Catechismo Tridentino |
Tra i doveri e i compiti del Pastore è sommamente necessario, per la salvezza del popolo fedele, l'insegnamento della preghiera cristiana, il cui valore e le cui forme molti ignoreranno, se non vengono loro esposti dalla pia e fedele diligenza del Pastore.
Perciò tra le cure principali del Parroco deve esserci questa: che i suoi uditori comprendano l'oggetto e il modo della preghiera verso Dio.
Tutte le qualità indispensabili dell'orazione sono contenute in quella divina formula che Cristo nostro signore volle far nota agli apostoli, e per mezzo loro, ai loro successori, e a tutti quelli che professano la religione cristiana.
Le sue parole ed espressioni occorre talmente imprimere nell'animo e nella memoria, da poterle avere sempre a portata di mano.
Affinché i Parroci abbiano il modo d'ammaestrare i loro fedeli uditori intorno a questa maniera di pregare, qui esponiamo le norme che ci sembrarono più opportune, desunte da quegli scrittori di cui sono più lodate la dottrina e la ricchezza degli argomenti; il resto, se ce ne sarà bisogno, i Pastori potranno attingerlo alle medesime fonti.
Prima d'ogni cosa bisogna mostrare quanto sia necessaria l'orazione, il cui precetto non fu dato solo a titolo di consiglio, ma ha valore di obbligo, come fu detto da Cristo nostro Signore: Bisogna sempre pregare ( Lc 18,1 ).
La Chiesa stessa ribadisce questa necessità del pregare con quelle parole poste quasi come proemio della Preghiera divina: Istruiti dal comando del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire … - Pertanto, essendo necessaria per i Cristiani la preghiera, e avendo i discepoli chiesto al Figlio di Dio: Signore, insegnaci a pregare ( Lc 11,1 ), egli stesso prescrisse la forma della preghiera, e diede loro speranza che avrebbe adempiuto quello che essi domandavano.
Egli stesso fu di ammaestramento per l'obbligo della preghiera, perché non solo pregava assiduamente, ma passava anche la notte a pregare ( Lc 6,12 ).
Quindi gli apostoli non cessarono di tramandare, a chi entrava nella fede di Gesù Cristo, i precetti riguardanti quest'obbligo.
Infatti san Pietro ( 1 Pt 3,7 ) e san Giovanni ( 1 Gv 3,22 ) ammoniscono con la massima cura i fedeli intorno alla preghiera, e l'Apostolo, memore della sua importanza, in più luoghi esorta i Cristiani al salutare obbligo del pregare.
Noi abbiamo bisogno di tanti benefici e vantaggi necessari alla salute dell'anima e del corpo, che dobbiamo ricorrere alla preghiera come a una interprete, migliore d'ogni altra, dei nostri bisogni, e a un mezzo per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno.
Se Dio non deve nulla a nessuno, certamente non resta che chiedergli con preghiere quel che ci occorre; e queste preghiere Dio ce le diede come uno strumento necessario per ottenere ciò che desideriamo, sopratutto nel constatare che alcune cose non si possono ottenere senza il suo aiuto.
Le preghiere hanno infatti una tale virtù che da esse specialmente vengono cacciati i demoni.
C'è infatti un genere di demoni che non si caccia se non col digiuno e con l'orazione ( Mt 17,20 ).
Perciò si privano della possibilità di ottenere segnalati doni coloro che non hanno questa pratica abituale di pregare piamente e diligentemente.
Per ottenere quel che desideri c'è bisogno infatti di una richiesta non solo conveniente ma anche assidua.
Perché, come nota san Girolamo, sta scritto: Tutto si da a chi chiede; perciò se a te non si da nulla, è perché non chiedi: Chiedete dunque e otterrete ( sul cap. 7 di san Mt ).
Questo dovere necessario ha anche la gratissima utilità di produrre frutti copiosissimi, l'esposizione dei quali i Pastori prenderanno in abbondanza dai sacri autori quando avranno bisogno di farne parte al popolo dei fedeli; in quella grande abbondanza noi ne sceglieremo alcuni che oggi crediamo più adatti allo scopo.
Il primo vantaggio che ne ricaviamo è che, pregando, rendiamo onore a Dio, perché l'orazione è una forma di culto, paragonata nelle divine Scritture a un profumo: Si diriga, dice il Profeta, la mia orazione, come incenso, al tuo cospetto ( Sal 141,2 ).
Noi in questo modo ci dichiariamo soggetti a Dio, perché lo riconosciamo e proclamiamo autore di tutti i beni, e a lui soltanto ci rivolgiamo; egli è l'unico presidio e rifugio che ci assicura incolumità e salvezza.
Di questo vantaggio siamo avvertiti anche dalle parole: Invocami nel momento della sofferenza: io ti libererò e tu mi darai onore ( Sal 50,15 ).
Altro frutto grande e gioioso dell'orazione si ha quando le preghiere sono ascoltate da Dio; infatti, come insegna sant'Agostino, l'orazione è la chiave del cielo.
Sale, egli dice, la preghiera, e discende la commiserazione di Dio; quantunque profonda sia la terra e alto il cielo, pure Dio ascolta la parola umana se proviene da una coscienza pura.
Cosi grande è l'efficacia, cosi grande l'utilità di questo dovere di pregare, che con esso otteniamo la ricchezza dei doni celesti.
Cosi otteniamo che Dio c'invii come guida e sostegno lo Spirito santo, e conseguiamo la conservazione della fede, l'incolumità, l'esenzione dalle pene, la protezione divina nelle tentazioni e la vittoria sul diavolo; ed è pure nella preghiera che troviamo un cumulo di gioie.
