L'Evangelizzazione del mondo contemporaneo |
I problemi maggiormente presenti nella Chiesa italiana, e sui quali si auspicherebbe dal Sinodo una parola di chiarimento e di soluzione, sono i seguenti:
Alcuni cristiani oggi si chiedono se la Chiesa debba ancora evangelizzare.
Essi si pongono questi interrogativi per le seguenti ragioni:
a) l'uomo di oggi va sempre più secolarizzandosi nel pensiero, nel costume e nella vita, cosicché egli diviene sempre più impermeabile ad un discorso propriamente religioso e sempre meno interessato ad una soluzione religiosa del problema dell'esistenza umana: ormai, la religione è divenuta per lui « irrilevante » e non degna di essere presa in considerazione; oppure è mistificante; oppure è dannosa per la vita e la felicità dell'uomo.
Che serve, allora, evangelizzare?
b) l'uomo di oggi è stanco delle molte parole che dice la Chiesa, poiché ad esse non corrispondono i fatti: nel suo discorso religioso, la Chiesa oggi non è più « credibile ».
Perciò, la cosa migliore che può fare non è quella di parlare, ma quella di rendersi credibile, dando « testimonianza » al Vangelo: non evangelizzare, quindi, ma testimoniare il Vangelo;
c) l'uomo di oggi è estremamente geloso della sua libertà interiore: egli vede l'evangelizzazione come un attentato più o meno subdolo alla sua libertà, specialmente se la Chiesa pretende condizionare la libertà religiosa dell'individuo dalla nascita fino alla sua maturità con !'imporgli il Battesimo e l'educazione cristiana nell'infanzia e nella adolescenza;
d) poiché Cristo è morto per tutti e poiché, nel suo infinito amore il Padre dà a tutti la grazia della salvezza, avendo tutti incluso nel disegno di salvezza che egli ha concepito ed attuato in Cristo, tutti sono già « cristiani », anche se non ne sono coscienti.
Perché allora volerli fare cristiani non più « anonimi », specialmente se ciò potrebbe disturbarli nella loro buona fede ed essere per loro motivo non di più sicura salvezza, ma di perdizione?
e) specialmente quando si tratta di individui e popoli che praticano altre religioni, non conviene predicare il Vangelo che potrebbe disturbarli nella loro buona fede, ma piuttosto aiutarli a vivere meglio la loro religione: infatti ogni religione è per i suoi aderenti la via « ordinaria » della salvezza, mentre il cristianesimo è la via « straordinaria » (cfr. H. R. Schlette, Le religioni come tema della teologia, Morcelliana, Brescia, 1968, pp. 85-86: « La strada di salvezza delle religioni si può definire come ordinaria e quella della Chiesa come straordinaria » ).
52. - Di fronte a queste affermazioni ed a questi dubbi, il Sinodo deve prendere nettamente posizione, ribadendo, da una parte, la necessità dell'evangelizzazione e, dall'altra, il suo primato su ogni altra attività della Chiesa.
Infatti, la missione affidata da Cristo alla Chiesa e valevole per tutti i tempi fino alla fine del mondo è l'evangelizzazione, portata fino ai confini della terra ( cfr. Mt 28,18-20 ): cosicché se la Chiesa cessasse di evangelizzare, mancherebbe al suo principale dovere ed al motivo per cui è stata istituita; perciò, in pratica, cesserebbe di essere.
La Chiesa dice con San Paolo: « Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! » ( 1 Cor 9,16 ).
Tale necessità si fonda sul fatto che il Padre ha costituito Cristo « principio di salvezza per il mondo intero » ( Lumen gentium, 17 ), cosicché fuori dell'influsso salvifico di Cristo non è possibile salvarsi: « È dunque necessario che tutti a lui si convertano, dopo averlo conosciuto attraverso la predicazione della Chiesa, ed a lui ed alla Chiesa, suo corpo, siano incorporati per mezzo del Battesimo » ( Ad gentes, 7 ).
Ciò significa che la via ordinaria e normale della salvezza, positivamente voluta da Dio, è costituita dall'adesione esplicita a Cristo mediante la fede e dall'incorporazione piena alla Chiesa mediante il Battesimo e l'Eucaristia: cioè, Dio vuole positivamente che normalmente la savezza sia legata alla fede in Cristo ed all'incorporazione piena alla Chiesa.
