezzo a coloro che trovò rei di prevaricazione.

Agostino. Poiché non vuoi che sia penale se non la morte eterna, se non è penale la morte che separa l'anima dal corpo, per quale ragione la teme la natura che tu lodi tanto da negare che sia stata viziata?

Qual è la causa per cui un bambino, appena comincia un poco ad uscire dall'infanzia, sente già il terrore di essere ucciso?

Per quale ragione non abbiamo per la morte la medesima proclività sensibile che per il sonno?

Perché sono ritenuti grandi coloro che non temono la morte ed essi sono tanto rari?

Come mai anche colui che disse di bramare di sciogliersi da questa vita e di essere con il Cristo, ( Fil 1,23 ) non vuole tuttavia essere spogliato ma sopravvestito, perché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita? ( 2 Cor 5,4 )

Perché a Pietro fu detto nei riguardi della sua stessa fine gloriosa: Un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi? ( Gv 21,18 )

Insomma, se è ingiustificato il timore della morte, è una pena lo stesso suo timore; se invece è per legge di natura che l'anima non vuole essere separata dal corpo, la morte stessa è una pena, sebbene la grazia divina la converta in un buon uso.

187 - Il principe della generazione e il principe della rigenerazione

Giuliano. Poiché, essendo giudice quella giustizia che non imputa se non il peccato da cui è libero astenersi, coloro che peccarono senza la legge saranno giudicati senza la legge, e quelli che peccarono nella legge saranno giudicati con la legge. ( Rm 2,12 )

Ma le parole dell'Apostolo: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, ( Rm 5,14 ) fanno trasparire il suo modo di sentire: quello cioè per cui definisce prevaricatori i Giudei che peccarono sotto la legge in modo simile ad Adamo, perché anche a quel primo uomo, sebbene non per mezzo di scritture, ma tuttavia oralmente, era stata intimata la legge di astenersi dal gustare di un albero, e questa fu una prova di obbedienza; mangiandone contro il precetto incorse nel crimine di prevaricazione.

Dunque si dimostra che anche il popolo che peccò dopo la legge data per il ministero di Mosè si rese colpevole di una delinquenza simile alla prevaricazione di Adamo, perché peccava per trasgressione di una legge, come lui.

Coloro che invece peccarono nell'epoca di mezzo tra le due leggi, la prima data ma non scritta, la seconda data e scritta, non si indicano immuni dal peccato, ma si dice che non errarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perché non avevano ricevuto la legge.

Agostino. Dove neghi la somiglianza della prevaricazione di Adamo, ti convinci da te stesso che quanti peccarono senza la legge non sono rei per l'esempio del primo uomo: non fu dunque l'imitazione ma la generazione che fece passare la morte in tutti gli uomini a causa del peccato.

Neppure infatti se questa morte, che entrò nel mondo a causa del peccato del primo uomo, avesse saltato le epoche tanto lunghe che precedettero la legge e, per rispettare la somiglianza della prevaricazione di Adamo, cominciasse a serpeggiare dai Giudei che divennero prevaricatori della legge, si direbbe di essa: A causa di un solo uomo entrò nel mondo e passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )

Chi infatti, non dico stolto ma appena fatuo, persuaderete che sia entrata a causa di un solo uomo e sia passata in tutti gli uomini una morte alla quale fate saltare tante genti e tanti secoli e, lasciando intatti tutti gli altri, sia arrivata a coloro che avevano ricevuto la legge, dicendo voi che la morte regnò anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, ma peccarono senza prevaricazione perché senza legge?

Non avete proprio nessun altro mezzo per correggere il vostro errore se non quello di ritornare alla fede cattolica, la quale al primo uomo, principe della generazione, oppone il secondo uomo, principe della rigenerazione.

188 - La fede dell'incarnazione futura

Giuliano. Il quale Adamo si dice " forma " di colui che doveva venire, cioè del Cristo: ma " forma " in senso di opposizione, così da credere il Cristo forma della giustizia, come Adamo forma del peccato.

Ma come l'incarnazione del Cristo fu la forma della giustizia, non la prima forma bensì la massima, perché anche prima che il Verbo si facesse carne, per mezzo di quella fede che si aveva in Dio, le virtù rifulsero e nei Profeti e in molti altri santi, e venendo poi la pienezza dei tempi rifulse nel Cristo la norma esatta della giustizia, e colui che era stato predetto come Padre del secolo futuro spiccò come rimuneratore tanto dei santi precedenti quanto anche dei santi susseguenti.

