Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro II

1 - I giudici desiderati da G.

Giuliano. Questo sarebbe per noi un trattamento opportuno: o che potessimo difendere gli interessi della verità dinanzi a giudici eruditi, o che almeno, fin quando ciò viene negato, non fossimo incalzati da tumulti di persone incompetenti.

Agostino. Tu certamente cerchi giudici di tale erudizione da non poter giudicare i tuoi insegnamenti, se non sono stati dotti e insigni nelle discipline liberali e inoltre non ignari del pensiero dei filosofi di questo mondo.

Di tale erudizione era il nostro Ambrogio, dal quale, se non ne rifiuti il giudizio, non puoi dubitare d'essere stato giustissimamente condannato.

Egli dice infatti: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è nel vizio la nostra stessa nascita,1 per dimostrare con queste sue parole la necessità per i bambini del Cristo Salvatore, cioè di Gesù.

Poiché lo contraddici, devi confessare che il tuo desiderio di avere giudici eruditi equivale al desiderio di non avere per vostri giudici dei giudici cristiani cattolici.

2 - Si toglie alla Chiesa il rispetto della ragione

Giuliano. E poiché siamo danneggiati nell'innalzare a salvezza delle Chiese il trofeo che la prudenza dei " conoscitori " stava per assicurare alla buona causa con meravigliosi suffragi, almeno non valesse nulla di più a nostra ignominia l'assenso del volgo.

Delle due parti dunque della popolazione che ho dette, una ci gioverebbe e l'altra non ci nuocerebbe, se o la prima ottenesse il suo diritto o la seconda rispettasse il riserbo.

Ma poiché c'è una grande confusione ed è numerosissima la moltitudine degli stolti, si toglie alla Chiesa il timore della ragione, perché a vele spiegate navighi un dogma popolare.

Agostino. Se questo che noi asseriamo è un dogma popolare, allora non è un dogma manicheo questo che tu perversamente impugni nelle popolazioni cristiane.

Fai bene appunto a respingere nei suoi pochi seguaci la pazzia dei manichei, ma anche tu hai la tua pazzia: quella di volgere contro di noi, con l'accusa di manicheismo, quei popoli di cui rifiuti il giudizio; quasi che questi popoli, ingannati dalla tua loquacità, possano dire manicheo Ambrogio, dire manicheo Cipriano, i quali, anche in rapporto alla salvezza dei bambini, insegnarono l'esistenza del peccato originale.

Ora, i popoli non li fece tali Ambrogio ma li trovò, non li fece ma li trovò anche lo stesso Cipriano; li trovò tali nella Chiesa anche tuo padre, quando fosti battezzato da bambino, come dicono.2

Infine i popoli cattolici li trovaste tali pure voi. Chetàtevi voi.

Noi confessiamo che il nostro è un dogma popolare, perché noi siamo il popolo di colui che fu chiamato Gesù proprio per la ragione che salvò il suo popolo dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

Dal quale popolo quando voi volete separare i bambini, finite con il separare piuttosto voi stessi.

3 - Il volgo stima migliore l'opinione della maggioranza

Giuliano. Così, poco essendo permesso ai competenti e tutto invece agli incompetenti, per decreto di sedizioni è stata cancellata dalle Chiese la censura delle virtù e a noi davanti agli uomini del volgo nuoce l'aver rifiutato d'essere la porta dell'errore.

Davanti agli uomini di quel volgo, dico, che, soppesando il merito di una sentenza dal suo successo, stima più vera quella che vede piacere ai più.

Agostino. Che forse Manicheo piace ai più? I manichei non sono forse e pochi e pessimi, come i parricidi?

Non vogliate dunque gloriarvi d'essere pochi.

E non vogliate dire, perché sarebbe ancora più falso, che il nostro dogma piace ai più e insieme accusarci del dogma di una detestabile minoranza.

4 - Cicerone e il Salmista

Giuliano. Tullio osserva contro Epicuro che le sue dottrine non sono proposte sottilmente con argomentazione manifesta, perché uomini di tal fatta ovviamente confessano che quelle dottrine piacciono a loro.3

Come in tutto, per un'abitudine perversa, pensano costoro che ciò sia una testimonianza di sapienza.

