Giovanni in questi versetti distingue dai peccati che conducono a morte, e quelli che non conducono a morte, in quanto dice di pregare per chi commette un peccato che conduce a morte.
Nella storia della chiesa, e ancora oggi, ci sono stati molti suggerimenti per il peccato che conduce a morte.
Secondo 1 Giovanni, il vero Cristiano ha già la vita eterna e lo sa ( 1 Gv 3,14; 1 Gv 5,13 ), e Dio lo protegge ( 1 Gv 5,18 ).
Anche quando pecca, ha il perdono ( 1 Gv 2,1-2 ) e quindi non la morte.
Dall'altra parte, i peccati che conducono a morte sono il non amare ( 1 Gv 3,14 ), che è sinonimo di non essere un Cristiano ( 1 Gv 3,19 ), e non essere in Gesù ( 1 Gv 5,12 ).
La realtà è che tutti i peccati in sé conducono a morte, perché ci rendono soggetti all'ira e al giudizio di Dio, cioè la morte eterna.
Ma il Cristiano non riceve la morte che merita, perché è perdonato perché Gesù è morto invece di lui, cioè come sacrificio propiziatorio per lui ( 1 Gv 1,8-2,2 ).
Così dobbiamo pregare per il Cristiano che pecca, pregando per il suo ravvedimento, in modo che ottenga il perdono e la vita da Dio, e pregando che il suo peccato non peggiori né diventi abituale.
Quindi il peccato che non conduce a morte è il peccato commesso da un Cristiano ( chiamato qui da Giovanni "fratello" ), in quanto perdonato, mentre il peccato che conduce a morte è il peccato commesso da un non Cristiano.
Infatti, Giovanni non dice che un Cristiano può commettere un peccato che conduce a morte; nota solo l'esistenza di un tale peccato.
Non dice neanche che non dobbiamo pregare per chi commette un tale peccato; dice solo che non sta dicendo che dobbiamo pregare per ( il perdono di ) una tale persona.
Secondo questa interpretazione, il peccato che conduce a morte è un concetto diverso dal peccato imperdonabile e dalla caduta da cui è impossibile essere ricondotto al ravvedimento, anche se alcuni affermano che sono uguali.
Vedi i commenti su Marco 3,29; Ebrei 6,4-6.
Alcuni ritengono che i peccati che conducono a morte siano quelli più gravi oppure quelli commessi consapevolmente ( come nell'AT, alcuni peccati erano perdonabili attraverso i sacrifici, mentre altri no e furono puniti con la morte Lv 4,2.13.22.27; Lv 5,15-18; Nm 15,27-31; Nm 18,22; Dt 17,12; Dt 22,26 ).
Ma nel NT, e soprattutto in questa lettera di Giovanni, è chiaro che la morte di Gesù sia sufficiente per pagare per ogni peccato.
Questa interpretazione è però giusta in parte: qualcuno che dice di essere un Cristiano, eppure consapevolmente persiste nel peccare, nel senso di 1 Gv 3,6-10 ( vedi il commento su 1 Giovanni 3,6-10 ), in realtà non è un Cristiano, e il suo peccato conduce a morte.
Altri ancora ritengono che siano peccati che per cui Dio prende la vita fisica di una persona, per esempio At 5,1-11; 1 Cor 11,30 e forse 1 Cor 5,5.
Ma Giovanni in questa lettera usa sempre "morte" e "vita" nel senso spirituale, non nel senso fisico, per cui sarebbe strano se si riferisse alla morte fisica qui.