Omnes Christifideles
1902
1. Tutti i fedeli, consacrati, per mezzo dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, dallo Spirito santo " a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo ",1 sono chiamati dallo stesso Cristo signore a cooperare attivamente a tradurre in atto la missione salvifica dell'intero popolo sacerdotale di Dio.2
Non tutti i fedeli però esercitano nello stesso modo questa comune responsabilità, ma nella organica comunione ecclesiastica a ciascuno è assegnato un compito speciale, secondo la propria condizione.3
1903
Ci sono innanzitutto i sacri ministri, che scelti tra gli altri fedeli, sono costituiti per il servizio gerarchico di questi,4 e che "già in antico sono chiamati vescovi, presbiteri, diaconi";5 essi, in forza del sacramento dell'ordine ricevuto, " sono destinati principalmente e propriamente al sacro ministero ",6 e in virtù della sacra potestà di cui godono istruiscono, santificano e reggono nel nome e per autorità di Cristo7 tutto il popolo di Dio esercitando i diversi ordini in diversa maniera.
Tutti i religiosi, poi, insigniti o meno del sacerdozio ministeriale, con la pubblica consacrazione che professano davanti alla comunità ecclesiale8 " testimoniano in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini ".9
I laici infine, "sono chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo, a manifestare Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e con il fulgore della loro fede, della loro speranza e carità ", essi, inoltre, " possono anche essere chiamati in diversi modi a collaborare più immediatamente con l'apostolato della gerarchia ".10
1904
2. Così la missione di salvezza dell'intero popolo di Dio, in cui tutti i fedeli hanno la loro parte di responsabilità, conformemente alla loro condizione nella chiesa, non può essere limitata esclusivamente alla missione dei sacri pastori o alla gerarchia ecclesiastica: " I pastori infatti sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della chiesa verso il mondo, ma che il loro eccelso ufficio è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro ministeri e carismi, in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, al bene comune ".11
Per questo il concilio ecumenico Vaticano II aggiunge: "Nell'esercizio di questa attività pastorale, ( i vescovi ) rispettino i compiti spettanti ai loro diocesani nelle cose di chiesa, riconoscendo loro anche il dovere e il diritto di collaborare attivamente all'edificazione del corpo mistico di Cristo".12
1905
3. Tuttavia questa partecipazione di tutti i fedeli nella missione della chiesa non è identica alla partecipazione di alcuni nell'esercizio della potestà ecclesiastica.
Nella chiesa infatti, per volontà del suo divino fondatore, il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico differiscono per essenza e non solo nel grado.13
Perciò l'ufficio pastorale, cioè di insegnare, santificare e governare, e la sua necessaria potestà non sono state trasmesse dal Signore a tutta la comunità dei fedeli,14 ma vengono conferiti ai sacri pastori con una speciale consacrazione e con la missione canonica.15
I vescovi diocesani " reggono le chiese particolari a loro affidate, come vicari e legati di Cristo, con il consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà, della quale però non si servono se non per edificare il proprio gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è più grande deve fare come il più piccolo, e chi è capo, come il servo ( cf. Lc 22,26-27 ).
Questa potestà che personalmente esercitano nel nome di Cristo è propria, ordinaria e immediata ".16
1906
4. I fedeli, invece, non insigniti del sacerdozio ministeriale, oltre alla partecipazione attiva sopra ricordata nella missione apostolica della chiesa,17 sono in grado di prestare anche un aiuto allo stesso ufficio pastorale proprio e irrinunciabile della gerarchia.
Tutti i fedeli dunque " secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della chiesa ",18 cosa che può avvenire anche grazie a istituzioni stabilite a tal fine dal diritto.
Sulla base di questi principi, il concilio Vaticano II ha annoverato e raccomandato tra i cooperatori del vescovo diocesano nel compito pastorale19 il consiglio pastorale " alla cui presidenza sta il vescovo e di cui fanno parte chierici religiosi e laici, appositamente eletti ".20
1907
Tenuto presente questo desiderio del concilio, il sommo pontefice Paolo VI con il motu proprio Ecclesiae sanctae, del 6 agosto 196621 dettò alcune norme in materia, in base alle quali in parecchie diocesi sono avvenute o avvengono le prime sperimentazioni circa l'istituzione del consiglio pastorale.
La sessione generale del sinodo dei vescovi tenuta nell'anno 1971, espresse questo desiderio: " Il consiglio pastorale, in cui hanno parte chierici, religiosi e laici scelti ( cf. CD 27 ), offra con il suo studio e la sua riflessione le indicazioni necessarie, affinché la comunità diocesana possa preordinare organicamente l'attività pastorale ed efficacemente compierla.
Quanto più invero cresce ogni giorno la cooperazione vicendevole e responsabile dei vescovi e dei presbiteri soprattutto grazie ai consigli presbiterali, tanto più è da desiderare che nelle singole diocesi si costituisca il consiglio pastorale ".22
1908
La congregazione per il clero, cui compete attendere a tutto quanto riguarda i consigli pastorali,23 mandò una lettera ai presidenti delle conferenze episcopali in data 12 marzo 1971, invitando i vescovi a notificare a questa sacra congregazione i loro consigli o proposte riguardanti sia le sperimentazioni finora compiute sia le eventuali norme da emanare.