Agostino. Riconosciamo la vostra eresia: Pelagio infatti dichiarò che gli antichi non erano vissuti da giusti in forza della fede dell'incarnazione del Cristo, evidentemente perché il Cristo non era ancora venuto nella carne.

Mentre non avrebbero certamente predetto l'incarnazione, se non l'avessero senza dubbio precedentemente creduta.

Ma siete caduti in quest'assurdità perché difendete la possibilità della giustizia in forza della natura e della legge.

Delle quali due affermazioni se una è vera, qualunque sia delle due, allora il Cristo è morto invano. ( Gal 2,21 )

189 - Adamo la massima "forma" del peccato

Giuliano. Similmente anche sulla sponda opposta Adamo si dice forma del peccato, non la prima forma ma la massima.

Agostino. Per quale ragione non la prima forma ma la massima?

Dal momento che non neghi che sia la prima per l'esordio del genere umano, né trovi la ragione di dire che sia la massima, se non confessi che Adamo peccò tanto più gravemente quanto più grande era la facilità di non peccare in quel tempo quando la natura non era ancora viziata né la legge del peccato si ribellava nelle membra alla legge della mente.

Con la quale pena nasce ogni uomo, perituro in eterno se non rinasce, perduto se non è ricercato e ritrovato da colui che venne a cercare ciò che era perduto. ( Lc 19,10 )

190 - Perché la massima?

Giuliano. Ma dico forma massima, non perché io disconosca che il diavolo è stato reo ancora di più, ma perché, cercando il principio istitutivo, più opportunamente l'Apostolo fece menzione dell'uomo a cui ha guardato moltissimo la successiva umanità, piuttosto che far menzione della sostanza aerea.

Risultava però che nella stessa umanità la prima a peccare era stata la donna, ma, poiché è in tutto più efficace e più grande l'autorità dei padri, disse " forma " del peccato, non la persona dalla quale cominciò il delitto, bensì colui che per il prestigio del sesso virile si presenta come più imitabile.

Ti avvedi bene come la logica dell'intelligenza attesti la presenza in lei della verità.

Agostino. Che l'Apostolo non abbia opposto l'imitazione alla imitazione ma la rigenerazione alla generazione lo dimostra la stessa " forma " del Cristo, che viene opposto al primo uomo come secondo uomo.

Se dunque coloro che rinascono non partecipano alla giustizia del Cristo, coloro che nascono non partecipano al peccato di Adamo, e il Cristo non è la " forma " contrapposta.

Ma poiché è la " forma " contrapposta, come senza dubbio rinascendo passano alla giustizia del Cristo anche i bambini, benché incapaci di operare la giustizia, così essi sono nati o nascono da Adamo con il passaggio in loro del peccato, benché non siano capaci di operare nemmeno il peccato.

Riconosci la " forma " e non voler essere deforme per contraddizione.

191 - A somiglianza della prevaricazione di Adamo

Giuliano. Ora sappi intuire quanto discordino dalla tua spiegazione, alla pari di tutte le altre parole del medesimo passo, così anche quelle in cui l'Apostolo afferma che la morte regnò pure su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. ( Rm 5,14 )

Se infatti parlasse del peccato naturale, di cui secondo te aveva detto: Nel quale peccarono tutti, ( Rm 5,12 ) chi sarebbero questi dei quali subito dopo asserisce che non risultano colpevoli, non solo nella prevaricazione di Adamo, ma nemmeno nella somiglianza con la sua colpa?

Agostino. Ma a capire così sei tu che non capisci; l'Apostolo invece ha fornito la ragione per cui la morte regnò anche su coloro che non peccarono, aggiungendo e dicendo: A somiglianza della prevaricazione di Adamo, cioè egli indica la ragione per cui regnò la morte anche su coloro che non peccarono nel fatto che trassero dalla prevaricazione di Adamo una qualche forma di somiglianza.

Di Adamo appunto si vestono coloro che nascono, come del Cristo si vestono coloro che rinascono.

192 - Errare difformemente da Adamo

Giuliano. Scrive: Regnò la morte anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo. ( Rm 5,14 )

Tu vedi che ha fatto una trasparente distinzione tra coloro che avevano errato conformemente ad Adamo e coloro che avevano errato difformemente da Adamo.

Agostino. Se avevano errato difformemente, dov'è dunque l'esempio della imitazione?

