Ripartire da Cristo |
11. Uno sguardo realistico alla situazione della Chiesa e del mondo ci obbliga a cogliere le difficoltà in cui si trova a vivere la vita consacrata.
Tutti siamo consapevoli delle prove e delle purificazioni a cui essa è oggi sottoposta.
Il grande tesoro del dono di Dio è custodito in fragili vasi di creta ( cfr. 2 Cor 4,7 ) e il mistero del male insidia anche coloro che dedicano a Dio tutta la loro vita.
Se si presta ora una certa attenzione alle sofferenze e alle sfide che oggi travagliano la vita consacrata non è per portare un giudizio critico o di condanna, ma per mostrare, ancora una volta, tutta la solidarietà e la vicinanza amorosa di chi vuol condividere non solo le gioie ma anche i dolori.
Guardando ad alcune particolari difficoltà si cercherà di avere lo sguardo di chi sa che la storia della Chiesa è condotta da Dio e che tutto concorre al bene per quelli che lo amano ( cfr. Rm 8,28 ).
In questa visione di fede anche il negativo può essere occasione per un nuovo inizio, se in esso si riconosce il volto di Cristo, crocifisso e abbandonato, che si è fatto solidale con i nostri limiti fino a portare « i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce » ( 1 Pt 2,24 ).41
La grazia di Dio, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza ( cfr. 2 Cor 12,9 ).
Le difficoltà che oggi le persone consacrate si trovano ad affrontare assumono molteplici volti, soprattutto se teniamo conto dei differenti contesti culturali in cui esse vivono.
La diminuzione dei membri in molti Istituti e il loro invecchiamento, evidente in alcune parti del mondo, fanno sorgere la domanda se la vita consacrata sia ancora una testimonianza visibile, capace di attrarre i giovani.
Se, come si afferma in alcuni luoghi, il terzo millennio sarà il tempo del protagonismo dei laici, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, possiamo domandarci: quale sarà il posto riservato alle forme tradizionali di vita consacrata?
Essa, ci ricorda Giovanni Paolo II, ha una grande storia da costruire insieme a tutti i fedeli.42
Non possiamo, però, ignorare che la vita consacrata, a volte, non sembra tenuta in debita considerazione, quando non vi è addirittura una certa sfiducia nei suoi confronti.
Davanti alla progressiva crisi religiosa che investe tanta parte delle nostre società, le persone consacrate, oggi in modo particolare, sono obbligate a cercare nuove forme di presenza, e a porsi non pochi interrogativi sul senso della loro identità e del loro futuro.
Accanto allo slancio vitale, capace di testimonianza e di donazione fino al martirio, la vita consacrata conosce anche l'insidia della mediocrità nella vita spirituale, dell'imborghesimento progressivo e della mentalità consumistica.
La complessa conduzione delle opere, pur richiesta dalle nuove esigenze sociali e dalle normative degli Stati, insieme alla tentazione dell'efficientismo e dell'attivismo, rischiano di offuscare l'originalità evangelica e di indebolire le motivazioni spirituali.
Il prevalere di progetti personali su quelli comunitari può intaccare profondamente la comunione della fraternità.
Sono problemi reali, che tuttavia non vanno generalizzati.
Le persone consacrate non sono le sole a vivere la tensione tra secolarismo ed autentica vita di fede, tra la fragilità della propria umanità e la forza della grazia; questa è la condizione di tutti i membri della Chiesa.
13. Le difficoltà e gli interrogativi che oggi la vita consacrata vive, possono introdurre in un nuovo kairós, un tempo di grazia.
In essi si cela un autentico appello dello Spirito Santo a riscoprire le ricchezze e le potenzialità di questa forma di vita.
Il dover convivere ad esempio con una società dove spesso regna una cultura di morte, può diventare una sfida ad essere con più forza testimoni, portatori e servi della vita.
I consigli evangelici di castità, povertà ed obbedienza, vissuti da Cristo nella pienezza della sua umanità di Figlio di Dio, abbracciati per suo amore, appaiono come una via per la piena realizzazione della persona in opposizione alla disumanizzazione, un potente antidoto all'inquinamento dello spirito, della vita, della cultura; proclamano la libertà dei figli di Dio, la gioia del vivere secondo le beatitudini evangeliche.