Perciò il Signore diceva: Chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena ( Gv 16,24 ).
Né c'è motivo di dubitare che la benignità di Dio aiuti la nostra richiesta e vi accondiscenda.
Ciò è provato da molte testimonianze della divina Scrittura, di cui citeremo, solo per esempio, le parole di Isaia: Allora, infatti, egli dice, invocherai e Dio ti esaudirà; griderai e Dio dirà: Ecco: ti soccorro ( Is 58,9 ); e ancora: Prima che gridino, io li esaudirò; mentr'essi ancora parlano, io li ascolterò ( Is 65,24 ).
Omettiamo gli esempi di quanti con le preghiere ottennero qualcosa da Dio, essendo quasi infiniti e posti innanzi agli occhi di tutti.
Talvolta però accade che non otteniamo quel che chiediamo; e cosi è veramente.
In tal caso, Dio ha di mira sopratutto la nostra utilità o perché ci impartisce beni maggiori e migliori, o perché non è necessario né utile quel che chiediamo; che anzi ci sarebbe forse superfluo e dannoso se ce lo desse.
Infatti, dice sant'Agostino, Dio, quando ci è propizio, nega quello che, invece, ci concede se è sdegnato ( Serm. 33 De Verbis Domini, tr. 73 in Jo. ).
Qualche volta, poi, avviene che noi preghiamo cosi distratti e con tale negligenza che neppure badiamo a quel che diciamo.
Essendo, infatti, l'orazione una elevazione della mente a Dio, se, nel pregare, l'animo che deve condursi a Dio, è distratto, e le parole della preghiera sono buttate giù alla rinfusa, senza attenzione e spirito di religione, in che modo potremo dire che il vano suono di questa orazione è vera preghiera cristiana?
Perciò non v'è da meravigliarsi se Dio non acconsente alla nostra volontà, quando mostriamo, con la negligenza e la noncuranza della preghiera, di non voler quel che chiediamo, o chiediamo ciò che ci sarebbe dannoso.
Invece, a coloro che chiedono scientemente e diligentemente, si da molto più di quel che abbiano chiesto a Dio, come testimonia l'Apostolo nella Lettera agli Efesini ( Ef 3,20 ), e come è mostrato dalla famosa parabola del figliuol prodigo che pensava di esser trattato ottimamente anche se suo padre l'avesse considerato come un servo mercenario ( Lc 15,2 ).
Quando rettamente pensiamo e preghiamo, Dio non soltanto accumula la grazia su di noi con l'abbondanza dei doni, ma anche con la prontezza nell'esaudirci.
Lo mostrano le sacre Scritture quando usano l'espressione: Il Signore esaudì il desiderio dei poveri ( Sal 9,15 ); Dio infatti soccorre ai bisogni intimi e occulti dei poveri, senza nemmeno aspettare la loro preghiera.
Si aggiunge a questo un altro frutto: pregando esercitiamo e accresciamo le virtù dell'anima, sopratutto la fede.
Infatti non possono pregare efficacemente coloro che non hanno fede in Dio.
In che modo, dice l'Apostolo, potranno invocare Colui nel quale non credono? ( Rm 10,14 ).
Cosi i fedeli, con quanto più ardore pregano, tanto maggiore e più sicura fede hanno nella tutela e provvidenza divina, che richiede sopratutto questo: che rivolgendoci ad essa in ogni bisogno, le chiediamo tutte le cose necessarie.
Dio potrebbe infatti, senza che noi lo chiedessimo o neppur lo pensassimo, elargirci in abbondanza ogni cosa, a quel modo che provvede a tutti i bisogni della vita degli animali privi di ragione; ma questo beneficentissimo Padre vuole essere invocato dai figliuoli; vuole che noi, chiedendo per dovere ogni giorno, domandiamo con maggior fiducia.
E vuole che, ottenuto quanto chiediamo, di giorno in giorno sempre più testimoniamo ed esaltiamo la sua benignità verso di noi.
Si accresce cosi anche la carità, poiché, riconoscendo in Dio l'Autore di tutti i nostri beni e vantaggi, lo amiamo con quanto più ardore possiamo.
E, come nelle persone che si amano, sempre più cresce l'affetto dopo ogni colloquio, cosi gli uomini pii, che nella preghiera quasi parlano con Dio, quanto più spesso lo pregano e ne implorano la benignità, tanto maggiormente sono presi da gaudio e più ardentemente sono incitati ad amarlo e adorarlo.
Perciò Dio vuole che ci serviamo di questo esercizio della preghiera, perché, ardendo dal desiderio di ottenere quel che chiediamo, tanto andiamo avanti nell'assiduità e nel desiderio da esser degni di ricevere quei benefici che prima l'animo nostro, fiacco e angusto, non poteva contenere.
Vuole inoltre che noi comprendiamo e teniamo presente che, se siamo abbandonati dall'aiuto della grazia celeste, come accade realmente, non possiamo con l'opera nostra ottenere nulla, e perciò è necessario che attendiamo con tutto l'animo a pregare.
Valgono efficacemente queste armi dell'orazione contro i nemici più accaniti della nostra natura; dice infatti sant'Ilario: Contro il diavolo e le sue armi, bisogna combattere col suono delle nostre orazioni ( Tract, super Psalm., 65, 4 ).
Inoltre, per mezzo dell'orazione conseguiamo quest'ottimo risultato: essendo noi proclivi al male e ai vari appetiti della concupiscenza, innata in noi per la nostra debolezza, Dio ci permette di raggiungerlo col nostro pensiero, in modo che, mentre lo preghiamo e cerchiamo di meritarci i suoi doni, riceviamo da lui la volontà di custodire l'innocenza e ci purifichiamo da ogni macchia con la cancellazione di tutte le nostre colpe.