Rendi la rigenerazione alla generazione e non l'imitazione alla imitazione, e troverai la forma che insegnò l'Apostolo della verità, non la forma che finse Pelagio, inventore del vostro errore.

193 - Ognuno peccherebbe a somiglianza di Adamo, se esistesse il peccato naturale

Giuliano. La quale divisione non conviene al peccato naturale che, se esistesse, coinvolgerebbe tutti ugualmente senza eccezioni.

Nessuno dunque ci sarebbe in cui non fosse questo male, e nessuno si troverebbe di cui poter dire con verità che non abbia peccato a somiglianza di quel peccato nella cui realtà avrebbero peccato tutti.

Agostino. Proprio ciò che gridi a denti stretti è vero ed è contro di voi: tutti senza eccezioni coinvolge ugualmente il peccato originale; nessuno ci sarebbe in cui questo male non ci fosse, se non ci fosse a nostro soccorso la grazia divina per mezzo del Cristo.

Che la morte infatti regnasse su coloro che non peccarono, cioè non fecero dei peccati loro propri, lo meritò la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che è figura di colui che doveva venire, ossia del Cristo.

Come infatti coloro che nascono si rivestono del primo uomo, così coloro che rinascono si rivestono del secondo uomo.

194 - Altri e altri

Giuliano. Ma l'Apostolo riassume e dichiara che altri sono coloro che peccarono come Adamo, altri coloro che la somiglianza della prevaricazione antica non spruzzò nemmeno.

È perfettamente chiaro dunque: sono crimini dei costumi e non crimini dei semi.

E per ripetere in breve le nostre acquisizioni: l'Apostolo insegna che il peccato entrò a causa di un solo uomo: questo la ragione lo indica confacente con l'imitazione e non con la generazione, che è opera di due.

Agostino. Quante volte dici le medesime cose e non dici nulla, né ti avvedi che se da questo testo fosse indicato l'inizio del peccato d'imitazione da parte del genere umano, il peccato piuttosto che a causa di uno solo si direbbe entrato nel mondo a causa di una sola; la quale peccò così per prima, che la imitò anche lo stesso suo marito.

Ma poiché voleva che s'intendesse la generazione e non l'imitazione, ha detto: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ( Rm 5,12 ) o includendo ambedue nel singolare, perché è stato affermato: Non sono dunque più due, ( Mt 19,6 ) o portando principalmente l'attenzione su Adamo, dal quale inizia la generazione, perché precede l'inseminazione e la segue la concezione.

Questi concetti li abbiamo già detti spesso, ma alle tue ripetizioni non vogliamo tuttavia cedere, anche a costo di ripeterci pure noi, sebbene più raramente.

195 - Cosí passò la morte

Giuliano. Ha continuato: E così la morte passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )

Agostino. Che significano le parole: Così passò, se non: Nel modo in cui entrò la morte, cioè con il peccato o a causa del peccato?

196 - La morte inseguitrice delle colpe volontarie

Giuliano. Fece la distinzione, perché nessuno pensasse che a passare così sia stato il peccato.

La morte, che era già stata messa in corsa per giusto giudizio, si presentasse come inseguitrice delle colpe da punire, trovate in ciascun peccatore per scelta di cattiva volontà.

Ha dunque indicato che da accusare non è la natura, ma le scelte volontarie.

Agostino. Invano ti giri e ti rigiri. Guarda Adamo e il Cristo.

Adamo è la " forma " del Cristo futuro.

Non gli è dunque conforme sulla sponda opposta il Cristo che travasa la sua propria giustizia nei bambini rinascenti, se Adamo non travasa il suo peccato nei bambini nascenti.

197 - Potessi tu almeno tacere

Giuliano. Soggiunse che la morte regnò in tanto in quanto tutti peccarono; ( Rm 5,12 ) dal quale ragionamento non fu espressa la rovina di chi nasce, ma l'opera di chi agisce.

Diede pertanto la prova di riprovare la pravità e non di ferire l'innocenza.

Agostino. In quell'uomo peccarono tutti, nel quale muoiono tutti, e la sua forma opposta è colui nel quale tutti ricevono la vita: Ma come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo. ( 1 Cor 15,22 )

Il che è stato detto per questo: come la morte non sommerge nessuno se non a causa di Adamo, così nessuno riemerge alla vita se non per mezzo del Cristo.

Potessi almeno tacere, o uomo che non puoi dire nulla!

