Lettere circolari

Indice

Ottava lettera circolare

Sullo spirito interiore per persone veramente cristiane che desiderano quotidianamente progredire nei sentieri della perfezione

« Qui absconditus est cordis homo, incorrupiibilitate quieti et modesti spiritus, qui est in conspectu Dei locuples ».

« Coltivate in voi l'uomo del cuore che sa nascondersi alla vista degli uomini, dedicandovi all'incorruttibilità di uno spirito sereno e modesto che è ricco davanti al Signore. ( 1 Pt 3,4 ).

San Pietro parlava alle donne cristiane legate dal matrimonio; si può anche supporre che aveva presente quelle matrone opulenti di Roma che non tardarono a sottostare al giogo del Vangelo, e a cui diceva di non mettere la loro bellezza negli ornamenti esterni, nell'acconciatura di capelli, nell'oro e nei gioielli preziosi, nell'eleganza delle vesti, ma di collocarla tutta intiera nell'uomo del cuore, invisibile agli occhi del corpo, ma il cui spirito sereno e modesto è esente da ogni corruzione e lo rende ricco davanti a Dio.

« Sed qui absconditus est cordis homo, in incorruptibilitate quieti et modesti spiritus, qui est in conspectu Dei locuoles ».

S. Paolo dà a noi tutti lo stesso insegnamento, domanda per noi la stessa grazia e la maniera con cui lo fa è assai appropriata a farcene conoscere l'eccellenza, a farcela desiderare con ardore.

« Io, Paolo, dice, carico di catene per amore di Gesù Cristo, piego il ginocchio davanti al Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, da cui ogni potere paterno prende nome in cielo e sulla terra e lo scongiuro di riversare talmente le ricchezze della sua gloria e di fortificarvi con il suo Divino Spirito, clic diveniate uomini interiori »

« Ut det vobis, secundum divitias gloriae suae, virtute corroborari per Spiritum eius in interiorem hominem » ( Ef 3,14-16 )

Poteva il grande Apostolo usare espressioni più facili ed energiche per mostrarci la stima che egli nutriva per lo spirito interiore e per eccitarne in noi il desiderio?

Lo Spirito Santo, per bocca del salmista, ci insegna che « tutta la gloria della figlia del re » e cioè delle anime più care a Dio » « viene dallo spirito interiore »: « Omnis gloria eius filiae regis ab intus » ( Sal 45,14 )

Nostro Signore stesso ci dice di essere venuto a formare per il suo Padre veri adoratori, che l'adorano in spirito e verità, cioè le cui adorazioni ed omaggi vengano dal cuore e siano dettate da spirito interiore; ci dice che « Il Padre cerca tali adoratori » ; e che infine « Dio è Spirito » ed ancora che « bisogna che coloro che l'adorano, l'adorino in spirito e verità » « Spiritus Deus est, et eos qui adorant eum, in spiritu et veritate oportet adorare ». ( Gv 4,24 ).

Tutte queste considerazioni sono assai appropriate per comunicarci un'altra idea dello spirito interiore, per mostrarcene la necessità, e come esso elevi la bellezza di un'anima e la renda gradevole agli occhi del Signore.

Non è una semplice virtù; è anzi una maniera di essere, una maniera di agire che da a tutte le virtù il loro pregio e valore.

È pure ciò che mi spinge a parlarvene.

Nella mia ultima istruzione vi ho fatto vedere il concatenamento delle virtù che sono necessarie al cristiano; in questa istruzione mi propongo di mostrarvi in quali disposizioni dovete essere, come dovete operare per dare a ciascuna di queste virtù il suo lustro e la sua perfezione.

Esamineremo prima quale è la natura dello spirito interiore, ciò che costituisce veramente l'uomo interiore.

Ce lo insegna S. Pietro quando Io definisce: « l'uomo del cuore, che si sottrae allo sguardo e che i sensi non riescono a scorgere ». « Qui absconditus est cordis homo ».

Vedremo poi ciò che è nella pratica; quali sono le principali virtù, a cui si applica di preferenza.

Ce lo insegna S. Pietro con le seguenti parole: « nell'incorruttibilità di uno spirito sereno e modesto » « in incorruptibilitate quieti et modesti spiritus ».

Considereremo da ultimo i grandi vantaggi che derivano dallo spirito interiore.

S. Pietro ci fa intendere ciò in generale quando dice che « costui è ricco davanti al Signore » « qui est in conspectu Dei locuples ».

I - Natura della vita interiore

Non c'è difficoltà a comprendere che le due espressioni d'uomo del cuore che sia nascosto in se stesso e d'uomo interiore non possano significare che la stessa realtà.

Per ben conoscere ciò che significano, basta approfondirle un po'.

Se ci fosse tra esse qualche leggera sfumatura di differenza, la prima espressione sottolineerebbe prevalentemente la sincerità del cuore; la seconda invece il raccoglimento di spirito.

Si tratta di quell'uomo che gli occhi degli uomini non possono scorgere nell'uomo, perché abitualmente risiede nel fondo del proprio cuore, nel centro della sua volontà superiore; perché la sua vita è tutta soprannaturale e Dio stesso è l'oggetto principale che egli si prefigge in ogni cosa.

È, di conseguenza, l'uomo le cui azioni hanno per principio quanto vi sia di più intimo nell'uomo: lo spirito di Dio che risiede in fondo al proprio cuore.

È l'uomo la cui principale e continua occupazione è di riformare ed abbellire ciò che di più intimo ci sia nella sua anima; questo santuario dove Dio si compiace di manifestare la sua presenza, con l'unica mira di piacere a Sua Divina Maestà.

È infine l'uomo che, in tutto quanto colpisce i suoi sensi, in tutti gli oggetti esterni che si offrono al suo sguardo, nelle azioni degli uomini, negli avvenimenti che succedono nel mondo, e generali e particolari, considera ciò che ogni cosa ha di più nascosto e cioè l'opera di Dio, l'azione di Dio, i disegni di Dio.

Per comprendere meglio ciò, bisogna stabilire un paragone tra l'uomo veramente interiore e la comune degli uomini.

Non parlo affatto di coloro che sono venduti all'iniquità e che, dominati quasi interamente dalle loro passioni, si orientano come per abitudine ad azioni viziose e criminali; mi limito a parlare di coloro che conducono all'esterno una vita regolare e cristiana, a cui non si può rinfacciare alcun difetto essenziale e che fanno un gran numero di opere buone.

Queste persone godono di una certa reputazione di pietà; e tuttavia la gran parte di esse non sa che assai imperfettamente che cosa sia il rientrare in se stesse per consultarvi il Signore e ricevere l'impressione e la mozione dal suo divin Spirito.

Basta ad esse il farlo in quelle azioni che, essendo sante per se stesse, perderebbero ogni merito e diventerebbero peccaminose, se non fossero fatte santamente; se l'anima, prima di applicarvisi, non si elevasse a Dio per offrirle a Lui, domandandogli la grazia di occuparsene in un modo soprannaturale e santo.

In ogni altro campo invece, nel commercio della vita, nei loro affari particolari, nel compimento del loro stato, vittime della dissipazione delle cose esteriori, non pensano quasi mai a raccogliersi prima dell'azione.

È la natura, è l'impressione che gli oggetti sensibili lasciano in esse, è l'inclinazione naturale, è l'abitudine, è l'amore naturale di sé, è a volte l'umore ed il capriccio che le mettono in movimento.

Solitamente non hanno che mire basse e terrestri e non sono interessate che da quanto le lusinga.

Se si vuole elevarle anche a qualche manifestazione di virtù, bisogna proporre ad esse delle considerazioni umane, dedotte dai vantaggi, dalle comodità, dalla gloria che tali specie d'azioni possono procurare ad esse.

Invece l'uomo che entra in se stesso sovente, l'uomo interiore, l'uomo nascosto nel cuore, di cui parla l'Apostolo, non è perfettamente al riparo dai moti primi e dall'impressione che in lui lasciano oggetti sensibili.

A volte può sperimentare le scosse e l'agitazione delle passioni, le sorprese del capriccio o dell'umore; ma egli le sa reprimere, sospende l'azione, forma l'attività della natura e non cede affatto al moto primo da essa suscitato.