Agostino. Ma in questa sentenza Tullio fu vinto e stravinto da colui che dice: Lodate il Signore, popoli tutti; voi tutte nazioni dategli gloria. ( Sal 117,1 )

Le quali nazioni tu cerchi non d'istruirle veracemente, ma d'ingannarle, alcune, sottilmente e di aggiungerle al vostro piccolo numero, predicando la sottigliezza di pochi filosofi mondani e rimproverando noi di non proporre sottilmente le nostre dottrine, e per questo uomini di questa fatta ovviamente confessano che a loro piacciono le nostre dottrine.

Di me tuttavia hai detto qualche volta che nulla faccio meglio che non farmi capire.

Com'è dunque che la dottrina che io difendo piace alla moltitudine, se non perché questa moltitudine è cattolica e ad essa giustamente dispiace la vostra eresia?

5 - Le anime libidinose seguono te che ami la libidine

Giuliano. Diletta infatti assolutamente le anime libidinose infamare tutto ciò che è stato dei santi in ogni tempo e in ogni luogo, per non essere castigate dagli esempi di opere illustri.

Agostino. Dunque le anime libidinose corrono piuttosto dietro a te che lodi la libidine.

Le anime caste infatti meritano lode espugnando ciò che vituperando condannano.

6 - La volontà umana può volere il bene, ma dopo che Dio l'ha preparata

Giuliano. Diletta assolutamente tali anime e le conquide completamente mettere sotto accusa la debolezza della natura, dire che la carne è soggetta a peccati congeniti, non collocare l'efficacia dell'emendamento nella volontà umana, ma chiamare i crimini delle scelte uffici delle membra; essere questa la fede cattolica: confessare il libero arbitrio, ma perché con esso sia costretto l'uomo a fare il male e non possa volere il bene.

Agostino. Perché ti adiri con noi che bramiamo l'efficacia dell'emendamento tanto più sicuramente quanto più fiduciosamente lo invochiamo dal Signore?

Invano dilati la tua lingua gonfiata da voce superbiosa.

Noi non vogliamo assolutamente, non vogliamo essere contati tra coloro che confidano nella propria forza. ( Sal 49,7 )

L'anima nostra ha sete di Dio ( Sal 63,2 ) e dice a lui: Ti amo, Signore, mia forza. ( Sal 18,2 )

Può infatti l'uomo volere il bene, ma la volontà viene preparata dal Signore; ( Pr 8,35 sec. LXX ) al male invece la volontà viziata si volge con libidine, e per questo la natura umana ha bisogno di essere risanata.

7 - Non si possono riversare i nostri peccati sulla necessità della carne

Giuliano. Dicono al contrario vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene e che è in potere di ciascuno stare lontano dal male e risplendere per scelte virtuose, perché su quanti riversano le loro cattive azioni sulla necessità della carne si conficchi la spina delle sollecitudini e delle paure.

Agostino. Noi non diciamo vani ed eretici i discorsi di quanti asseriscono che Dio, giusto, ha creato l'uomo libero di fare il bene.

Tale creò appunto Adamo, nel quale eravamo noi tutti.

Ma, peccando, Adamo rovinò se stesso e in sé tutti gli altri.

Attualmente perciò non è in potere dei figli dell'uomo d'esser liberati dal male, se la grazia di Dio non dà a loro il potere di diventare figli di Dio. ( Gv 1,12 )

Per questo, non in quanti riversano le loro cattive azioni sulla necessità della carne, come dici tu, ma in quanti versano le loro suppliche a Dio per non essere indotti nelle tentazioni di cattive azioni si conficca la spina della sollecitudine e della paura di acconsentire alle vostre discussioni tanto superbe e tanto ingrate verso Dio.

8 - Ti risponde Ambrogio

Giuliano. Infine, in Chiese che possiedono grande onore e grande popolazione, si predica essere tanta la forza del peccato che la colpa, prima della formazione delle membra, prima dell'inizio e dell'arrivo dell'anima, volando sopra i semi appena gettati, invade l'intimo della madre, rende rei i nascituri e aspetta la sostanza precedendone la stessa nascita.

La quale legge del peccato, abitando poi nelle membra, fa suo schiavo l'uomo e lo costringe a servire ai peccati, più degno di misericordia nelle sue turpitudini che di castigo, poiché quello che noi diciamo vizi di volontà depravata, nella Chiesa da uomini e da donne e da grandi pontefici è chiamato passione originale.

