Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro I

125 - Finiranno nella condanna anche i non rigenerati

Giuliano. Se tu dirai questo sproposito, anche i tuoi patroni potranno confessare quanto apertamente tu sii manicheo.

Se invece comprenderai che l'esercito così grande del vero Re combatte contro la tua sentenza e che tu non puoi recare ad esso pregiudizio, rasségnati a constatare la distruzione di tutta la tua costruzione: e quindi non tutti da uno solo finiscono nella condanna, ( Rm 5,16 ) ma solamente coloro che dall'ultima fine saranno trovati ribelli alla volontà di Dio senza pentimento e senza emendamento.

Agostino. Aggiungi: anche i generati, se non sono stati rigenerati, perché in uno solo hanno peccato tutti. ( Rm 5,12 )

126 - L'immagine dei vasi

Giuliano. Che poi Dio sia stato paragonato ad un vasaio che dalla medesima massa fa un vaso per uso nobile e un altro per uso volgare, ( Rm 9,21 ) non avrebbe dovuto essere davvero ricordato da te, perché, come da noi è spiegato coerentemente, così è contrario a te totalmente; quando infatti si dice che gli uni sono fatti per usi nobili e gli altri per usi volgari, giova al senso dei cattolici, con il quale secondo la diversità della volontà umana si sostiene anche il diverso esito dei vasi.

Agostino. Ascolta Ambrogio che dice: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è nel vizio la nostra stessa nascita.88

Così appunto intende con tutti gli altri suoi colleghi, discepoli, dottori, senza nessun dubbio cattolici, quanto è stato scritto a proposito del peccato e della morte: è entrato a causa di un solo uomo ed è passato in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )

E devi capire che questa è la massa da cui si fanno i vasi, sia di una specie, sia dell'altra.

Perché, se di questa inscrutabile questione la soluzione fosse cotesta che tu ritieni secondo i meriti della volontà, essa sarebbe tanto manifesta che nessuna sua difficoltà spingerebbe l'Apostolo a dire: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? ( Rm 9,20 )

Di personaggi infatti non ancora nati si trattava, dei quali non in dipendenza delle opere, ma secondo la propria volontà, Dio ha amato l'uno e ha odiato l'altro: donde si è arrivati a queste parole dove dire della medesima massa, dei diversi vasi, della libertà del vasaio.

127 - Le insondabili vie del Signore

Giuliano. Tu poi, che sopra avevi detto che tutti se ne vanno alla dannazione, con che faccia hai posto la testimonianza dove si dichiara che uno va all'onore e un altro alla vergogna?

Agostino. Ma la grazia libera dalla dannazione di tutta la massa coloro che libera, ed è negando questa grazia che voi siete eretici.

Per quanto infatti dipende dal merito dell'origine, tutti vanno alla dannazione a causa di uno solo. ( Rm 5,16 )

Per quanto invece concerne la grazia, che non è data secondo i meriti, si dicono vasi di misericordia tutti coloro che sono liberati da cotesta dannazione, mentre su quelli che non sono liberati continua a incombere l'ira di Dio, ( Gv 3,36 ) proveniente da un suo giusto giudizio, che non per questo è vituperabile perché è imperscrutabile.

E la ragione per cui si dicono vasi d'ira è che anche di essi Dio fa buon uso per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia. ( Rm 9,23 )

La pena infatti che Dio esige per sua giustizia da tutti gli altri la condona a cotesti per sua misericordia.

E se tu stimi biasimevoli queste insondabili vie del Signore, ascolta: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? ( Rm 9,20 )

128 - Il vasaio di Paolo e il vasaio di A.

Giuliano. Niente è infatti tanto contraddittorio quanto dire tutti e non tutti.

Tu dici che dal Dio vasaio tutti sono fatti per la dannazione, l'Apostolo dice che né tutti per la dannazione né tutti per l'onore: il che spiegherò a suo luogo quale dignità abbia.

Tuttavia nella stessa formulazione della sentenza risulta esserci tra voi una grande discordia: né il vasaio che plasma tutti i vasi per la dannazione è il medesimo vasaio del quale Paolo dice che fabbrica alcuni vasi per uso nobile, né tu credi a quel vasaio di cui predica il meraviglioso Maestro, perché il tuo vasaio plasma tutti i vasi per la dannazione, il vasaio dell'Apostolo ne plasma moltissimi per la gloria.

Agostino. Quando si dice che tutti a causa di uno solo vanno alla dannazione, si indica la stessa massa dalla quale il vasaio fa alcuni vasi per uso nobile, quelli cioè che sono assunti alla grazia, e altri per uso volgare, quelli cioè che sono lasciati a pagare il debito, perché i figli della grazia sappiano che a loro si condona un debito di cui non sarebbe ingiusta l'esazione, e perché così non si glorino di se stessi, ma del Signore. ( 1 Cor 1,31 )

129 - Il Dio di G. e il Dio di Paolo

Giuliano. E questo vorrei proprio averlo detto perché appaia subito che tu sei o di singolare ignoranza o di singolare impudenza nel fare uso, invece che di testi favorevoli a te, di altri che ti sono contrari.

Del resto la pietà e la ragione spiegheranno che il mio Dio non plasma nessuno per la vergogna.

Agostino. Se il tuo Dio non plasma nessuno per la vergogna, non è lo stesso Dio dell'apostolo Paolo.

È appunto del vero Dio che egli diceva: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio?

Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: Perché mi hai fatto così?

Forse il vasaio non è padrone dell'argilla per fare dalla medesima massa un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? ( Rm 9,20-21; Is 45,9 )

Ma tu evidentemente da grande maestro d'arte tiri fuori dalla fucina pelagiana un Dio più buono che non fa nessun vaso per uso volgare.

130 - La previsione di Dio

Giuliano. Ma crea buona la sua immagine, cioè tutti gli uomini, Dio che, quando sono stati demoliti dalla pravità delle passioni, desidera di riformarli con la generosità dei suoi rimedi.