L'amor proprio, l'amore naturale degli agi e delle comodità, la vanità gli suggeriranno invano motivi bassi ed umani; ad ogni istante egli si ricorda di essere cristiano; di possedere in sé, come cristiano, un altro principio di vita e che la sua vita dev'essere soprannaturale; e questa visione fa si che egli respinga tosto i motivi naturali che si presentano al suo spirito.

Egli, per agire, attende che lo Spirito Santo, da lui premurosamente consultato, presenti al suo spirito motivi più cristiani e che gli comunichi quella forza e quella grazia, di cui abbisogna, perché la sua azione sia soprannaturale e meritoria.

Tale è la sua condotta abituale, anche nelle azioni che per sé sono solamente naturali, come il mangiare ed il bere.

Fedele al precetto dell'Apostolo, in queste specie di cose non considera solamente la legge della necessità, ma innanzitutto la gloria di Dio, fine supremo a cui tutto deve essere riferito.

« Sive ergo manducatis, sive bibitis, sive aliud quid facitis omnia in gloriam Dei facite ». ( 1 Cor 10,31 ) «Qualunque cosa facciate, sia che mangiate sia che beviate, fate tutto per la gloria del Signore ».

Questa specie di cose naturali ed altre azioni simili che riguardano il commercio della vita, i soliti doveri di stato e mille circostanze particolari gli sembrano tanto più degne di attenzione, quanto è più facile dimenticare di riferirle a Dio e compierle per abitudine; e quanto più esse, ripetendosi giornalmente ed anche continuamente, formano la trama della nostra vita; per di più da esse principalmente dipende la nostra santità.

Le nostre occupazioni sono sempre conformi al principio che ci fa agire.

L'uomo di mondo, l'uomo naturale, l'uomo della terra, secondo le passioni che li dominano, non sono occupati che dalle vanità del secolo, dai piaceri dei sensi, dai beni e dalle ricchezze che posseggono o che desiderano possedere.

Tale è l'oggetto continuo dei loro pensieri e desideri, il fine delle loro fatiche, il termine di ogni loro passo, il paradiso immaginario in cui sperano di trovare riposo e felicità.

Non sono queste, è vero, le persone che noi opponiamo all'uomo interiore e che pretendiamo di mettere a confronto con lui.

II - Esteriorismo

Ma che fa la gran parte degli uomini, anche di quelli che fanno professione di vivere da cristiani e di tendere al fine per cui Dio li ha messi al mondo?

Di che sono prevalentemente occupati, se non sono animati dallo spirito interiore?

I bisogni della vita, le cure della famiglia, l'assillo per non mancare del necessario, assorbono ogni loro energia.

Da mattino a sera l'artigiano non pensa che ai suoi lavori, il negoziante attende instancabilmente al suo commercio, l'uomo d'affari non ha che spirito e cuore riempiti di quanto ha attinenza con la sua professione.

Queste cose riempiono tutte le ore della giornata, eccettuati alcuni momenti che destinano, affrettatamente e quasi con rimpianto, all'esercizio della preghiera.

Dimenticano che quanto fanno dovrebbe essere subordinato all'affare della loro salvezza; che per essi è l'affare unicamente importante, di cui dovrebbero essere continuamente occupati; che lo potrebbero, senza che ciò sia per nulla di pregiudizio alle cure delle cose della vita; che Nostro Signore ne fa ad essi un precetto, quando loro dice: « Lavorate non per un cibo che perisce, ma per quello che rimane eternamente.

« Operamini non cibum qui perit, sed qui permanet in vitam aeternam ». ( Gv 6,27 ).

Fra coloro che per stato e per scelta appartengono al Signore, un forte numero è occupato in ogni altra cura da quella di piacergli; consumano giorni e notti in studi faticosi, ma inutili per il cielo; pascolano il proprio spirito con vane cognizioni; cercano di piacere agli uomini con la loro eloquenza, con pensieri brillanti, con lo stile elegante; e trascurano poi di attirare su di sé e sugli uditori con la preghiera quelle grazie, di cui abbisognano per operare frutti di salvezza.

Le stesse persone sono gelose di affascinare con il proprio spirito e le altre qualità naturali.

Sono queste qualità che regolano la loro stima e la loro amicizia per gli altri; e quanto alla pratica delle virtù, le opere appariscenti, a cui il mondo da la sua stima, sono le preferite a tutte le altre.

È così che « come ragni » trascorrono anni per ordire una tela senza consistenza » « Anni nostri sicut araneae meditabuntur ». ( Sal 90,9 ).

III - Interiorismo

L'uomo interiore invece, il quale vorrebbe agire, per quanto glielo permettono l'umana fragilità e la condizione presente di vita, soltanto per quel principio divino che possiede in se, e che non è altro che lo Spirito vivificatore, da cui è stato rigenerato e fatto figlio di Dio, e che si è comunicato a lui più abbondantemente negli altri sacramenti, secondo le parole dell'Apostolo: « La carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato » « Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per Spiriturn Sanctum qui datiis est nobis » ( Rm 5,5 ), l'uomo interiore indirizza sé e tutte le sue azioni a Dio.

Su tutto quanto fa, non cerca che lo sguardo di Dio e siccome sa che gli sguardi divini riposano su quanto di più intimo c'è in noi, « Deus intuetur cor » che attende da noi l'omaggio del cuore « Dio guarda il fondo del cuore» ( 1 Re 16,7 ), si consacra prima di tutto a riformare ciò che nel nostro cuore vi è di vizioso ed imperfetto; ogni suo sforzo tende ad abbellire in se stesso l'immagine che Dio vi ha stampato del suo Essere Divino e che non è scorta che da Lui.

Questa è la sua occupazione di ogni momento; né i suoi continui lavori o le fatiche del corpo, né i bisogni della vita, la dissipazione dei viaggi, le cure molteplici, ne il groviglio degli affari possono farglielo dimenticare e neppure distoglierlo.

Compie mille cose differenti e tutte queste cose non sono che una per lui.

I suoi incarichi, la sua situazione variano; ma il suo oggetto è sempre lo stesso.

Non vuole e non si propone in tutto che di compiere la volontà di Dio.

Sotto qualsiasi forma questa si presenti a lui, nella buona e cattiva fortuna, nella malattia o nella salute, nelle prove come nelle consolazioni, nella prigionia o nella libertà, essa gli appare sempre ugualmente amabile, ugualmente degna del suo rispetto e del suo amore.

Tutto innalza il suo spirito verso Dio, Lui solo ha infiammato il suo cuore.

La preghiera diventa come la sua atmosfera: non vivrebbe affatto senza di essa.

Gli piacciono i lavori ed i sacrifici perché gli porgono il mezzo di presentare a Dio qualche offerta che gli riesca gradevole.

Non rifiuta il riposo e gli onesti svaghi, perché riesce ad applicarvisi senza pregiudizio del fascino del divino amore.

Non ama e non stima, sia in sé come anche negli altri, che quanto può piacere agli occhi di Dio; i talenti esterni, le doti naturali, una forte penetrazione di mente, una bella memoria, una immaginazione brillante, vaste conoscenze, un genio sublime, la forza dell'eloquenza, l'eleganza dello stile, tutte queste ed altre simili qualità, da cui si lasciano affascinare gli uomini, poco importano alla persona interiore, che sarebbe portata da sé a trascurarli completamente ed a nasconderli agli occhi degli uomini.

Se poi la gloria di Dio, l'edificazione del prossimo, se soprattutto l'obbedienza la spingono a coltivare queste doti ed a farle valere, essa lo farà, ma con prudenza, per procurare il bene e non mai per alcuna forma di ostentazione.

Gli elogi, che ciò potrebbe procurarle, lungi dal farle piacere, non farebbero che coprirla di confusione; farà tutto quanto potrà per scansarli o per sottrarsene; teme che l'approvazione degli uomini rappresenti una parte della sua ricompensa e torni di impedimento nel cercare unicamente quella di Dio.