Agostino. Ti risponde il grande pontefice Ambrogio, lodato in modo eccellente dalla bocca del vostro eresiarca, e dice: Malamente partorì Eva, così da lasciare alle donne l'eredità del parto e così che ciascuno, impastato dalla voluttà della concupiscenza, infuso negli organi genitali, coagulato in grumo di sangue, avvolto in panni, subisse il contagio dei peccati prima di bere al dono dello spirito della vita.4

Ha dunque bisogno, Giuliano, la natura umana della misericordia di Dio che la risani, non delle tue vane declamazioni che ne lodino la pretesa sanità.

9 - Accusa tu Ambrogio d'essere manicheo

Giuliano. Così dunque questi prostituti degli immondissimi dogmi dei manichei provocano gli orecchi degli uditori.

Agostino. Incrimina Ambrogio d'essere manicheo, se ne hai il coraggio.

Avverti contro quale personaggio tu dica quello che vuoi far apparire di dire contro di me, e se ti rimane o qualche timore di Dio o qualche pudore degli uomini, chétati.

Quanto a me, mi conviene in compagnia di tali personaggi ascoltare non solo pazientemente, ma anche allegramente i tuoi oltraggi.

Quanto invece a te, nello strapazzare tali personaggi devi avere vergogna dei giudizi umani e devi avere paura dei giudizi divini.

10 - L'ortica dei nostri nemici

Giuliano. Questa è l'ortica che tormenta i nostri nemici d'ambedue i sessi e che mordeva, sì, da tempo, per il vizio di una cattiva abitudine, ma si curava tuttavia con certi unguenti di salutari esortazioni.

Agostino. Per le punture dell'ortica si sente prudere, ma solamente chi loda la libidine.

Se invece è per una cattiva abitudine, come dici tu nella tua sapienza, che l'uomo si lamenta gridando: Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio, ( Rm 7,19 ) confessate che almeno in lui la volontà umana ha perduto le forze delle opere buone.

E a lui, se non viene in soccorso la grazia divina, che giova l'eloquio copioso e ornato di qualsivoglia esortatore?

11 - Tanto più onerosa per noi si è fatta la difesa della verità

Giuliano. Ma presentemente, dopo che si è cominciato ad offrire questa ortica come medicamento e al piacere si è associata l'autorità, con la conseguenza che per consenso quasi universale baccanaleggiasse la turpitudine, robusta regina delle menti, espugnatrice dell'onestà, invitta carceriera di tutti gli animi, per noi quanto più onorevole tanto più onerosa si è fatta la causa di difendere la verità.

Perché, contro popoli che vanno a precipizio e sono ostili ai loro rimedi, non vale molto la rarità di coloro che medicano con la parola.

E allora? Dovremmo forse per la constatazione di tutto questo suonare la ritirata, vendicarci delle ingiurie con il silenzio e riderci dei naufragi altrui dal porto della coscienza?

Ma a questa maldisposta indifferenza si oppone prima la benignità che dobbiamo al genere umano, poi la speranza e la fede che abbiamo nei riguardi di Dio.

Il quale, oltre ad avere alleviato le rovine spesso disperate dei tempi, ha donato sempre tuttavia una ricompensa eterna alla perseveranza che vuole esercitata fino all'ora della morte, anche se nell'immediato non venisse nessun effetto.

Agostino. In che modo allevia Dio le rovine delle volontà cattive - a causa delle quali certamente si biasimano i tempi, quando si biasimano giustamente -, se non suscitando nei cuori degli uomini le volontà buone?

Oppure le volontà, se possono, si elevino da sole, come fate voi, che per tale folle sentenza siete diventati una grande rovina.

Donde noi preghiamo per voi Dio e speriamo che si degni di esaudirci anche nei tuoi riguardi, come ci ha esauditi nei riguardi del fratello Turbanzio.5

12 - Manteniamo le promesse

Giuliano. Contenti dunque di questo conforto della fede, attendiamo all'opera intrapresa e manteniamo le promesse delle discussioni, senza mettere in dubbio che la parte maggiore della ricompensa sta in questo: nell'esserci mantenuti saldi dentro il baluardo di quel dogma che, assalito dal livore di così tanti, ma dall'errore di molti più ancora, ha superato tuttavia tanto bene tutte le crisi da splendere invincibile nel possesso della vittoria.

