Eresia
Da hairesis, "presa", "scelta"; "propensione"; "scopo"; "scuola", "setta scientifica o letteraria"; "partito", "fazione". Nel linguaggio cristiano indica una "scelta" nel patrimonio della fede, di cui ammette certi aspetti a scapito di altri che rifiuta: è una ristrettezza di orizzonti, un frammentarismo nella dottrina per angustia di visione intellettuale: è una verità mutilata, quindi un errore, perché la verità, per sua natura, sussiste solo se integra. Nell'eresia il gusto individuale predomina sull'insegnamento della Chiesa, che la verità tutela in tutta la sua completezza. L'eresia presuppone tre elementi.
Costituisce una colpa di straordinaria gravità, perché pretende di sostituire l'opinione umana alla parola divina, della quale si erge a giudice. Oltre alle rovine spirituali, le eresie ne provocarono sovente, lungo le età, di quelle sociali ingenerando conflitti spesso accaniti, che sfociarono in guerre disastrose. La storia mostra che, dopo un periodo di virulenza, si sono sgonfiate e disperse, oppure fossilizzate e disgregate, a conferma che l'errore non possiede la vitalità che è tipica della verità. |
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Nell'ambito della fede cristiana, teoria che in base a pronunciamenti autorevoli della Chiesa è giudicata in contrasto con l'autentica dottrina ispirata da Cristo e formulata dalla tradizione ecclesiale ( v. dogma ). L'eresia si distingue sia dall'apostasia ( v. ), completo ripudio della fede, sia dallo scisma ( v. ), cioè il distacco per motivi pratico-disciplinari di una comunità dalla comunione ecclesiale. Tuttavia fra queste tre figure, concettualmente e storicamente isolabili, si verificano di frequente coincidenze e sovrapposizioni, specie durante fasi critiche dovute sia a difficoltà di comprensione fra i cristiani, sia a laboriosi processi di approfondimento del credo. La definizione del concetto di eresiaDi fatto, lo stesso uso neotestamentario del termine greco àiresis ( scelta, predilezione, setta ) appare variegato, a designare partiti religiosi dell'ebraismo, come i sadducei e i farisei, oppure gli stessi seguaci di Cristo ( At 28,22 ). Nelle lettere di Paolo l'oscillazione semantica va dalla sinonimia fra airesis e skisma ( 1 Cor 11,19 ), che implicano però sempre una lacerazione nel tessuto della comunità, al duro giudizio sull'eretico, persona da evitare, a meno che si corregga con le opportune ammonizioni ( Tt 3,10 ). Un senso destinato ad affermarsi è riscontrabile nella Seconda lettera di Pietro ( 2 Pt 2,1 ) che dice eresia l'ingannevole predicazione dei falsi maestri. Secondo la Prima lettera di Giovanni ( 1 Gv 2,22 ) chi "nega il Padre e il Figlio" è da considerare "anticristo"; per evitare di riprodurne l'atteggiamento, che ottunde la capacità di operare secondo l'agàpe ( v. ), occorre attenersi alla fede ricevuta per tradizione. Questa norma viene ripresa dai Padri della Chiesa e dagli antichi scrittori cristiani. Giustino, mentre enuncia il suo reciso distacco dagli eretici, da lui identificati in talune sette gnostiche, inculca la costante adesione all'insegnamento degli apostoli, fondato sulle parole di Gesù Cristo. Ireneo di Lione insiste sul fatto che l'insegnamento cristiano trova la garanzia dell'autenticità nell'ininterrotta successione dei vescovi e dei presbiteri. Simile collegamento suggerisce come la discriminante rispetto all'eretico venga situata non solo nell'ambito dei contenuti del credo, recepiti attraverso una catena tradizionale autorevole, ma anche nella sintonia con un'associazione fraterna che determina, attraverso guide costituite e in continuità con il patrimonio delle origini, le modalità della professione cristiana. La dialettica tra "ortodossia" ed "eresia"D'altro canto, nonostante simili determinazioni, anche i distacchi provocati dall'eresia vengono ritenuti non scevri d'efficacia per la plasmazione e per l'approfondimento delle formule in cui si condensa l'esperienza cristiana: Agostino, che non esita a considerare "uomini grandi" gli iniziatori di "grandi" eresie ( In Psalmos, 1,24 ), giungerà a scrivere che gli eretici, sebbene "al di fuori" della Chiesa, le recano notevoli