Le virtù che predilige e che gli piace praticare sono l'obbedienza, l'umiltà, l'amore del disprezzo e la pazienza nell'affrontare ogni sorta di ingiurie e di cattivi trattamenti, perché queste virtù non incontrano affatto il gusto del mondo, perché non hanno nulla d'appariscente e perché non sono conosciute che da Dio solo.

Esse hanno formato il carattere dei più grandi santi, perfino quello del Santo dei Santi: « Imparate da me, ha detto, che sono dolce ed umile di cuore ». ( Mt 11,29 ).

La cura, che l'uomo interiore ha, di rendere il suo cuore sempre più gradevole al Divin Cuore, fa sì che non cessi affatto di contemplarlo.

Vede che, per glorificare il suo Padre, lo stesso Gesù si è annientato fino a prendere la forma di schiavo e a diventare obbediente fino alla morte ed alla morte di croce.

A questa vista, da libero sfogo ai suoi sentimenti e non può più mettere limiti al suo amore per l'umiliazione e per la croce.

La sua anima se ne fa santamente gelosa: le ricerca con ardore, le riceve con gioia, le abbraccia con trasporto.

Essere ultima nella casa del Signore le pare una sorte preferibile a tutte le corone dell'universo.

Atti di virtù, che potrebbero renderla disprezzabile agli occhi degli uomini, non avrebbero che un maggior pregio ai suoi occhi, e se qualche Michol, se il mondo gettassero il ridicolo su questa specie di atti, essa risponderebbe con Davide: « Io mi abbasserò ancor di più davanti al Signore, mi renderò ancor più disprezzabile di quanto non abbia fatto, mi farò piccolo ai miei propri occhi, e fondendomi con quelli che voi disprezzate, io apparirò coperto di gloria davanti al Signore » « Ante Dominimi et ludam et vilior fìam plus quam factus sum: et ero humilis in oculis meis : et cum ancillis, de quibus locuta es, gloriosior apparebo » ( 2 Re 6,22 ).

Oltre al principio interiore che fa agire l'uomo, che dirige la sua intenzione e serve di motivo alle sue azioni; oltre all'oggetto delle sue azioni; le sue cariche, i diversi uffici di cui si occupa, che fissano la sua intenzione ed assorbono tutto il suo tempo, si può ancora considerare l'uomo nei suoi rapporti con le cose esteriori che colpiscono i suoi sensi e da cui è circondato in ogni parte.

Considerandolo dunque in questo modo, non si stenterà ad accorgersi che in tutto ciò, come nelle due altre cose che abbiamo considerate, l'uomo interiore differisce essenzialmente dagli altri.

IV - Come vedere, usare, giudicare le cose esterne

Come guarda la creature, che ha continuamente sotto gli occhi, di cui fa incessantemente uso, la comune degli uomini?

Come vede lo spettacolo bello della natura?

Sia che sollevi lo sguardo verso il cielo, sia che lo abbassi sulla terra, sia che lo giri su ogni specie di oggetti, che ne consideri la bellezza ed i frutti differenti, non riesce a vedere in tutto ciò che quanto colpisce i sensi, si ferma alla scorza delle cose, si direbbe che per vederle non ha assolutamente altri occhi che quelli che sono comuni con le bestie.

L'uomo che pretende di essere superiore al volgo, il naturalista, va un po' più lontano: ragiona, confronta assieme diversi oggetti, esamina la loro dimensione, la forma, il tessuto, la natura, le loro proprietà; penetra così nei particolari più minuziosi.

Queste considerazioni lo gettano a volte nell'ammirazione, ma un'ammirazione sterile, un'ammirazione che si limita alla vile materia.

Non gli viene in mente d'interrogare questi oggetti su ciò che a lui importerebbe conoscere intorno ad essi; non risale mai fino alla loro origine, fino alla mano che li ha formati e da cui li ha ricevuti.

Nelle creature non sa vedere che loro stesse; non vi scorge quanto è da Dio ed il fine che Egli si propone in esse; così che le sue ricerche, limitate alla materia, non fanno che immergerlo sempre più in esse; e formano attorno alla sua intelligenza come una specie di folta nebbia che gli impedisce di veder Dio come causa essenziale di ogni cosa.

L'uomo interiore, dotato di uno sguardo penetrante, passa ben più avanti nelle creature e vede che non hanno come proprio nulla all'infuori del niente, che non esistono che perché Dio le ha fatte, che non hanno nulla se non quanto Dio ha accordato a loro, che non sussistono se non perché piace a Dio di conservarle.

Ogni essere si presenta a lui come l'opera di un Dio infinitamente potente, infinitamente saggio e buono; tutte le creature assieme gridano che non si sono fatte da sé, ma che è Dio che le ha create: « Ipse fecit nos et non ipsi nos » ( Sal 100,3 ).

« Egli ha detto e tutto è stato fatto » ( Gen 1 ).

Ciò gli richiama la forza, la potenza, la grandezza infinita, l'eternità di Dio Creatore.

Nei più piccoli oggetti scorge un'infinità di meraviglie che sorpassano tutta la capacità dell'intelligenza umana; il loro numero è immenso, eccede quanto l'immaginazione più viva possa figurarsi; il loro complesso è ammirevole; il loro accordo, l'armonia di tutte le loro parti è di una perfezione affatto incomprensibile.

Quale sapienza quella che ha potuto operare tante meraviglie, radunarle, conoscerle tutte, contare il numero delle stelle del firmamento, dei grani di sabbia sparsi sulla riva del mare, delle gocce d'acqua che il mare rinchiude nel suo seno, degli atomi che volteggiano nella vasta distesa dei venti, misurare la proporzione di ogni cosa, assegnare a ciascuna il posto che le si addice.

Come è dunque saggio Colui che ha fatto tutto questo.

Come è bello Colui che ha messo tanta bellezza e tante perfezioni nelle cose che pure occupano l'ultimo posto nelle opere delle sue mani.

Che pensare delle altre sue opere del mondo spirituale, del mondo soprannaturale?

Non meno visibili agli occhi dell'uomo interiore sono gli effetti della divina Bontà, che risplendono in tutte le creature.

Per quale scopo, domanda a se stesso, per quale scopo Dio ha creato tante cose materiali o soltanto animali, che compongono l'insieme dell'universo?

Non è per proprio vantaggio: egli basta a se Stesso; non è per il vantaggio degli angeli: la materia non può nulla per delle sostanze spirituali, non potendo essere loro di alcuna utilità.

È dunque unicamente per il vantaggio dell'uomo che Dio ha formato questo universo visibile e tutte le creature di cui è composto.

È per l'uso dell'uomo, è per contribuire al mantenimento della sua vita, al suo sollievo, alle sue necessità, alle sue delizie.

È per uno scopo ben più nobile ancora e molto più utile per lui: è perché alla vista delle creature si innalzi alla conoscenza del Creatore, se ne serva per procurare la sua gloria, per testimaniargli il suo amore e affinché, con il santo uso che ne fa, meriti una felicità eterna e il godimento di Dio.

L'uomo interiore non perde affatto di vista questo fine.

In mezzo alle creature, si vede da ogni parte circondato dai benefici di Dio, tutto gli parla di Dio, tutto gli delinea la sua immagine, tutto gli mostra il suo amore, tutto l'eccita ad un amore sempre maggiore.

Ciò ci porta a parlare di servigi che le creature rendono agli uomini e del modo con cui questi hanno l'abitudine di riceverli.

Non c'è affatto creatura che non abbia una sua utilità più o meno diretta per l'uomo.

Non mi fermo a dimostrare questa verità sufficientemente palese; ancor meno propongo di entrare in alcune minuzie: ciò che riuscirebbe contemporaneamente impossibile e superfluo.

Non accennerò che assai superficialmente alle principali specie di esseri materiali, sotto cui vengono a raggrupparsi tutte le altre.

Dapprima si presenta la luce: non è per nulla un elemento, perché non entra affatto nella composizione degli esseri; ma come gli elementi, essa si trova dappertutto.

È il più sottile, il più nobile, il più bello, il più utile di tutti gli esseri materiali.

