Formazione teologica dei futuri Sacerdoti

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43 - III. Alcune condizioni del lavoro teologico

La situazione attuale della teologia e dell'insegnamento teologico è caratterizzata, da una parte, da una intensa applicazione allo sviluppo dei temi biblici e, dall'altra, da una nuova attenzione alle correnti filosofiche, sociologiche, psicologiche moderne, dalle quali si ritiene di poter assumere non solo risultati di ricerche, analisi, sperimentazioni, ma anche categorie e criteri di pensiero.

Questa apertura alle scienze dell'uomo e della natura, e ai problemi del tempo presente, porta alcuni a un certo distacco dal Magistero e dalla tradizione teologica e filosofica cristiana, con il rischio di costruire una teologia senza basi e all'infuori dell'ambito e delle prospettive della fede.

Conviene pertanto fare alcune precisazioni circa le condizioni di un buon lavoro teologico in rapporto al Magistero, al patrimonio teologico e filosofico che ci proviene dal secoli passati, alla filosofia, alle scienze, e infine ai problemi e ai valori terreni che oggi sono oggetto di maggiore interesse.

Si tratta ancora di un chiarimento sullo status epistemologico della teologia come scienza della Rivelazione cristiana, in rapporto ai principi che permangono e alle condizioni storiche che mutano.

44 - 1. La teologia e il Magistero

1) La fede che la teologia cerca di comprendere e di approfondire, è la fede della Chiesa: la fede professata dal corpo della Chiesa ( sensus fidelium ), custodita e interpretata autenticamente dal Magistero ordinario e straordinario affidato da Gesù Cristo agli Apostoli e ai loro successori.

Pertanto la Rivelazione e il Magistero formano un'unione naturale e inseparabile.

Secondo il Concilio Vaticano II « è chiaro … che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere ».26

Perciò nella teologia cattolica il carattere ecclesiale della fede deve concretarsi necessariamente in un continuo riferimento al Magistero.

45 2) Il Magistero va considerato come autorità e insieme come servizio, in quanto « non è superiore alla parola di Dio, ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, e, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede, attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio ».27

Per questa ragione il Magistero non deve essere staccato dalla Chiesa e considerato come qualcosa che dall'alto incombe su di essa; deve, invece, essere considerato un ruolo, una funzione, un ufficio accompagnato da carismi nella comunità e per la comunità.

Esso non è dunque un elemento esterno ed eterogeneo del lavoro teologico, bensì un suo momento interno e del tutto naturale, che non è di impedimento, ma di aiuto indispensabile; è un mezzo, una condicio sine qua non della teologia cattolica.

46 3) Il Magistero può e deve essere considerato e presentato:

a) come portatore, interprete e garante della regula fidei per l'unità della comunità dei credenti;

b) come ministero operatore di sintesi dei valori sicuri e comuni che emergono dalle varie sentenze ed esperienze;

c) come potere di giudizio sulla conformità tra i risultati di ricerche, riflessioni dei teologi, esperienze spirituali di persone e di gruppi, e la Rivelazione trasmessa nella tradizione, che il medesimo Magistero custodisce, interpreta autenticamente e propone ai fedeli.

47 4) La Chiesa ha il diritto e il dovere di esigere dai teologi la fedeltà al Magistero che, lungi dal pregiudicare la libertà della legittima ricerca, le dà positiva garanzia di autentica edificazione del Corpo del Cristo, che è la Chiesa.

Infatti, il munus docendi è proprio dei Vescovi collegialmente uniti al Sommo Pontefice, nella linea della successione apostolica,28 ai quali, nella teologia come in ogni forma di catechesi e di predicazione, non può sostituirsi il pensiero individuale.

Questo conserva la sua funzione, ma solo per investigare, illustrare, sviluppare il dato oggettivo che viene da Dio ed è custodito e proclamato dalla Chiesa.

I teologi hanno nella Chiesa il compito di ricerca e di riflessione critica, e possono ricevere dal Magistero una partecipazione del munus docendi che gli è proprio ( missio canonica docendi ); il Magistero, però, conserva il potere di giudizio sul rapporto delle elaborazioni teologiche con la parola di Dio.