Agostino. Ti dài da te stesso la palma contro tanti antistiti di Dio, che prima di noi nella Chiesa del Cristo impararono e insegnarono, bevendo e abbeverando alle fonti d'Israele, le verità che tu combatti. ( Sal 68,27 )

Questo che tu fai non è risplendere nel possesso della vittoria, ma è un mostruoso discendere nella cloaca di una odiosa appropriazione indebita.

Risplendere è appunto possedere.

Ma come fai a risplendere nel possesso della vittoria tu che tenti d'imbrattare i dogmi cattolici, antichi e invitti?

13 - Tutto a favore del nostro dogma

Giuliano. Se infatti, come l'ha reso chiaro il discorso precedente e lo insegnerà il discorso susseguente, a suffragare questo dogma che noi difendiamo sta quanto è ragione, quanto è erudizione, quanto è giustizia, quanto è pietà, quanto è testimonianza di testi sacri, nient'altro ottengono i nostri nemici con tutti i loro sforzi se non di apparire i più ignoranti davanti a tutti i dotti, i più contumaci per tutti i santi, i più irreligiosi contro Dio.

Agostino. Ma tu dici falsità. Infatti né la ragione, né la sana erudizione, né la giustizia, né la pietà, né le testimonianze sacre suffragano il vostro dogma; anzi tutte queste forze, come giudicano coloro che intendono bene, sbaragliano il vostro dogma.

La ragione appunto si accorge di poter giungere appena a qualcosa di vero per l'impedimento che trova nella tardità della natura; l'erudizione ha la pena della fatica nella medesima tardità della natura; la giustizia grida che lei non c'entra se sui figli di Adamo grava dal giorno della loro nascita dal grembo materno ( Sir 40,1 ) un giogo pesante senza nessun merito di peccati; la pietà implora l'aiuto divino contro questo male; le testimonianze sacre esortano l'animo umano a pregare così.

14 - Invocano contro di noi il potere imperiale

Giuliano. E certamente che i traduciani non abbiano nulla da opporre alla forza della ragione che li stritola, lo dimostrano, alla pari degli altri loro scritti, ugualmente questi libri che stiamo confutando.

Essi, indirizzati ad un militare - lo può confessare egli stesso -, più occupato da altri affari che dalle lettere, invocano contro di noi l'aiuto della impotenza e a favore di sé in un modo e nell'altro si appoggiano ai plebisciti di plebi da nulla o rurali o teatrali, che nessuna storia registra da quale concilio siano stati promulgati.

Agostino. Non invochiamo contro di voi l'aiuto della impotenza, ma piuttosto lodiamo l'intervento a vostro favore del potere cristiano, perché siate impediti dalla vostra sacrilega audacia.

Avverti poi come tu faccia a dire rurali e teatrali Cipriano, Ambrogio e tanti loro compagni, dotti scribi nel regno di Dio.

15 - Imputare alla natura i peccati della volontà

Giuliano. Non possiamo tuttavia assolutamente negare che piaccia moltissimo, come ho detto, alle turbe, ma a quelle spregevoli, imputare alla natura i delitti della volontà e giustificare la licenza dei costumi con l'infamazione dei semi, di modo che nessuno più s'impegni ad emendare quello che spera fatto in lui stesso da un altro.

Agostino. Chi ti ha detto che sia un altro a fare il peccato di chi pecca?

Anche l'Apostolo, il quale scrive: Non sono io a farlo, ma il peccato che abita in me, aggiungendo subito: Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene, ( Rm 7,17-18 ) mostra che gli appartiene tutto quello che è, appartenendo anche la carne a lui che è composto di carne e di spirito.

E tuttavia tu non vuoi condividere con Ambrogio la convinzione che il male della concupiscenza della carne contro lo spirito per la prevaricazione del primo uomo si è cambiato in natura.6

Ma com'è che tu, solito a intendere in queste parole dell'Apostolo espressa la violenza dell'abitudine cattiva, hai voluto dire adesso: Di modo che nessuno più s'impegni ad emendare quello che sa fatto in lui stesso da un altro?