È a lui che la Chiesa canta: Misericordia e giustizia, ( Sal 101,1 ) perché è benigno verso coloro che non hanno peccato, e d'altra parte punisce con giusto giudizio coloro che, creati buoni da Dio, hanno peccato di propria volontà e respinto i sussidi della sua misericordia.

Questa misericordia dunque e questa giustizia canta la Chiesa dei cattolici; ma nulla di simile può risuonare nella vostra, secondo la quale senza giustizia, senza giudizio, senza misericordia Dio, creatore di uomini cattivi, li plasma per punirli e li punisce perché egli stesso li ha plasmati da Adamo.

Agostino. Certamente già sopra ti è stato risposto per tutte coteste tue affermazioni, tuttavia ascolta brevemente anche qui.

Non rifiuta Dio il bene della sua formazione alla stirpe umana nemmeno dopo che è stata condannata.

Ma se ti dispiace che Dio crei coloro che condanna, contraddicilo, se puoi, perché non crei coloro dei quali senza dubbio ha previsto che saranno cattivi e che persevereranno fino alla fine nella loro cattiva volontà e che per questo dovranno essere condannati.

Oppure suggeriscigli, se ti pare, che le tante migliaia di bambini non battezzati, dei quali preconosce che vivranno perdutamente e che per sua condanna andranno nel fuoco eterno con il diavolo, li rapisca da questa vita finché sono innocenti e buoni, e ottengano la vita eterna, se non nel suo regno, almeno in un qualche luogo di felicità secondaria, come quello che ha costruito per essi la vostra eresia.

Altro ancora hai da suggerire come consigliere di Dio in favore dei suoi figli, da lui rigenerati, da lui adottati e da lui tuttavia previsti cattivi e condannandi; prima che arrivino ad una vita colpevole li privi della prosecuzione della vita stessa, e appartengano al suo Regno, non ai supplizi eterni.

Poiché infatti hai ritenuto odioso dire che Dio crea persone da condannare, pensa con quanta più odiosità un altro vano alla pari di te potrebbe dire che Dio rigenera persone da condannare, mentre è nel potere della sua onnipotenza sottrarle alle tentazioni di questa vita mortale, prima che diventino condannabili.

Se invece non puoi dire così, né contraddire Dio, né offrire il tuo consiglio alla sua sapienza - chi infatti ha mai potuto conoscere il pensiero del Signore o chi mai è stato suo consigliere? ( Rm 11,34; Is 40,13 ) - smetti di portarci avanti un secondo vasaio che non plasma vasi per usi volgari e astieniti dal riprendere questo vasaio che li plasma, e riconosci te stesso, perché proprio per impedirti d'implicarti in questo sacrilegio l'Apostolo ti dice: O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? ( Rm 9,20 )

131 - La grazia previene l'uomo

Giuliano. Ma si dimostri ormai la dignità della sentenza dell'Apostolo, perché non si creda che abbia sentito almeno nei riguardi di alcuni ciò che tu hai stimato abbia sentito nei riguardi di tutti.

L'apostolo Paolo pertanto, discutendo delle questioni dei Giudei che, tronfi della dignità della propria razza, disdegnavano che fossero equiparati a loro i fedeli provenienti dai pagani, esalta insieme la giustizia di Dio e la sua grazia, argomentando che alla munificenza di esse appartiene il duplice fatto: che prima la conoscenza della legge aveva nobilitato i Giudei e che in seguito la predicazione del Cristo aveva aggregato anche le genti.

Unico infatti il creatore di ambedue i popoli, che giudicherà alcuni per mezzo della legge, altri senza la legge, altri nella legge, ( Rm 2,12; Rm 3,29-31 ) perché non era il Dio dei Giudei solamente, ma anche dei gentili, e renderà a ciascuno il suo senza frode, senza grazia, ( Rm 3,29 ) cioè senza nessuna preferenza di persona - e questo sta a significare il nome di grazia nella definizione della giustizia -.

Egli giustamente condanna ed esclude dalla sua eredità coloro che vengono dal seme di Abramo, se vivono iniquamente, così come pure i gentili sorpresi in uguale condotta.

Viceversa dona i gaudi eterni alle buone volontà e alla vera fede e alla probità delle azioni di ambedue i popoli.

Comprime dunque il Maestro delle Genti il tumore della superbia dei Giudei e mostra che la distanza non sta nei semi del genere umano, ma nei costumi, perché riconoscessero che nessun privilegio di circoncisione li avrebbe garantiti, se non avessero cercato d'essere fedeli, dal momento che Giacobbe ed Esaù, concepiti da un'unica inseminazione e nati da un unico parto, subirono sorti troppo diverse secondo la diversità dei loro meriti.

Agostino. Se tu seguissi la sapienza dell'Apostolo, non richiameresti i meriti di Giacobbe a questo punto dove dice che non fu amato a causa delle opere, per porre in evidenza la grazia che non è data secondo i nostri meriti; altrimenti essa non sarebbe, con le sue parole, salario non calcolato come dono, ma calcolato come un debito. ( Rm 4,4 )

Con le quali parole cosa intende se non che la grazia non è dovuta, ma è gratuita?

Questa grazia, pertanto, poneva in evidenza dove diceva: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama -, le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore. ( Rm 9,11-12 )

Sono affermazioni chiare, che tu tenti di oscurare.

Togli i tuoi fumi e guarda alla luce delle Scritture.

La grazia appunto previene l'uomo, perché abbia la dilezione di Dio e con questa dilezione compia il bene.

Il che mostra apertissimamente anche l'apostolo Giovanni dove afferma: Amiamolo perché egli ci ha amati per primo. ( 1 Gv 4,19 )

Dunque non siamo amati perché l'abbiamo amato, ma lo dobbiamo amare perché siamo stati amati da lui.

132 - Esaù e Giacobbe

Giuliano. Infatti Esaù, profanatore e fornicatore che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura, chiese la benedizione che aveva disprezzata e non l'ottenne, sebbene l'avesse richiesta con le lacrime.