Nella sua infinita bontà per le sue creature, egli concede la grazia della salvezza anche a chi senza sua colpa non conosce Cristo e la Chiesa ma fa quello che è in suo potere per salvarsi, sforzandosi di vivere con rettitudine secondo i dettami della sua coscienza ( cfr. Lumen gentium, 16 ); tuttavia, questa è una via straordinaria di salvezza, non la via ordinaria, da lui scelta e voluta positivamente.
53. - Cosicché il fatto che, nella sua misericordia, Dio salvi tutti coloro che, pur non conoscendo Cristo e la Chiesa, temono Dio e praticano la giustizia ( cfr. At 10,35 ), non significa che ciò corrisponde in pieno al suo disegno di salvezza: significa solo che, non potendosi questo attuare in Cristo e nella Chiesa come egli vorrebbe, Dio sceglie altre strade per salvare gli uomini.
Ma si tratta pur sempre di vie straordinarie, che non corrispondono pienamente al suo disegno di salvezza, anche se può avvenire che gli uomini salvati da Dio per tali vie siano più numerosi di quelli da lui salvati per la via ordinaria dell'adesione esplicita a Cristo e della piena incorporazione alla Chiesa.
Quindi, anche se Dio può salvare e realmente salva alcuni uomini per altre vie, il comando di Cristo agli Apostoli: « Predicate il vangelo ad ogni creatura » ( Mc 16,15 ) conserva la sua piena validità ed urgenza: solo, infatti, con l'evangelizzazione si può attuare in pieno il disegno di salvezza degli uomini, quale è stato concepito ed attuato dal Padre in Cristo mediante l'opera dello Spirito Santo.
54. - La Chiesa, quindi, deve essere « per sua natura missionaria» ( Ad gentes, 2 ), sempre, anche quando gli uomini non sono disposti o rifiutano di ascoltare il messaggio della salvezza: in tal caso, essa deve esporli all'ascolto mediante un'opera di pre-evangelizzazione e di « preparazione evangelica », stimolando la nascita del problema religioso, ma non deve abbandonare il campo, o chiudendosi in se stessa, scoraggiata, oppure mettendosi a fare altre cose, illudendosi in tal modo di servire meglio il mondo e gli uomini: in realtà, il migliore e più importante servizio che la Chiesa può rendere al mondo è l'evangelizzazione.
Di qui, il primato dell'evangelizzazione su ogni altra attività culturale, educativa, scientifica e sociale.
55. - Il secondo motivo che rende necessario ed urgente il compito missionario della Chiesa sta nel fatto che solo nell'adesione esplicita a Cristo nella fede e nella perfetta incorporazione alla Chiesa mediante il Battesimo gli uomini possono trovare « tutti » i mezzi di salvezza di cui hanno bisogno.
Infatti, quelli che non conoscono Cristo e non sono incorporati alla Chiesa, pur non essendo abbandonati da Dio ed alieni dalla grazia di Cristo, sono tuttavia privi della pienezza di grazia che Cristo riversa nella sua Chiesa.
Perciò, la loro condizione rispetto alla salvezza è oggettivamente una condizione di precarietà e di incertezza.
Infatti, non conoscendo la verità su Dio e sull'uomo che Cristo ha portato nel mondo, facilmente essi cadono in errori anche gravi: « Molto spesso, dice la Cost. Lumen gentium ( n. 16 ), gli uomini, ingannati dal Maligno, hanno vaneggiato nei loro pensamenti ed hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore, oppure vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale ».
56. - Ma, soprattutto, senza la forza divina che viene dai sacramenti, dalla preghiera della Chiesa e dalla comunione dei santi, difficilmente gli uomini riescono a vincere il male che è in loro e ad aprirsi alla carità: cosicché diventano schiavi del peccato e preda dell'egoismo, dell'orgoglio e della sensualità.
In tali condizioni è assai difficile che essi prestino ascolto alla voce di Dio, che risuona nella loro coscienza, per invitarli alla penitenza ed alla conversione e prepararli all'infusione delle virtù soprannaturali della fede e della carità, senza le quali non c'è salvezza.
57. - Perciò, in risposta ai dubbi espressi, si deve dire che se nello attuale mondo secolarizzato ci sono delle chiusure al Vangelo, ci sono anche delle aperture, su cui si può far leva per rendere interessante e significativo il messaggio evangelico anche per l'uomo della « città secolare ».
