Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Non dubito che sulla nostra contesa ci sia stata finora una opinione di questo genere: si credeva appartenesse più ad una questione involuta che alla sostanza della fede.
Coloro appunto che si agitano lontani dagli impegni spirituali, sono mossi soltanto dai venticelli della fama e, spauriti dalla odiosità dei tempi, né tenendo a loro presidio la verità acquisita ( quasi sempre nei momenti di trepidazione a nessuno si crede meno che a se stessi ), giudicano più sicura la strada che è più frequentata.
Agostino. Tanto più frequentata è la nostra strada quanto più antica, perché è la strada cattolica; la vostra strada invece è tanto meno frequentata quanto più è novizia, perché eretica.
Giuliano. Nel caso presente poi questo è accaduto per due ragioni: e perché la sentenza dei manichei è stata approvata dall'alto di concili criminali, e perché le tempeste delle persecuzioni che si sono sollevate distolgono gli sprovveduti di spirito dal favorire la verità.
Agostino. Come può essere più frequentata la strada che segue la sentenza dei manichei, se essi sono rarissimi?
O in che modo soffrite la persecuzione per la verità voi che sottraete i bambini al Salvatore?
Giuliano. Una parte quindi di persone che hanno preoccupazioni di voluttà e di paura, la lussuria che si accompagna alle folle o dell'arena o del circo o del teatro, smaniosa di mettere avanti come pretesto in tutte le scelleratezze la necessità per togliere sempre l'odiosità del male commesso; smaniosa anche di evitare con la prevaricazione i fragori del secolo: queste dunque sono le cause che fanno più affollata la difesa dei vizi.
Del quale volgo tuttavia la massima parte, come ho già detto, ha creduto che perfino su Dio concordino le ragioni dei traduciani e dei cattolici.
Agostino. L'innumerevole moltitudine dei credenti che fu promessa ad Abramo, ( Gen 22,17 ) è disprezzata da voi come una turba volgare, evidentemente perché ai pochi che voi fate pelagiani, ossia insani con i veleni di una pestilenza novizia, può piacere quello che voi dite: la tanto evidente miseria del genere umano, che appare nel grave giogo dei figli di Adamo fino da quando nascono dal seno materno, ( Sir 40,1 ) non viene dal merito del peccato, dal quale nel primo uomo fu viziata la natura umana.
Donde segue che voi siate costretti a dire anche che, se nessuno avesse peccato, sarebbero esistiti nel paradiso non solo i tanti e tanto grandi gravami delle molestie che vediamo sofferte dai bambini, ma pure i tanti e tanto grandi vizi degli spiriti e dei corpi con i quali nascono molti uomini.
Nel quale luogo di felicità e di tranquillità voi ponete altresì la libidine, vostra cliente, che fa concupire la carne contro lo spirito, e noi che la debelliamo come il vizio avversario con lo spirito che le concupisce contro, ci accusate ad occhi chiusi come amici della voluttà e della lussuria, dove nessuno cade ignominiosamente e turpemente all'infuori di chi consente a quella vostra pupilla, sollecitante e suadente, che noi accusiamo e che voi difendete.
Giuliano. Ma poiché e nella prima contesa e nella presente dal modo di argomentare di Agostino si è fatto chiaro che quel dio dei traduciani non è il Dio che i cristiani con armoniosa asserzione venerano come giusto e come creatore di tutte le cose, ho nel mio animo il presentimento che, riconosciuta la validità di queste mie osservazioni, si correggano moltissimi anche di coloro che sono caduti per un cieco errore.
Agostino. Ma anzi, riconosciuta la validità delle risposte che noi diamo al tuo fallace vaniloquio secondo l'eloquio della verità, solo un eccesso di insensatezza o un eccesso di ostinatezza potrà trattenere qualcuno nell'errore della vostra eresia.
Giuliano. Crede appunto contro di noi Manicheo che i mortali siano spinti naturaliter alle scelleraggini e ai delitti: è dell'opinione che l'origine delle tenebre abbia prestato la materia e ai corpi e ai crimini; è dell'opinione che la voluttà dei sessi sia la tabe del genere umano, assertrice del diritto del diavolo, violentatrice degli uomini per tutte le azioni indegne.
Il quale Manicheo seguendo in tutto e per tutto, il traduciano Agostino, suo erede appunto e suo figlio, attesta con molteplice eloquenza i crimini naturali, la necessità eterna del male che è venuta dal tenebroso nulla e la corruzione destinata ai sensi, contaminatrice di tutti i santi e collocatrice dell'immagine di Dio nel regno del diavolo.