Eppure tu vuoi che si emendi colui che dice: Non sono io a farlo, e vuoi che si emendi con le forze della volontà personale, benché tu veda quanto sia inferma la volontà di chi afferma: Non quello che io voglio io faccio. ( Rm 7,15 )

Almeno a costui, nel quale vedete crollato l'arbitrio della sua volontà, permettete, vi prego, di chiedere l'aiuto divino.

16 - L'autorità non può giustificare quello che la ragione condanna

Giuliano. Ma il patrocinio inefficace di una opinione cieca moltiplica i peccati, non li diminuisce.

Questo prurito dunque di gente misera e volontariamente malata non sarà in grado di portare nessun argomento valido contro la stessa ragione.

Ma poiché asseriscono che il peccato naturale è confermato da alcuni passi delle Scritture e massimamente da alcune dichiarazioni dell'apostolo Paolo, delle quali ho rimandato la spiegazione al secondo volume, e poiché adesso è arrivato il momento di mantenere la promessa, prima di tutto, allo scopo che il lettore sia meglio informato, preciserò brevemente il già fatto e il da farsi.

È stato dunque mostrato che nulla si può provare per mezzo delle Scritture sante che non abbia la garanzia della giustizia; perché, se nella legge di Dio si ha l'ideale perfetto della giustizia, vuol dire che la legge divina non lascia nessuno spazio alla nemica della giustizia, cioè all'ingiustizia, e quindi non può l'autorità giustificare quello che la ragione condanna.

Dopo si è mostrato che Dio ci è noto attraverso le sue virtù.

Dobbiamo riconoscere dunque la sua giustizia come l'onnipotenza.

Se ammettessimo in Dio la mancanza della giustizia, comincerebbe a traballare tutta la maestà divina, essendo Dio talmente giusto che la dimostrazione dell'ingiustizia in Dio equivarrebbe alla dimostrazione della non esistenza di Dio.

Si è concluso che noi adoriamo nella Trinità un Dio giustissimo, ed è apparso irrefutabilmente che da Dio non può essere imputato ai bambini un peccato fatto da altri.

Agostino. Perché non confessi che da un Dio giusto e onnipotente non poteva senza nessun merito di peccato essere addossato un giogo pesante sui figli di Adamo fino dal giorno che escono dal grembo materno?

17 - Carne del peccato e carne somigliante alla carne del peccato

Giuliano. Ma come si è discusso della definizione della giustizia, così si è discusso pure della natura del peccato, il quale è apparso non essere altro che la volontà cattiva, cui sarebbe stato libero astenersi da ciò che aveva bramato illecitamente.

Agostino. Questo è precisamente il peccato del primo uomo, donde discese negli uomini l'origine del male.

A lui, sì, fu liberissimo astenersi da ciò che aveva bramato illecitamente.

Poiché non esisteva ancora il vizio della concupiscenza della carne contro lo spirito, non diceva ancora: Io faccio quello che non voglio, ( Rm 7,15 ) e non aveva ancora la necessità di un qualche aiuto da parte della carne somigliante a quella del peccato, non trovandosi ancora nella carne del peccato.

18 - È luminosissima l'assenza del peccato nei bambini

Giuliano. E questa è la prova più luminosa con la quale si è dimostrata l'assenza del peccato nei bambini al momento di nascere: l'impossibilità di trovare in essi l'uso della volontà.

Agostino. E donde il grave giogo se non perché non hanno l'uso della volontà così da avere tuttavia il vincolo di una origine corrotta?

19 - Questo calunniatore

Giuliano. La negazione poi del libero arbitrio da parte di coloro che ammettono l'esistenza di peccati naturali, è stata dimostrata con un limpido ragionamento.

Lo ha negato, sì, il Punico, non con parole sue per non avere meno peso, ma con un testo del Vangelo per essere più autorevole, e noi, spiegando quel testo, lo abbiamo restituito alla dignità evangelica.

Abbiamo pure liberato dai lacci di questo calunniatore un passo dell'apostolo Paolo e con la testimonianza di un Profeta abbiamo mostrato che è modellatore di vasi buoni il nostro Dio, creatore di tutte le cose.

Agostino. Ti è stato risposto a suo luogo ed è stato dimostrato quanto tu abbia deviato dalla verità.

20 - La vittoria della verità

Giuliano. Questi dunque gli argomenti principali del primo libro.