La Chiesa deve oggi rendersi « credibile » agli uomini con la sua « testimonianza » al Vangelo, ma non può esaurire nella « testimonianza » la sua presenza e la sua missione nel mondo, per la natura stessa della testimonianza che è sempre testimonianza ad una persona o ad un messaggio, nel nostro caso, a Cristo ed al messaggio evangelico: se gli uomini non sanno chi è Cristo e qual è il suo messaggio, che senso avrebbe la testimonianza resa ad essi?
Ora è l'evangelizzazione che fa conoscere Cristo ed il suo messaggio.
58. - L'evangelizzazione non è un attentato alla libertà umana, perché è una proposta fatta all'uomo, non un'imposizione o una coercizione: « Nessuno, infatti, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà » ( Dignitatis humanae, 10 ).
L'atto di fede è per sua natura un atto volontario.
Questo, però, non significa che uno può abbracciare la religione che vuole o anche essere ateo: ognuno, infatti, ha l'obbligo morale di cercare la verità religiosa e di aderire alla verità cristiana come l'unica verità che libera e salva, egli ha l'obbligo morale di prendere in considerazione la proposta della Chiesa.
È falso, poi, che il Battesimo e l'educazione cristiana ricevuti nell'infanzia e nell'adolescenza siano un'offesa alla libertà e la predeterminino e condizionino nell'adulto; si deve, invece, affermare che la maturano, liberandola dai condizionamenti che il peccato e l'errore esercitano su di essa.
È la Verità che fa liberi.
59. - Nel disegno di salvezza di Dio anche il cristiano « anonimo » è destinato a divenire un cristiano « esplicito » mediante l'opera evangelizzatrice della Chiesa: se non lo diviene, il disegno di salvezza voluto da Dio non si compie nella sua pienezza, anche perché a lui non giunge tutta la pienezza di grazia di Cristo.
In tal modo, l'opera della redenzione resta almeno in parte frustrata.
60. - Affermare che le religioni non cristiane siano per i loro aderenti la via « ordinaria » della salvezza non solo è in contrasto con tutta la tradizione cristiana, ma priva Cristo e la Chiesa della loro ragione di essere: infatti, se così fosse, la persona e la missione di Gesù non avrebbero senso e la Chiesa sarebbe superflua.
La realtà, invece, è un'altra: le religioni non cristiane, per quello che di vero e di santo contengono, non sono estranee a Cristo, luce che illumina ogni uomo e fonte di ogni verità religiosa; anzi, sono lavorate dalla grazia di Cristo e riflettono non raramente un raggio della verità che da lui promana: possono, quindi, costituire come una « preparazione evangelica » ( Lumen gentium, 16 ).
Si può, anzi, dire che esse entrano nell'unico piano salvifico di Dio e possono costituire per coloro che vi aderiscono in buona fede lo strumento e il canale della grazia salvifica di Cristo, non nel senso che siano come la Chiesa « sacramento di salvezza »; ma nel senso, che possono offrire a Cristo l'occasione prossima al suo intervento salvifico ed anche in qualche modo disporre a tale intervento soprannaturale i loro aderenti.
Non si deve, però, dimenticare che le religioni non cristiane contengono anche errori o indicano strade che non conducono a Dio ed alla salvezza: anzi, lo stesso bene e le stesse verità che contengono devono essere purificati dalle scorie e condotti alla loro pienezza.
Perciò, la Chiesa è tenuta ad annunciare anche agli uomini di altre religioni Cristo, che è Via, Verità e Vita, nel quale gli uomini « devono trovare la pienezza della vita religiosa » ( Nostra aetate, 2 ), affinché essi, non rinunciando a quanto di vero e di santo posseggono nella loro religione, lo completino e lo portino alla perfezione con la « pienezza » che abita in Cristo, il quale è venuto non per abolire o distruggere, ma per « portare a compimento » tutto ciò che di vero e di grande, anche sotto il profilo religioso, l'uomo ha creato.
Un problema che angustia molti cristiani oggi è quello della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo: la Chiesa deve evangelizzare oppure deve promuovere lo sviluppo dell'uomo?
Deve impegnarsi nell'annunzio del messaggio evangelico e nell'attuazione della salvezza mediante l'attività sacramentale, oppure deve impegnarsi nella azione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita dell'umanità e nella lotta a fianco dei poveri e degli emarginati per la loro liberazione dall'alienazione e dallo sfruttamento del sistema capitalistico e la loro promozione umana?