All'inverso Giacobbe, quieto, mite, obbediente ai precetti dei genitori, avidissimo di cose sante, fu promosso a tal punto che in mezzo al popolo santo Dio si diceva, come di Abramo e di Isacco, così pure Dio di Giacobbe. ( Es 3,6; Mt 22,32; Eb 12,16-17 )

Poiché dunque a tutti era noto da esempi che Dio per suo giusto giudizio non nega alle buone disposizioni in qualsiasi gente la sua misericordia e non lascia invece per nulla alle cattive disposizioni di proteggersi con la nobiltà della stirpe, capissero i Giudei che non dovevano disprezzare la fede delle genti, perché, come non patrocina i crimini lo stemma israelitico, così pure non nuoce in nessun modo alle virtù l'origine pagana.

Questo dunque è tutto ciò che l'Apostolo tratta in tale controversia.

In alcuni punti tuttavia per curvare l'arroganza dei circoncisi ama indicare sotto il nome di grazia il solo potere di Dio.

Agostino. Dunque per curvare l'arroganza dei circoncisi l'Apostolo mentisce sotto il nome di grazia, perché Dio eleggerebbe a causa delle opere e non a causa della grazia.

Chi può intendere così se non un eretico, nemico della grazia e amico della superbia?

Il Vaso di elezione e Predicatore della grazia, fatto tale dalla grazia stessa, grida che Giacobbe non fu amato per le sue opere, e tu rammenti le opere di Giacobbe per le quali sostieni sia stato amato, e nel fare così stimi di contraddire me, mentre sei un nuovo anticristo e contraddici apertissimamente colui nel quale ha parlato il Cristo. ( 2 Cor 13,3 )

133 - Facendo quello che vuole Dio fa quello che deve

Giuliano. Ad essi che si gloriavano dell'osservanza delle cerimonie e delle vittime e per questo stimavano che le altre nazionalità, non consacrate in nessun modo dai riti della legge, né potessero né dovessero essere subito associate a loro nella medesima sorte, l'Apostolo intendeva dire che, anche se in quelle osservanze ci fosse stata la sostanza della giustizia, Dio aveva tuttavia in suo potere il diritto di fare qualche scambio di popoli per rigettare quelli che voleva rigettare e assumere quelli che voleva assumere.

Alla quale interpretazione si risponde da parte dei Giudei che non si deve esigere più nulla dalla volontà dell'uomo, poiché Dio usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole. ( Rm 9,18 )

Al che l'Apostolo replica: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? ( Rm 9,20 )

E riporta la testimonianza del profeta Isaia: Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: Perché mi hai fatto così? ( Is 45,9; Rm 9,20 )

Aggiunge poi di suo: Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare dalla medesima massa di pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? ( Rm 9,21 )

E il significato è questo: Perché io ho insistito sulla volontà di Dio e ho esposto l'autorità della sua grazia, dicendo che usa misericordia a chi la vuole usare, tu, o Giudeo, hai mosso calunnia contro di me quasi che la mia lode della volontà di Dio e del suo potere comportasse l'eliminazione della sua giustizia, e poiché ho detto che " Dio fa quello che vuole " hai argomentato che non si deve chiedere più nulla alla volontà dell'uomo, se Dio fa tutto di sua volontà; mentre la dignità della persona non ha lasciato luogo a questione.

Se infatti avessi detto: " Dio fa quello che deve secondo le leggi della sua giustizia che giudica i meriti dei singoli ", non avresti certamente replicato nulla di quello che ora obietti.

Adesso invece, perché ho detto: " Dio fa quello che vuole ", hai creduto che io abbia rubato qualcosa alla dignità della giustizia.

Ambedue le affermazioni sono quindi identiche.

Infatti quando dico di Dio: " Fa quello che vuole ", nient'altro dico se non: " Fa quello che deve ".

So infatti che egli non vuole altro che quello che deve.

Dove dunque la volontà aderisce inseparabilmente all'equità, qualunque delle due io nominerò, le ho indicate ambedue.

Agostino. In qualsiasi modo tu dica che Dio fa quello che deve, la grazia non la deve a nessuno e a molti non rende il supplizio che deve alle loro opere cattive, ed elargisce la grazia che non deve a nessuna delle loro  opere buone.

Che doveva per esempio al medesimo Paolo, quando ancora da Saulo perseguitava la Chiesa?

Non doveva forse il supplizio? Che l'abbia dunque prostrato a terra con una voce fatta discendere dal cielo, che l'abbia accecato, che l'abbia attratto con tanta violenza ad accogliere la fede che devastava, ( At 9,4.8s ) lo fece certamente secondo la grazia e non secondo un debito, perché fosse in quel resto del popolo di Israele del quale dice: Così anche al presente c'è un resto, conforme ad una elezione di grazia.

E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. ( Rm 11,5-6 )

Che doveva se non il supplizio anche a coloro ai quali dice: Io agisco non per riguardo a voi, gente di Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato tra le genti? ( Ez 36,22 )

Dice dunque che in mezzo ad essi fa il loro bene, ma per il suo nome che hanno profanato, non per loro stessi che lo hanno profanato: se volesse infatti agire tenendo conto di loro, renderebbe ad essi il debito supplizio e non donerebbe l'indebita grazia.

Quello infatti che promette di fare è perché facciano il bene, non perché erano buoni coloro che hanno disonorato il suo santo nome.

Inoltre dice apertissimamente che essi avrebbero fatto il bene ma facendoglielo fare egli stesso.

Dice appunto tra l'altro: Vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. ( Ez 36,27 )

Per queste opere certamente il salario è calcolato come un debito: è dovuto infatti il salario se le opere si fanno, ma la grazia che non si deve le precede perché le opere si facciano.

Si deve, dirò, un buon salario alle opere buone degli uomini, ma non si deve la grazia che trasforma gli stessi uomini da cattivi in buoni.

Infine tu che hai detto che Dio fa quello che deve e hai sventolato a testa alta i meriti umani, dimmi, ti prego, a quali meriti dei bambini debba Dio il Regno dei cieli.