In ultimo, secondo il pensiero di san Girolamo, l'orazione può resistere all'ira divina.
Infatti cosi disse Dio a Mosè: Lasciami ( Es 32,10 ), perché egli tentava d'impedire con le sue preghiere che Dio facesse scontare a quel popolo le colpe commesse.
Non c'è nulla, infatti, che valga, meglio delle preghiere dei buoni, a mitigare l'ira di Dio, ritardare le punizioni che Egli è pronto ad applicare ai malvagi, e a placarne lo sdegno.
Esposta la necessità e l'utilità della preghiera cristiana, bisogna che il popolo fedele sappia anche distinguere quante e quali parti si riscontrino in essa.
Ciò riguarda il compimento di questo dovere, come attesta l'Apostolo, che scrivendo a Timoteo lo esorta a pregare piamente e santamente, enumerando diligentemente le parti dell'orazione.
" Ti scongiuro ", egli dice, " di fare, prima d'ogni altra cosa, suppliche, orazioni, domande, ringraziamenti per tutti gli uomini " ( 1 Tm 2,1 ).
Ma, essendo alquanto sottile la differenza di queste parti, i Parroci, se crederanno che giovi ai loro uditori, le spieghino, consultando tra gli altri sant'Ilario e sant'Agostino.
Poiché sono due le parti principali dell'orazione: la domanda e il ringraziamento, da cui, come dal capo, derivano le altre, abbiamo creduto di non doverle tralasciare del tutto.
Infatti noi ci accostiamo a Dio, dandogli onore e venerazione, o per chiedergli qualche cosa, o per ringraziarlo dei benefici, che continuamente ci largisce e accresce nella sua benignità.
Che l'una parte e l'altra dell'orazione siano sopratutto necessarie, Dio lo disse per bocca di David, con le parole: Invocami nel tempo dell'afflizione; io ti libererò, e tu mi onorerai ( Sal 50,15 ).
Quanto noi abbiamo bisogno della liberalità e bontà divina, chi può ignorarlo, solo che consideri la somma povertà e miseria degli uomini?
Quanto poi la volontà di Dio sia propensa al genere umano, quanto sia sparsa tra noi la sua benignità, lo comprendono tutti quelli che hanno occhi e facoltà di pensare.
Dovunque volgiamo lo sguardo o il pensiero, scorgiamo l'ammirabile luce della beneficenza e benignità di Dio.
Cos'hanno, infatti, gli uomini, che non sia derivato dalla divina munificenza?
E se ogni cosa è dono di lui e beneficio della sua bontà, quale ragione c'è perché non debbano tutti, secondo le loro forze, celebrare con lodi Iddio beneficentissimo e ricolmarlo di ringraziamenti?
Sono varie le maniere di compiere questi due doveri: chiedere, cioè, qualcosa a Dio e ringraziarlo, maniere che sono una più alta e perfetta dell'altra.
Perché, dunque, il popolo fedele non solo preghi, ma adempia anche nella maniera migliore all'obbligo dell'orazione, i Pastori esporranno la maniera di pregare più alta e perfetta, e l'esorteranno ad essa con quanta maggiore diligenza potranno.
Ma qual'è la forma di preghiera migliore e più alta di tutte?
Certo quella degli uomini pii e giusti che, sorretti dalla fede più viva, per taluni gradi di santa orazione mentale, giungono al punto di contemplare l'infinita potenza di Dio, e la sua immensa benignità e sapienza.
Qui raggiungono anche quella sicurissima speranza di ottenere tutto quello che chiedono nel presente e anche quella serie di ineffabili beni che Dio promise di elargire a quelli che implorano piamente e con tutto l'animo l'aiuto divino.
L'anima, quasi come trasportata in cielo da queste due ali, con ardente desiderio giunge fino a Dio al quale tributa ringraziamenti e lodi senza fine, perché da lui ha avuto sommi benefici; quindi, con particolare amore e venerazione, espone, senza esitare, come figlio unico al carissimo padre, ciò di cui ha bisogno.
Questa maniera di pregare e di manifestare con la parola i propri sentimenti è descritta dalle sacre Scritture.
Dice infatti il Profeta: Effondo la mia orazione al tuo cospetto, e innanzi a te depongo la mia afflizione ( Sal 142,3 ).
Questa espressione significa che, chi viene a pregare, nulla tace, nulla nasconde, ma tutto svela, fiduciosamente rifugiandosi nel grembo di Dio, dilettissimo padre.
A ciò ci esorta la divina Scrittura con le parole: Aprite alla sua presenza il vostro cuore ( Sal 41,9 ); Getta nel Signore il tuo affanno ( Sal 55,23 ).
A tale maniera di pregare allude sant'Agostino, allorché dice nel'Enchiridion, che, quanto la fede crede, la speranza e la carità lo trasformano in preghiera.
Altra categoria è di quelli che, oppressi da mortali peccati, si sforzano, tuttavia, con quella fede che si dice morta, di innalzarsi e salire a Dio; ma per le forze stremate e la gran debolezza della fede, non possono risollevarsi da terra.
Tuttavia, riconoscendo i loro peccati, e tormentati da rimorso e dolore per averli commessi, umilmente e dimessamente, facendo penitenza, dall'abisso della loro abiezione implorano da Dio perdono delle colpe e pace.
La preghiera di costoro non è rigettata da Dio, ma ascoltata ed accolta, perché Dio misericordioso invita tali uomini con la massima liberalità: Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, egli dice, ed io vi ristorerò ( Mt 11,28 ).