62. - Questo problema nasce innanzitutto da una considerazione esegetica: Gesù, facendo propria la profezia di Isaia ( Is 61,1ss ), ha detto di essere stato « mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, per rimettere in libertà gli oppressi » ( Lc 4,18 ).
La Chiesa, che è chiamata a prolungare nel tempo la persona di Gesù e la sua azione, ha, perciò, la sua stessa missione: come Gesù, anch'essa deve annunziare ai poveri ed ai prigionieri delle strutture sociali ingiuste la liberazione, deve adoperarsi per mettere in libertà gli oppressi.
63. - Nasce anche da una considerazione teologica: secondo il Vangelo, ai poveri appartiene il Regno di Dio e Gesù si è chiaramente schierato dalla loro parte contro i ricchi, all'indirizzo dei quali ha gridato: « Guai a voi, ricchi … » ( Lc 6,24 ).
I poveri dunque sono i preferiti di Dio e di Cristo; devono, perciò, essere i preferiti della Chiesa.
E come Cristo ha operato in loro favore secondo le condizioni del suo tempo, così la Chiesa deve operare a favore dei poveri secondo le condizioni del nostro tempo: condizioni che, per la presa di coscienza, da parte dei poveri, dello sfruttamento subìto, sono « rivoluzionarie », di « lotta di classe ».
64. - Infine nasce da una considerazione pastorale: affinché la Chiesa possa annunziare ai poveri il messaggio evangelico, deve farsi accettare da essi: quindi, deve avvicinarsi ad essi, parlare il loro linguaggio, prendere le loro difese, lottare a fianco di essi per il miglioramento delle loro condizioni; quando avrà fatto questo, i poveri saranno disposti ad ascoltare il messaggio evangelico che essa porta loro, non prima.
Del resto, che senso avrebbe parlare di salvezza spirituale ed escatologica ad uomini che devono affrontare i problemi materiali del pane quotidiano, del posto di lavoro, della dignità personale umiliata ogni giorno dalle condizioni inumane del lavoro?
Un tale discorso sembrerebbe ad essi un tentativo di far loro accettare la loro attuale condizione e di frenare la loro combattività ed il loro spirito di lotta per migliorare la loro situazione: tentativo che andrebbe a tutto vantaggio di coloro che impongono ai poveri una condizione di oppressione e di sfruttamento.
65. - Spinti da queste considerazioni, non sono pochi i cristiani i quali affermano che la missione essenziale e primaria della Chiesa oggi è la « liberazione dei poveri ».
Quanto all'evangelizzazione, alcuni la fanno consistere nella « liberazione dei poveri »; altri ritengono che la Chiesa deve prima liberare i poveri e poi evangelizzarli.
Il Sinodo dovrà necessariamente far luce su questo problema, che è oggi il più cruciale ed il più discusso tra i cattolici e che è motivo di gravi divisioni nella Chiesa.
Sembra che aiuterebbe a trovare la soluzione giusta il far luce su due problemi che sono a monte.
Il primo è di ordine esegetico: Qual è stata, secondo il Vangelo, la missione che Gesù si è attribuita?
Il secondo è di ordine teologico: Come bisogna intendere la « salvezza » che Cristo è venuto a portare agli uomini e quindi quali sono i rapporti tra « salvezza » e « liberazione umana », tra « salvezza » e « promozione umana? ».
Facendo propria la profezia di Isaia, Gesù afferma di essere stato inviato per annunziare ai « poveri » che Dio viene a salvarli e a liberarli dai loro mali.
Nell'Antico Testamento Dio si era chiamato difensore di coloro che erano senza difesa, protettore del povero, della vedova, dell'orfano, e dell'oppresso ed aveva promesso che un giorno egli avrebbe regnato sulla terra ed allora avrebbe manifestato la sua regale giustizia col salvare i poveri e vendicarli dai loro oppressori, giudicando « tra pecora grassa e pecora magra » ( Ez 34,20 ).
Gesù, annunziando che il Regno di Dio è « vicino », afferma che sta per verificarsi la promessa di Dio: perciò, egli proclama « beati » i poveri e si circonda di essi.