Forse dirai che lo deve alla propria grazia, con l'aiuto della quale essi sono rinati.

Per la grazia infatti, dopo che l'hanno ricevuta, già meritano d'entrare nel suo Regno; ma la grazia stessa che egli offre ai rigenerandi non la deve assolutamente a nessuno dei loro meriti.

Per questo il vostro Pelagio, nel processo episcopale palestinese, fu costretto a condannare coloro che dicono che la grazia di Dio si dà secondo i meriti nostri, per non essere condannato egli stesso: dove senza dubbio condannò e te stesso e se stesso che non cessate di dirlo.89

Cotesta grazia, veramente grazia, cioè gratuita e non dovuta a nessun merito precedente, ricordava l'Apostolo dove diceva: Quando essi non erano ancora nati e nulla avevano fatto di bene o di male, perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione. ( Rm 9,11-12 )

Cotesta è l'elezione di cui si dice pure: C'è un resto conforme ad una elezione per grazia.

E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. ( Rm 11,5-6 )

Tant'è vero che anche dopo aver detto: Perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione, soggiunge subito: Non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama, le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore. ( Rm 9,12 )

Contro questa tromba della verità tu strepiti e dici: Per curvare l'arroganza dei circoncisi l'apostolo Paolo ama indicare sotto il nome di grazia il solo potere di Dio.

Nel qual caso che altro dici se non questo: Per curvare l'arroganza dei circoncisi l'Apostolo mentisce asserendo che Giacobbe non fu amato per le opere, mentre fu amato per le opere, cioè perché era quieto, mite, obbediente ai precetti dei genitori, avidissimo di cose sante?90

Né capisci che non fu amato perché era tale o perché sarebbe stato tale, ma divenne tale perché fu amato.

Arrossisci: non mentisce l'Apostolo.

Giacobbe non fu amato per le opere; ma, diletto per grazia, ( Rm 11,6 ) fu opportuno che la medesima grazia lo facesse abbondare di opere buone.

Abbi pietà della tua anima, non voler essere nemico di questa grazia!

134 - Insieme la grazia di Dio e la volontà dell'uomo. Dio fa che l'uomo faccia

Giuliano. Dunque quella superbia, che voleva oziare e coprire con il colore della necessità la propria accidia per aver ragione di reclamare contro il Vangelo sull'accoglimento delle genti, si sente dire che, pur ammessa l'esattezza della tua interpretazione, tu avresti dovuto supplicare Dio e non suscitare una sedizione.

Con quelle parole rintuzza la nequizia di chi, adottando un parlare ambiguo, per questo cercava di attribuire a necessità divina la diversità dei meriti proveniente dalla qualità della volontà, perché voleva asserire una di queste due necessità: o le genti non fossero ammesse a partecipare della promessa o, se ciò fosse lecito a Dio, si estinguessero i compiti della libera volontà.

Ma poiché ciò non bastava all'impresa - da un tale maestro infatti come veniva esaltata l'autorità di Dio, così non doveva essere lasciata indifesa la sua giustizia -, conseguentissimamente soggiunge che i vasi fatti per usi volgari e quelli fatti per usi nobili hanno questo trattamento dallo stipendio della propria volontà: Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, cioè verso di noi che egli ha chiamati, non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, ( Rm 9,22-24 ) che potremmo dire?

Qui certamente risolve quello che il precedente conflitto aveva lasciato coperto: da Dio non si porta ira se non contro quei vasi che siano pronti per la perdizione e la gloria si dona ai vasi che siano stati preparati per essa.

Da chi poi tali vasi vengano preparati a ricevere ciò che abbiamo detto, l'ha manifestato il discorrere dello stesso Apostolo: In una grande casa, scrive, non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio; alcuni sono destinati ad usi nobili, altri ad usi più spregevoli.

Chi si manterrà puro astenendosi da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al suo padrone, pronto per ogni opera buona. ( 2 Tm 2,20-21 )

Agostino. Dunque i vasi si preparano da se stessi, così che è stato detto invano che è Dio a predisporli alla gloria?

Questo è infatti quello che dici apertissimamente e non capisci che è stato detto: Chi si manterrà puro, per mettere in evidenza anche l'opera dell'uomo per mezzo della sua volontà.

Ma, o uomo ingrato, la volontà è preparata dal Signore. ( Pr 8,35 sec. LXX )

Perciò sono vere ambedue le affermazioni: e che Dio prepara i vasi alla gloria e che i vasi si preparano anche da se stessi.

Infatti Dio fa che l'uomo faccia, e Dio per primo ama l'uomo perché l'uomo ami Dio.

Leggi il profeta Ezechiele, dal quale ho riferito sopra quello che mi è sembrato sufficiente.91

Vi troverai anche queste parole: Dio fa che facciano secondo i suoi precetti gli uomini dei quali ha pietà, non per i loro meriti, che ivi menziona come meriti cattivi, ma per il suo nome, allo scopo che facendo Dio senza i meriti degli uomini che essi facciano secondo i suoi precetti comincino ad avere meriti di opere buone.

Questa è la grazia che voi negate: non la grazia che proviene dalle opere che si fanno, ma la grazia che proviene da Dio perché le opere si facciano.

135 - Ti basti che sia chiara la verità

Giuliano. Ecco l'ufficio della volontà libera: Chi si manterrà puro, dice, dal contagio dei vasi spregevoli - e con questo nome sono indicati i vizi -, sarà un vaso nobile, santificato, utile al suo padrone, pronto per ogni opera buona. ( 2 Tm 2,21 )

È dunque con le loro scelte che questi vasi si preparano o all'ira o alla gloria.

Ma in ambedue i casi Dio manifesta la sua potenza: o sfoderando la sua severità contro gli empi o elargendo la sua benedizione ai fedeli.

Si è pertanto fatto chiaro che questa sentenza dell'egregio precettore e non ha dato spago ai modi di sentire dei manichei e viceversa ha conseguentemente offerto a noi delle armi.

Agostino. Perché calunni, perché incrimini, perché non presti attenzione chi e quali dottori della Chiesa tu incrimini?