In particolare la funzione propria dei professori di teologia nei seminari, che è di preparare idonei e buoni ministri di Dio - futuri maestri della fede - nella Chiesa,29 comporta la massima fedeltà al Magistero ordinario e straordinario.

48 - 2. La teologia e il patrimonio teologico e filosofico cristiano

1) Nello stesso contesto del Magistero della Chiesa, si ricorda la fedeltà al patrimonio perennemente valido30 del pensiero cristiano e specialmente all'insegnamento di S. Tommaso, di cui parla il Concilio.31

E ciò non solo per l'impiego della filosofia in teologia, ma anche per la stessa valutazione del dinamismo intrinseco di questa, in quanto quel patrimonio dottrinale è espressione della continuità di vita di fede della Chiesa in momenti particolarmente intensi.

Infatti, ben oltre l'ambito dell'autorità riconosciuta all'uno o all'altro dei grandi Padri e Dottori della Chiesa, la loro opera appartiene alla tradizione vivente della Chiesa, alla quale, per disposizione provvidenziale, essi hanno portato contributi di valore duraturo in epoche più favorevoli alla sintesi di fede e ragione.

49 2) È sotto l'impulso e nella linea di quella tradizione e alla luce dell'insegnamento del Dottore Comune che la teologia può e deve progredire, e l'insegnamento teologico può e deve essere impartito.

Un tale inserimento nel dinamismo della tradizione preserva da un esagerato individualismo, garantendo quella oggettività del pensiero a cui la Chiesa particolarmente tiene.

50 - 3. Relazioni tra teologia e filosofia

1) In merito al complesso problema del rapporto intrinseco, e non solo estrinseco, tra filosofia e teologia, conviene porre due premesse:

a) Vi è una radicale indipendenza della teologia da qualsiasi sistema filosofico.

La teologia, infatti, si riferisce essenzialmente alla realtà della fede; ogni altro riferimento è strumentale.

In questa prospettiva la teologia risulta libera di accogliere o di rifiutare le varie proposte filosofiche, in funzione della propria ricerca e riflessione; anzi essa mira ad accogliere piuttosto i dati del senso comune - che più le servono per il suo sviluppo razionale - dalle filosofie che meglio li hanno elaborati ed espressi, senza confondersi con esse.

b) Per la teologia è necessario recepire l'istanza critica che ogni filosofia, al di là dei suoi contenuti particolari, presenta non solo alla teologia ma anche alla fede.

La teologia non può evitare un tale confronto se non vuole rimanere di fronte alle varie filosofie ingiustificata e incompresa.

Essa, quindi, non deve chiudersi pregiudizialmente alle loro proposte.

51 2) In questa prospettiva si comprende la validità dell'atteggiamento della Chiesa in questo campo, che è duplice:

a) apertura a qualsiasi antica e nuova filosofia quanto agli apporti di valori reali e universali, che siano integrabili nella sintesi cristiana;

b) preferenza per quella filosofia le cui affermazioni fondamentali si armonizzano con i dati della Rivelazione, poiché non è possibile una contraddizione tra le verità naturali della filosofia e quelle soprannaturali della fede.

52 3) È chiaro, infatti, che non può essere accettata una filosofia che presenti una concezione della realtà in contrasto con la Rivelazione.

In certe circostanze, è accettabile un sano pluralismo filosofico32 dovuto alla diversità delle regioni, delle culture, delle mentalità, potendosi raggiungere per vie diverse le stesse verità, le quali possono poi essere presentate ed esposte in modo diverso.

Non è possibile, invece, ammettere un pluralismo filosofico che comprometta quel nucleo fondamentale di affermazioni che sono connesse con la Rivelazione, come avviene in certe filosofie affette da relativismo storicistico e da immanentismo sia materialistico sia idealistico.

A causa di questo loro difetto radicale, si spiega perché oggi non è facile realizzare con esse una sintesi filosofica così come è stata realizzata da S. Tommaso d'Aquino con il pensiero filosofico dei pensatori antichi.