Non si mette, però, alla loro testa per aiutarli a liberarsi dall'oppressione dei ricchi e dei potenti e così uscire dal loro stato di povertà.
Egli, cioè, non chiama i poveri alla rivolta sociale, perché non sono i poveri che si salvano da sé, ma è Dio che dovrà salvarli e porre fine alle sofferenze: essi devono attendere l'intervento liberatore di Dio.
Dell'avverarsi di questa promessa Gesù dà alcuni « segni » ed « anticipazioni », compiendo a favore dei poveri alcuni gesti di liberazione: egli infatti sana gli infermi, dà da mangiare alle folle affamate, libera gli ossessi; ma questi sono segni che il Regno è già venuto in qualche misura e, soprattutto, sono anticipazioni del Regno che verrà nella sua pienezza alla fine dei tempi, in un giorno ed in un'ora che nessuno conosce: solo allora Dio salverà pienamente e definitivamente i poveri, facendoli partecipare al banchetto eterno.
67. - Perciò, la salvezza e la liberazione dei poveri che Gesù annunzia cominciano già a realizzarsi su questa terra col fatto che i poveri credono nel messaggio di Gesù e si aggregano alla sua Chiesa, attendendo con pazienza la venuta del Regno di Dio nella sua pienezza; ma esse, nella loro pienezza, sono realtà essenzialmente escatologiche.
Per tale motivo, Gesù non ha voluto essere né un Messia politico né un agitatore sociale, ma solo svolgere una missione religiosa: quella di annunziare agli uomini la venuta del Regno di Dio ed introdurli in esso.
È quindi un controsenso ed una contraffazione del Vangelo vedere nella « liberazione » dei poveri annunziata da Isaia per i tempi messianici e fatta propria da Gesù un invito alla lotta politica per liberare i poveri di oggi dall'oppressione capitalistica ed imperialistica.
Gesù non ha predicato la rivoluzione sociale o politica, ma la rivoluzione religiosa, invitando gli uomini a convertirsi a Dio ed a cercare prima di tutto il suo Regno, non primariamente a cambiare le strutture ingiuste di questo mondo: queste sarebbero state trasformate una volta che fosse cambiato il cuore dell'uomo con la conversione, perché il male non risiede primariamente nelle strutture sociali e politiche ingiuste, ma nel cuore dell'uomo ( cfr. Mt 15,18.20 ).
Non si può dunque ridurre il cristianesimo predicato da Gesù ad un manifesto politico-sociale con una coloritura religiosa o ad una specie di messianismo terrestre per la « liberazione » dell'uomo dai mali sociali.
Questo non significa che il messaggio cristiano di liberazione religiosa ed escatologica dei poveri non abbia una dimensione politica e sociale di grande rilievo; significa solo che non si può ridurre tutto alla « liberazione » dai mali di questo mondo.
Si è detto che l'oggetto dell'evangelizzazione è la « salvezza »: che cosa significa questo termine e in quale rapporto esso sta col termine di « liberazione»?
« Salvezza », « redenzione », « liberazione» sono termini biblici, ma non hanno sempre lo stesso senso e lo stesso contenuto in tutta la Bibbia.
Infatti, nell'Antico Testamento, la salvezza e la liberazione sono essenzialmente salvezza e liberazione dai nemici che opprimono Israele - Egitto, Assiria, Filistei - e dai pericoli che essi fanno correre alla sua libertà ed ai suoi beni: così, nel pericolo di un'invasione dal Nord, Geremia dice a Gerusalemme: « Purifica il tuo cuore dalla malvagità, Gerusalemme, perché possa uscirne salva » ( Ger 4,14 ): per Israele il grande gesto di salvezza di Dio è stato la liberazione dall'Egitto.
Ma Dio è salvatore anche degli individui dalla prova e dall'angoscia ( Sal 86,2 ), da un pericolo pressante e mortale ( Sal 69,2.15 ), soprattutto dalla persecuzione dei nemici ( Sal 22,22 ).
Inoltre Dio promette per la fine dei tempi la salvezza per il Resto d'Israele: Dio, dice Geremia, salverà il suo popolo riconducendolo nella sua terra ( Ger 31,7 ) ed inviandogli il Re-Messia ( Ger 23,6 ).
Perciò, il Re escatologico sarà « Salvatore » ( cfr. Zc 9,9 ): egli salverà i poveri oppressi ( Sal 72,4.13 ).