Ti rispondo con le parole non di un qualsiasi manicheo ma di Sant'Ambrogio: Dio chiama chi si degna di chiamare e fa religioso chi vuole.92

Questo lo fa Dio in verità, questo ha inteso Ambrogio nella verità delle divine Scritture, ma il giudizio per cui lo fa con alcuni e non con altri rimane occulto.

Per questo è detto all'uomo per mezzo di un uomo ma non dall'uomo: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio?

Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che l'ha plasmato: "Perché mi hai fatto così"?

Forse il vasaio non è padrone dell'argilla per fare dalla medesima massa di pasta un vaso nobile e uno per uso volgare? ( Rm 9,20-21 )

Togli le tue foschie dalla serenità di queste parole, che indicano un giudizio di Dio certamente occulto, ma che per se stesse sono tanto chiare da non lasciarsi appannare e oscurare dalla tua caligine.

136 - Dio crea tutti gli uomini, ma non li salva tutti

Giuliano. Essa perciò ti è anche fortemente contraria, perché dice che non tutti sono plasmati per la dannazione, nella quale tu dichiari che vanno tutti a finire.

Assurdissimamente poi sei solito argomentare così: Ma non sono plasmati per la dannazione coloro che successivamente sono liberati, perché anche così non può essere d'accordo con te nemmeno la superficie del discorso dell'Apostolo.

Infatti tu quando dici: " Tutti sono creati per la dannazione in forza della legge del nascere, ma alcuni, benché pochissimi, sono liberati per mezzo dei misteri ", non asserisci quello che asserisce l'Apostolo, il quale non insegna solamente che alcuni sono liberati tra i condannati, ma insegna che non tutti sono plasmati per la dannazione, e invece alcuni per il disonore, altri per l'onore.

Agostino. L'Apostolo dove ha detto: Da uno solo tutti alla condanna, ( Rm 5,16 ) ha indicato la stessa massa che fluisce da Adamo tutta viziata.

Dove poi dice che da essa si fanno vasi per uso nobile, esalta la grazia con la quale Dio libera altresì gli uomini che crea.

Dove però dice che dalla massa si fanno vasi per uso volgare, mostra il giudizio per cui Dio crea, sì, gli uomini e tuttavia non li libera.

Il che anche voi siete costretti a confessare dei bambini, dei quali non potete certamente negare che una sola sia per tutti la massa, checché pensiate della sua qualità.

Dalla quale massa riconoscete tuttavia che alcuni si adottano per il Regno di Dio, e concedete che questi sono senza dubbio vasi fatti per uso nobile, e altri invece non si adottano, e che questi siano vasi fatti per uso volgare, se non lo acconsentite intelligentemente, lo negate impudentemente.

Infatti, anche se come volete questa non è una pena di condanna, sarà almeno un'ingiuria per l'immagine di Dio essere separata dal Regno di Dio.

Ma voi, se negherete persistentemente quella grazia, dimostrerete di appartenere a questo giudizio di condanna, il quale sarebbe certamente ingiusto nei bambini, se non ci fosse in loro il peccato originale.

137 - Fumi, non fulmini

Giuliano. Come si è fatto chiaro che l'Apostolo l'ha detto della condotta morale, così apparisce quanto sia grande la penuria di testimonianze della Legge che ti fa soffrire.

Tu contro i fulmini della ragione chiedi aiuto a queste sentenze, le quali ti disdegnano e sono anzi incapaci per loro natura di venirti in soccorso.

Agostino. Contro l'affermazione dell'Apostolo che Dio dalla medesima massa fa un vaso per uso nobile e un vaso per uso volgare, e contro la mancata affermazione dell'Apostolo che altri vasi Dio faccia né per uso nobile né per uso volgare - affermazione che certamente non mancherebbe, se Paolo credesse dei bambini ciò che credete voi -, contro di lui dunque che tuona in nome di Dio la vostra ragione non ha fulmini, ma fumi.

138 - Paolo, Isaia, il Verbo fatto uomo

Giuliano. E queste discussioni sono state fatte appositamente nei riguardi della testimonianza dell'Apostolo.

Ma in Isaia, dal quale Paolo ha preso questa sentenza, Dio è tanto lontano dal distogliere la creatura ragionevole dalla considerazione del suo giudizio che, come aveva detto per mezzo del medesimo Profeta: Togliete il male dalle vostre azioni, imparate a fare il bene, soccorrete l'oppresso; su, venite e discutiamo, dice il Signore, ( Is 1,16-18 ) così anche qui, per non sembrare d'aver fatto qualcosa con il solo potere e non con la giustizia, si degna rivelare la ragione dei suoi ordinamenti.

Infatti al popolo giudaico, afflitto nella prigionia, annunzia l'approssimarsi del tempo della liberazione, quando sarebbero ritornati nella propria terra, e schiude la causa sia delle angosce precedenti, sia delle gioie imminenti.

Gioisca il cielo dall'alto, dice, e le nubi facciano piovere la giustizia, nasca dalla terra la misericordia e insieme sorga la giustizia.

Io sono il Signore Dio che ti ha creato. Io so fare anche meglio.

Ti ho plasmato come l'argilla di un vasaio.

L'aratore ara forse la terra tutto il giorno? Dirà forse la creta al vasaio: "Che fai? Non lavori? Non hai mani?".

Dice forse la creta a chi l'ha plasmata: "Mi hai plasmata sapientemente"?

Chi oserà dire a un padre: "Che cosa generi"? O ad una donna: "Che cosa partorisci"?

Così dice il Signore Dio, il Santo d'Israele, colui che ha predisposto l'avvenire: Interrogatemi sui miei figli e sulle mie figlie e datemi ordini per le opere delle mie mani.

Io ho fatto la terra e su di essa ho creato l'uomo; io con le mie mani ho disteso i cieli e ho dato ordini a tutte le stelle.

Io ho stimolato il re alla giustizia; spianerò tutte le sue vie.