Del loro numero fu appunto quel pubblicano che, pur non osando alzare gli occhi al cielo, usci, tuttavia, dal tempio giustificato a differenza del fariseo ( Lc 18,10 ).
C'è pure la categoria di quelli che non hanno ancora avuto la luce della fede, ma, avendo la divina benignità acceso il loro naturale lume intellettuale, sono ardentemente spinti allo studio e al desiderio della verità, e chiedono di essere in essa ammaestrati con fervidissime preghiere.
Quanto a costoro, se rimangono nella loro intenzione, il loro desiderio non viene respinto dalla clemenza di Dio.
E lo vediamo dall'esempio del centurione Cornelio ( At 10,4.13 ).
A nessuno, infatti, che chieda con animo sincero, sono chiuse le porte della divina benignità.
Ultima categoria è quella di coloro, che non solo non si pentono dei loro delitti e delle loro colpe, ma accumulano colpa su colpa; eppure non si vergognano di chiedere spesso a Dio perdono dei peccati nei quali vogliono perseverare.
Quelli che si trovano in tale condizione non dovrebbero chiedere neppure agli uomini di essere perdonati.
La loro orazione non è ascoltata da Dio, come sta scritto di Antioco: Pregava, questo malvagio, il Signore da cui non avrebbe ottenuto misericordia ( 2 Mac 9,13 ).
Perciò bisogna esortare grandemente chi si trova in questa misera condizione a rivolgersi veramente e sinceramente a Dio, deponendo la volontà di peccare.
Si dirà a suo luogo quel che si deve, o no, domandare nelle singole richieste; qui basterà ammonire i fedeli in generale a chiedere a Dio ciò che è giusto e onesto, perché non siano respinti, qualora domandino qualcosa di inopportuno, col noto rimprovero: Non sapete quel che chiedete ( Mt 20,22 ).
Si può chiedere tutto quello che si può rettamente desiderare, come attestano le ricchissime promesse del Signore: Chiedete quanto vorrete, e vi sarà concesso ( Gv 15,7 ).
Dio infatti promette di concedere tutto.
Perciò dovremo conformare la nostra prima aspirazione e il nostro primo desiderio a questa norma: che il sommo ardore e il sommo desiderio nostro si avvicinino a Dio, sommo Bene.
Quindi dobbiamo desiderare ciò che più ci unisce a Dio; quanto, al contrario, ci allontana da lui o ci apporta motivo di separazione, deve esulare da ogni nostro desiderio e aspirazione
Da qui è facile vedere in che modo, e in rapporto a quel Bene sommo e perfetto, si debbano desiderare e chiedere a Dio Padre tutti gli altri beni.
Dal momento che questi cosiddetti beni esterni del corpo, come la salute, la forza, la bellezza, la ricchezza, le dignità, la gloria, danno spesso incentivo e materia al peccato ( e per questo accade che spesso non si chiedano piamente e religiosamente ), la loro richiesta deve essere ristretta in questi confini: che cioè i comodi della vita vengano chiesti solo in quanto necessari; e questa maniera di pregare arriva a Dio.
E lecito infatti chiedere con preghiere quel che chiesero Giacobbe e Salomone.
Ecco la preghiera del primo: Se il Signore mi darà il pane per cibarmi e l'abito per coprirmi, sarà per me come unico Dio ( Gen 28,20 ).
E Salomone: Dammi soltanto quel che è necessario alla mia vita ( Pr 30,8 ).
Quando poi la benignità di Dio sopperisce al nostro vitto e mantenimento, è utile ricordarci dell'esortazione dell'Apostolo: Quelli che comprano siano come se non possedessero, e quelli che si servono di questo mondo siano come se non se ne servissero; passa infatti la vana figura di questo mondo ( 1 Cor 7,30 ).
A detta del Salmista: Se vi abbondano ricchezze, non vi attaccate il cuore ( Sal 60,11 ).
Delle quali ricchezze solo il frutto e l'uso siano nostri in modo che il godimento sia in comune con gli altri, come ci insegna Dio stesso.
Se stiamo bene in salute, se abbondiamo degli altri beni esterni e corporali, ricordiamo che ci sono stati dati affinché siamo più pronti nel servire a Dio, e sovveniamo largamente al prossimo nelle sue necessità.
I beni e le doti dell'ingegno, alla quale categoria appartengono anche le arti e le scienze, li possiamo chiedere, ma soltanto a condizione che ci giovino a maggior gloria di Dio e per la nostra salvezza eterna.
Si deve invece desiderare, cercare e chiedere, in generale e senza limitazione, o condizione, la gloria divina e quanto ci permetta di congiungerci col Bene sommo, come la fede, il timore e l'amore di Dio.
Di questo soggetto parleremo più a lungo nello spiegare le richieste da farsi nella preghiera.
Conosciuto quel che si deve chiedere, bisogna insegnare al popolo fedele per chi si deve pregare.
Non si deve infatti dimenticare che l'orazione contiene una richiesta e un ringraziamento.
Qui noi parleremo, prima, della richiesta.
Bisogna dunque pregare per tutti senza eccezione alcuna, dettata da inimicizie, o da differenza di stirpe e di religione; perché, chiunque sia nemico, estraneo o infedele, è pur sempre prossimo; e poiché dobbiamo amarlo per comando di Dio, ne consegue che bisogna anche pregare per lui, essendo questo un obbligo di amore.
A questo mira appunto l'esortazione dell'Apostolo: Vi scongiuro di pregare per tutti gli uomini ( 1 Tm 2,1 ).
In questa orazione bisogna chiedere prima quel che riguarda la salute dell'anima, poi quel che concerne la salute del corpo.