L'impressione che alcuni possono avere di un calo di stima da parte di alcuni settori della Chiesa per la vita consacrata, può essere vissuta come un invito ad una purificazione liberatrice.
La vita consacrata non cerca le lodi e gli apprezzamenti umani; essa è ripagata dalla gioia di continuare a lavorare fattivamente al servizio del Regno di Dio, per essere germe di vita che cresce nel segreto, senza aspettare altra ricompensa che quella che il Padre donerà alla fine ( cfr. Mt 6,6 ).
Essa trova la sua identità nella chiamata del Signore, nella sua sequela, amore e servizio incondizionati, capaci di colmare una vita e di darle pienezza di senso.
Se in alcuni luoghi le persone consacrate diventano piccolo gregge a causa della contrazione numerica, questo fatto può essere letto come un segno provvidenziale che invita a recuperare il proprio compito essenziale di lievito, di fermento, di segno e di profezia.
Quanto più grande è la pasta da lievitare, tanto più ricco di qualità deve essere il fermento evangelico, e tanto più squisita la testimonianza di vita e il servizio carismatico delle persone consacrate.
La crescente presa di coscienza sull'universalità della vocazione alla santità da parte di tutti i cristiani,43 lungi dal far ritenere superflua l'appartenenza ad uno stato particolarmente adatto al raggiungimento della perfezione evangelica, può diventare ulteriore motivo di gioia per le persone consacrate; sono ora più vicine agli altri membri del popolo di Dio con cui condividono un comune cammino di sequela di Cristo, in una comunione più autentica, nell'emulazione e nella reciprocità, nell'aiuto vicendevole della comunione ecclesiale, senza superiorità o inferiorità.
Nello stesso tempo è un richiamo a comprendere il valore di segno della vita consacrata nei confronti della santità di tutti i membri della Chiesa.
Se infatti è vero che tutti i cristiani sono chiamati « alla santità e alla perfezione del proprio stato »,44 le persone consacrate, grazie ad una « nuova e speciale consacrazione »45 hanno la missione di far risplendere la forma di vita di Cristo, attraverso la testimonianza dei consigli evangelici, a sostegno della fedeltà di tutto il Corpo di Cristo.
Non è questa una difficoltà, è piuttosto uno stimolo all'originalità e al contributo specifico dei carismi della vita consacrata che sono, insieme, carismi di spiritualità condivisa e di missione in favore della santità della Chiesa.
In definitiva queste sfide possono costituire un potente appello ad approfondire il vissuto proprio della vita consacrata, la cui testimonianza oggi è più che mai necessaria.
È opportuno ricordare come i santi fondatori e fondatrici hanno saputo rispondere con una genuina creatività carismatica alle sfide e alle difficoltà del proprio tempo.
Nel ritrovare il senso e la qualità della vita consacrata, un compito fondamentale è quello dei superiori e delle superiore, ai quali è stato affidato il servizio dell'autorità, compito esigente e talvolta contrastato.
Esso richiede una presenza costante, capace di animare e di proporre, di ricordare la ragion d'essere della vita consacrata, di aiutare le persone affidate per una fedeltà sempre rinnovata alla chiamata dello Spirito.
Nessun superiore può rinunciare alla sua missione di animazione, di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto, di dialogo.
Solo così l'intera comunità potrà ritrovarsi unita nella piena fraternità e nel servizio apostolico e ministeriale.
Rimangono di grande attualità le indicazioni offerte dal documento della nostra Congregazione, La vita fraterna in comunità, quando, parlando degli aspetti dell'autorità che oggi occorre valorizzare, richiama il compito di autorità spirituale, di autorità operatrice di unità, di autorità che sa prendere la decisione finale e ne assicura l'esecuzione.46
Ad ognuno dei suoi membri è richiesta una partecipazione convinta e personale alla vita e alla missione della propria comunità.
Anche se in ultima istanza, e secondo il diritto proprio, appartiene all'autorità prendere le decisioni e fare le scelte, il quotidiano cammino della vita fraterna in comunità richiede una partecipazione che consente l'esercizio del dialogo e del discernimento.
Ognuno e tutta la comunità possono, così, confrontare la propria vita con il progetto di Dio, facendo insieme la sua volontà.47
La corresponsabilità e la partecipazione sono esercitate anche nei diversi tipi di consigli ai vari livelli, luoghi nei quali deve regnare innanzitutto la piena comunione, così da avere costantemente la presenza del Signore che illumina e guida.