Egli ricostruirà la mia città e rimanderà i miei deportati, senza denaro e senza regali, dice il Signore degli eserciti. ( Is 45,8-13 )

Agostino. Se tu capissi le parole del Profeta, capiresti che il re di cui è stato detto: Io ho stimolato il re alla giustizia; spianerò tutte le sue vie, ( Is 45,13 ) è questo Mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù; ma lo capiresti così com'è da capire.

Né infatti oserai dire che egli sia stato fatto Figlio di Dio fin dall'inizio, cioè dal seno della Vergine, per precedenti meriti di opere.

Da quella medesima grazia dunque, dalla quale fu fatto buono quell'uomo fino dal suo inizio, da cattivi sono fatti buoni gli uomini che sono membra di lui.

Non trovate infatti che cosa dire del Cristo secondo la sua umanità, cioè secondo ciò che il Verbo si è fatto facendosi carne: perché colui che era Dio è per un verso rimasto Dio, per un altro verso si è fatto uomo, e perché questo stesso uomo non è mai stato uomo così da non essere l'unigenito Figlio di Dio a causa dell'unigenito Verbo.

Né infatti l'uomo Gesù si procurò d'essere l'unigenito Figlio di Dio con i meriti dei suoi comportamenti provenienti dalla sua propria volontà: ma, come ha detto giustamente Ambrogio, si astenne da ogni delitto nella sua qualità di nato dallo Spirito.93

Altrimenti, secondo voi, ce ne sarebbero molti come lui, se l'avessero voluto essere, e che egli fosse unico nella sua qualità è dipeso dal fatto che gli uomini non hanno voluto essere come lui.

Se ponete attenzione con quanta empietà si dicano queste affermazioni o anche soltanto si credano con tacito pensiero, come riconoscete la natura dell'Unigenito: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio, ( Gv 1,1 ) così pure riconoscete la grazia: Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. ( Gv 1,14 )

Chiama dunque coloro che si degna di chiamare e fa religioso colui che vuole94 lo stesso Dio che ha fatto unico Mediatore tra Dio e gli uomini l'uomo che volle, senza ombra di meriti precedenti da parte della volontà umana.

139 - Dio giustifica la propria condotta

Giuliano. Il senso dunque contenuto in questo passo, per quanto spetta alla storia, è che Dio fa al popolo questo discorso: Poiché non è per odio che vi ho consegnati alla cattività, non è nemmeno per dimenticanza del mio giudizio che ora vi ho tirati fuori dalla cattività babilonica; ma, per quanto sta in me, io pronto a favorirvi con perseverante benevolenza, ho dovuto tuttavia per la mia giustizia e consegnarvi ai nemici quando avete peccato e ricrearvi e liberarvi dopo che siete stati oppressi.

Come infatti un esperto contadino non si dedica sempre ad un solo lavoro così da non fare altro che fendere i campi con gli aratri, ma prepara i terreni alla desiderata fertilità con opere varie, così anch'io vario i generi dei miei interventi per poter adattare la vostra volontà ai frutti della giustizia sia con afflizioni sia con consolazioni.

Inoltre, perché intendiate con quanta equità agisco con voi, io potrei disprezzare secondo il mio potere i vostri borbottamenti e, come ad un vasaio non può dire un suo vaso: " Che cosa hai fatto "?, così anch'io potrei imporre a voi il peso del silenzio.

Tuttavia contro questi esempi io vi provoco ad interrogarmi per i miei figli e per le mie figlie, cioè per voi e per le opere delle mie mani, perché impariate che io ho fatto tutto con giustizia e non ho fatto nulla con crudeltà.

Agostino. Tu dici quello che vuoi e non quello che ha detto Isaia: egli parla di grazia e tu parli contro la grazia.

140 - L'Incarnazione come esempio di grazia senza meriti

Giuliano. Tanto dal Profeta dunque quanto dall'Apostolo è stato portato come esempio il vasaio perché non offrisse nient'altro che un punto di riferimento, senza giudicare tuttavia che gli uomini valgano presso Dio così poco come l'argilla nel forno o nel tornio dei vasai.

Portata a termine la spiegazione che abbiamo premessa, avvertiamo che secondo una versione recente c'è altro che riluce nel medesimo passo.

Stillate dice, cieli, dall'alto, e le nubi piovano il giusto; si apra la terra e germini il Salvatore e sorga insieme la giustizia.

Io, il Signore, l'ho creato. Guai al vaso che discute con il suo vasaio, vaso tra gli altri vasi d'argilla.

Dice forse la creta al suo vasaio: "Che fai"? Oppure: "L'opera tua è senza mani"? ( Is 45,8-9 )

Con le quali parole, sebbene storicamente si esprima il re Ciro, tuttavia profeticamente si esprime l'incarnazione del Salvatore.

E poiché egli sarebbe nato da una vergine, si chiama in giudizio l'ostinazione dei Giudei e di tutti gli infedeli perché non si oppongano ai segni della fede.

Dopo infatti aver premesso: Si apra la terra, germini il Salvatore e sorga insieme la giustizia, dice: Io, il Signore, l'ho creato.

Agostino. Dimmi con quali opere abbia meritato questo l'uomo Cristo Gesù e osa garrire per quale giustizia di Dio l'abbia meritato lui soltanto, o se non osi, confessa finalmente la grazia senza meriti, che non solo rimette all'uomo i suoi peccati, ma fa anche la giustizia nella natura umana per mezzo dello Spirito Santo.

Non è vero infatti che anche all'uomo Cristo la grazia abbia rimesso i peccati o che la grazia non l'abbia fatto tale da essere sempre buono fin dall'inizio, come fin dall'inizio è sempre Figlio di Dio.

Piuttosto, come quelli che nel deserto erano mortalmente malati per i morsi dei serpenti furono avvertiti di rivolgere lo sguardo per non morire al serpente che era stato innalzato come segno, ( Nm 21,6-9 ) così coloro che sono avvelenati dalle vostre discussioni si devono avvertire di guardare al Cristo e di vedere nella giustizia di quell'uomo mediatore la grazia senza meriti, per espellere da sé il veleno della vostra bocca.