La luce si insinua con estrema dolcezza; è incapace di assorbire alcuna impurità; distingue gli oggetti, li colora, comunica a tutti la propria bellezza ; questi non sono belli che nella misura della loro partecipazione allo splendore della luce.

Senza la luce, l'universo non sarebbe che un caos informe; non si potrebbe in esso fare nulla; l'uomo non potrebbe sussistere.

Il sole, il più bello degli astri, da la sua caratteristica attività alla luce.

Seguono poi i quattro elementi: l'aria si solleva su tutti gli altri perché è il più leggero; riempie la vasta cavità celeste, nella sua distesa innumerevoli globi si muovono in libertà; serve di veicolo alla luce, al suono, alla voce; mantiene il movimento e la vegetazione; l'uomo, per vivere, ha bisogno in ogni momento di respirare l'aria; i venti appartengono al suo dominio.

L'acqua è di una generale utilità; serve a tutto: alla vita, alla pulizia, a fertilizzare la terra; senza di lei i campi sarebbero presto senza verzura, gli animali senza alimento.

Il fuoco, per quanto il più terribile degli elementi, è di uso giornaliero per preparare il cibo, per procurare un calore salutare, per fondere i metalli e farli servire alle nostre necessità.

La terra e il nostro supporto; produce i nostri alimenti, il suo seno rinchiude tutti i metalli; è impossibile descrivere tutti i beni ed i vantaggi che ci procura.

Ma gli uomini, come ricevono tutte queste cose? Come ne usano?

Senza parlare dell'enorme ingratitudine della maggioranza che se ne serve per oltraggiare il sovrano Benefattore, come si comportano quelli che non spingono fin lì l'ingratitudine e la malizia?

Non c'è un istante in cui tali benefici non siano prodigati quasi senza misura.

Dio, come una fontana abbondante, li cosparge senza interruzione; gli uomini ne sono inondati e non vi fanno alcuna attenzione.

Si direbbe che si tratti di un debito che la natura paga ad essi; si lamentano quando essa non arriva a loro genio; gli uomini non pensano che alla creatura e non affatto al Creatore.

Quanto già abbiamo esposto sulla maniera con cui l'uomo interiore considera le creature, lascia sufficientemente capire in qual maniera consideri i servizi che esse gli rendono, come li riceve ed il santo uso che ne fa.

In tutte le creature vede dei ministri della benefica volontà del Signore, ministri che per ordine suo sono continuamente occupati a procacciargli ogni sorta di beni, ad alleggerirgli i suoi mali, a provvedere alle sue necessità, a pervenire i suoi desideri.

In tutto quello che le creature fanno per lui, vede l'azione di Dio stesso.

È « Dio che fa cadere la pioggia sui buoni e sui cattivi » ( Mt 5,45 ) è il Signore che lo rischiara nel sole, che provvede nell'aria al suo respiro, che lo riscalda nel fuoco, che lo rinfresca nell'acqua, che lo sostiene sulla terra, che da agli alimenti la forza di nutrirlo.

Nell'universo l'uomo si vede come un bimbo prediletto nelle braccia della Provvidenza, la quale veglia attentamente a quanto lo riguarda; e siccome le sue cure si moltiplicano ad ogni istante come all'infinito, l'uomo vorrebbe perciò moltiplicarsi come all'infinito per testimoniargli la propria riconoscenza.

Ciò che ne aumenta ancor più la vivacità è il fatto che in questi beni della natura, egli vede un'ombra di quei beni più grandi e più moltiplicati che riceve ogni giorno nell'ordine della grazia.

Nella luce visibile vede la luce invisibile che lo rischiara.

Gesù Cristo è il sole divino da cui essa emana.

L'aria gli rappresenta l'Immensità divina che lo avvolge da ogni parte.

L'acqua gli richiama quella del battesimo e quell'acqua che zampilla fino alla vita eterna.

Il fuoco è simbolo della giustizia divina e del divino amore.

La terra è un'immagine della Provvidenza, nel cui seno gli piace riposarsi.

Negli alimenti che prende vede quel divino e delizioso nutrimento che il Verbo Divino dà ai fedeli nel deserto di questa vita mortale.

Dopo ciò è abbastanza chiaro che l'uomo interiore deve formulare giudizi ben diversi da quelli che la comune degli uomini abitualmente formula intorno all'azione delle creature e a quanto gli capita da parte loro.

Quelli non ne giudicano che secondo i sensi, secondo le illusioni dell'amor proprio, secondo le idee del mondo.

Tutto quanto affligge la natura, tutto quanto contraria i loro desideri, tutto quanto non è conforme alle false idee che il mondo loro comunica dell'onore, della grandezza, della ricchezza, loro sembra insopportabile.

Considerano come grandi mali quei flagelli che di tempo in tempo portano desolazione agli uomini: le malattie, la povertà, l'umiliazione, la sofferenza.

L'uomo interiore giudica intorno a queste cose per il rapporto che esse hanno con il fine per cui l'uomo è stato creato, con la volontà di Dio, con la scelta che l'Uomo-Dio ne ha fatto per sé.

Ed allora, quanto la natura ha di più penoso: i rigori dell'inverno, le nebbie, i calori brucianti dell'estate, le tempeste, i terremoti, le pestilenze, le carestie, le inondazioni, gli sembrano strumenti, di cui si serve la giustizia misericordiosa di Dio per purificarlo sempre più e per impreziosirne la corona.

Lo stato di indigenza e povertà, l'umiliazione, le pene, e le fatiche della vita, la mancanza di successo nelle mansioni, la deficienza di certi talenti, le tentazioni, le prove, le aridità nel servizio di Dio, tutte queste cose, quando sono da lui considerate nell'ordine della volontà divina, perdono ai suoi occhi quanto hanno in sé di ributtante; sono accettate con completa rassegnazione ed abbracciate con amore.

Per le croci, le umiliazioni, gli obblighi più dolorosi, la morte subita per la verità, vedendo la scelta che il Salvatore del mondo ha fatto di queste cose per riscattare il genere umano e procurare la gloria del Padre; considerando come siano state nobilitate e divinizzate da questa scelta, considera come favoriti e prediletti dal Signore coloro che Egli ha specialmente scelti per prendere parte alle sue sofferenze e reputa se stesso come indegno di un sì grande favore.

È sopratutto sul decorso dei fatti umani, sia pubblici come privati, che questi sentimenti dell'uomo interiore appaiono con maggior risalto; e la parte che gli uomini hanno in queste cose, il buono o cattivo uso che fanno della loro libertà, non gli impediscono di vedervi il completo compimento della divina volontà e di formarsi intorno a questi fatti un proprio giudizio ed una propria norma di vita.

Su quei grandi eventi che cambiano la faccia della terra, nella vittoria o nella perdita delle battaglie, nel formarsi o nel tramontare degli imperi, come nei successi o nei rovesci individuali, nel declino degli uni e nell'esaltazione degli altri, la maggioranza degli uomini non osserva che cambiamenti esteriori, i quali meravigliano e vengono attribuiti a cause umane: al valore degli uni, alla viltà degli altri, alla quantità delle truppe, all'abilità dei generali, alla saggezza dei provvedimenti presi, alle astuzie segrete della politica, alle trame della malizia, al tradimento.

Sono tutti di fatto mezzi esterni, di cui abitualmente si serve la Provvidenza e che essa permette.

Ma l'uomo interiore punta più in alto il suo sguardo, risale alla sorgente e causa prima di tutto; e, come se fosse stato chiamato al Consiglio dell'Altissimo, contempla l'Eterno, davanti a cui le età scorrono con la stessa rapidità del torrente, tenere fra le sue mani la causa di quanto succede al mondo, favorire a volta a volta i popoli ed umiliarli, dare e spezzare a suo piacimento gli scettri, coprire l'umile di gloria e lasciar ricadere il superbo nella polvere da cui l'aveva tolto, dirigere tutto secondo i criteri della sua divina sapienza, per la sua gloria e quella del suo divin Figlio, per l'esaltazione della Chiesa e la salvezza degli uomini.

Questa visione superiore e soprannaturale, a cui soprattutto si appella l'uomo interiore nelle cose che lo riguardano personalmente, è ciò che lo regola nella condotta e nei sentimenti, in ogni evenienza della vita.