Dobbiamo rendere questo tributo della preghiera prima d'ogni altro ai Pastori delle anime, come siamo ammoniti dall'Apostolo col suo esempio.
Egli infatti scrive ai Colossesi di pregar per lui, perché Dio gli apra la porta della predicazione ( Col 4,3 ); lo stesso ripete scrivendo ai Tessalonicesi ( 1 Ts 5,25 ).
Negli Atti degli Apostoli si legge: Dalla Chiesa si faceva continua orazione a Dio per Pietro ( At 12,5 ).
Siamo ammoniti a compier questo dovere anche nel libro di san Basilio sui Costumi; egli dice, infatti, che bisogna pregare per quelli che somministrano la parola di verità.
Bisogna pregare in secondo luogo per i Governanti, secondo il comando del medesimo Apostolo ( 1 Tm 2,2 ).
Nessuno, infatti, ignora quanto pubblico bene derivi dall'avere governanti pii e giusti; pertanto bisogna pregare Dio che siano tali, quali devono essere, coloro che sono costituiti in dignità.
Santi uomini mostrano col loro esempio che si deve pregare anche per le persone buone e pie.
Anch'esse, infatti, hanno bisogno delle preghiere altrui; e questo per volere divino, affinché esse, vedendo che hanno bisogno dei suffragi degli inferiori, non insuperbiscano.
Inoltre il Signore comanda di pregare per quelli che ci perseguitano e ci calunniano ( Mt 5,44 ).
Dalla testimonianza di sant'Agostino risulta che deriva dagli apostoli la consuetudine di fare preghiere e voti per quelli che sono lontani dalla Chiesa, affinché risplenda la fede agli infedeli, e gl'idolatri siano liberati dall'errore dell'empietà; perché gli Ebrei, vinta la caligine del loro animo, ricevano la luce della verità; perché gli eretici tornati alla salute, siano ammaestrati nei precetti della dottrina cattolica; e gli scismatici, stretti dal nodo della vera carità, si uniscano di nuovo in comunione con la santissima madre Chiesa da cui si separarono.
Quanta efficacia abbiano le preghiere fatte con tutto l'animo per tali persone, si vede dai moltissimi esempi di uomini d'ogni genere che Dio ogni giorno strappa dal potere delle tenebre e porta nel regno del Figlio del suo amore, e di vasi d'ira fa vasi di misericordia.
Che poi in ciò abbiano grandissimo valore le suppliche dei buoni, non ne può dubitare chiunque pensi rettamente.
Le preghiere che si fanno per i morti, affinché siano liberati dal fuoco del Purgatorio, derivarono dalla dottrina degli apostoli; di esse abbiamo detto abbastanza nel parlare del sacrificio della Messa.
A coloro, dei quali si dice che peccano fino alla morte, si può arrecare difficilmente vantaggio con preghiere e voti.
Ma tuttavia è degno della pietà cristiana pregare per essi, cercando di rendere loro mite Iddio con le proprie lacrime.
Le maledizioni, che i santi rivolgono contro i peccatori, si sa che, secondo l'opinione dei Padri della Chiesa, sono predizioni di quel che loro avverrà, oppure maledizioni dirette contro il peccato, in modo che, salvi gli uomini, perisca il peccato.
Nell'altra parte della preghiera ringraziamo Dio, secondo le nostre possibilità, per i divini e inesauribili benefici che ogni giorno accumula sul genere umano.
Sopratutto esercitiamo questo dovere di ringraziare Dio a causa di tutti i santi, nel cui Ufficio rendiamo speciali lodi a Dio per la vittoria e il trionfo che essi riportarono, per sua benignità, su tutti i nemici interni ed esterni.
Ha codesta funzione la prima parte della salutazione angelica, quando la usiamo come preghiera: Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te; tu sei benedetta fra le donne.
Infatti, esaltiamo Dio con somme lodi e ringraziamenti, perché adunò sulla santissima Vergine ogni pregio di doni celesti, e ci congratuliamo con la stessa Vergine per quella sua singolare felicità.
Giustamente, poi, la santa Chiesa di Dio aggiunse a questo ringraziamento, anche la preghiera e l'implorazione alla santissima Madre di Dio; implorazione con cui ci rivolgiamo piamente e supplichevolmente ad essa, affinché con la sua intercessione renda benigno Dio a noi peccatori, e ci ottenga i beni necessari tanto per questa che per l'eterna vita.
Perciò noi, esuli figli di Eva che abitiamo in questa valle di lacrime, dobbiamo assiduamente invocare la Madre della misericordia e l'Avvocata del popolo fedele, perché preghi per noi peccatori.
E dobbiamo implorare, con questa preghiera, soccorso e aiuto da colei, della quale nessuno, che non sia empiamente malvagio, può dubitare che siano eccelsi i meriti presso Dio e somma la volontà di giovare al genere umano.
Che si debba pregare Dio e invocare il suo nome ce lo dice la stessa luce naturale nella mente umana, e non soltanto la sacra Scrittura, in cui si può leggere il comando di Dio: Invocami nel giorno dell'afflizione ( Sal 50,15 ).
E qui il termine Dio vale per le tre divine Persone.
In secondo luogo, ricorriamo all'aiuto dei santi che stanno in cielo; e che anche a questi si debbano far preghiere è cosi certo nella Chiesa di Dio che nessun dubbio ne possono concepire i buoni; ma siccome questo argomento fu spiegato separatamente a suo luogo ( n. 303 ) rimandiamo là i Parroci e tutti gli altri.
Per togliere di mezzo l'errore degli inesperti, è dovere insegnare al popolo dei fedeli la differenza tra l'una e l'altra maniera di invocare.
