Apostolos Suos |
1 Il Signore Gesù costituì gli Apostoli « sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro ». ( Mt 10,1-4; Mt 16,18; Mc 3,13-19; Lc 6,13; Gv 21,15-17 )2
Gli Apostoli non sono scelti ed inviati da Gesù l'uno indipendentemente dall'altro, bensì formando il gruppo dei Dodici, come viene sottolineato dai Vangeli con l'espressione, ripetutamente usata, « uno dei Dodici ». ( Mt 26,14; Mc 14,10.20.43; Lc 22,3.47; Gv 6,70; Gv 20,24 )
A tutti insieme affida il Signore la missione di predicare il Regno di Dio, ( Mt 10,5-7; Lc 9,1-2 ) e sono inviati da Lui non isolatamente ma a due a due. ( Mc 6,7 )
Nell'ultima cena Gesù prega il Padre per l'unità degli Apostoli e di quelli che per la loro parola crederanno in Lui. ( Gv 17,11.18.20-21 )
Dopo la sua Risurrezione e prima dell'Ascensione, il Signore riconferma Pietro nel supremo ufficio pastorale ( Gv 21,15-17 ) e affida agli Apostoli la stessa missione che Egli aveva ricevuto dal Padre. ( Gv 20,21; Mt 28,18-20 )
Con la discesa dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste, la realtà del Collegio apostolico si manifesta piena della vitalità nuova che procede dal Paraclito.
Pietro, « levatosi in piedi con gli Undici », ( At 2,14 ) parla alla moltitudine e battezza un gran numero di credenti; la prima comunità appare unita nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli ( At 2,42 ) e da loro riceve la soluzione ai problemi pastorali; ( At 6,1-6 ) agli Apostoli rimasti a Gerusalemme si rivolge Paolo per assicurare la sua comunione con loro e non trovarsi nel rischio di correre invano. ( Gal 2,1-2.7-9 )
La consapevolezza di formare un corpo indiviso si manifesta anche quando sorge la questione dell'obbligo per i cristiani provenienti dal paganesimo di osservare o meno alcune norme dell'Antica Legge.
Allora, nella comunità di Antiochia, « fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli Apostoli e dagli anziani per tale questione ». ( At 15,2 )
Per esaminare questo problema, gli Apostoli e gli anziani si riuniscono, si consultano, deliberano guidati dall'autorità di Pietro, e finalmente sentenziano: « Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie… ». ( At 15,28 )
2 La missione di salvezza che il Signore affidò agli Apostoli durerà fino alla fine del mondo. ( Mt 28,18-20 )
Affinché tale missione fosse compiuta, secondo il volere di Cristo, gli stessi Apostoli « ebbero cura di costituirsi dei successori (…).
I Vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli, quali pastori della Chiesa ».3
Infatti, per compiere il ministero pastorale, « gli Apostoli sono stati arricchiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo discendente su loro, ( At 1,8; At 2,4; Gv 20,22-23 ) ed essi stessi con la imposizione delle mani hanno trasmesso questo dono dello Spirito Santo ai loro collaboratori, ( 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6-7 ) dono che è stato trasmesso fino a noi nella consacrazione episcopale ».4
« Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico Collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli Apostoli, sono fra loro uniti ».5
Così, tutti i Vescovi in comune hanno ricevuto da Cristo il mandato di annunciare il Vangelo in ogni parte della terra e, perciò, sono tenuti ad avere una sollecitudine per tutta la Chiesa, come anche, per il compimento della missione affidata loro dal Signore, sono tenuti a collaborare tra loro e col Successore di Pietro,6 nel quale è stabilito « il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione ».7
I singoli Vescovi a loro volta sono principio e fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari.8
3 Ferma restando la potestà di istituzione divina che il Vescovo ha nella sua Chiesa particolare, la consapevolezza di far parte di un corpo indiviso ha portato i Vescovi, lungo la storia della Chiesa, ad adoperare, nel compimento della loro missione, strumenti, organi o mezzi di comunicazione che manifestano la comunione e la sollecitudine per tutte le Chiese e prolungano la vita stessa del collegio degli Apostoli: la collaborazione pastorale, le consultazioni, l'aiuto reciproco, ecc.