Se gli capita qualche cosa di urtante, procacciata dalla malizia umana, non si ferma alla considerazione di quelli dei quali gli pervengono immediatamente i mali che deve affrontare, oppure ai motivi che li hanno indotti ad agire in quel modo nei suoi riguardi; non pensa a lagnarsene; non gli viene in mente di rinfacciare loro tali ingiustizie; ogni suo pensiero si orienta verso Dio, adora con umiltà, bacia con tenerezza ed adorazione la mano invisibile che lo colpisce, e si sforza di entrare il più perfettamente possibile nei disegni del Signore.

È così che Giuseppe, tradito e venduto dai fratelli, li rassicura di fronte alla paura da essi coltivata che egli si vendicasse contro di essi per i cattivi trattamenti subiti.

« Non siete voi, diceva ad essi, ma è Dio stesso che mi ha condotto in Egitto » « Non vestro consilio, sed Dei voluntate huc missuin sum » ( Gen 45,8 )

Così Davide, quando Semei gli scagliava pietre e lo copriva di ingiurie, frenava i suoi generali, i quali volevano punire l'audacia di Semel e diceva loro: « Lasciate che quest'uomo imprechi contro di me; ne ha ricevuto il comando da Dio: forse un giorno il Signore nella sua misericordia mi guarderà e mi benedirà per questa imprecazione che sopporto oggi » « Dimittite eum ut maledicat inxta praeceptum Domini: si forte respiciat Doininus afflictionem meam et reddat mihi Dominus bonum prò maledictione hac hodierna » ( 2 Re 16,11-12 ).

Ma ciò che soprattutto colpisce l'uomo interiore sono gli esempi dell'Uomo-Dio.

Per quanto duri e crudeli possano essere i trattamenti che gli uomini gli fanno sopportare, ama ripetere le divine parole: « Perché non dovrei bere il calice che mi presenta la mano di un padre pieno di tenerezza? » « Calicem quem dedit mihi Pater, non bibam illum? » ( Gv 18,11 ).

V - Le virtù dell'uomo interiore

Ciò che abbiamo visto fin qui dell'uomo interiore, il parallelo che abbiamo stabilito con gli altri uomini, anche con quelli che non sono privi di una pietà comune ed ordinaria, quanto agli oggetti principali delle sue azioni, quanto alla maniera di vedere e di giudicare delle cose, ha potuto fornircene un'idea esatta e farci scoprire in lui molte virtù.

Ciò che il principe degli apostoli aggiunge sull'« incorruttibilità della pace » e della « modestia del suo spirito » quasi gli fossero qualità proprie, « in incorruptibilitate, quieti et modesti spiritus », ci fa scorgere quali siano le virtù che costituiscono il suo ornamento principale e che formano come il suo stato abituale.

Ed in realtà queste parole ce Io mostrano come un uomo completamente liberatosi dai sensi e dotato di una purezza che lo mette al sicuro da ogni corruzione; come se già godesse di una profonda pace e di una tranquillità perfetta; infine come se fosse penetrato a fondo nella, conoscenza del proprio nulla e non desiderasse per sé altro se non che Dio facesse in lui e per mezzo di lui quanto vi è di più conforme al suo beneplacito ed ai disegni eterni che ha avuto su di lui.

La prima qualità che distingue l'uomo interiore è il più completo distacco dai sensi.

È una conseguenza di ciò che è stato detto della sua natura.

Da Dio fa provenire ogni sua attività; non è assorbito che da Dio e dalle cose di Dio; vede tutto in Dio e tutto riferisce a Dio.

Come potrebbe sussistere questa continua comunicazione con Dio con attacchi carnali e grossolani?

Gli si può fare una applicazione particolare di quello che il Signore ha detto in generale della generazione spirituale del cristiano: « Ciò che è nato dallo spirito, è spirito » « quod natum est ex spiritu, spiritus est » ( Gv 3,6 ).

La seconda nascita ha assorbito quanto di basso e di carnale aveva la prima; l'uomo spirituale è legato alla terra soltanto dalle necessità del corpo a cui l'anima è unita; il suo spirito è già in cielo.

Se usa dei sensi non è più per soddisfarli, ma per compiere la volontà del Signore; la carne ed il sangue non hanno più dominio su di lui; il divino amore regola ogni suo affetto : « La parola di Dio, questa parola viva ed efficace, più penetrante di una spada a doppio filo, ha operato nell'uomo una divisione perfetta tra l'anima e lo spirito »: tra l'anima che dà vita al corpo e l'anima come intelligenza; tra l'uomo sensuale e l'uomo spirituale; tra il vecchio e il nuovo uomo.

Essa gli scopre ciò che di più intimo vi è in lui; gli fa discernere i motivi che lo fanno agire e le intenzioni più segrete del cuore: « Vivus est sermo Dei et efficax et penetrabllior ormni gladio ancipiti: ac pertingens usque ad divisionem animae et spiritus, compagum quoque ac medullarum; et discretor cogitationum et intentionum cordis » ( Eb 4,12 ).

Per quanto in un corpo, vive come se fosse senza corpo: « In carne non estis sed in spiritu » « Voi non vivete secondo la carne, ma secondo lo spirito» ( Rm 8,3 ).

La sua condotta è tutta spirituale, come prescrive l'Apostolo: « Spiritu ambulate » « Regolatevi secondo lo Spirito » ( Gal 5,16 ).

È attraverso i sensi, per l'attacco alle cose create, per l'amore disordinato dell'uomo per se stesso, che la corruzione del peccato viene ad insinuarsi nell'anima.

Non sembra che ci sia da temere questa disgrazia per l'uomo interiore, che dipende dai sensi e dalle cose della terra soltanto per la necessità della natura, che s'affatica a liberarsene sempre più, che si sforza di tenersi in ogni tempo dipendente da Dio.

Come potrebbe arrivare fino a lui la corruzione del peccato?

Così, in forza del suo stato di spiritualità e secondo il grado di perfezione con cui lo possiede, l'uomo interiore è al sicuro di quanto potrebbe alterare la sua purezza.

Simile ai beati abitatori del soggiorno celeste, per la cura che ha di vedere in tutto solo Iddio, quanto glielo permette la condizione della vita mortale, egli partecipa in qualche cosa alla loro stabilità nel bene; almeno cade solo in quelle venialità leggere e di pura fragilità che sono come inseparabili dalla debolezza dell'uomo nella vita presente.

Una profonda pace, una calma soave è pure il retaggio dell'uomo interiore; è nello stesso tempo causa ed effetto di quella grande purezza di cui è adornata l'anima.

Ritrova questa pace in Dio, in cui si ripara come al proprio centro.

La contemplazione delle divine perfezioni, i misteri dell'Uomo-Dio, che si compiace di contemplare, riempiono il suo spirito e non permettono affatto ai pensieri inopportuni di avervi accesso od almeno di farvi un lungo soggiorno.

Non può il suo cuore essere turbalo da desideri vani perché trova ogni felicità in Dio, perché nulla di difforme dalla volontà di Dio desidera, perché è certo che o prima o poi i suoi desideri saranno pienamente soddisfatti.

Sereno e tranquillo in se stesso l'uomo interiore porta dappertutto la pace; scorge senza irritarsi la malizia degli uomini e la loro ingratitudine verso Dio; vorrebbe comunicare ad essi i suoi sentimenti e la felicità che gode in sé; ma se non vi può riuscire, se gli uomini resistono agli sforzi che fa per renderli felici; se tentano invece di turbare in mille modi la sua pace, come per vendicarsi del bene che vorrebbe far loro, egli sa tutto sopportare senza risentimento, la sua pace non resta affatto alterata, ed il solo effetto che produce questa loro resistenza è di obbligarlo a concentrarsi ancor di più nel seno di Dio.

Ciò che serve a rendere ancor più stabile questa pace dell'uomo interiore, ciò che nello stesso tempo contribuisce a garantire la sua purezza da ogni macchia e da ogni corruzione, è lo spirito modesto che l'Apostolo riconosce in sé.