Il Santo Padre non ha esitato a ricordare l'antica sapienza della tradizione monastica per un retto esercizio concreto della spiritualità di comunione che promuove e assicura la fattiva partecipazione di tutti.48
In tutto questo aiuterà una seria formazione permanente, all'interno di una radicale riconsiderazione del problema della formazione negli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, per un autentico cammino di rinnovamento: esso infatti « dipende principalmente dalla formazione dei loro membri ».49
Il tempo in cui viviamo impone un ripensamento generale della formazione delle persone consacrate, non più limitata ad un periodo della vita.
Non solo perché diventino sempre più capaci di inserirsi in una realtà che cambia con un ritmo spesso frenetico, ma perché, ancor prima, è la stessa vita consacrata che esige per natura sua una disponibilità costante in coloro che ad essa sono chiamati.
Se, infatti, la vita consacrata è in se stessa una « progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo »,50 sembra evidente che tale cammino non potrà che durare tutta l'esistenza, per coinvolgere tutta la persona, cuore, mente e forze ( cfr. Mt 22,37 ), e renderla simile al Figlio che si dona al Padre per l'umanità.
Così concepita la formazione non è più solo tempo pedagogico di preparazione ai voti, ma rappresenta un modo teologico di pensare la vita consacrata stessa, che è in sé formazione mai terminata « partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore ( … ) i sentimenti del Figlio ».51
Sarà allora importante che ogni persona consacrata sia formata alla libertà d'imparare per tutta la vita, in ogni età e stagione, in ogni ambiente e contesto umano, da ogni persona e da ogni cultura, per lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza che trova attorno a sé.
Ma soprattutto dovrà imparare a farsi formare dalla vita di ogni giorno, dalla sua propria comunità e dai suoi fratelli e sorelle, dalle cose di sempre, ordinarie e straordinarie, dalla preghiera come dalla fatica apostolica, nella gioia e nella sofferenza, fino al momento della morte.
Decisivi diventano, allora, l'apertura verso l'altro e l'alterità, e, in particolare, il rapporto con il tempo.
Le persone in formazione continua si riappropriano del tempo, non lo subiscono, lo accolgono come dono ed entrano con sapienza nei vari ritmi ( quotidiano, settimanale, mensile, annuale ) della vita stessa, cercando la sintonia tra essi e il ritmo fissato da Dio immutabile ed eterno, che segna i giorni, i secoli e il tempo.
In modo del tutto particolare la persona consacrata impara a lasciarsi plasmare dall'anno liturgico, alla cui scuola rivive progressivamente in sé i misteri della vita del Figlio di Dio con i suoi stessi sentimenti, per ripartire da Cristo e dalla sua pasqua di morte e risurrezione ogni giorno della vita.
Uno dei primi frutti di un cammino di formazione permanente è la capacità quotidiana di vivere la vocazione come dono sempre nuovo da accogliere con cuore grato.
Un dono a cui rispondere con un atteggiamento sempre più responsabile, da testimoniare con maggior convinzione e capacità di contagio perché anche gli altri possano sentirsi chiamati da Dio in quella vocazione particolare o per altre strade.
Il consacrato è, per sua natura, anche animatore vocazionale; chi è chiamato, infatti, non può non divenire chiamante.
C'è dunque un legame naturale tra formazione permanente e animazione vocazionale.
Il servizio alle vocazioni è una delle ulteriori nuove e più impegnative sfide che la vita consacrata si trova oggi ad affrontare.
Da un lato la globalizzazione della cultura e la complessità delle relazioni sociali rendono difficili le scelte di vita radicali e durature; dall'altro il mondo vive una crescente esperienza di sofferenze materiali e morali che minano la dignità stessa dell'essere umano e chiedono, con tacita invocazione, chi annunci con forza un messaggio di pace e di speranza, chi porti la salvezza di Cristo.
Risuonano nelle nostre menti le parole di Gesù ai suoi apostoli: « La messe è molta, ma gli operai sono pochi.
Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe » ( Mt 9,37-38; Lc 10,2 ).
Il primo impegno della pastorale vocazionale resta sempre la preghiera.