Perciò, nell'Antico Testamento, la « salvezza » si mantiene esclusivamente sul piano terrestre, storico.
69. - Nel Nuovo Testamento, la « salvezza » è ancora il tema essenziale, ma non è più salvezza dai mali di questo mondo.
Certo, Gesù salva i malati che lo toccano con fede ( cfr. Mt 9,22 ), salva Pietro che cammina sulle acque ( cfr. Mt 8,25 ); tuttavia, egli porta agli uomini una salvezza ben più importante della salvezza dalla malattia o dal pericolo di morte: la salvezza dal peccato.
Così è salvata la peccatrice, perché le sono stati rimessi i suoi peccati ( cfr. Lc 7,48 ) e la salvezza è entrata nella casa di Zaccheo che si è pentito delle sue ruberie.
In realtà, per Gesù il vero male dell'uomo è il peccato, il quale lo mette in pericolo di dannazione; ma egli ha il potere di salvarlo e di liberarlo da questo male, a condizione che l'uomo si penta, creda in lui, entri per la porta stretta e faccia parte del suo gregge.
Anzi, solo Gesù può salvare gli uomini dai loro peccati: questi, perciò, per non perdersi, devono credere in lui ed accettare la grazia della salvezza che egli loro offre, facendosi battezzare nel suo nome ed aggregandosi alla sua Chiesa.
70. - Quindi, la salvezza cristiana è, nella sua essenza profonda, liberazione dal peccato e dalla morte e vita di intimità con Dio e di partecipazione alla sua gioia eterna ed infinita; è passaggio dal dominio delle tenebre al Regno di Cristo, « per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati » ( Col 1,14 ).
Questa salvezza, benché sia già reale, è tuttavia ancora « in speranza » ( Rm 8,24 ): essa non si realizzerà pienamente se non alla manifestazione finale e gloriosa del nostro Salvatore Gesù, il quale compirà la sua opera di salvezza dal peccato e dalla morte trasformando il nostro corpo ad immagine del suo corpo glorioso ( cfr. Fil 3,20ss ) e, col nostro corpo, trasformerà l'intera creazione, liberandola dalla schiavitù della corruzione ( cfr. Rm 8,21 ).
Perciò, nel Nuovo Testamento la salvezza è essenzialmente spirituale ed escatologica; si colloca, quindi, nettamente al di là della salvezza terrestre e storica dell'Antico Testamento.
71. - Significa questo che tra « salvezza cristiana » e « liberazione umana », cioè tra salvezza dal peccato e liberazione degli uomini dai mali che li opprimono, come la fame, il sottosviluppo, l'oppressione politica e lo sfruttamento economico, non ci sia nessun rapporto, e che perciò la Chiesa, che ha per missione l'annunzio e l'attuazione della « salvezza cristiana » si debba disinteressare della « liberazione umana », come d'un problema che non fa parte della sua missione?
No, certamente.
Infatti, il peccato da cui Cristo salva l'uomo è una realtà spirituale, interiore all'uomo - il peccato è nel cuore, dice Gesù - ma si traduce e si manifesta all'esterno, nei mali di cui è causa: cioè, la fame, le sofferenze, le condizioni di sottosviluppo, di oppressione politica e di sfruttamento economico sono il frutto dei peccati e della malvagità del cuore umano.
Le strutture sociali ingiuste sono anch'esse frutto di peccato: sia del peccato individuale e personale, sia del peccato sociale » ( cioè del peccato di gruppi, di popoli, di nazioni, di continenti ).
In altre parole, i mali sociali sono non puri accidenti storici di cui nessuno è responsabile, ma sono frutto del peccato dell'uomo: si chiami questo peccato egoismo individuale o collettivo, ambizione, orgoglio, volontà di potenza, attaccamento al danaro, sodisfacimento dei propri istinti sensuali e delle proprie passioni.
72. - Perciò, Cristo, salvando l'uomo dal peccato, lo salva anche dalle conseguenze e dai frutti del peccato, che sono i mali sociali: la salvezza che Cristo porta all'uomo non è dunque solo salvezza spirituale ed escatologica, ma ha anche una profonda ripercussione nella storia, perché diviene anche liberazione dai mali del mondo.
La salvezza « cristiana » diviene liberazione « umana ».