Uno qualsiasi di essi è più che sufficiente alla vittoria della verità.

Tuttavia resta che esaminiamo diffusamente la sentenza del Maestro delle Genti dove dice che a causa di un solo uomo entrò nel mondo il peccato. ( Rm 5,12 )

Con l'aiuto, se necessario, delle definizioni che abbiamo premesse e per provare che la ragione non ha mentito in nulla, ma è un crimine d'ingiustizia imputare le scelte degli uni alle nascite degli altri, insegneremo con testimonianze della legge, sia in questo libro sia nel successivo, che questa ingiustizia, benché nessuno debba dubitare al riguardo, dispiace tuttavia a Dio ed è proibita da lui.

Da tutto questo discende necessariamente e che noi difendiamo nel modo più giusto che nessuno nasce con il peccato, e che Dio non può giudicare rei i nascenti, e che perciò in ciascuno è tanto integro il libero arbitrio quanto è innocente la natura prima dell'uso della propria volontà.

Agostino. Parla e vediamo che cosa dirai sul testo dell'Apostolo con la medesima vanità di prima.

21 - Ribelli alla pietà e alla ragione

Giuliano. Ribelli invece alla pietà e alla ragione sono i manichei nel credere e alla esistenza del peccato prima del tempo della volontà - ciò che la natura delle cose non consente -, e alla esistenza di un Dio che essi descrivono ingiusto, e nell'infamare le Pagine sante che citano per provare il crimine della divinità.

Poiché nessuna delle tre proposizioni può dimostrarsi con la ragione, cioè né l'esistenza del peccato senza la volontà, né l'ingiustizia in Dio, né la perversità nella legge, essi soltanto restino dimostrati stolti, impudenti, empi.

Agostino. Vergògnati! Non era manicheo Ambrogio quando diceva che l'uomo subisce il contagio dei delitti prima di bere al dono dello spirito della vita.7

Ma anche questi delitti non sono sorti se non dalla volontà, dalla quale traggono origine, e perciò non c'è ingiustizia in Dio che per questo ha posto sui nascenti un grave giogo, né c'è perversità nella legge dove apprendiamo che ciò è verissimo; e lo vedreste anche voi stessi, se non aveste voi piuttosto occhi perversi.

22 - La Scrittura va spiegata con la Scrittura

Giuliano. Rimanga dunque fisso nell'animo del prudente lettore massimamente questo: in tutte le Scritture sacre è contenuto solo ciò che i cattolici intendono ad onore di Dio, come viene illustrato dalla luce di frequenti sentenze.

Se in qualche luogo un'espressione troppo dura solleva una questione, è certo senz'altro che l'autore di quel testo non ha inteso ciò che è ingiusto, ma deve interpretarsi secondo l'apertura che viene dalla evidenza della ragione e dallo splendore degli altri passi in cui non c'è ambiguità.

Riferiamo ormai dunque le parole del nostro interlocutore.

In quel capitolo dei suoi scritti che aveva tirato fino al suo Dio plasmatore di peccatori e contro il quale abbiamo combattuto nel libro precedente, accennò appena senza impegno che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, ma non indugiò nella spiegazione di quel testo.

Invece, dopo aver dissertato a lungo contro quegli estratti che conferma essergli stati mandati, giunse a un testo dei miei libri e se lo obiettò per confutarlo.

Ma senza tenere conto degli interrogativi che gli venivano da essi, volò a quella sentenza dove l'Apostolo dice che a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo, e tentò di esporre il contesto di quel passo secondo il suo dogma.

Per questo io, omesso tutto il resto, mi affrettai a quella parte, perché, avendo promesso di risolvere tale problema nel secondo volume,8 e mantenessi fede alla promessa e mostrassi quale fosse il suo modo di argomentare, e non mi si credesse reo di frode, se avessi soppresso la sua spiegazione e riferito quella che noi riconosciamo cattolica.

Agostino. L'interpretazione pelagiana tu stai per esporre, non quella cattolica.

Cattolica è quella che sostiene la giustizia di Dio in tante e tanto grandi sofferenze e pene dei bambini, che a nessuno di essi sarebbe stato equo in nessun modo far patire nel paradiso, se la natura umana non fosse stata viziata dal peccato e condannata secondo il suo merito.