Soprattutto là dove si fanno rari gli ingressi nella vita consacrata, è sollecitata una fede rinnovata nel Dio che può suscitare figli ad Abramo anche dalle pietre ( cfr. Mt 3,9 ) e rendere fecondi i grembi sterili se invocato con fiducia.
Tutti i fedeli, e soprattutto i giovani, vanno coinvolti in questa manifestazione di fede in Dio che solo può chiamare e inviare i suoi operai.
L'intera Chiesa locale, vescovi, presbiteri, laici, persone consacrate, è chiamata ad assumere la responsabilità di fronte alle vocazioni di particolare consacrazione.
La via maestra della promozione vocazionale alla vita consacrata è quella che il Signore stesso ha iniziato, quando ha detto agli apostoli Giovanni ed Andrea: « Venite e vedrete » ( Gv 1,39 ).
Questo incontro, accompagnato dalla condivisione della vita, chiede alle persone consacrate di vivere profondamente la loro consacrazione per diventare un segno visibile della gioia che Dio dona a chi ascolta la sua chiamata.
Di qui la necessità di comunità accoglienti e capaci di condividere il loro ideale di vita con i giovani, lasciandosi interpellare dalle esigenze di autenticità, pronte a camminare con loro.
Ambiente privilegiato per questo annuncio vocazionale è la Chiesa locale.
Qui tutti i ministeri e i carismi esprimono la loro reciprocità52 e realizzano insieme la comunione nell'unico Spirito di Cristo e la molteplicità delle sue manifestazioni.
La presenza attiva delle persone consacrate aiuterà le comunità cristiane a diventare laboratori della fede,53 luoghi di ricerca, di riflessione e di incontro, di comunione e di servizio apostolico, in cui tutti si sentono partecipi nell'edificazione del Regno di Dio in mezzo agli uomini.
Si crea così il clima caratteristico della Chiesa come famiglia di Dio, un ambiente che facilita la vicendevole conoscenza, la condivisione e il contagio dei valori propri che sono all'origine della scelta di donare tutta la propria vita alla causa del Regno.
La diminuzione delle vocazioni particolarmente nel mondo occidentale e la loro crescita in Asia e in Africa sta disegnando una nuova geografia della presenza della vita consacrata nella Chiesa e nuovi equilibri culturali nella vita degli Istituti.
Questo stato di vita, che con la professione dei consigli evangelici dà ai tratti caratteristici di Gesù una tipica e permanente visibilità in mezzo al mondo,54 vive oggi un tempo particolare di ripensamento e di ricerca con modalità nuove e in culture nuove.
Questo è certamente un inizio promettente per lo sviluppo di espressioni inesplorate delle sue molteplici forme carismatiche.
Le trasformazioni in atto chiamano in causa direttamente i singoli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica perché diano un forte senso evangelico alla loro presenza nella Chiesa e al loro servire l'umanità.
La pastorale delle vocazioni richiede di sviluppare nuove e più profonde capacità di incontro;
di offrire con la testimonianza della vita caratteristici itinerari di sequela di Cristo e di santità;
di annunciare, con forza e chiarezza, la libertà che sgorga da una vita povera, che ha come unico tesoro il Regno di Dio;
la profondità dell'amore di un'esistenza casta, che vuol avere un solo cuore: quello di Cristo;
la forza di santificazione e rinnovamento racchiusa in una vita obbediente, che ha un unico orizzonte: dare compimento alla volontà di Dio per la salvezza del mondo.
Oggi la promozione delle vocazioni è un compito che non può essere delegato in maniera esclusiva ad alcuni specialisti, né separato da una vera e propria pastorale giovanile che fa sentire soprattutto l'amore concreto di Cristo verso i giovani.
Ogni comunità e tutti i membri dell'Istituto sono chiamati a farsi carico nel contatto con i giovani, di una pedagogia evangelica della sequela di Cristo e della trasmissione del carisma; i giovani attendono chi sappia proporre stili di vita autenticamente evangelici e cammini di iniziazione ai grandi valori spirituali della vita umana e cristiana.
Sono quindi le persone consacrate che devono riscoprire l'arte pedagogica di suscitare e liberare le domande profonde, troppo spesso nascoste nel cuore della persona, dei giovani in particolare.
Esse, accompagnando il cammino di discernimento vocazionale, saranno provocate a mostrare la sorgente della loro identità.
Comunicare la propria esperienza di vita è sempre un farne memoria ed un rivedere quella luce che ha guidato la personale scelta vocazionale.