Sin dai primi secoli, questa realtà di comunione ha trovato una espressione particolarmente qualificata e caratteristica nella celebrazione dei concili, tra i quali c'è da menzionare, oltre ai Concili ecumenici, che ebbero inizio col Concilio di Nicea del 325, anche i concili particolari, sia plenari che provinciali, che furono celebrati frequentemente in tutta la Chiesa già fin dal secolo II.9
Questa prassi della celebrazione dei concili particolari continuò per tutto il Medio Evo.
Dopo il Concilio di Trento ( 1545-1563 ), invece, la loro celebrazione regolare andò sempre più diradandosi.
Tuttavia il Codice di Diritto Canonico del 1917, avendo l'intenzione di ridare vigore a una così veneranda istituzione, diede disposizioni anche per la celebrazione di concili particolari.
Il can. 281 del suddetto Codice si riferiva al concilio plenario e stabiliva che si poteva celebrare con l'autorizzazione del Sommo Pontefice, il quale designava un suo delegato perché lo convocasse e lo presiedesse.
Lo stesso Codice prevedeva la celebrazione dei concili provinciali almeno ogni venti anni10 e la celebrazione, almeno ogni cinque anni, di conferenze o assemblee dei Vescovi di una provincia, per trattare dei problemi delle diocesi e preparare il concilio provinciale.11
Il nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 continua a mantenere un'ampia normativa sui concili particolari, siano essi plenari o provinciali.12
4 Accanto alla tradizione dei concili particolari e in consonanza con essa, a partire dal secolo scorso, per ragioni storiche, culturali, sociologiche e per specifiche finalità pastorali, sono nate in vari Paesi le Conferenze dei Vescovi al fine di affrontare le diverse questioni ecclesiali di comune interesse e trovare ad esse le opportune soluzioni.
Tali Conferenze, a differenza dei concili, hanno avuto un carattere stabile e permanente.
La Istruzione della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari del 24 agosto 1889 le ricorda denominandole espressamente « Conferenze Episcopali ».13
Il Concilio Vaticano II, nel Decreto Christus Dominus, oltre ad auspicare che la veneranda istituzione dei concili particolari riprenda nuovo vigore ( n. 36 ), tratta anche espressamente delle Conferenze dei Vescovi, rilevandone l'avvenuta costituzione in molte nazioni e stabilendo particolari norme al riguardo ( nn. 37-38 ).
Infatti, il Concilio ha riconosciuto l'opportunità e la fecondità di tali organismi, ritenendo « sommamente utile che in tutto il mondo i Vescovi della stessa nazione o regione si costituiscano in un unico organismo e si adunino periodicamente tra di loro, affinché da uno scambio luminoso di prudenza e di esperienza e dal confronto dei pareri sgorghi una santa concordia di forze, per il bene comune delle Chiese ».14
5 Nel 1966, il Papa Paolo VI, con il Motu proprio Ecclesiae Sanctae, impose la costituzione delle Conferenze Episcopali laddove non esistevano ancora; le già esistenti dovevano redigere propri statuti; stante l'impossibilità di costituzione, i Vescovi interessati si dovevano unire a Conferenze Episcopali già istituite; si sarebbero potute creare Conferenze Episcopali per parecchie nazioni o anche internazionali.15
Qualche anno dopo, nel 1973, il Direttorio pastorale dei Vescovi tornò a ricordare che « la Conferenza Episcopale è stata istituita affinché possa oggigiorno portare un molteplice e fecondo contributo all'applicazione concreta dell'affetto collegiale. Per mezzo delle Conferenze viene fomentato in maniere eccellenti lo spirito di comunione con la Chiesa universale e le diverse Chiese particolari tra di loro ».16
Infine, il Codice di Diritto Canonico, da me promulgato il 25 gennaio 1983, ha stabilito una specifica normativa ( cann. 447-459 ), con la quale si regolano le finalità e le competenze delle Conferenze dei Vescovi, nonché la loro erezione, composizione e funzionamento.
