Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LXXVI

I. La sposa per le strade e per le piazze ha cercato lo Sposo e perché invano, quando egli è ritornato in cielo

1. Per le strade e per le piazze cercherò colui che l’anima mia ama ( Ct 3,2 ).

La sposa pensa ancora da bambina.

Penso che abbia creduto che il Cristo, uscito dalla tomba si sarebbe subito presentato al pubblico, per insegnare come al solito al popolo, e sanare gli infermi, per manifestare la sua gloria a Israele, perché forse coloro che promettevano di riconoscerlo se fosse disceso dalla croce l’avrebbero ricevuto risorto dai morti.

Ma egli aveva terminato l’opera che il Padre gli aveva dato da fare, e questo la sposa avrebbe dovuto capirlo almeno dalle parole di Cristo sulla croce, dette prima di spirare: Tutto è compiuto ( Gv 19,30 ).

Non vi era più ragione per lui di ripresentarsi alle folle, le quali forse neppure ora gli avrebbero creduto.

E si affrettava a tornare al Padre che doveva dirgli: Siedi alla mia destra fino a che io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi ( Sal 110,1 ).

Con più forza e in modo più divino quando sarà esaltato da terra, tutto trarrà a sé.

Questa credette di doverlo cercare per le strade e per le piazze, avida di godere della sua presenza, ma ignara del mistero.

Nuovamente, dunque, frustrata, ripete: L’ho cercato e non l’ho trovato, perché si adempisse la parola di Gesù: perché vado al Padre e voi più non mi vedrete ( Gv 16,16 ).

2. Dirà, forse, la sposa: « Come dunque crederanno in colui che non videro? ».

Quasi che la fede venga dalla vista e non dall’udito.

Che cosa c’è di grande nel credere ciò che hai veduto, e non negare fede ai tuoi occhi quale lode merita?

Ma se speriamo quello che non vediamo aspettiamo con pazienza, e la pazienza è meritoria.

Beati coloro che non hanno veduto e hanno creduto ( Gv 20,29 ).

Perciò, perché non si perda il merito della fede si sottragga alla vista, dando posto alla virtù.

Ed è anche tempo che lui ritorni al suo posto.

Quale posto? Alla destra del Padre.

Non ha, infatti, considerato come una rapina il considerarsi uguale al Padre, essendo di natura divina.

Dunque, questo sia il luogo dell’Unigenito, nel quale ogni torto a lui fatto viene meno.

Sieda accanto, non al di sotto, perché tutti glorifichino il Figlio come onorano il Padre.

In questo apparirà l’uguaglianza della maestà, se non sarà considerato né inferiore al Padre, né a lui posteriore.

Ma la sposa per ora nulla avverte di queste cose; ma quasi ebbra per l’amore, correndo di qua e di là, cerca con gli occhi colui che non può più essere raggiunto dall’occhio ma dalla fede.

Pensa, infatti, che Cristo non possa entrare nella sua gloria se prima la gloria della risurrezione non sarà manifesta davanti al mondo e allora l’empietà sarà confutata, esulteranno i fedeli, si glorieranno i discepoli, i popoli si convertiranno e infine sarà egli stesso da tutti glorificato, mentre dalla presenza del risorto a tutti sarà resa nota la verità della sua predicazione.

T’inganni, sposa, devono avvenire queste cose, ma a suo tempo.

3. Per il momento, intanto, vedi se non sia cosa degna e maggiormente conforme alla superna giustizia che non si dia il santo ai cani e le perle ai porci, che piuttosto secondo la Scrittura venga tolto di mezzo l’empio perché non veda la gloria di Dio, che alla fede non venga tolto il merito, mentre ora essa è più provata, credendosi ciò che non si vede, e che in essa sia serbato ai degni quello che è occultato agli indegni, affinché quelli che sono nell’immondezza siano ancor più immondi, e i giusti siano maggiormente giustificati; che i cieli non sonnecchino per la noia, e i cieli dei cieli si struggano di confusione per la loro aspettativa, che lo stesso Padre onnipotente non sia più a lungo frustrato nel desiderio del suo cuore, che infine lo stesso Unigenito non debba ritardare alquanto, il che sarebbe cosa anche solo indegnissima, l’ingresso nella sua gloria.

Quanto pensi che debba essere grande la gloria umana per la quale il Cristo debba rinunziare anche per poco a quella che dal Padre gli è preparata da tutta l’eternità?

II. Il Padre glorifica il Figlio e il Figlio il Padre

 Aggiungi che per nessuna ragione conviene che sia protratta più a lungo la domanda dello stesso Figlio.