Agostino. Manicheo con singolare insania contro la verità cattolica favoleggia di una natura del male, sostanzialmente coeterna al Dio buono.
Viceversa la verità cattolica confessa eterno senza nessun esordio unicamente Dio, non soltanto buono, come dice anche Manicheo, ma altresì immutabile, come non dice Manicheo.
Questo Dio dunque, sommamente buono e per questo assolutamente immutabile, al quale non è coeterna nessuna natura che non sia ciò che è Dio stesso e che non esisterebbe se non fosse stata fatta, non fatta di lui, ma fatta tuttavia da lui, ossia non fatta con la natura di Dio, ma tuttavia con la potenza di Dio, noi predichiamo contro la demenza dei manichei.
E la natura fatta, che non sarebbe potuta esistere in nessun modo se non l'avesse fatta la Natura onnipotente, benché non con se stessa, noi sappiamo e diciamo che è un bene, sì, ma non un bene uguale a colui che l'ha fatta.
Dio infatti fece tutte le cose assai buone, ( Gen 1,31 ) ma non sommamente buone come è egli stesso.
Le quali cose buone, di qualsiasi genere, non esisterebbero tuttavia se non le avesse fatte colui che è sommamente buono, né esisterebbero in nessun modo le cose buone mutevoli se non le avesse fatte colui che è l'immutabilmente buono.
E per questo, quando i manichei ci domandano donde venga il male, volendo introdurre un male coeterno a Dio, perché ignorano che cosa sia il male e reputano che esso sia una natura e una sostanza, noi rispondiamo a loro che il male non viene da Dio, né è coeterno a Dio, ma il male è sorto dalla libera volontà della natura ragionevole, la quale fu creata bene dal Dio buono, ma la sua bontà non è uguale alla bontà del suo Creatore, perché non è la natura di lui, bensì una sua opera, e quindi essa ebbe la possibilità di peccare, non tuttavia la necessità.
Né avrebbe poi la possibilità di peccare, se fosse la natura di Dio, il quale né vuole poter peccare, né può voler peccare.
Ma tuttavia questa natura ragionevole, se nella sua possibilità di peccare non avesse peccato, quando avrebbe potuto peccare, si sarebbe guadagnato un grande merito.
Del quale merito sarebbe stato premio anche questo: che per sua maggiore felicità essa non potesse peccare.
Ma, udito tale insegnamento, Manicheo va ancora oltre e dice: se il male viene dalla libera volontà della natura ragionevole, donde vengono questi numerosi mali con i quali vediamo nascere coloro che non hanno ancora l'uso della libera volontà?
Donde viene la concupiscenza per la quale la carne concupisce contro lo spirito ( Gal 5,17 ) e trae a commettere il peccato, se contro di essa non concupisce ancora più fortemente lo spirito?
Donde in un solo e unico uomo tanta discordia tra le due componenti che lo costituiscono?
Donde la legge che osteggia nelle membra la legge della mente e senza la quale non nasce nessuno?
Donde tanti e così gravi vizi o degli ingegni o dei corpi con i quali nascono molti uomini?
Donde le fatiche e le calamità dei bambini che non peccano ancora volontariamente?
Donde, al momento dell'uso della ragione, nell'imparare le lettere o le arti di qualsiasi genere tanta pena per i mortali da dover aggiungere agli sforzi dolorosi anche l'afflizione delle percosse?
Qui noi rispondiamo che anche questi mali traggono origine dalla volontà della natura umana: dalla quale volontà, che peccò grandemente, la natura fu viziata e condannata insieme alla sua stirpe.
Perciò di questa natura i tanti beni naturali vengono dalla buona creazione di Dio, i mali vengono dalla giusta punizione di Dio.
E questi mali i manichei non vedono che non sono in nessun modo nature o sostanze, ma che per questo si dicono mali naturali perché gli uomini nascono con essi come dalla radice viziata della loro origine.
Ma voi, eretici nuovi, contraddite noi: rispondete voi quindi ai manichei, dite donde vengano tanti e tanto grandi mali, con i quali se negate che nascano gli uomini, dov'è la vostra faccia; se lo confessate, dov'è la vostra eresia?
Ma sostenete pure che questi mali non sono mali, e il paradiso, non il vero ma il vostro, riempitelo pure di fatiche, di dolori, di errori, di gemiti, di pianti, di lutti, anche se nessuno avesse peccato.