Lo spirito collegiale che ispira la costituzione delle Conferenze Episcopali e ne guida l'attività, muove anche alla collaborazione tra le Conferenze di diverse nazioni, come è auspicato dal Concilio Vaticano II17 e accolto dalla norma canonica.18
6 A partire dal Concilio Vaticano II, le Conferenze Episcopali si sono sviluppate notevolmente ed hanno assunto il ruolo di organo preferito dai Vescovi di una nazione o di un determinato territorio per lo scambio di vedute, per la consultazione reciproca e per la collaborazione a vantaggio del bene comune della Chiesa: « esse sono diventate in questi anni una realtà concreta, viva ed efficiente in tutte le parti del mondo ».19
La loro rilevanza appare dal fatto che esse contribuiscono efficacemente all'unità tra i Vescovi, e quindi all'unità della Chiesa, essendo uno strumento assai valido per rinsaldare la comunione ecclesiale.
Tuttavia l'evoluzione della loro sempre più vasta attività ha suscitato alcuni problemi di natura teologica e pastorale, specialmente sul loro rapporto coi singoli Vescovi diocesani.
7 Vent'anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, l'Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, celebrata nel 1985, ha riconosciuto l'utilità pastorale, anzi la necessità delle Conferenze dei Vescovi nella situazione attuale, ma, al contempo, non ha mancato di osservare che « nel loro modo di procedere, le Conferenze Episcopali devono tener presente il bene della Chiesa ossia il servizio dell'unità e la responsabilità inalienabile di ciascun Vescovo nei confronti della Chiesa universale e della sua Chiesa particolare ».20
Il Sinodo, pertanto, ha avanzato la raccomandazione che venga più ampiamente e profondamente esplicitato lo studio dello status teologico e conseguentemente giuridico delle Conferenze dei Vescovi e soprattutto il problema della loro autorità dottrinale, tenendo presente il n. 38 del Decreto conciliare Christus Dominus e i canoni 447 e 753 del Codice di Diritto Canonico.21
Il presente documento è anche frutto di tale auspicato studio.
In stretta aderenza ai documenti del Concilio Vaticano II esso si propone di esplicitare i principi basilari teologici e giuridici riguardo alle Conferenze Episcopali, e offrire l'indispensabile integrazione normativa, per aiutare a stabilire una prassi delle medesime Conferenze teologicamente fondata e giuridicamente sicura.