Chiedi quale sia questa domanda: è quella in cui dice: Padre, glorifica il tuo figlio ( Gv 17,1 ).

Penso che questa domanda Cristo l’abbia fatta non tanto supplicando, quanto prevedendo.

Viene chiesto liberamente quello che il richiedente ha potere di realizzare.

Dunque, quella del Figlio è una domanda non necessaria, ma di formalità, in quanto tutto quello che riceve egli stesso lo dona con il Padre.

4. Qui si deve dire anche questo, che non solo il Padre glorifica il Figlio, ma anche il Figlio glorifica il Padre: perché qualcuno non dica il Figlio minore del Padre, in quanto glorificato dal Padre, mentre anche egli glorifica il Padre, come dice egli stesso: Padre, glorifica il tuo Figlio, affinché il tuo Figlio glorifichi te ( Gv 17,1 ).

Ma forse continui a ritenere inferiore il Figlio, il quale quasi privo di gloria sembra ricevere gloria dal Padre per poi rifonderla al Padre.

Senti che non è così: Glorificami, dice, Padre con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse ( Gv 17,5 ).

Se dunque la gloria del Figlio non è posteriore, in quanto è dall’eternità, il Padre e il Figlio si danno gloria a vicenda da pari a pari.

E se è così, dov’è il primato del Padre?

C’è dunque uguaglianza dove è coeternità.

E fino a tal punto c’è uguaglianza che una sola è la gloria di entrambi, come essi sono una cosa sola.

Onde a me sembra che dicendo di nuovo: Padre glorifica il tuo nome ( Gv 12,28 ), non chieda in realtà altro che di glorificare se stesso, nel quale e per il quale il nome del Padre sarebbe senza dubbio glorificato, e ricevette la risposta dal Padre: L’ho glorificato e ancora lo glorificherò ( Gv 12,28 ), risposta che fu essa stessa una non piccola glorificazione del Figlio.

Del resto egli è glorificato in modo più ampio e solenne al fiume Giordano, sia dalla testimonianza di Giovanni e dalla designazione della colomba, sia dalle parole del Padre che dice: Questi è il mio Figlio diletto ( Mt 3,17 ).

Ma anche sul monte, davanti ai tre discepoli fu in modo meraviglioso glorificato, sia dalla voce venuta nuovamente su di lui dal cielo, sia dalla mirabile e splendida trasfigurazione del suo corpo, e sia anche dalla testimonianza dei due Profeti che qui apparirono parlando con lui.

5. Resta ancora che, secondo la promessa del Padre, sia ancora una volta glorificato, e quella sarà la pienezza della gloria, alla quale non si possa più nulla aggiungere.

Ma dove sarà data questa benedizione?

Certamente non nelle piazze o nelle strade, come la sposa ha sospettato, se non in quelle di cui è detto: Le tue piazze, Gerusalemme, saranno lastricate di oro puro, e per tutte le tue strade si canterà alleluia ( Tb 13,18 ).

In queste realmente ha già ricevuto dal Padre quella gloria alla quale nessun’altra simile si potrà trovare, neppure in cielo.

A quale degli Angeli infatti fu mai detto: Siedi alla mia destra? ( Eb 1,5.13 ).

E non solo tra gli Angeli, ma non si è trovato alcuno neppure tra gli ordini superiori dei beati che fosse idoneo a ricevere questa sovraeccellente gloria.

A nessuno affatto di essi è stata rivolta quella parola di una gloria singolare, nessuno ha sperimentato in sé l’efficacia di questa parola.

Sia i Troni, sia le Dominazioni, sia i Principati, sia le Potestà desiderano sì di fissare in lui lo sguardo, ma non presumono di paragonarsi al Figlio di Dio.

Dunque al mio Signore ( Sal 110,1 ), singolarmente è stato detto dal Signore, ed è stato dato di sedere alla destra della gloria di lui, in quanto coeguale nella gloria, consustanziale nell’essenza, consimile per la generazione, non dispari nella maestà, non posteriore per l’eternità.

Qui, qui lo troverà chi lo cerca, e vedrà la sua gloria: non la gloria quasi di uno degli altri, ma veramente la gloria come di Unigenito dal Padre.

III. Come la fede trova colui che l’intelletto non comprende; le guardie che custodiscono la città di Dio; l’anima è sposa e pecora

6. Che cosa farai o sposa? Pensi tu di seguirlo lassù?

Oppure osi e puoi inoltrarti in questo così grande arcano e così misterioso santuario, per poter vedere il Figlio nel Padre e il Padre nel Figlio?

No certamente.