Questa virtù gli impedisce di cadere in un qualche estremo vizioso; essa lo tiene in un giusto mezzo che lo allontana ugualmente da una confidenza e da un abbattimento pericoloso che lo porta a giudicare se stesso come è davanti a Dio, comportandosi in conseguenza.

Con questo sguardo acuto di cui è dotato, o piuttosto con l'aiuto di questa luce viva e soprannaturale che lo accompagna dappertutto, l'uomo interiore sa discernere quanto proviene da sé e quanto è prodotto dalla divina grazia.

Quando l'uomo interiore si considera quale è da se stesso, quando scruta il fondo del proprio cuore, non può scorgervi che un abisso inesauribile di malizia, di corruzione, di peccato, di miseria, di impotenza, di abominazione; si riconosce indegno della minima grazia degno della coltura e della vendetta eterna di Dio.

È poco per lui mettersi al di sotto di tutti; va a cercare in fondo all'inferno un posto che gli convenga, sotto i piedi dei demoni, sotto a quelli del perfido Giuda.

Ma quando si considera in Dio, quando considera ciò che egli è per la rigenerazione della grazia e per i meriti di Gesù Cristo, per la sua intima unione con Lui e, per lui, con le tre Persone della Trinità adorabile, senza dimenticare ciò che è da se stesso, ammira la moltitudine dei doni che la mano benefica del Signore ha accumulato su di lui.

Si vede grande, ricco, potente, santo perché, come membro di Gesù Cristo, partecipa alle qualità di Gesù Cristo.

Si crede, con il suo aiuto, capace di tutto; è il figlio amato da Dio e si propone, con il soccorso della grazia, di rispondere alla nobiltà della sua adozione con la sublimità dei pensieri, con la purezza degli affetti, con la santità delle opere.

Invano lo spirito delle tenebre vorrebbe attaccarlo;

se cerca di sollevarlo al di sopra di se stesso con pensieri di orgoglio alla vista dei propri doni e delle proprie virtù, l'uomo interiore si inabissa nella considerazione della propria malizia e del proprio niente;

se pretende di scuotere la sua confidenza e di gettarlo nell'abbattimento con la considerazione delle sue miserie e della sua debolezza, egli esce da se stesso e si eleva fino a Dio;

si ricorda di aver Dio per Padre, gli si presenta davanti in questa qualità, tutto cosparso dal sangue di Gesù Cristo, tutto rivestito dai suoi meriti; e come formando con lui un medesimo tutto, nel nome di questo Divin Figlio, osa chiedere tutto e si tiene sicuro di ottenere tutto;

si rifugia nelle sue piaghe come la colomba nelle fenditure della pietra;

si immerge in quella del suo Cuore da dove sfida tutti i propri nemici perché vengano a strapparla di là e a separarla dalla carità di Gesù Cristo: « Quis me separabit a charitate Christi? » ( Rm 8,35 ).

VI - Vantaggi della vita interiore

Quante ricchezze deve accumulare l'uomo interiore, agendo come abbiamo ora visto!

S. Pietro ce lo fa capire, quando ci dice che egli « è ricco davanti al Signore » « Qui est in conspectu Dei locuples ». È davanti a Dio che è ricco, e non davanti agli uomini, i quali non penetrano affatto nel fondo del cuore, dove le ricchezze dell'uomo interiore stanno tutte raccolte.

Non è che queste non appaiano esteriormente, nelle sue azioni, nelle sue parole, nella carità che non tralascia affatto di esercitare verso tutti; ma siccome ciò avviene senza rumore e senza lustro, in cose ordinarie ed in una maniera comune in apparenza, gli uomini non ne restano colpiti; contano per nulla queste cose od anche non se ne accorgono.

Tale è la condotta del Signore con le anime interiori; egli mette con ciò al sicuro da ogni pericolo il loro tesoro e preserva la loro bellezza da ogni insidia.

Sembra esserne geloso e non vuole affatto che sia esposta agli sguardi degli uomini.

È così che molti Santi sono arrivati ad una eminente santità, e talvolta anime disprezzate dagli uomini sono grandi davanti al Signore e, con il credito che esse godono presso di Lui, attirano la sua protezione su città e nazioni e procurano la conversione di un grande numero di peccatori.

Ricchezze dell'anima sono gli atti di virtù che essa compie, i doni che essa ha ricevuto da Dio ed i meriti che sono il frutto delle sue opere buone.

Gli atti di virtù dell'uomo interiore sono continui.

Egli non cerca che di piacere a Dio, approfitta di ogni occasione e le occasioni gli si presentano ad ogni istante nell'accompimento dei suoi doveri e nella fedele cooperazione alle grazie che riceve.

Non c'è affatto alcun istante in cui non compia un grande numero di atti di virtù e questi atti sono puri e di alto pregio.

Sono puri perché emanano da una sorgente pura e perché l'anima, sempre attenta a se stessa, scorge e scosta quanto potrebbe alterare la purezza delle sue azioni, i ritorni dell'amor proprio, le suggestioni dello spirito delle tenebre ed i motivi imperfetti che vi si potrebbero insinuare.

Sono del più alto pregio, perché provengono da un maggiore amore, perché l'anima è più unita a Dio e perché lo Spirito Santo opera ognor più in essa, imprimendo ai suoi atti, con il proprio influsso, qualche cosa di divino.

Ricchezze dell'anima sono pure i doni di Dio, perché questi si identificano in qualche modo con lei e diventano come il suo proprio bene; la elevano, la nobilitano, la rischiarano, la fortificano, la divinizzano in qualche modo.

San Paolo, nel passo da noi già citato, fa l'enumerazione dei doni che il Signore si compiace di comunicare alle anime interiori.

Dapprima parla della dimora di Gesù Cristo in loro; favore speciale questo a cui i sensi non hanno parte alcuna e che non è conosciuto che per mezzo della Fede.

È una conoscenza sperimentale, un sentimento spirituale e delizioso che l'uomo interiore, possiede della presenza di Gesù Cristo in sé: « Christum habitare per fidem in cordibus vestris » ( Ef 3,17 ).

« Per la fede Gesù Cristo abita nei vostri cuori ».

Da questo favore emanano tutti gli altri.

Di qui quella specie di immutabilità dell'uomo interiore nel bene, che l'Apostolo esprime dicendo che: « egli è radicato e fondato nella Carità » « in charitate radicati et fundati » ( Ef 3,17 ).

È un albero la cui radice è Gesù Cristo, o se lo volete, il suo santo Cuore che è la stessa Carità.

Da questa radice divina si diparte una linfa vivificante che, spargendosi in tutti i rami, li copre di foglie e di fiori, ne mantiene continuamente il verde e gli fa produrre i frutti più abbondanti.

È quella « casa » del Vangelo, « costruita sulla roccia » su Gesù Cristo stesso: « la pioggia s'è rovesciata a torrenti, i venti hanno soffiato impetuosamente, i fiumi sono straripati, tutti ad un tempo sono venuti a rovesciarsi su questa casa; ma questa casa non è caduta in rovina perché era fondata sulla roccia » « Et descendit pluvia, et venerunt flumina, et flaverunt venti, et irruerunt in domum illam, et non cecidit: fundata enim erat super firman petram » ( Mt 7,25 ).

Da qui quella luce, pura emanazione della luce dei Beati, che mostrandogli la religione cristiana come un vasto edificio, gliene fa conoscere tutte le dimensioni:

la sua larghezza che racchiude tutte le verità e comprende tutti i popoli;

la sua lunghezza che si estende a tutte le età e si proietta nell'eternità;

la sua altezza che non è altro che la sublimità dei suoi dogmi e dei suoi misteri;

infine la profondità dei giudizi di Dio che essa ci scopre.

« Comprehendere cum omnibus sanctis quae sit latitudo et longitudo et sublimatas et profundum ». « Affinché possiate comprendere con tutti i santi quale è la larghezza, la lunghezza e la profondità … » ( Ef 3,18 ).

Da qui quella conoscenza assai superiore ad ogni altra conoscenza, quella partecipazione, che Gesù Cristo fa all'uomo interiore, della Carità di cui è acceso il suo Divin Cuore: « Scire etiam supereminentem scientiae charltatem Christi ». « E conoscere l'amore di Gesù Cristo verso di noi, che sorpassa ogni scienza » ( Ef 3,19 ).