Indice |
1 | Le Chiese orientali patriarcali e arcivescovili maggiori sono governate dai rispettivi Sinodi dei Vescovi, dotati di potere legislativo, giudiziario e, in certi casi, anche amministrativo (cfr C.C.E.O. cann. 110 e 152): di questi non tratta il presente documento. Sotto questo aspetto, infatti, non si può stabilire un'analogia tra tali Sinodi e le Conferenze dei Vescovi. Esso invece tocca le Assemblee costituite nelle regioni in cui vi sono più Chiese sui iuris e regolate dal C.C.E.O., can. 322 e dai relativi Statuti approvati dalla Sede Apostolica (cfr C.C.E.O., can. 322 § 4; Giovanni Paolo II, Pastor Bonus art. 58, 1, nella misura in cui queste si avvicinano alle Conferenze dei Vescovi ( Christus Dominus 38 ) |
2 | Lumen Gentium 19 |
3 | Lumen Gentium 20 |
4 | Lumen Gentium 21 |
5 | Lumen Gentium 22 |
6 | Lumen Gentium 23 |
7 | Lumen Gentium 18; Lumen Gentium 22-23; Nota esplicativa previa, 2; Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus, Prologus |
8 | Lumen Gentium 23 |
9 | Su alcuni concili del secolo II, cfr Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, V, 16, 10; 23, 2-4; 24, 8: SC 41, pp. 49, 66-67, 69. Tertulliano, agli inizi del secolo III, elogia l'uso presso i Greci di celebrare dei concili (cfr De ieiunio, 13, 6: CCL 2, 1272). Dall'epistolario di s. Cipriano di Cartagine abbiamo notizia di diversi concili africani e romani a partire dal secondo o terzo decennio del secolo III (cfr Epist. 55, 6; 57; 59, 13, 1; 61; 64; 67; 68, 2, 1; 70; 71, 4, 1; 72; 73, 1-3: Bayard [ed.], Les Belles Lettres, Paris 1961, II, pp. 134-135; 154-159; 180; 194-196; 213-216; 227-234; 235; 252-256; 259; 259-262; 262-264). Sui concili dei Vescovi nei secoli II e III, cfr K. J. Hefele, Histoire des Conciles, I, Adrien le Clere, Paris 1869, pp. 77-125 |
10 | C.I.C. (1917), can. 283 |
11 | C.I.C. (1917), can. 292 |
12 | Cod. Diritto Can. cann. 439-446 |
13 | Sacra Congregatio Episcoporum et Regularium, Instructio « Alcuni Arcivescovi », De collationibus quolibet anno ab Italis Episcopis in variis quae designantur Regionibus habendis (24 agosto 1889): Leonis XIII Acta, IX (1890), 184 |
14 | Christus Dominus 37; Lumen Gentium 23 |
15 | Paolo VI, Motu proprio Ecclesiae Sanctae (6 agosto 1966), I. Normae ad exsequenda Decreta SS. Concilii Vaticani II « Christus Dominus » et « Presbyterorum Ordinis » |
16 | Congregazione per i Vescovi, Direttorio Ecclesiae imago de Pastorali Ministerio Episcoporum, 210 ( 22 febbraio 1973 ): Euch. Vat. 4, 2310-2311 |
17 | Christus Dominus 38,5 |
18 | Cod. Diritto Can.
can. 459,§ 1. È stata di fatto favorita tale collaborazione mediante le Reuniones Internacionales de Conferencias Episcopales, Consejo Episcopal Latinoamericano (C.E.L.AM.), Consilium Conferentiarum Episcopalium Europae Secretariado Episcopal de América Central y Panamá (S.E.D.A.C.), Commissio Episcopatuum Communitatis Europaeae (COM.E.C.E.), Association des Conférences Episcopales de l'Afrique Centrale (A.C.E.A.C.), Association des Conférences Episcopales de la Region de l'Afrique Centrale (A.C.E.R.A.C.), Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar (S.E.C.A.M.), Inter-Regional Meeting of Bishops of Southern Africa (I.M.B.S.A.), la Southern African Catholic Bishops' Conference (S.A.C.B.C.), Conférences Episcopales de l'Afrique de l'Ouest Francophone (C.E.R.A.O.), la Association of the Episcopal Conferences of Anglophone West Africa (A.E.C.A.W.A.), la Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa (A.M.E.C.E.A.), Federation of Asian Bishops' Conferences (F.A.B.C.), Federation of Catholics Bishops' Conferences of Oceania (F.C.B.C.O.) ( Annuario Pontificio per l'anno 1998, Città del Vaticano 1998, pp. 1112-1115). Tuttavia, queste istituzioni non sono propriamente Conferenze Episcopali. |
19 | Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Curia Romana, 7 ( 28 giugno 1986 ) |
20 | Relazione finale, II, C), 5: L'Osservatore Romano, 10 dicembre 1985, p. 7 |
21 | Ibid., II, C), 8, b) |