Non imploriamo infatti nello stesso modo Dio e i santi; Dio lo preghiamo di darci egli stesso i beni che chiediamo, o di liberarci dai mali; ai santi, invece, poiché essi sono accetti a Dio, chiediamo di prendere la nostra difesa e di ottenerci da Dio quello di cui abbiamo bisogno.
Perciò usiamo due formule differenti di preghiera.
A Dio diciamo giustamente: Abbi pietà di noi; Ascoltaci; al santo, invece: Prega per noi.
Tuttavia è concesso chieder ai santi stessi di usarci misericordia in altro senso: essi sono infatti sommamente misericordiosi.
Pertanto, possiamo pregarli affinché, commossi dalla miseria della nostra condizione, ci aiutino col favore di cui godono presso di Dio e con la loro intercessione.
Qui tutti devono guardarsi moltissimo dall'attribuire ad altri quello che è proprio di Dio; anzi, quando uno pronuncia l'orazione Domenicale dinanzi all'immagine di un santo, deve pensare che egli chiede al santo di pregare con lui e di chiedere per lui quel che è richiesto nell'orazione divina, facendosi suo interprete e avvocato alla presenza di Dio.
Che i santi abbiano questo compito, l'ha insegnato san Giovanni apostolo nell'Apocalisse ( Ap 8,3 ).
Sta scritto nelle divine Scritture: Prima dell'orazione prepara l'anima tua, e non esser come un uomo che tenta Dio ( Sir 18,23 ).
Infatti tenta Dio chi agisce male pur pregando bene; o, quando parlando con Dio, tiene l'animo lontano dalla preghiera.
Perciò, essendo tanto importante la disposizione con la quale ognuno fa le sue preghiere a Dio, i Parroci mostrino ai pii uditori le vie della preghiera.
La prima preparazione sarà, dunque, avere un animo veramente umile e dimesso, nel riconoscimento delle proprie colpe.
Dall'esame delle proprie colpe, chi s'avvicina a Dio deve comprendere che non solo non è degno di chiedergli qualcosa, ma neppure di venire a pregare al suo cospetto.
Di questa preparazione spessissimo fanno menzione le sacre Scritture che dicono: Guarda all'orazione degli umili, e non disprezza la loro preghiera ( Sal 102,18 ).
L'orazione di chi si umilia, andrà oltre le nubi ( Sir 35,21 ).
Ma, ai Pastori colti verranno in mente innumerevoli passi consimili; e perciò ci risparmieremo di ricordarne inutilmente tanti altri.
Soltanto non tralasceremo, neppure in questa parte, due notissimi esempi, che altre volte citammo, adatti a quanto diciamo.
Notissimo è quello del pubblicano, che, stando da lungi, non osava alzar gli occhi da terra ( Lc 18,13 ); v'è anche l'esempio della donna peccatrice che, commossa da grave dolore, bagnò di lacrime i piedi di Cristo nostro signore ( Lc 7,37 ).
L'uno e l'altro mostrano quanto peso apporti all'orazione la cristiana umiltà.
Deve seguire un certo dolore al ricordo delle colpe, o, almeno, un certo dispiacere per non potersi dolere.
Se il penitente non prova l'uno e l'altro, o almeno quest'ultimo dolore, non può ottenere perdono.
Certe colpe, però, quali l'uccisione e gli atti di violenza, sono un ostacolo gravissimo per l'accoglimento delle nostre preghiere; perciò bisogna ritrarre le mani dalla crudeltà e dalla violenza.
Di questo delitto cosi parla Dio per bocca di Isaia: Allorché stenderete le vostre mani, allontanerò i miei occhi da voi; quando raddoppierete le orazioni, non le esaudirò; giacché le vostre mani sono piene di sangue ( Is 1,15 ).
Si deve evitare l'ira e la discordia, che pure grandemente impediscono che siano esaudite le preghiere; dice infatti l'Apostolo: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le mani pure, senza ira e discordia ( 1 Tm 2,8 ).
Si badi inoltre a non mostrarsi implacabili con nessuno nell'offesa; poiché, cosi turbati, non potremmo con le preghiere indurre Dio a perdonarci.
Quando state pregando, dice egli stesso, se avete qualche cosa contro qualcuno, perdonate ( Mc 11,25 ).
Se non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà a voi le vostre colpe ( Mt 6,15 ).
Dobbiamo guardarci anche dall'essere duri e disumani verso i bisognosi, poiché contro uomini siffatti è stato detto: Chi chiude il suo orecchio al grido del povero, quando anch'egli griderà, non sarà esaudito ( Pr 21,13 ).
E che dire della superbia?
Quanto essa offenda Dio, lo attestano le parole: Dio resiste ai superbi, ma concede favore agli umili ( Gc 4,6; 1 Pt 5,1 ).
E che dire del disprezzo della divina parola?
Contro di esso sta il detto di Salomone: Chi volge i suoi orecchi per non ascoltare la legge, la sua orazione sarà esecrata ( Pr 28,9 ).
Il che non proibisce tuttavia la deplorazione per l'ingiuria fatta, per l'uccisione, per la violenza e l'iracondia, per la mancata liberalità verso i poveri, per la superbia, per il disprezzo della parola divina, né infine per tutti gli altri delitti, qualora se ne chieda perdono.
Per questa preparazione alla preghiera è necessaria anche la fede dell'animo.
Se essa manca, non si può aver cognizione né dell'onnipotenza del Padre, né della sua misericordia, da cui tuttavia deriva la fiducia di chi prega, a quel modo che insegnò lo stesso Cristo nostro Signore: Quanto domanderete nell'orazione, credendo, l'otterrete ( Mt 21,22 ).