Che se non lo osate fare, per non essere derisi perfino dagli stessi bambini più piccoli e per non essere giudicati degni di sferzate correttive, conclude contro di voi Manicheo: questi mali che voi non volete far provenire da una buona natura viziata, provengono dalla mescolanza del male.
E questo male Manicheo dice che è una natura coeterna a Dio e contraria a Dio.
E con questo, dove tu cerchi di essere più remoto da Manicheo, ivi ti fai suo coadiutore.
Giuliano. Ma già contro lo stesso Dio essi, pari alla fine tra loro, impari all'esordio, lanciano gli strali delle loro accuse.
Manicheo appunto dice: il Dio buono non fa il male.
Ma aggiunge che per colpe naturali egli destina le anime ad un incendio eterno: il che è di una perspicua immanità, e per questo alla fine della sua opinione egli contamina con chiara iniquità il dio che aveva detto buono.
Orbene, Agostino, quasi confidando nel patrono a cui scrive, con ardimento ancora più grande disprezza la trepidazione del maestro, né dubita di cominciare dal punto dove Manicheo è arrivato, e dichiara che il male, ossia il peccato, lo fa e lo crea Dio: un dio che risulta non corrispondere al Dio che adora la fede dei cattolici.
Questo principalmente s'imprima nell'animo del lettore: e che a nessuno tra i fedeli toccò mai una causa maggiore di conflitto di quella toccata a noi, e che ognuno che giudica la natura stessa come una necessità del crimine non ha comunione nel culto del Dio dei cristiani.
Ora, poiché tutto ciò è stato inculcato frequentemente, come lo ha esigito l'utilità di una causa di interesse capitale, veniamo subito a discutere dei primi uomini, della cui valutazione si copre come di uno scudo di " cetra " il nùmida per affrontare il nostro schieramento.
Agostino. Che cosa dica Manicheo sulla mescolanza della sostanza buona e della sostanza cattiva crederei che tu lo ignori, se non sapessi che hai letto certamente i libri che abbiamo scritti contro il medesimo errore.
Infatti dal libro nel quale io attaccai la loro opinione delle due anime,1 costituite da essi nell'uomo, delle quali una sarebbe buona e l'altra cattiva, tu hai citato alcune testimonianze stimandole contrarie a me stesso.
Manicheo dunque sostiene che in ogni singolo uomo ci sono due anime o due spiriti o due menti, una propria della carne e cattiva, non per un vizio accidentale, ma per sua natura, coeterna a Dio; l'altra invece buona per sua natura come particella di Dio, ma macchiata dalla mescolanza dell'anima cattiva.
E da qui Manicheo vuole spiegare che la carne concupisce contro lo spirito, buono s'intende, per mezzo della sua anima cattiva per tenere prigioniero lo spirito, e che lo spirito al contrario concupisce contro la carne per liberarsi da quella mescolanza.
Che se non lo potrà nemmeno nell'ultima conflagrazione del mondo, allora lo spirito umano dice Manicheo rimarrà condannato ad esser prigioniero del globo delle tenebre e sarà costretto a tale supplizio in eterno.
Non è vero pertanto quello che dici tu: il Dio di Manicheo per colpe naturali destina le anime ad un incendio eterno, ma le anime buone per natura, a causa della mescolanza con un'aliena natura cattiva, alla quale le ha mescolate Dio stesso, se non le potrà liberare da tale mescolanza, non le condannerà ad un incendio eterno, perché Manicheo non pensa a nessun incendio eterno, ma, come ho detto, le condannerà ad essere prigioniere del globo eterno delle tenebre, dove sarà rinchiuso lo spirito delle tenebre.
Ma la fede cattolica, che voi avete abbandonato per fondare una setta novizia, non certo oppugnatrice dei manichei, come reputate o fingete, bensì piuttosto loro ausiliatrice, quando ascolta o legge ciò che dice l'Apostolo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste, ( Gal 5,17 ) non pensa come l'eretico Manicheo a due nature, del bene cioè e del male, tra loro contrarie dalla eternità e mescolate da una guerra posteriore, ma riconosce, come il dottore cattolico Ambrogio,2 che questa discordia tra la carne e lo spirito per la prevaricazione del primo uomo si è cambiata in natura, perché si capisca che questa non è la natura dell'uomo originariamente costituito, ma è la pena dell'uomo condannato, pena che si è cambiata nella natura dell'uomo.