Per quanto riguarda la formazione, il nostro Dicastero ha emanato due documenti, Potissimum institutioni, e La collaborazione interistituti per la formazione.
Siamo tuttavia ben consapevoli delle sfide sempre nuove che gli Istituti devono affrontare in questo campo.
Le nuove vocazioni che bussano alle porte della vita consacrata presentano profonde diversità e necessitano di attenzioni personali e metodologie adatte ad assumere la loro concreta situazione umana, spirituale e culturale.
Per questo è necessario mettere in atto un discernimento sereno, libero dalle tentazioni del numero o dell'efficienza, per verificare, alla luce della fede e delle possibili controindicazioni, la veridicità della vocazione e la rettitudine delle intenzioni.
I giovani hanno bisogno di essere stimolati agli ideali alti della sequela radicale di Cristo e alle esigenze profonde della santità, in vista di una vocazione, che li supera e forse va al di là del progetto iniziale che li ha spinti ad entrare in un determinato Istituto.
La formazione, perciò, dovrà avere le caratteristiche dell'iniziazione alla sequela radicale di Cristo.
Dal momento che il fine della vita consacrata consiste nella configurazione al Signore Gesù, è necessario mettere in atto un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre.55
Ciò aiuterà ad integrare conoscenze teologiche, umanistiche e tecniche con la vita spirituale e apostolica dell'Istituto e conserverà sempre la caratteristica di scuola di santità.
Le sfide più impegnative che la formazione si trova ad affrontare provengono dai valori che dominano la cultura globalizzata dei nostri giorni.
L'annuncio cristiano della vita come vocazione, sgorgata, cioè, da un progetto d'amore del Padre e bisognosa di un incontro personale e salvifico con Cristo nella Chiesa, si deve confrontare con concezioni e progetti dominati da culture e storie sociali estremamente diversificate.
C'è il rischio che le scelte soggettive, i progetti individuali e gli orientamenti locali prendano il sopravvento sulla regola, lo stile di vita comunitaria e il progetto apostolico dell'Istituto.
È necessario mettere in atto un dialogo formativo capace di accogliere le caratteristiche umane, sociali e spirituali di cui ognuno è portatore, di discernere in esse i limiti umani che chiedono il superamento, e le provocazioni dello Spirito, che possono rinnovare la vita del singolo e dell'Istituto.
In un tempo di profonde trasformazioni, la formazione dovrà essere attenta a radicare nel cuore dei giovani consacrati i valori umani, spirituali e carismatici necessari per renderli idonei ad attuare una « fedeltà creativa »,56 nel solco della tradizione spirituale e apostolica dell'Istituto.
L'interculturalità, le differenze di età e la diversa progettualità caratterizzano sempre di più gli Istituti di vita consacrata.
La formazione dovrà educare al dialogo comunitario nella cordialità e nella carità di Cristo, insegnando ad accogliere le diversità come ricchezza e a integrare i diversi modi di vedere e sentire.
Così la ricerca costante dell'unità nella carità diventerà scuola di comunione per le comunità cristiane e proposta di fraterna convivenza tra i popoli.
Particolare attenzione dovrà essere data poi ad una formazione culturale al passo con i tempi e in dialogo con le ricerche di senso dell'uomo d'oggi.
Per questo si domanda una maggiore preparazione nel campo filosofico, teologico, psicopedagogico e un orientamento più profondo alla vita spirituale, modelli più adeguati nel rispetto delle culture in cui nascono le nuove vocazioni, itinerari ben definiti per la formazione permanente e, soprattutto, si auspica che vengano destinate alla formazione le migliori forze, anche se questo comporta notevoli sacrifici.
L'impiego di personale qualificato e la sua adeguata preparazione è un impegno prioritario.
Dobbiamo essere altamente generosi per dedicare il tempo e le miglior energie alla formazione.
Le persone dei consacrati, infatti, sono fra i beni più preziosi della Chiesa.
Senza di esse tutti i piani formativi ed apostolici restano teoria, desideri inefficaci.
Senza dimenticare che in un'epoca frettolosa come la nostra occorre più che mai tempo, perseveranza e paziente attesa per raggiungere gli scopi formativi.
In circostanze nelle quali prevale la rapidità e la superficialità, abbiamo bisogno di serenità e profondità perché in realtà la persona si costruisce molto lentamente.