53 4) Per questo motivo appare giustificato l'accenno a S. Tommaso nel decreto conciliare Optatam totius ( n. 16 ), quando si parla della teologia speculativa, perché nella di lui filosofia sono limpidamente e organicamente enunziati e armonizzati con la Rivelazione i primi principi delle verità naturali, non in forma statica, ma con quel dinamismo innovatore proprio di S. Tommaso, che rende possibile una continua e rinnovata sintesi delle conclusioni valide del pensiero tradizionale con le nuove conquiste del pensiero moderno.33

54 - 4. Apporto delle scienze dell'uomo e della natura

1) Dopo la filosofia, la teologia riconosce come sue preziose ausiliarie le scienze naturali, storiche, antropologiche.

Infatti, il rapporto uomo - Dio sta al centro dell'economia della salvezza, nella quale la Rivelazione, e quindi la teologia, sono propter homines.

Ora, le suddette scienze, ciascuna a suo modo, offrono alla teologia un valido aiuto per meglio conoscere l'uomo, uno dei termini di quel rapporto; allo stesso tempo la stimolano a meglio determinare il senso delle verità rivelate che si riferiscono all'uomo.

Inoltre, il contatto con le scienze arricchisce tematicamente la teologia e le impedisce di isolarsi culturalmente in un mondo, come il nostro, in cui esse hanno ampia fioritura e suscitano interesse universale.

55 2) È però necessario tenere ben distinti i due campi e operarvi rispettandone l'autonomia: infatti, le scienze e la teologia hanno oggetti diversi.

Quindi, come le scienze non devono essere subordinate ad a priori teologici, così la teologia non può risolvere i suoi problemi in base a risultati o a ipotesi delle scienze.

La teologia studia ciò che è al di là del campo di azione e di ricerca delle scienze: il mistero rivelato dalla parola di Dio.

Ma se un problema teologico implica dei dati che sono oggetto di studio di una scienza ( per es., quello delle origini dell'uomo e del mondo; le questioni di ordine morale e pastorale ), la teologia non può non tener conto di ciò che di sicuro dicono le scienze in proposito.

56 3) La teologia, pur senza interferire nel campo delle scienze, può portare loro notevoli vantaggi, sia per il senso più completo che essa dà dell'uomo e del mondo, sia per la gerarchia dei valori, alla quale essa continuamente richiama i cultori delle scienze, con l'orientamento generale del loro pensiero e della loro vita alla luce della verità divina.

Si tratta, in fondo, del contributo di sapienza, di cui - come dice il Concilio Vaticano II - « l'epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno ( … ), perché diventino più umane tutte le sue scoperte ».34

57 4) Gli apporti delle scienze alla teologia passano generalmente ( ma non necessariamente ) attraverso la mediazione della filosofia, la quale oggi, tra gli altri suoi compiti, ha anche quello di vagliare l'immensa e complessa problematica posta dalle scienze e dalle soluzioni da esse prospettate, per trarne i dati di valore permanente nei confronti della ragione umana e quindi del rapporto con la Rivelazione.

In base a questa opera della filosofia, la teologia può meglio valutare l'apporto reale delle scienze al suo lavoro.

58 5) Dal punto di vista metodologico la teologia, pur restando fedele alle esigenze del processo induttivo-deduttivo che le è proprio, non può non tenere conto dello spirito scientifico diffuso ampiamente dalle scienze dell'uomo e della natura e seguire anche nel suo lavoro, per quanto le è possibile, quelle leggi della ricerca positiva, del controllo delle fonti e della verifica dei dati, che presiedono alle scienze.35

Essa però, pur apprezzando e utilizzando tale metodo, rimane pienamente consapevole del suo specifico status epistemologico, ed evita di confondersi con le altre scienze anche solo sul piano del procedimento.

59 - 5. Applicazione della teologia alle realtà terrestri e assunzione dei valori umani

1) Tra i compiti della teologia vi è pure quello, indicato ai teologi dal decreto Optatam totius ( n. 16 ), che li invita a impiegare il metodo teologico anche in ciò che concerne l'applicazione delle verità eterne alle mutevoli condizioni dei nostri tempi, in modo che gli alunni « imparino a cercare la soluzione dei problemi umani alla luce della Rivelazione, ad applicare le verità eterne alle mutevoli condizioni di questo mondo e comunicarle in modo appropriato agli uomini contemporanei ».