Dove egli è tu non puoi andare per ora; vi andrai dopo.

Coraggio tuttavia, seguita a cercare; né ti distolga dal cercare quella gloria inaccessibile e quella sublimità, né ti faccia disperare di trovarlo.

Se puoi credere, tutto è possibile a chi crede ( Mc 9,22 ).

Vicina, dice, a te è la parola sulla tua bocca e nel tuo cuore ( Rm 10,8 ).

Credi e l’hai trovato, poiché credere è aver trovato.

Sanno i fedeli che Cristo abita per la fede nei loro cuori.

Che c’è di più vicino? Cerca dunque sicura, cerca devota.

Il Signore è buono per l’anima che lo cerca ( Lam 3,25 ).

Cerca con le suppliche, seguilo con gli atti, trovalo con la fede.

Che cosa non trova la fede?

Arriva alle cose inaccessibili, scopre le cose ignote, abbraccia le immense, raggiunge le ultime, e comprende in qualche modo nel suo vastissimo seno la stessa eternità.

Direi con fiducia: credo nell’eterna e beata Trinità che non comprendo, e tengo con la fede quella che non capisco con la mente.

7. Ma dirà qualcuno: « Come crederà senza predicatore, dato che la fede viene tramite l’udito, e l’udito per la parola della predicazione? ».

Dio provvederà a questo, ed ecco sono già pronti coloro che istruiranno e informeranno la novella sposa che deve unirsi al celeste Sposo, di tutto quello che è necessario, le insegnino la fede e le diano la forma della pietà e della religione.

Senti infatti quello che aggiunge: Mi hanno incontrato le sentinelle che custodiscono la città ( Ct 3,3 ).

Chi sono queste sentinelle?

Certamente coloro che il Signore nel Vangelo chiama beati se, quando verrà, troverà vigilanti.

Che buone sentinelle, che mentre noi dormiamo vegliano, quasi debbano rendere conto delle nostre anime!

Che buoni custodi, che vegliando e passando le notti in preghiera, esplorano le insidie dei nemici, prevengono le decisioni dei maligni, scoprono i lacci, eludono i trabocchetti, dissipano le reti, rendono vane le macchinazioni!

Questi sono quelli che veramente amano i fratelli e il popolo cristiano, che pregano molto per il popolo e per tutta la santa città.

Questi sono coloro che molto solleciti per le pecorelle, a loro affidate, dal Signore, di buon mattino vegliano per rivolgere il loro cuore al Signore che li ha creati, e pregano al cospetto dell’Altissimo.

E vegliano e pregano conoscendo la loro insufficienza nel custodire la città, e che se il Signore non custodisce la città, invano veglia il suo custode ( Sal 127,1 ).

8. Pertanto, comandando il Signore: Vegliate e pregate per non entrare in tentazione ( Mt 26,41 ), chiaro che senza questo duplice esercizio dei fedeli e cura dei custodi, non può essere sicura la città, non la sposa, non il gregge.

Chiedi la differenza di queste cose? Sono una cosa sola.

È detta città per collezione, sposa per dilezione, pecore per la mansuetudine.

Vuoi sapere che la sposa è città?

Ho veduto, dice, la città santa, la nuova Gerusalemme scendere dal cielo da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo Sposo ( Ap 21,2 ).

Lo stesso ti apparirà delle pecore, se ricorderai come Pietro, primo loro custode, quando gli furono affidate sia stato accuratamente interrogato circa il suo amore.

E chi gliele affidava non avrebbe usato tanta cura se non si fosse sentito Sposo nell’intimo della coscienza.

Ascoltate, amici dello Sposo, se pure siete amici.

Ma ho detto poco « amici »: amicissimi devono essere quelli che hanno il privilegio di una così grande familiarità.

Non senza una ragione è stato ripetuto parecchie volte: Pietro, mi ami tu? ( Gv 21,17 ), quando gli furono affidate le pecore.

E io penso che questo sia come se gli avesse detto: « Se la coscienza non ti assicura che mi ami, e mi ami fortemente e perfettamente, cioè più delle cose tue, più che i tuoi, più anche di te stesso, perché vi sia corrispondenza con il numero delle domande, non assumerti questa cura né intrometterti nelle mie pecore, per le quali il mio sangue é stato sparso ».

Discorso terribile, capace di scuotere anche i cuori impavidi dei tiranni.

9. Per la qual cosa badate a voi stessi quanti avete avuto l’incarico di quésto ministero, badate dico, al prezioso deposito che vi è stato affidato.

È una città.

Vegliate alla sua custodia e alla sua concordia.