Inoltre la congregazione per il clero invitò anche la congregazione per le chiese orientali e la congregazione per l'evangelizzazione dei popoli a dare il loro parere.
Considerate le risposte, questa sacra congregazione ritenne opportuno convocare una congregazione plenaria mista alla quale furono invitati la congregazione dei vescovi e quella dei religiosi, e degli istituti secolari, nonché il consiglio dei laici.
Si tenne questa congregazione plenaria il 15 marzo 1972, e le conclusioni, approvate dal sommo pontefice Paolo VI, vengono qui succintamente esposte.
1909
Dalle risposte avute e dalle decisioni prese, scaturì un parere comune ai membri della plenaria circa l'importanza e l'opportunità di costituire il consiglio pastorale.
Poiché un lavoro di collaborazione richiede la convergenza matura di tutti, è opportuno che i singoli vescovi diocesani24 considerino attentamente con una riflessione comune sia in seno alla conferenza episcopale sia col proprio presbiterio, se esistono le condizioni favorevoli all'istituzione del consiglio pastorale, e insieme procurino di favorire quelle condizioni di cose e di persone richieste per la istituzione del consiglio stesso e per il suo ordinato lavoro.
Nel caso in cui il vescovo ritenga opportuno di costituire nella propria diocesi il consiglio pastorale, ne faccia stendere gli statuti e li approvi lui stesso.
1910
Per quanto concerne la composizione del consiglio pastorale, sebbene i membri di questo consiglio non si possano dire rappresentanti in senso giuridico dell'intera comunità diocesana, conviene tuttavia che esso si offra nei limiti del possibile come una certa immagine o un segno di tutta la diocesi, e perciò sembra sommamente conveniente che vi facciano parte sacerdoti, religiosi e laici che esprimano le diverse esigenze ed esperienze.
Perciò le persone che vengono deputate al consiglio pastorale siano scelte in modo da rappresentare veramente tutta la porzione del popolo di Dio che costituisce la diocesi, tenendo conto delle varie zone della diocesi, delle condizioni sociali e delle professioni, nonché della parte che tali persone o come singole o associate con altre hanno nell'apostolato.
Soprattutto si consideri il prestigio e la prudenza di cui godono.
Giova anche ascrivere tra quelle persone laici e sacerdoti che ricoprono uffici da esercitare nell'intera diocesi.
Bisogna tuttavia che tutti i membri del consiglio siano in piena comunione con la chiesa cattolica e idonei ad accettare questo incarico nella chiesa e a svolgerlo convenientemente.
1911
Qualunque sia la forma che il vescovo liberamente sceglie per determinare la composizione del suo consiglio pastorale, conviene però che la maggior parte dei membri siano laici, perché la comunità diocesana è costituita in massima parte dai fedeli laici.
1912
Oltre a presbiteri, è necessario che in questo consiglio siano cooptati anche i diaconi permanenti, là dove ci sono.
Quanto ai religiosi ed alle religiose, siano nominati dal vescovo, con la licenza del superiore o della superiora competente.
1913
Conviene da ultimo che il numero dei membri del consiglio pastorale non sia troppo grande, cosicché possa attendere in modo soddisfacente al lavoro affidatogli.
1914
Il consiglio pastorale, per quanto sia per natura sua costituito in modo stabile, tuttavia " quanto ai membri e all'attività può essere a tempo determinato e può adempiere al suo ufficio occasionalmente".25
Conviene dunque che i membri del consiglio pastorale, eccetto quelli che a norma degli statuti sono designati a motivo dell'ufficio che ricoprono in diocesi, siano nominati per il tempo determinato negli statuti.
Affinché però non venga meno il consiglio nella sua totalità, sembra essere conveniente che nella sua rinnovazione si ricorra al sistema rotatorio, in modo che, alle scadenze stabilite, una parte cessi dalla carica e nuovi membri siano nominati al loro posto.
1915
Il consiglio pastorale " ha voce soltanto consultiva ".26
Infatti i consigli e i suggerimenti dei fedeli che vengono proposti nell'ambito della comunione ecclesiastica e in uno spirito di vera unità, possono recare non piccola utilità per giungere ad una deliberazione.
L'obbedienza attiva e il rispetto poi, che i fedeli devono mostrare verso i sacri pastori, invece di impedire, favoriscono piuttosto l'aperta e sincera manifestazione su ciò che richiede il bene della chiesa.
Il vescovo pertanto faccia gran conto delle proposte e dei suggerimenti del consiglio e dia molto peso a un parere votato alla unanimità,27 salva però restando la libertà e l'autorità che gli competono di diritto divino per pascere la porzione del popolo di Dio a lui affidata.
1916
Compito del consiglio pastorale è " di studiare ed esaminare tutto ciò che si riferisce alle opere di apostolato, per poi proporre pratiche conclusioni, sì da promuovere la conformità col vangelo della vita e dell'attività del popolo di Dio ".28
Al suo studio possono perciò essere affidate quelle questioni che o indicate dal vescovo diocesano o proposte dai membri del consiglio e da lui accolte, si riferiscono all'esercizio della cura pastorale nell'ambito della diocesi.