Di questa fede cosi scrive sant'Agostino: Se manca la fede, l'orazione non ha valore ( De Verbis Dom ).
La condizione essenziale per pregare convenientemente è dunque, come abbiamo detto, lo stare saldi nella fede, come mostra l'Apostolo con quella domanda: In qual modo invocheranno Colui al quale non credono? ( Rm 10,14 ).
Pertanto è necessario credere perché possiamo pregare, e non venga meno la fede stessa, con la quale preghiamo fruttuosamente.
É la fede, infatti, che ispira la preghiera, e la preghiera fa si che, eliminato ogni dubbio, la fede sia stabile e salda.
Con questi pensieri sant'Ignazio esortava coloro che vogliono avvicinarsi a Dio con la preghiera, dicendo: Non portare nell'orazione animo incerto.
Oh felice chi non avrà dubitato!
A ottenere quindi quel che vogliamo da Dio ci danno massimo affidamento la fede e la sicura speranza di essere esauditi, come ammonisce san Giacomo: Chieda nella sua fede, senza affatto esitare ( Gc 1,6 ).
Molte sono le cose in cui noi dobbiamo aver fiducia nel compiere questo dovere dell'orazione.
La favorevole volontà di Dio e la sua benignità si possono vedere da questo, che Egli c'impone di chiamarlo Padre, perché comprendiamo che siamo suoi figli.
E poi quasi infinito il numero di coloro che per noi lo supplicano.
Primo è Colui che sempre è pronto a intercedere per noi, Cristo nostro Signore, di cui è detto in san Giovanni: Se alcuno ha peccato, abbiamo come avvocato, presso il Padre, Gesù Cristo giusto; ed egli stesso è propiziazione per i nostri peccati ( 1 Gv 2,1 ).
Parimente l'apostolo Paolo dice: Gesù Cristo, che è morto ed è risorto, siede alla destra di Dio e intercede per noi ( Rm 8,34 ).
E cosi scrive a Timoteo: C'è un solo Dio, un solo mediatore fra Dio e gli uomini: l'uomo Cristo Gesù ( 1 Tm 2,5 ); e agli Ebrei: Cristo dovette rendersi simile in tutto ai fratelli, per essere misericordioso e fedele sacerdote al cospetto di Dio ( Eb 2,17 ).
Perciò, anche se siamo indegni di ottenere, dobbiamo grandemente sperare e confidare che, per l'autorità del nostro ottimo mediatore e patrocinatore Gesù Cristo, Dio ci concederà quello che rettamente gli avremo chiesto per mezzo di lui.
Inoltre, ispiratore della nostra preghiera è lo Spirito Santo, sotto la guida del quale le nostre preghiere necessariamente sono ascoltate.
Abbiamo infatti ricevuto lo Spirito d'adozione dei figli di Dio, in virtù del quale gridiamo: Abbà ( Padre ) ( Rm 8,15 ).
Questo Spirito aiuta la nostra debolezza e la nostra inesperienza nel dovere dell'orazione; anzi, egli stesso chiede per noi con gemiti inenarrabili ( Rm 8,26 ).
Che se alcuni oscillano e non si credono abbastanza saldi nella fede, usino quella invocazione degli Apostoli: Signore, accresci in noi la fede ( Lc 17,5 ), e l'altra di quel padre, nel Vangelo: Aiuta la mia incredulità ( Mc 9,23 ).
Se saremo pieni di fede e di speranza, otterremo da Dio quel che desideriamo, sopratutto quando conformeremo alla sua legge la volontà e ogni nostra intenzione, azione e orazione: Se rimanete in me, egli dice, e rimangono in voi le mie parole, chiederete quanto vorrete e vi sarà concesso ( Gv 15,7 ).
Però, per poter chiedere ogni cosa a Dio, è necessario far precedere, come già abbiamo detto, la dimenticanza delle offese, la benevolenza e l'aiuto benefico verso il prossimo.
Sopratutto, importa il modo con cui diciamo le preghiere; poiché, sebbene la preghiera sia un mezzo di salvezza, tuttavia, se non è fatta convenientemente, non giova affatto.
Spesso non otteniamo quel che chiediamo, come dice san Giacomo, perché chiediamo male ( Gc 4,3 ).
Dunque i Parroci insegnino al popolo fedele la maniera migliore per ben chiedere e ben pregare in pubblico e in privato; precetti questi, intorno all'orazione Cristiana, che ci furon trasmessi dall'insegnamento di Cristo nostro Signore.
Bisogna dunque pregare in spirito e verità; poiché il Padre celeste ricerca chi lo adori in spirito e verità ( Gv 4,23 ).
E prega in questo modo chi manifesta un intimo e ardente desiderio dell'animo.
Da tale maniera di pregare, tutta spirituale, non escludiamo la preghiera vocale; ma crediamo che, giustamente, si debba dare la palma a quella che viene da un'anima ardente; essa è udita da Dio, cui sono aperti gli occulti pensieri dell'anima, anche se non sia proferita a parole.
Ascolto cosi le interne preghiere di Anna, madre di Samuele, che, piangendo, pregava e muoveva appena le labbra ( 1 Sam 1,10.13.27 ).
Prego in questa maniera David, là dove dice: Il mio cuore ti parla, il mio sguardo ti cerca ( Sal 27,8 ).
Simili esempi cadono a ogni passo, innanzi agli occhi di chi legge le sacre Scritture.
Anche l'orazione vocale ha la sua utilità e necessità, perché accende il desiderio dell'animo e infiamma la fede di chi prega.