Da qui, infine, ciò che l'Apostolo chiama: « tutta la pienezza di Dio » « ut impleamini in omnem plenitudinem Dei » « affinché voi siate riempiti dei doni di Dio in tutta la loro pienezza » ( Ef 3,19 ).

L'uomo interiore possiede in se stesso questa pienezza; almeno è qui che conduce lo spirito interiore, perché non si gode di questi doni che a misura che questo spirito interiore è in noi in un grado più o meno perfetto.

Colui che lo possiede nella sua perfezione s'è spogliato della bassezza e della debolezza naturali a l'uomo; i suoi sentimenti, i suoi pensieri, i suoi desideri, le sue parole, le sue azioni, tutto in lui deriva dallo spirito di Dio che lo anima.

Egli non vede in tutto che Dio, non parla che di Dio, non ama non desidera che Dio; il suo cuore ad anche la sua carne hanno sussultato di allegrezza nella speranza di possedere il Dio vivente: « Cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum » ( Sal 84,3 ).

Può dire con l'Apostolo che la sua vita è tutta assorta in quella dell'Uomo-Dio, che non è lui in persona, ma Gesù Cristo che vive in lui: « Vivo ego, iam non ego: vivit vero in me Christus » ( Gal 2,20 ).

Non occorre più esaminare quale sia la grandezza di meriti dell'uomo interiore, di un uomo che, in ogni momento, non è occupato che di Dio, che non pensa che a piacergli, che vi è incessantemente portato dall'amore più puro e più ardente e che, in questo lavoro, è sostenuto, illuminato, fortificato dai doni che Dio si compiace di versare abbondantemente su di lui.

Si percepisce quanto sia grande il suo credito presso Dio e come egli sia sicuro di ottenere quanto domanda; che Dio stesso previene spesso i suoi desideri; che al momento della sua morte preziosa le porte eterne si apriranno da sé per accoglierlo; e che in Cielo i tesori più ricchi, le corone più fulgenti saranno di sua spettanza.

Ho già detto tanto, o anime buone, da darvi un'idea giusta dell'uomo interiore, o piuttosto da sviluppare nel vostro spirito quella che voi già avevate.

Conoscete, mi sembra, ciò che costituisce l'uomo interiore, il principio che lo fa agire, ciò che costituisce l'oggetto delle sue occupazioni, il giudizio che porta di ogni cosa, e in qual maniera si regoli in tutto.

Sapete quali siano le virtù che lo distinguono singolarmente e di quanti doni e favori Dio si compiaccia di ricolmarlo.

Tocca a voi fare a voi stessi l'applicazione di tutte queste cose.

Quali sono i vostri sentimenti? Presi dalle alte idee che vi ho or ora esposte sullo spirito inferiore, vi sarebbero forse tra voi anime che possano credere di potersi contentare di una sterile ammirazione come se fossero cose troppo elevate per potervi aspirare? Io le devo disingannare.

Quali decisioni avete prese? Potreste essere imbarazzati per la scelta; io debbo aiutarvi.

Quale è la vostra fiducia? Forse è soffocata dall'impresa; io invece devo vivificarla e presentarle motivi capaci di sostenerla e di rianimarla.

VII - Motivi di sviluppare lo spirito interiore

Quali sono i vostri sentimenti in rapporto allo spirito interiore?

Esso è senza dubbio degno della vostra ammirazione; ma questa ammirazione deve eccitarne in voi il desiderio e portarvi a non trascurare nulla per acquistarlo.

Perché? Perché Dio lo propone a chiunque e tutti ne sono capaci; perché è utilissimo ed anche, fino ad un certo grado, necessario a tutti i fedeli; perché infine, per quanto vi riguarda in particolare, Dio vi ha destinato in modo speciale a questo spirito e vi da mezzi potenti per arrivarvi.

Basta accennare a questi argomenti, per convincervene.

Gli inviti di San Pietro alle persone che già sono soggette agli impegni del matrimonio; quelli che San Paolo rivolge indistintamente e con tanta insistenza a tutti; quanto Nostro Signore dice alla Samaritana, una donna peccatrice, sulla necessità dell'adorazione in spirito e verità; tutto ciò non prova forse all'evidenza che nessuno è escluso dalla grazia dello spirito interiore?

Per parteciparvi, non bisogna altro che avere un cuore, una qualche conoscenza di Dio e di sé; non occorre né forza di spirito o di corpo né particolare talento, né grandi lumi, né una vastità di conoscenze.

Se ne può essere capaci nella malattia come nella sanità, nella vita appartata e nella vita pubblica, negli stati umili come nei più elevati; anzi i primi vi sembrano più consoni.

Tutti i fedeli hanno bisogno dello spirito interiore per progredire nella virtù, per accumulare molti meriti, per rendere a Dio un omaggio più perfetto; appare anche necessario per praticare molti doveri di cui il Vangelo ci fa obbligo.

Senza spirito inferiore, ci si priva di molte grazie che sarebbero necessario, ci si interdice l'accesso a tutte le comunicazioni particolari dello Spirito di Dio; si rimane sempre vacillanti nella virtù, sempre sull'orlo del precipizio e pronti a cadere in peccato.

E voi, anime pie, che il Signore ha attirato così potentemente al suo servizio; voi, che conoscete meglio di tanti altri quanto una vita interiore sia bella in sé stessa, quanto sia gradita al Signore, credereste di rispondere degnamente ai vostri obblighi di riconoscere i benefici di cui vi ha tanto liberalmente ricolmi, in un tempo in cui tante anime corrono in folla alla loro rovina, nella via spaziosa della infedeltà?

Egli vi ha scelte e vi ha messe come diga nel centro stesso del mondo, per arrestare con i vostri esempi il torrente della iniquità.

Come vi mostrerete degne di questa onorevole scelta, se trascurerete di coltivare in voi lo spirito interiore e di attirare sopra di voi con ciò le grazie speciali che vi sono necessarie per un così nobile fine?

I Sacri Cuori di Gesù e di Maria sono le bandiere sotto cui vi siete arruolate; nello stesso tempo per voi sono il pegno sicuro della vittoria, se a loro resterete fedeli.

Non vi indicano sufficientemente per se stessi che per mezzo di virtù interiori e nascoste dovete rintracciare in voi la loro immagine?

Queste considerazioni ed altre simili, che sì sono presentate o che si presentano in questo momento alle vostre menti, non mi lasciano alcun motivo di dubitare che voi non prendiate ferme risoluzioni per ottenere a qualunque prezzo lo spirito interiore.

Desiderate solamente che vi indichi la via da seguire, i mezzi da adottare per questo.

I mezzi della vita interiore

La prima cosa è di essere talmente riempite di Dio e delle cose di Dio da essere Lui il principale oggetto che si presenta a voi.

È questo il frutto che si deve ricavare dai propri esercizi di pietà, e soprattutto dall'uso frequente della preghiera.

Ma affinché l'orazione produca in noi questo vantaggio, non basta che noi ad essa ricorriamo frequentemente, ma dobbiamo applicarci ad essa in maniera che diventi abituale e che conserviamo sempre la presenza di Dio ed un santo commercio con Dio, riferendogli ogni cosa.

Maria è in ciò nostro modello; Essa, in cui il Signore operava grandi cose, conservava con cura lo parole dei pastori e vi rifletteva nel suo intimo: « Maria autem conservabat omnia verbo, haec, conferen in corde suo » « Maria conservava tutte queste parole, riflettendovi nel suo cuore ». ( Lc 2,19 ).

La seconda cura che bisogna avere è di impedire che la natura prevenga l'azione della grazia.

Bisogna reprimerne l'attività, e siccome essa si mostra sempre per prima, bisogna sospendere la sua azione fino a che abbiamo preso consiglio dallo Spirito Santo e che ci siamo messi in grado di intendere la sua ispirazione e di seguire l'impulso che egli imprime all'anima.