Se sono state messe in luce la necessità della qualità della vita e l'attenzione alle esigenze formative è perché questi aspetti sembrano i più urgenti.
La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica vorrebbe comunque essere vicina alle persone consacrate in tutte le problematiche e continuare un dialogo sempre più sincero e costruttivo.
I Padri della Plenaria sono consapevoli di questa necessità e hanno manifestato il desiderio di una maggiore conoscenza e collaborazione con gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
La loro presenza nella Chiesa locale, ed in particolare quella delle varie congregazioni di diritto diocesano, delle Vergini consacrate e degli eremiti, richiede una speciale attenzione da parte del Vescovo e del suo presbiterio.
Allo stesso modo sono sensibili agli interrogativi che si pongono religiosi e religiose riguardo alle grandi opere che finora hanno permesso di servire nella linea dei rispettivi carismi: ospedali, collegi, scuole, case di accoglienza e di ritiro.
In alcune parti del mondo esse sono richieste con urgenza, in altre diventano difficili da gestire.
Per trovare le vie risolutive occorre creatività, oculatezza, dialogo tra i membri dell'Istituto, tra Istituti con opere analoghe, con i responsabili della Chiesa particolare.
Molto vive sono anche le tematiche dell'inculturazione.
Esse riguardano il modo di incarnare la vita consacrata, l'adattamento delle forme di spiritualità e di apostolato, le modalità di governo, la formazione, la gestione delle risorse e dei beni economici, lo svolgimento della missione.
Le istanze espresse dal Papa nei confronti dell'intera Chiesa valgono anche per la vita consacrata: « Il cristianesimo del terzo millennio dovrà rispondere sempre meglio a questa esigenza di inculturazione.
Restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all'annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato ».57
Da una vera inculturazione si attende dalla vita consacrata, come dall'intera Chiesa, un notevole arricchimento e una nuova stagione di slancio spirituale e apostolico.
Potremmo passare in rassegna molte altre attese della vita consacrata all'inizio di questo nuovo millennio e non finiremmo più, perché lo Spirito sospinge sempre in avanti, sempre oltre.
È la parola del Maestro che tanto entusiasmo deve suscitare in tutti i suoi discepoli e discepole per fare memoria grata del passato, vivere con passione il presente, aprire con fiducia al futuro.58
Ascoltando l'invito rivolto da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa, la vita consacrata deve decisamente ripartire da Cristo, contemplando il suo volto, privilegiando le vie della spiritualità come vita, pedagogia e pastorale.
« La Chiesa attende anche il vostro contributo, Fratelli e Sorelle consacrati, per avanzare lungo questo nuovo tratto di strada secondo gli orientamenti che ho tracciato nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte: contemplare il volto di Cristo, ripartire da Lui, testimoniare il suo amore ».59
Solo allora la vita consacrata troverà nuova vitalità per porsi al servizio di tutta la Chiesa e dell'umanità intera.
Indice |
41 | Cfr. Novo millennio ineunte, 25-26 |
42 | Cfr. Vita consecrata, 110 |
43 | Cfr. Lumen gentium, cap.V |
44 | Lumen gentium, 42 |
45 | Vita consecrata, 31; cfr. Novo millennio ineunte, 46 |
46 | Cfr. Congr. Istituti di vita consacrata,
La vita fraterna in comunità, n. 50, "Congregavit nos in unum Christi amor", 2 febbraio 1994 |
47 | Cfr. Vita consecrata, 92 |
48 | Cfr. Novo millennio ineunte, 45 |
49 | Cfr. Congr. Istituti di vita consacrata, Direttive sulla formazione negli Istituti Religiosi, Potissimun institutioni, 1, Roma 2 febbraio 1990 |
50 | Vita consecrata, 65 |
51 | Vita consecrata, 66 |
52 | Cfr. Christifideles laici, 55 |
53 | Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia alla veglia a Torvergata, n. 3 ( 20 agosto 2000 ) |
54 | Cfr. Vita consecrata, 1 |
55 | Cfr. Vita consecrata, 65 |
56 | Vita consecrata, 37 |
57 | Novo millennio ineunte, 40 |
58 | Cfr. Novo millennio ineunte, 1 |
59 | Giovanni Paolo II, Omelia ( 2 febbraio 2001 ) |