23 - Adesso riporto le parole di A.

Giuliano. Poiché nella mia prima opera confuto la sentenza con la quale costui aveva detto: Come infatti il peccato è sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, così l'uomo è sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro,9 adesso riporto qui le parole come si trovano nella mia opera, dalla quale ne aveva sottratto la massima parte.

Agostino. Tanto vero è questo tuo discorrere quanto è vero che io abbia sottratto i tuoi testi, mentre invece colui che mi inviò la sua cartella, stralciò dalla tua opera quello che volle e come volle a suo arbitrio e giudizio.

24 - La verità ti ha tolto la licenza di divagare

Giuliano. Là dunque io risposi così: Tu tergiversi certamente, - te lo dico con pace del tuo magistero - ma devi capire che la verità ti ha tolto la licenza di divagare.

Ecco infatti anche noi concordiamo pacificamente che il peccato è opera della cattiva volontà o è opera del diavolo.

Ma per quale via questo peccato viene a trovarsi in un bambino?

Attraverso la volontà? Ma in lui non c'è stata nessuna volontà.

Attraverso la forma del corpo? Ma essa l'ha data Dio.

Attraverso l'ingresso dell'anima? Ma non deve nulla al seme corporale l'anima che viene creata nuova da Dio.

Attraverso le nozze? Ma le nozze appartengono all'attività dei genitori e tu avevi premesso che essi non hanno peccato in questo loro atto.

Se non l'avevi concesso con sincerità, come indica lo sviluppo del tuo discorso, allora sono da esecrarsi le nozze che hanno causato il male.

Le nozze però non hanno una propria sostanza, ma stanno a indicare con il loro nome l'attività delle persone: sono quindi giustamente da condannare i genitori che con la loro unione hanno causato il peccato.

Perciò non si può più dubitare: i coniugi sono destinati all'eterno supplizio, perché la loro opera ha portato il diavolo ad esercitare il suo dominio sugli uomini.

Se lo concederai, perderai quanto finora sembrava che tu avessi ritenuto: avevi detto cioè l'uomo opera di Dio.

Poiché appunto i figli hanno origine dall'unione dei corpi dei genitori, se attraverso l'origine si espande il male negli uomini, se attraverso il male si estende il diritto del diavolo sugli uomini, ne segue necessariamente che autore degli uomini è il diavolo, dal quale viene l'origine dei figli.10

Dopo questo ho ripetuto di nuovo le tue stesse parole: Come infatti il peccato è sempre opera del diavolo, sia che i bambini lo traggano da una parte, sia che lo traggano da un'altra, così l'uomo è sempre opera di Dio, sia che nasca in un modo, sia che nasca in un altro.

E immediatamente sono insorto in questo modo: Quando ripenso alla tua timida voce con la quale dici che le nozze non sono un male, non posso considerare senza ridere cotesti altri tuoi discorsi.

Se infatti credi che gli uomini siano creati da Dio e che i coniugi siano innocenti, nota come non possa stare che da essi si contragga il peccato originale.

Certamente non pecca questo bambino che nasce, non pecca chi l'ha generato, non pecca Dio che l'ha creato: attraverso quali incrinature fra tanti presìdi d'innocenza immagini che sia entrato il peccato?

Agostino. A queste tue parole basta la risposta che diedi dopo aver letto anche gli stessi tuoi libri.11

Ma qui pure ammonisco che piuttosto che te si deve ascoltare l'Apostolo, il quale indica non una incrinatura segreta, ma una porta apertissima, attraverso di cui il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, e così è passato in tutti gli uomini, che tutti hanno peccato in lui. ( Rm 5,12 )

Quando comincerai a spiegare queste sue parole secondo la vostra opinione e non secondo la sua, allora apparirà a quale rettilineo di verità tu contraddica con la tua tortuosissima loquacità.

Indice

1 Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13
2 C. Iul. 1,14
3 Cicero, Tuscul. 4, 7
4 Ambrosius, Liber de Sacram. regen
5 Sopra 1,1
6 Ambrosius, In Luc. 7, 141
7 Ambrosius, Liber de Sacram. regen
8 Sopra 1,113
9 De nupt. et concup. 1,1
10 De nupt. et concup. 2,44-49
11 C. Iul. 3,54.57