Per far ciò con maggior prontezza e facilità, bisogna mortificare il più possibile quanto può ostacolare in noi lo Spirito di Dio, ogni attacco a noi stessi ed alle cose create.

È il terzo oggetto della nostra attenzione.

Dobbiamo sforzarci in tutte le cose, anche buone e lecite, anche nelle pratiche più sante e virtuose, di spogliarci di ogni volontà propria, per non agire che in vista della volontà di Dio.

Bisogna impegnarsi a fare ciò ogni giorno nel modo più perfetto.

La perfezione a cui bisogna tendere per possedere lo spirito interiore in tutta la sua pienezza sarebbe d'essere spogli di sé, talmente morti a se stessi da non ammettere sentimenti diversi da quelli di cui era animato il Cuore di Gesù;

da non respirare più, come Lui, che per la gloria di Dio;

da non ricevere compenso che dal suo Divino Spirito;

da non vivere più, come l'Apostolo, che per opera sua;

da non aver altra vita dalla sua.

Non turbatevi affatto per quanto vi dico; non faccio che ripetere le parole del grande Apostolo e mettervi davanti agli occhi una perfezione, senza dubbio sublime, ma che egli proponeva a tutti i fedeli come oggetto degno dei loro desideri.

Ve la propongo così. Non vi dirò affatto che sia per voi un dovere arrivarvi; non dovete neppure esaminare quanto da lei siate ancora lontani; e qualora vi sembrasse di non essere neppure sulla strada, di non aver fatto ancora i primi passi verso questa perfezione, non inquietatevene; accontentatevi di umiliarvene; ma siate però nella ferma risoluzione di non frapporre ostacolo alle grazie di Dio, di corrispondervi del vostro meglio, e di adottare, secondo la luce ch'Egli ci concede, tutti i mezzi che sono in vostro potere per acquistare lo spirito interiore; e scongiurate umilmente il Signore, come insegna S. Paolo, di elargire talmente a riguardo vostro le ricchezze della sua gloria, che infine vi accordi questa preziosa grazia in maniera stabile, permanente, copiosa, secondo il suo beneplacito e le mire di santità ch'Egli ha per ciascuna di voi.

Da parte vostra non mettete limiti alla sua liberalità; non vogliate arrestare, per mancanza di coraggio e di confidenza, il corso dei suoi favori e delle sue grandi misericordie.

Ciò che Egli ha già fatto per voi, vi è di pegno per ciò che vuoi fare. Egli è Dio.

Ha su voi grandi disegni; ma i suoi disegni sono impenetrabili allo spirito umano, come incomprensibili sono le sue vie.

Perché ve lo dovrei nascondere? Egli ha già effuso su un gran numero di voi la grazia dello spirito interiore ed è pronto ad effonderlo su un maggior numero e con maggior abbondanza, se non vi stancate di corrispondere alle grazie che egli si compiace di moltiplicare su coloro che gli sono fedeli,

Donde nasce il vostro disgusto del mondo, delle sue abitudini, delle sue massime e dei suoi piaceri?

Donde la vostra tenera e sincera adesione a Gesù Cristo ed alla sua Santissima Madre?

Come pure l'ardente e continuo desiderio che avete di piacere a loro, la dolce gioia che provate di quanto può contribuire alla loro gloria, all'esaltazione della santa Chiesa, alla salvezza delle anime?

La pena intima che sentite, vedendo l'ingratitudine degli uomini a loro riguardo?

E se talvolta vi lasciate andare al turbamento e ad una involontaria tristezza, quale ne è sempre la causa, se non che temete che vi sia sfuggita una qualche azione, una qualche parola che non sia stata per lo Sposo Divino? o il timore di non essere stati abbastanza docili ai movimenti del suo Spirito, abbastanza fedeli ad approfittare delle sue grazie, o di averlo potuto contristare in qualche cosa?

Donde proviene quell'esattezza costante nel compiere doveri penosi alla natura?

quella stima che nutrite per l'obbedienza?

quell'apertura di cuore che avete con i Superiori là quale vi porta a manifestar loro le imperfezioni, miserie e tentazioni vostre?

quella costanza e quell'ardore che avete per il santo esercizio dell'orazione, per quanto il Signore vi privi abbastanza frequentemente dei suoi lumi e delle sue consolazioni?

quella vigilanza su voi stessi per evitare la dissipazione, per richiamare incessantemente il vostro spirito a Dio,

per non parlare che a proposito, per evitare ogni parola inutile; oziosa o che potrebbe ferire il prossimo, per tenere discorsi edificanti e che possano portare al bene quelli che li ascoltano?

Questo complesso di cose non viene certamente dall'amor proprio, dalla natura, dallo spirito del mondo, dallo spirito del demonio; esse hanno la loro sorgente dallo spirito interiore; il principio da cui emanano è lo spirito di Dio che risiede in fondo ai vostri cuori.

Si è veramente anime interiori, si coltiva in sé questo uomo nascosto di cuore di cui ci parla il principe degli Apostoli,

sì partecipa alle sue ricchezze ed alle eminenti qualità che formano il suo carattere,

si è del numero dei veri adoratori in spirito e verità che il Padre stesso esige, allorquando, sinceramente votati al servizio di Gesù Cristo e di Maria, non si desidera nulla con altrettanto ardore quanto di modellare il proprio cuore sul loro;

quando non si vuole affatto concedersi altra scelta:

quando si ama senza eccezione ciò che essi hanno amato e come essi l'hanno amato;

quando si odia e si detesta ciò che essi hanno odiato e detestato.

E non è questo Punico oggetto dei vostri voti, lo scopo di ogni vostro sforzo, fa regola della vostra condotta?

Non dico ciò che per incoraggiarvi, per rianimare la vostra fiducia.

Il Savio mi avverte di non lodare i viventi; non vorrei neppure che se ne facesse l'applicazione a coloro in cui credo di intravedere una maggiore abbondanza di ricchezze spirituali; ma mi è permesso di lodare i morti.

Lo dirò dunque con la più viva riconoscenza per la Divina Bontà e per nostra consolazione: non ho ancor visto morire nessuno tra noi che non abbia lasciato grandi esempi di virtù interiore.

Non parlerò che di colei che abbiamo appena perso ( la signorina d'Esternoz ).

Il suo nome, la sua condizione, la sua prudenza, le qualità più amabili le avevano acquistato una grande stima; essa rinunciò a tutti quei vantaggi, per seguire Gesù povero e disprezzato.

Da quel momento, con quale speditezza l'abbiamo vista, non dico procedere, ma correre nei sentieri oscuri eppur sublimi della vita interiore.

Essa non viveva che per Gesù Cristo, e Gesù Cristo viveva in lei.

È morta vittima della sua carità e, quantunque ancor giovane, lascia un grande numero di anime eredi del suo spirito.

Quanto è opportuno questo esempio a riempirvi della più viva fiducia.

Sperate tanto da Dio; ciò che Egli ha fatto in quest'anima, farà nella vostra, se voi sarete fedeli come lei.

Se lo sarà necessario, il Signore vi prodigherà i suoi doni magnifici, i suoi favori che, secondo l'Apostolo, sono l'eredità delle anime interiori e non temo di rivolgervi queste parole del profeta: A chi il Signore destinerà ciò che possiede di più prezioso in Israele, se non alle anime che si sono interamente consacrate al suo servizio e che non respirano che la sua gloria?

Dio può fare tutto questo in voi.

È così che l'Apostolo termina ciò che ha detto dell'uomo interiore e così termineremo anche noi.

« Dio può fare tutte queste cose con una liberalità maggiore di quanto noi sapremmo chiedere o comprendere, secondo la potenza che ha fatto brillare in noi.

Sia glorificato e lodato per questo nella Chiesa e in Gesù Cristo, di generazione in generazione, nei secoli dei secoli. Così sia».

« Ei antem qui potens est umnia facere superabundanter quam petimus aut intelligimus, secundum virtuten quae operatur in nobis: Ipsi gloria in Ecclesia et in Christo Jesu, in omnes generationes saeculi saeculorum. Amen » ( Ef 3,20 ).

17 maggio 1806

( Parigi. - Dalla prigione del Tempio ).

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