vantaggi, obbligando i "cattolici" a ricercare e a sondare la verità ( De vera religione, 8,15 ). Nella prospettiva di questa interazione dialettica, i cui precisi elementi non risultano sempre nitidi, si può leggere l'intera storia del cristianesimo. Gnosticismo e millenarismo contribuirono a foggiare l'ortodossia all'avvio del movimento cristiano, così come parecchie teorie sul nesso tra umanità e divinità in Cristo, condannate dai concili antichi, diedero impulso alla comprensione delle radici da cui crebbero nuove consapevolezze dottrinali. Anche il "malessere ereticale" del Medioevo, spesso derivante dall'esasperazione dualistica tra materia e spirito, sospinse correnti "ortodosse", e in definitiva il magistero ecclesiastico, all'approdo verso un rapporto più autentico tra fede, istituzioni ecclesiastiche e mondanità. Va comunque rilevato che la mentalità diffusa in quei secoli tendeva ad ampliare il concetto di eresia, includendovi molte figure di dissenso sul piano intellettuale e di contraddizione su quello del costume e dell'etica vigenti. Inoltre, siccome l'eretico veniva considerato privo della pienezza dei diritti, non infrequentemente veniva bollato come eretico colui che si voleva comunque espellere dal consorzio civile. Alle soglie dell'età moderna la frattura nella cristianità occidentale tra protestanti e cattolici si consuma anche attorno a divergenti valutazioni circa i convincimenti recepiti sui rapporti fra grazia divina e libertà umana, fra Bibbia e Tradizione, fra dignità del singolo fedele e autorità gerarchica. Le antitesi allora determinatesi sul difficile crinale tra ortodossia ed eresia perdurano ancora, seppur inquadrate in una diversa luce, all'interno del mondo cristiano. Oggi il movimento ecumenico e i dialoghi teologici interconfessionali obbligano tutte le confessioni a ripensare e, in prospettiva, riformulare la loro nozione di eresia. Per i cattolici, la garanzia suprema di "essere nella verità" si trova nella comunione con il vescovo di Roma. Per gli ortodossi, è fuori della verità ( e quindi in qualche modo "eretico" ) ciò che non è conforme a quanto hanno stabilito i sette concili ecumenici della Chiesa del primo millennio. Per i protestanti, il criterio ultimo della verità è la Sacra Scrittura letto nella comunione della fede sotto la guida dello Spirito. Per tutti i cristiani si può dire che i dogmi che riflettono lo spirito cristiano originario e che tutte le Chiese condividono e professano, rappresentano punti di riferimento essenziali nel valutare opinioni e indirizzi e nel classificarli all'occorrenza come eresia, sebbene si riveli necessaria una visione complessiva dello sviluppo delle formulazioni della fede e della loro capacità ad accogliere esperienze e punti di vista diversi, la cui complementarità risulta non infrequentemente perspicua in sede di analisi storica. |
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Dal greco « hairèsis », che significa soprattutto « scelta, elezione, il prendere da parte ». Nel NT « eresia » designa una setta o un gruppo religioso o un partito o una corrente che divide le comunità ( 1 Cor 11,19; Gal 5,20; 2 Pt 2,1 ). La tendenza a staccarsi dalla grande Chiesa per formare una « chiesa » a parte ( così in At 20,30; Col 2,18 ) sottende spesso una errata concezione della fede, che assume ( « sceglie, prende da parte » ) una o alcune verità separandole o isolandole dal contesto più generale in cui esse devono essere inserite, o arrivando a negare una verità creduta dalla grande Chiesa. Storicamente, le eresie hanno spesso sottolineato verità quasi dimenticate nella vita della Chiesa, e la reazione ad esse ha quasi sempre provocato una migliore autocomprensione del messaggio cristiano nella concatenazione sinfonica delle sue verità. |
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Schedario biblico |
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Eresia | C 29 |
Anticristo | B 50 |
Menzogna | E 59 |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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Vero Dio e vero uomo | 465ss |
Summa Teologica |
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II-II, q. 11 |