È la sposa: applicatevi a ornarla.

È un gregge: provvedete ai pascoli.

Queste tre cose si riferiscono forse, lo ripeto, alla triplice domanda del Signore.

IV. Che cosa è detto della custodia della città, che cosa della bellezza della sposa o del pascolo delle pecore e chi deve essere scelto per queste funzioni

Pertanto, la custodia della città sarà triplice: dalla violenza dei tiranni, dall’inganno degli eretici, dalle tentazioni dei demoni.

L’ornamento della sposa consisterà nelle buone opere, nei costumi, negli ordini.

Il cibo delle pecore consisterà nei pascoli delle Scritture, come eredità del Signore.

Ma c’è distinzione in esse.

Vi sono i comandamenti che vengono imposti agli animi duri e carnali dalla legge della vita e dalla disciplina, e vi sono i legumi delle dispense che vengono serviti agli infermi e ai piccoli di cuore per riguardo di misericordia, e vi sono i consigli solidi e forti che dagli intimi della sapienza vengono proposti ai sani e a quelli che hanno i sensi esercitati a discernere il bene dal male.

Ai piccoli, invece, come ad agnellini, viene dato il latte dell’esortazione, piuttosto che il cibo solido.

Inoltre i buoni e solleciti pastori non cessano di nutrire con buoni esempi tratti da letture, e più con i loro stessi esempi che con quelli degli altri.

Perché se lo fanno solo con gli esempi altrui e non con i propri è vergogna per essi, e il gregge non ne trae profitto.

Infatti, se io per esempio, che sembro tra di voi aver cura del gregge, vi portassi come esempio la mansuetudine di Mosè, la pazienza di Giobbe, la misericordia di Samuele, la santità di Davide, e altri simili esempi di persone buone, comportandomi nello stesso tempo io stesso come duro, impaziente, senza misericordia e per nulla santo, il mio discorso, come temo, avrebbe meno unzione, e voi lo ricevereste con minore avidità.

Ma questo lo lascio alla suprema pietà, perché essa supplisca quello che a me manca per voi, e corregga ciò che vi è di sbagliato.

Ora, il buon pastore avrà cura anche di questo, di avere cioè, secondo il Vangelo, sale in se stesso, sapendo che il discorso condito di sale tanto piacerà per la grazia, altrettanto gioverà per la salute spirituale.

Questo abbiamo detto riguardo alla custodia della città, all’ornamento della sposa e al pascolo delle pecore.

10. Voglio, tuttavia, parlarne ancora un po’ più dettagliatamente per coloro che, mentre anelano troppo avidamente agli onori, meno avvedutamente si sottopongono a gravi oneri, si espongono a pericoli, perché sappiano a che scopo sono venuti, come sta scritto: Amico, a che fare sei venuto? ( Mt 26,50 ).

Se non erro per la sola custodia della città, perché sia procurato quanto è necessario, c’è bisogno di un uomo forte, spirituale e fedele; forte per impedire i torti, spirituale per scoprire le insidie, fedele perché non cerchi il suo interesse.

Per quel che riguarda, poi, l’onestà e la correzione dei costumi, cosa che appartiene al decoro della sposa, è facile comprendere che è necessaria la censura della disciplina, con molta diligenza.

Per questo è necessario che chiunque cui appartiene questo compito sia acceso da quello zelo di cui ardeva quel grande geloso della sposa del Signore che diceva: Sono geloso di voi della gelosia del Signore, vi ho infatti sposati a un unico Sposo, per presentarvi come vergine casta a Cristo ( 2 Cor 11,2 ).

E come potrà un pastore inesperto condurre i greggi del Signore nei pascoli della divina parola?

Ma, se anche sarà dotto, ma non buono, c’è da temere che non tanto nutra con un’abbondante dottrina quanto nuoccia con una vita sterile.

È, pertanto, temerario da questo lato colui che si sobbarca a questo onere senza la dovuta scienza e una lodevole condotta.

Ma ecco, cosa che non lodiamo, ci si impone di terminare, mentre l’argomento non era finito.

Siamo chiamati ad altra materia, alla quale è indegno che questa debba lasciare il posto.

Sono alle strette da ogni parte, e non so quale delle due cose mi costi di più: essere strappato da questa o dovermi occupare di quella, e le due cose insieme aumentano la molestia.

Oh, schiavitù! Oh, necessità!

Non faccio quello che voglio, ma faccio quello che ho in avversione.

Notate, tuttavia, dove abbiamo smesso perché, quando al più presto riprenderemo l’argomento, di lì ricominciamo in nome dello Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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