Tuttavia il consiglio non ha competenza per pronunciarsi circa le questioni generali riguardanti la fede, l'ortodossia, i principi morali o le leggi della chiesa universale; maestro della fede nella diocesi è infatti soltanto il vescovo, sempre come è ovvio in comunione col capo e coi membri del collegio episcopale.29
1917
Circa le questioni pastorali concernenti l'esercizio della giurisdizione o della potestà di governo, il vescovo ha già un proprio senato che lo aiuta con i suoi consigli, cioè il consiglio presbiterale.30
Nulla però impedisce che il consiglio pastorale esamini questioni e dia al vescovo suggerimenti per la cui messa in esecuzione si richieda un atto di giurisdizione: in questo caso il vescovo considererà la cosa e prenderà una decisione dopo aver ascoltato, se sarà opportuno, il consiglio presbiterale.
1918
Il consiglio pastorale dunque potrà prestare un aiuto utilissimo al vescovo,
facendo proposte e dando suggerimenti riguardo alle iniziative missionarie, catechetiche e apostoliche nell'ambito diocesano;
riguardo alla promozione della formazione dottrinale e della vita sacramentale dei fedeli;
riguardo all'aiuto da dare all'azione pastorale dei sacerdoti nei diversi ambiti sociali, o zone territoriali della diocesi;
circa il modo di sensibilizzare sempre meglio la pubblica opinione sui problemi che riguardano la chiesa, ecc.
Il consiglio pastorale può essere anche molto utile per effettuare uno scambio reciproco di esperienze e per proporre iniziative di vario genere, così da rivelare più chiaramente al vescovo le concrete necessità della popolazione diocesana e suggerirgli la linea più conveniente di azione pastorale.
1919
Anche dopo la creazione del consiglio pastorale, rimane sempre intatto il diritto di cui godono tutti i fedeli, anche se non sono membri del consiglio stesso, di manifestare onestamente ai sacri pastori le necessità e i loro desideri con la libertà e la fiducia che si addicono ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo, sempre con veracità e con prudenza e nel rispetto della integrità della fede.31
1920
Compete al vescovo della diocesi convocare il consiglio pastorale secondo le necessità dell'apostolato.
Presiede di diritto il consiglio lo stesso vescovo della diocesi, e in casi particolari un suo delegato, se lo riterrà opportuno.
Dal momento che gli studi e le conclusioni pratiche del consiglio pastorale sono per loro natura informazioni e suggerimenti offerti al vescovo, lo stesso potrà accettare e mandare ad effetto a norma del diritto i documenti elaborati dal consiglio pastorale in base alla sua discrezione e autorità, e provvederà a diffonderli se lo riterrà opportuno.
"Affinché il consiglio raggiunga veramente il suo scopo, è conveniente che studi preventivi precedano il lavoro in comune, con l'ausilio, se occorre, degli istituti e degli uffici che operano a questo fine ".32
Pertanto sarà opportuno che, sotto la guida del vescovo, sia preparato per tempo un elenco dei problemi da trattare e sia trasmesso a tutti i membri del consiglio insieme con i voti o gli studi che possono essere più utili ad un esame più profondo dei predetti problemi.
1921
11. In caso di vacanza della sede episcopale il consiglio pastorale decade.
Nulla vieta tuttavia che, se le circostanze lo suggeriscono, chi svolge le funzioni di ordinario, mentre la sede episcopale è vacante, convochi i membri del consiglio pastorale per consultarsi con loro.
1922
I membri della congregazione plenaria, tenendo conto della natura diocesana del consiglio pastorale, hanno ritenuto che niente impedisce che nell'ambito della diocesi siano istituiti consigli della stessa natura e della stessa funzione, tanto parrocchiali che zonali ( per diversi vicariati foranei, o per categorie sociali, ecc. ).
Gli stessi padri, invece, non hanno ritenuto opportuno, almeno per ora, che vengano istituiti consigli pastorali o altri organismi simili in ambito interdiocesano, provinciale, regionale, nazionale o internazionale, senza peraltro escludere la costituzione di organi speciali di natura tecnica o esecutiva, che abbiano il compito di prestare aiuto ai vescovi riuniti nelle conferenze, valorizzando la collaborazione di fedeli scelti.
1923
Con la presente lettera questo sacro dicastero intende proporre i principi e i criteri di ordine generale, approvati dal romano pontefice, che sono emersi dalla consultazione delle conferenze episcopali e dalla discussione dei membri della plenaria, e che potranno aiutare i vescovi nell'attuare il loro grave compito per ciò che riguarda la costituzione e il modo di procedere del consiglio pastorale.
Si nutre inoltre la speranza che le conferenze episcopali vorranno comunicare a questa sacra congregazione le esperienze effettuate in questa materia, perché di esse si possa tenere il debito conto anche in futuro.
Roma, 25 gennaio 1973.
Giovanni card. Wright, prefetto.
Pietro Palazzini, segretario.