In proposito cosi scrisse sant'Agostino a Proba: Talvolta ci eccitiamo più efficacemente con parole e altre manifestazioni, atte ad accrescere il santo desiderio.
Talvolta invece siamo costretti dall'ardente desiderio dell'animo e della pietà a manifestare con parole il nostro sentimento; perché, quando l'animo esulta di letizia, conviene che anche la lingua esulti.
In realtà conviene che facciamo il duplice sacrificio, dell'anima e del corpo.
E che questa fosse la maniera di pregare degli Apostoli lo rileviamo da molti passi degli Atti e di S. Paolo ( At 11,5; At 16,25; 1 Cor 14,15; Ef 5,19; Col 3,16 ).
Ma poiché esistono due forme di preghiera, cioè privata e pubblica, nell'orazione privata la parola può aiutare l'intimo ardore e l'interna pietà; nell'orazione pubblica, istituita per ravvivare la religiosità del popolo fedele in determinate circostanze, non si può in nessun modo fare a meno dell'ufficio della lingua.
Questa consuetudine di pregare in spirito, propria dei cristiani, non è affatto coltivata dagli infedeli, dei quali Cristo nostro Signore cosi dice: Pregando, non usate tante parole come i pagani, che pensano di esser esauditi col lungo parlare.
Non fate come loro, perché il Padre vostro sà, prima che gliele domandiate, di quali cose avete bisogno ( Mt 6,7 ).
Proibendo la loquacità, è però lontano dal condannare le lunghe preghiere che derivano da un veemente e continuo ardore dell'animo.
Anche col suo esempio ci esorta a questo modo di pregare, giacché egli non solo passava le notti in orazione ( Lc 6; Lc 12 ), ma ripeté anche tre volte la medesima preghiera ( Mt 26,44 ).
Si deve tener presente soltanto che non si prega Dio col vuoto suono delle parole.
Né pregano con l'animo gli ipocriti, dal vizio dei quali Cristo nostro Signore ci distoglie con queste parole: Allorché pregate, non fate come gl'ipocriti, i quali amano di stare a pregare nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere osservati dagli uomini.
In verità vi dico, essi hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Ma tu, quando preghi, entra nella tua camera e, chiuso l'uscio, prega il tuo Padre in segreto, e il Padre tuo, che vede in segreto, te ne renderà la ricompensa ( Mt 6,5 ).
Per camera si può intendere anche il cuore umano, in cui non basta entrare, ma bisogna anche chiudervisi, perché dal di fuori non irrompa e influisca sull'anima qualcosa, da cui sia turbata la purezza della preghiera.
Allora infatti il Padre celeste, che vede sopratutto le intenzioni e gli occulti pensieri di tutti, acconsente alla richiesta di chi prega.
L'orazione richiede anche assiduità: il suo valore ce lo mostra il Figlio di Dio con l'esempio di quel giudice, che, non temendo Dio, né avendo riguardo ad uomo, vinto dall'assiduità e insistenza della vedova, acconsenti alla sua richiesta ( Lc 18,2 ).
Bisogna far assidua preghiera a Dio, né si devono imitare quelli che, pregando una volta o due, se non ottengono quel che chiedono, smettono di pregare.
Non ci sia rilassatezza nel compiere questo dovere, come insegna l'autorità di Cristo nostro Signore ( Lc 18,1 ) e dell'Apostolo ( 1 Ts 5,17 ).
E se talvolta viene meno la volontà, dobbiamo chiedere a Dio la forza di perseverare.
Il Figlio di Dio vuole che la nostra orazione giunga al Padre in nome suo; cosi essa, per il merito e l'intercessione di tanto patrocinatore, acquista tale valore che è udita dal Padre celeste.
É sua infatti l'espressione del Vangelo di san Giovanni: In verità, in verità vi dico: quanto domanderete al Padre in nome mio, Egli ve lo concederà.
Finora non chiedeste niente in mio nome: chiedete e otterrete, affinché la vostra gioia sia piena ( Gv 16,23.24 ); e di nuovo: Qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, io la farò ( Gv 14,13 ).
Imitiamo l'ardente desiderio che i santi manifestavano nel pregare.
Uniamo poi i ringraziamenti alle preghiere, seguendo l'esempio degli Apostoli che sempre conservarono questa consuetudine, come si può vedere in san Paolo ( 1 Cor 1,4; Ef 1,16; Ef 5,19s ).
All'orazione, poi, aggiungiamo il digiuno e l'elemosina.
Il digiuno è strettamente associato all'orazione, perché la mente di chi è ripieno di cibo e di bevande è oppressa in modo tale che non può ne contemplare Dio, ne capire che cosa sia l'orazione.
Segue l'elemosina, che pure ha grande affinità con l'orazione.
Chi infatti pur avendo la possibilità di beneficare colui che vive della pietà altrui, tuttavia non soccorre il fratello e il prossimo, potrebbe osare di chiamarsi caritatevole?
Con quali parole potrà implorare l'aiuto di Dio l'uomo non caritatevole?
Chieda prima perdono del suo peccato e nello stesso tempo domandi a Dio supplichevolmente la carità.
Volle Dio che con questo triplice rimedio si potesse aiutare la salvezza eterna degli uomini; infatti, poiché peccando offendiamo Iddio, o danneggiamo il prossimo, o offendiamo noi stessi, con la preghiera possiamo placarlo, con l'elemosina riscattiamo le offese fatte agli uomini, con il digiuno togliamo via le sozzure della nostra vita.
E quantunque ognuno di questi mezzi giovi per ogni sorta di colpe, tuttavia ognuno di essi è proporzionato e adattato propriamente a ciascuno di quei peccati che abbiamo nominati.
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