Inoltre nelle parole del Profeta, anche secondo la recente versione che hai ricordata, dove il Cristo è stato profetato con più evidenza, non hai preso da essa a discutere se non il fatto che nacque da una Vergine, poiché è stato detto: Si apra la terra e germini il Salvatore, ma non hai voluto dire nulla della sua giustizia, che è stata ugualmente preannunziata, benché tu abbia riportato le stesse parole profetiche: Stillate, cieli, dall'alto e le nubi piovano il giusto; si apra la terra e germini il Salvatore, e sorga insieme la giustizia.

Dimmi: quale giusto hanno piovuto le nubi all'infuori del Cristo, che i Profeti e gli Apostoli hanno predicato e che è nato dal seno stesso di una Vergine insieme con la giustizia?

Tant'è vero che dopo avere detto: Si apra la terra e germini il Salvatore, aggiunge subito: E sorga insieme la giustizia.

Perciò la grazia dalla quale sono fatti giusti gli uomini che rinascono nel Cristo è la medesima grazia per la quale nasce il Cristo come uomo giusto.

Com'è dunque esempio di vita perché imitandolo agiamo con giustizia, così è pure esempio di grazia perché credendo in lui speriamo di essere fatti giusti per mezzo di lui dalla medesima fonte dalla quale è stato fatto giusto lui stesso, che per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: "Chi si vanta, si vanti nel Signore". ( 1 Cor 1,30-31 )

Pertanto tutti quelli che avete morsicati con il vostro dente mortifero, rivolgano lo sguardo a questo Giusto e saranno sanati: cioè credano di ricevere la giustizia dalla medesima fonte dalla quale ebbe la giustizia innata il Cristo, e quindi si vantino non nel loro arbitrio e non nel loro merito, ma nel Signore.

141 - Le opere buone seguono la grazia, non la precedono

Giuliano. Nel testo del Profeta la terra si apre al germe prima di accogliere il seme dalle mani del contadino; è ciò che si riscontra nel parto della Vergine, la quale con il dono di madre ha preceduto ed escluso l'ufficio di moglie.

Dio onnipotente promette dunque quello che non era in uso e, prevedendo una moltitudine d'increduli, aggiunge: Guai al vaso che discute con il suo vasaio, vaso tra altri vasi d'argilla. ( Is 45,9 )

Cioè: Guai a coloro che, pur promettendolo Dio, sostengono l'impossibilità di una vergine a rimanere incinta e, benché costoro a loro volta vengano inseriti nelle viscere materne con i semi, istituiti da Dio, e tuttavia con l'intervento della potenza di Dio, affermano ostinatamente che dalla carne di una vergine non si sarebbe potuta costruire un'altra carne senza la collaborazione del maschio.

Che voi dunque, o gente cocciuta, crediate sia stato impossibile per me fare questo e mi opponiate come prova l'oggettiva difficoltà intrinseca della realtà, mentre consta che voi stessi siete stati fatti dalle mie mani, è tale e quale come se la creta dicesse al suo vasaio che la lavora: " Non hai mani " nel momento stesso in cui le mani del vasaio stanno dandole forma di vaso.

Così dunque anche voi che indagate chi senza seme virile abbia dato il Figlio alla Vergine, sappiate che è quel medesimo Dio che ha fatto voi dal seme.

Ma ormai, poiché la nostra spiegazione, benché in due forme diverse e tuttavia in ambedue pia e religiosa, è stata in perfetta consonanza con le Sante Scritture, termini il primo libro, non senza tuttavia ammonire alla sua fine che Dio si creda autore dei nascenti, tutore degli innocenti, rimuneratore dei cattolici, punitore dei manichei.

Agostino. Perché sappiano coloro che leggono con intelligenza in che modo tu abbia tentato di oscurare e di contorcere le parole apostoliche chiare e rette, devo rispondere al tuo ragionamento con il ragionamento medesimo dell'Apostolo.

Volendo dunque il beato Paolo mostrare che quanto ha promesso, Dio ha pure il potere di realizzarlo - e qui si tratta massimamente della grazia di cui voi siete nemici; non è infatti in potere degli uomini che Dio adempia le sue promesse, ma in potere di colui stesso che ha promesso -, volendo dunque dimostrarlo dice: Non può venire meno la parola di Dio.

Infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele, né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli.

No, ma: In Isacco ti sarà data una discendenza, cioè non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa.

Queste infatti sono le parole della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio. ( Rm 9,6-9 )

Tieni in mente i figli della promessa, perché chi ha promesso è pure capace di mantenere. ( Rm 9,10-13 )

Dice: E non è tutto, ma c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco, nostro padre: quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama -, le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore. ( Rm 9,14 )

E qui tieni in mente l'elezione non in base alle opere, che in qualche modo ha spiegato un Profeta posteriore, al quale allude l'Apostolo soggiungendo: Come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù. ( Rm 9,15-16 )

Qui si presenta una questione che potrebbe turbare coloro che non comprendono la profondità della grazia, e l'Apostolo proponendola a se stesso scrive: Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio?

No certamente! ( Rm 9,16 ) E per spiegarlo, questo: No certamente, aggiunge: Egli infatti dice a Mosè: Userò misericordia con chi vorrò e avrò pietà di chi vorrò averla.

Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. ( Rm 9,16 )

Se tu ne tenessi conto, non esalteresti contro la grazia i meriti della volontà, quando senti dire: Non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia.

Non Dio dunque usò misericordia con Giacobbe, perché Giacobbe volle e si sforzò, ma Giacobbe volle e si sforzò perché Dio usò misericordia.