198 - Fino alla legge

Giuliano. Dopo di questo concluse che il peccato regnò fino alla legge, indicando che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge.

Agostino. Se dopo che fu emanata la legge cadde il regno del peccato, è dunque per mezzo della legge che viene la giustizia.

Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è dunque morto invano. ( Gal 2,21 )

Dell'Apostolo è questa voce, non mia. Venite ormai allo scoperto, o nemici della croce del Cristo.

Perché temete il grande popolo del Cristo e non temete il grande giudizio del Cristo?

Dite apertamente: Potremmo essere giustificati dalla natura, potremmo essere giustificati dalla legge; invano è morto il Cristo.

Ma paventando la moltitudine cristiana sparate una parola pelagiana e a coloro che vi chiedono per quale ragione è morto il Cristo, se ci fa giusti la natura o la legge, rispondete: Perché il medesimo risultato si ottenesse più facilmente, come se comunque potesse ottenersi, sebbene più difficilmente, sia per mezzo della natura, sia per mezzo della legge.

Rispondi, o Cristo, vinci e convinci, grida: Senza di me non potete fare nulla, ( Gv 15,5 ) perché tacciano coloro che strillano: Benché più difficilmente, tuttavia potremmo farcela anche senza di te.

O, se non possono tacere, da sé si conducano in luoghi occulti, perché non seducano altri.

Per quale ragione dunque l'Apostolo ha detto: Fino alla legge infatti c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) se non perché a togliere il peccato non valse nemmeno la legge quando fu emanata, ma colui del quale è stato detto: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo? ( Gv 1,29 )

199 - Non la natura, non la legge

Giuliano. Ma la generazione che cominciò da Adamo continua anche dopo la legge.

La quale generazione, se fosse fonte di peccati e pianta del diavolo, come argomenti tu, certamente non fino alla legge avrebbe vigore questo crimine, ma dopo la legge e anche dopo il Cristo.

È dunque provato che il peccato di cui l'Apostolo dichiara la permanenza fino alla legge e l'impossibilità di permanere dopo la legge, è un peccato di attività e non di natività.

Agostino. Ecco apertamente dici che l'Apostolo non ha detto: Fino alla legge c'era il peccato nel mondo, ( Rm 5,13 ) per la ragione che nemmeno la legge poté togliere il peccato, ma perché il peccato non poté rimanere dopo la legge, né ti spaventa la voce di Dio in bocca dell'uomo di Dio che guardando al Cristo dice: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo. ( Gv 1,29 )

Che vaneggi? Che sragioni? Non la natura, non la legge, ma: Ecco colui che toglie il peccato del mondo, e osi dire che il regno del peccato cadde quando fu emanata la legge e che dopo la legge non poté rimanere il peccato, benché dica l'Apostolo: Se la giustificazione viene dalla legge, il Cristo è morto invano; ( Gal 2,21 ) benché dica l'Apostolo: Nessuno è giustificato dalla legge; ( Gal 3,11 ) benché dica l'Apostolo: La legge sopravvenne perché sovrabbondasse il peccato; ( Rm 5,20 ) benché dica l'Apostolo: Se fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo? ( Gal 3,21-22 )

Se avete gli orecchi, tappatevi subito la bocca.

Se volete aprire la bocca nel modo giusto, aprite prima gli orecchi alle voci divine.

Ti ricorderai bene d'avere detto che la generazione cominciò da Adamo, tu che sei solito dire che non cominciò se non da due e che quindi l'Apostolo non volle riferirsi alla generazione in quel peccato che disse entrato nel mondo a causa di un solo uomo.

Chi avrebbe creduto possibile da parte tua la dimenticanza di ciò che tante volte avevi detto falso?

Ma tuttavia l'hai dimenticato per dire una volta tanto il vero.

Svégliati, ascolta almeno te stesso: da Adamo cominciò la generazione e quindi attraverso la generazione entrò il peccato, che entrò nel mondo a causa di un solo uomo.

Infatti tu hai detto: Ma la generazione, che cominciò da Adamo, continua anche dopo la legge.

Convenientemente quindi l'Apostolo pose un uomo soltanto per l'ingresso del peccato nel mondo, da contrarre per generazione, e non il diavolo, dal quale entrò nel mondo quel peccato da derivare per imitazione.

Indice

53 Ambrosius, In Luc. 7, 234
54 De pecc. mer. et rem. 1, 11
55 C. duas epp. Pelag. 3, 26
56 Ambrosius, In Luc. 7, 234