Per questo motivo Gesù, nel momento stesso in cui annunzia la salvezza dal peccato e dalla morte mediante la conversione e la fede in lui, guarisce i malati e libera gli ossessi: distruggendo il peccato nelle anime, egli distrugge le conseguenze del peccato nei corpi.
73. - La Chiesa ha, dunque, una funzione da svolgere nella liberazione degli uomini dai mali che li opprimono, perché tra salvezza « cristiana » e liberazione « umana » c'è un legame intrinseco strettissimo; ma tale funzione non consiste per essa nel combattere direttamente contro i mali che oggi opprimono l'umanità accanto agli altri uomini che combattono per la liberazione « umana » con diversi « progetti » e prospettive differenti, bensì consiste nel portare agli uomini la salvezza « cristiana », e quindi nel combattere i mali del mondo alla loro radice.
In altre parole, il contributo specifico e proprio che la Chiesa dà alla lotta per la liberazione « umana » sta nell'evangelizzazione, cioè nell'annunziare agli uomini la salvezza ad essi portata da Cristo e nell'attuarla, sta nello sforzo che essa fa di convertire gli uomini e di portarli alla fede in Cristo.
Così, la Chiesa promuove la liberazione « umana » evangelizzando.
74. - Perciò, il dilemma che oggi alcuni pongono: « La Chiesa deve evangelizzare o deve impegnarsi nella liberazione dell'uomo dai mali di questo mondo », non ha ragione di esistere.
La Chiesa evangelizza e promuove lo sviluppo dell'uomo e la liberazione dai suoi mali.
Resta, così, stabilito che anche oggi, quello che di meglio e di più utile la Chiesa può fare per gli uomini è restare fedele alla missione che Cristo le ha assegnato: l'evangelizzazione.
Ciò non toglie, però, che la Chiesa, restando sempre primaria la sua missione evangelizzatrice, non possa, sotto !'impulso della carità di Cristo, impegnarsi in opere di liberazione « umana » quando le necessità siano urgenti o quando sia necessario fare opera di supplenza.
È quanto, del resto, la Chiesa ha sempre fatto nel passato e fa ancora oggi, accompagnando l'evangelizzazione con opere di carità, di assistenza e di promozione umana, seguendo l'esempio di Cristo che, mentre « andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno », guariva « ogni malattia e infermità » ( Mt 9,35 ).
Uno dei problemi più difficili nati negli anni dopo il Concilio è quello del rapporto tra Chiesa e mondo, tra storia della salvezza e storia profana: se il mondo e la storia sono già nell'area della salvezza, che senso ha una distinzione tra Chiesa e mondo e tra storia sacra e storia profana?
Se la storia profana è anch'essa « sacra », Dio parla alla Chiesa anche attraverso la storia.
È nata, così, la teologia dei « segni dei tempi ».
Alcuni, però, l'hanno distorta pretendendo di vedere in ogni avvenimento storico un « segno dei tempi » - donde un'inflazione di tali segni - ma soprattutto pretendendo che fossero i « segni dei tempi » a dover giudicare il Vangelo e la Tradizione della Chiesa e non viceversa.
È necessario, perciò, che la dottrina dei « segni dei tempi » venga chiarita nel suo vero significato.
76. - Si deve partire dal presupposto che nella storia umana si compiono parallelamente, ma intrecciantisi l'uno con l'altro in modo che all'occhio umano paiono inestricabili, due « misteri »:
il mysterium salutis che è opera dello Spirito creatore e della « potenza della risurrezione » di Cristo,
ed il mysterium iniquitatis, che è opera dell'Avversario di Dio.
Per tale motivo, la storia è parola di Dio, ma una parola che giunge all'uomo inestricabilmente confusa con altre parole, che sono « mondane » o « diaboliche ».
Di qui, la necessità di leggere la storia per discernervi i « segni » di Dio.
La storia è dunque un luogo teologico, ma ha bisogno di essere sottoposta ad un rigoroso discernimento spirituale, per non prendere per « parola » di Dio quella che è semplicemente una parola umana o addirittura una parola del Maligno.
Questo discernimento va fatto alla luce del Vangelo, come esso è compreso e vissuto dalla Chiesa e specialmente dai santi; inoltre, va fatto comunitariamente ed all'interno della fede e della speranza della Chiesa, la quale sola gode dell'assistenza dello Spirito per « discernere » i « segni dei tempi ».
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