Inoltre lo stesso Concilio, nella costituzione Gaudium et spes, rivolge non pochi inviti alla teologia a dedicare sempre più la sua attenzione ai problemi della cultura e della scienza contemporanea, per rinnovare i temi della sua riflessione e contribuire così, « ad compositionem culturae cum christiana institutione » ( n. 62 ).

60 2) È come un nuovo capitolo di epistemologia teologico-pastorale che i teologi devono scrivere, partendo - in via metodologica - dai dati di fatto e dalle questioni del tempo presente, più che dalle idee e dai problemi di secoli lontani.

Questo lavoro è reso difficile dalla complessa realtà culturale e sociale del nostro tempo e dalle mutate disposizioni di spirito verso la teologia e la Chiesa; ma si tratta di un impegno di evangelizzazione, che i teologi non possono eludere.

61 3) Lo sforzo teologico, in tale campo, comporta in modo concreto il compito:

a) di integrare nella dottrina e nella morale cristiana ciò che di valido è stato espresso dall'esperienza delle realtà terrestri e dallo sviluppo dei valori umani;36

b) di illuminare le realtà terrestri e i valori umani - senza comprometterne l'identità - in ordine al regno di Dio;

c) di promuoverli e di ispirarli anche a livello della loro identità naturale, meglio attuata nel riferimento ai valori e alle realtà trascendenti;37

d) di contribuire a decantarli dalle sopravvalutazioni mondane e secolarizzanti, che non raramente possono accompagnarli, e quindi a salvarne l'identità.

Tutto ciò rientra nell'ambito di quell'umanesimo cristiano o plenario,38 che ha il fulcro nel principio della gratia supponens et perficiens ( sanans ) naturam.39

62 4) Il compito teologico in tale campo non significa una svolta antropologica o un antropocentrismo della teologia, che finirebbero con lo svuotarla del suo carattere di scienza di Dio e delle cose divine.

Si tratta, invece, di dare maggiore rilevanza ai problemi dell'uomo, rendendo più attuale la teologia, ma senza alterare il rapporto uomo-Dio sul piano metafisico, gnoseologico ed etico.

Tale rapporto, infatti, resta al centro della teologia e si risolve sempre in un definitivo riferimento a Dio.

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26 Cost. Dei verbum, n. 10
27 Ibidem.
28 Cost. Lumen gentium, n. 25;
Paolo VI, Alloc. Libentissimo sane, ai partecipanti al Congresso internazionale sulla teologia del Conc. Vat. II, 1 sett. 1966: A.A.S. 58, 1966, pp. 890 ss
29 Cfr. Decr. Presbyterorum Ordinis, n. 4
30 Cfr. Decr. Optatam totius, n. 15
31 Cfr. Decr. Optatam totius, n. 16;
Dichiar. Gravissimum educationis, n. 10
32 Cfr. S. C. per l'Educazione Cattolica, Lett. circ. sull'insegnamento della filosofia nei seminari, 20 genn. 1972, parte III, n. 2
33 Paolo VI, Lett. Lumen Ecclesiae, n. 17 in occasione del VII secolo dalla morte di S. Tommaso d'Aquino, 20 nov. 1974
Cfr. Anche Alloc. Nous sommes al VI Congresso Tomistico Internazionale, 10 sett. 1965: A.A.S. 57, 1965, pp. 790 ss
34 Cost. Gaudium et spes n. 15
35 Quanto all'impiego delle scienze umane, cfr. Paolo VI, Lett. Apost. Octogesima adveniens, nn. 38-41, 14 mag. 1971;
Cfr. Paolo VI, Esort. Apost. Quinque iam anni, cinque anni dopo la conclusione del Conc. Vat. II, 8 dic. 1970
36 Cfr., per es., Paolo VI, Lett. enc. Ecclesiam Suam, 6 ag. 1964
37 Cfr. Cost. Gaudium et spes, nn. 35-36, nn. 41-43
38 Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, n. 16, n. 20, n. 42 e passim, 26 mar. 1967
39 S. Thomas Aq., Summa Theol.: I, q. 1, a. 8, ad 2