La volontà infatti è preparata dal Signore, ( Pr 8,35 ) e: Il Signore fa sicuri i passi dell'uomo e segue con amore il suo cammino. ( Sal 37,23 )

Dopo, poiché nei riguardi di Giacobbe si è proferita questa sentenza generale: Non dipende dalla volontà dell'uomo né dai suoi sforzi, ma da Dio che usa misericordia, si dà pure l'esempio del Faraone in riferimento all'affermazione: Ho odiato Esaù e si soggiunge: Dice infatti la Scrittura al Faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. ( Rm 9,13.16-17 )

Dopo di che si conclude rispetto ad ambedue: Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole; ( Rm 9,18 ) ma certamente usa misericordia secondo la grazia che si dona gratuitamente e non si rende ai meriti.

Fare appunto dalla massa condannata un vaso per uso nobile è una grazia manifesta; fare al contrario dalla massa condannata un vaso per uso volgare è un giusto giudizio.

Riferendo perciò le parole di coloro a cui ciò dispiace scrive: Mi potrai però dire: Ma allora perché ancora rimprovera?

Chi può infatti resistere al suo volere? E rintuzzandoli dice: O uomo, tu chi sei per disputare con Dio?

Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: Perché mi hai fatto così?

Forse il vasaio non è padrone dell'argilla per fare con la medesima massa di pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? ( Rm 9,19-21 )

Vedi se non collima con le sue parole precedenti e se dissente dalle tue, tu che reputi che ciò sia stato detto secondo i meriti delle volontà, contro la sua esplicita affermazione: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno di Dio fondato sulla elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama -, le fu detto: Il maggiore sarà sottomesso al minore e contro la sua conclusione: Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia.

Né solamente contro queste asserzioni che precedono, ma altresì contro le asserzioni che seguono.

Dice appunto vasi di collera quelli già completamente pronti alla perdizione: il che sarebbe ingiusto, se non ci fosse già la massa condannata per il fatto che tutti finiscono nella condanna a causa di uno solo; e dice vasi di misericordia quelli che egli ha predisposti alla gloria.

Appunto alla misericordia gratuita e non dovuta compete di preparare dalla massa condannata vasi alla gloria, non solo tra i Giudei, come dice, ma anche tra i pagani.

E per questo cita il testo del Profeta Osea: Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo, ( Rm 9,24; Os 1,9 ) e la dichiarazione di Isaia: Di Israele sarà salvato solo il resto. ( Is 10,22; Rm 11,5 )

Che poi fosse effetto della grazia di Dio la sopravvivenza di un tale resto lo insegna di seguito con le parole dello stesso Profeta: Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza. ( Is 1,9 )

Dopo inculca che le genti hanno conquistato la giustizia per mezzo della fede e che al contrario Israele non l'ha conquistata, perché presumeva di conquistarla con le opere e non con la fede.

La fede infatti ottiene ciò che l'Apostolo dice poco dopo: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. ( Rm 10,13 )

Alla quale salvezza spetta che le opere siano buone e che la giustizia venga a noi da Dio e non da noi.

Per questo nei riguardi di coloro che hanno urtato contro la pietra d'inciampo, perché ricercavano la giustizia non dalla fede, ma dalle opere, seguita a dire: Fratelli, il desiderio del mio cuore e la preghiera sale a Dio per la loro salvezza.

Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; poiché ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. ( Rm 10,1-3 )

Quello assolutamente che state facendo anche voi: volete appunto stabilire la vostra giustizia alla quale Dio corrisponda con la sua grazia secondo i vostri meriti, né volete la precedenza della grazia di Dio che vi faccia avere la giustizia.

Poi, seguendo il filo del ragionamento, Paolo arriva al passo dove dice: Io domando dunque: "Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo"?

Impossibile! Anch'io sono Israelita, della discendenza di Abramo, dalla tribù di Beniamino.

Dio non ha ripudiato il suo popolo che egli ha scelto fin da principio.

O non sapete forse ciò che dice la Scrittura nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?

"Signore hanno ucciso i tuoi Profeti, hanno rovesciato i tuoi altari e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita".

Cosa gli risponde però la voce divina? "Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal".

Così anche al presente c'è un resto, conforme a una elezione per grazia.

E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. ( Rm 11,1-6 )

Vedi poi che cosa aggiunga. Scrive: Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma lo hanno ottenuto invece gli eletti. ( Rm 11,7 )

Ma vedi più sopra quale elezione, dove dice: C'è un resto conforme ad una elezione per grazia.

E se lo è per grazia, non lo è per le opere.

E mette questo in rapporto al punto di partenza di questa discussione: Quando essi ancora non erano nati e nulla avevano fatto di bene o di male, perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sulla elezione non in base alle opere. ( Rm 9,11 )

Questa è l'elezione per grazia e non per le opere, che fa vasi per uso nobile perché facciano opere buone: le opere buone seguono infatti la grazia e non la precedono, perché è la grazia di Dio che ci fa fare le opere buone e ci distoglie dallo stabilire la nostra giustizia, ma fa sì che in noi ci sia la giustizia di Dio, cioè quella che Dio dona a noi.

Gli altri invece sono stati accecati ( Rm 11,7 ): questo è il giudizio per cui si fanno i vasi per uso volgare.

Per tale giudizio è stato detto: Ho odiato Esaù.

Per tale giudizio è stato detto anche al Faraone: Ti ho fatto sorgere per questo.

Dal che apparisce che voi, intendendo così o meglio non intendendo l'Apostolo, volete gloriarvi delle opere contro la grazia e volendo stabilire la vostra giustizia non siete sottomessi alla giustizia di Dio.

Per quanto poi riguarda noi, predichiamo, sì, che Dio è l'autore dei bambini, ma non diamo ai bambini, che sono vasi della medesima massa, una collocazione intermedia, che non sia né dei vasi fatti per uso nobile né dei vasi fatti per uso volgare, come non l'ha data l'Apostolo.

Il che facendo voi sfuggireste al giudizio di Dio, se poteste dimostrare che egli è il punitore soltanto dei manichei e non di tutti gli eretici.

Indice

88 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
89 De gestis Pelag. 13, 30
90 Sopra 132
91 Sopra 133
92 Ambrosius, In Luc. 7, 27
93 Ambrosius, In Is.; cf. De nupt. et concup. 1, 40
94 Ambrosius, In Luc. 7, 27