Questa fede non è una " cetra " numidica, con la quale tu ci canzoni quasi spiritosamente, ma è un vero scudo con il quale noi estinguiamo tutti i dardi infuocati del maligno, come ci esorta a fare l'Apostolo. ( Ef 6,16 )
Con questo scudo si proteggeva quando armato si faceva già incontro a voi futuri quel Cipriano, non proprio un numida, ma tuttavia un punico: un nome, quello di Cipriano, con il quale la tua vana loquacità ci assale ancora una volta.
Armato di questo scudo, dicevo, quel famoso Punico nel suo libro De Oratione Dominica spiegava che, dicendo: Sia fatta la tua volontà come in cielo così anche in terra, ( Mt 6,10 ) noi domandiamo che con l'aiuto di Dio si stabilisca la concordia tra questi due nemici, la carne e lo spirito.
Qui l'egregio soldato del Cristo estingue i dardi infuocati del maligno, scagliati e dai manichei e da voi.
Per il quale maligno militano tutti gli eretici, e di questo maligno voi avete pensato di dover ingrossare gli accampamenti con i vostri coscritti.
Chiedendo infatti la concordia tra lo spirito e la carne, Cipriano insegna contro i manichei che ambedue le nature da cui siamo costituiti sono buone, se il male della discordia viene risanato dalla misericordia divina; ma si oppone a voi, perché dite buona la concupiscenza della carne, per la cui aggressività esiste tale discordia, di cui chiede la sanazione; e allora esiste tale discordia quando noi agiamo bene per opporci all'aggressività della concupiscenza della carne con la controconcupiscenza dello spirito.
Infatti se acconsentiamo, la concordia con la carne diventa per lo spirito una concordia non desiderabile, ma colpevole e anche condannabile.
Contro di voi è Cipriano anche perché voi date al libero arbitrio l'evento di cui egli ritiene doversi chiedere a Dio il compimento.
Tu poi, che senza sapere quello che dici mi rinfacci di attribuire a Dio la creazione del peccato, opponiti a Manicheo quando dice che nella discordia tra la carne e lo spirito appariscono le due nature tra loro contrarie del bene e del male.
Una sola è infatti la risposta da dare per vincere cotesta peste: cioè questa discordia per la prevaricazione del primo uomo si è convertita nella nostra natura.
Il che negando, tu fai vincere i manichei e ben ti manifesti un loro falso oppositore e un loro vero sostenitore.
Giuliano. Suggerisce appunto Agostino con tutti i suoi scritti che soltanto Adamo ed Eva furono creati buoni da Dio, cioè non mancipati a nessun crimine naturale, e che essi peccarono per libera volontà, ma così grandemente da rovinare nella loro natura tutte le istituzioni di Dio.
Scrive: Il diavolo infatti introdusse quel peccato, molto più grande e molto più profondo di quanto siano questi peccati noti agli uomini.
Onde la nostra natura, cambiata allora in peggio da quel grande peccato del primo uomo, non solo è stata fatta peccatrice, ma anche generatrice di uomini peccatori, e tuttavia la malattia stessa per la quale si è perduta la virtù di vivere in modo buono non è una natura, ma un vizio.
Quel peccato dunque che nel paradiso ha mutato l'uomo stesso in peggio, poiché è molto più grande di quanto possiamo giudicare noi,3 viene contratto da ogni nascente.
Ecco quanto apertamente ha esposto il suo modo di sentire.
Quei primi uomini, dichiara, ebbero una natura buona, ma commisero un peccato tanto immane, tanto al di sopra di ogni nostra estimazione, da distruggere la virtù di vivere in modo buono, da estinguere la luce del libero arbitrio, da causare per il futuro la necessità di peccare, in modo da non essere possibile ad alcuno che nascesse dalla loro stirpe sforzarsi di arrivare alla bellezza delle virtù ed, evitati i vizi, diventare possessore della santità.
Agostino. A te o anche alla tua consorteria pelagiana sembra che tu dica qualcosa, mentre trascurando l'autorità divina ti esalti nella tua vanità umana e con le argomentazioni del tuo cuore ti opponi e strilli contro la verità delle Scritture sante.
Se infatti con animo cristiano e cattolico tu fossi attento a quello che dice l'Apostolo: Il corpo è morto a causa del peccato, ( Rm 8,10 ) capiresti certamente che il primo uomo peccò in un modo tanto grande che la natura, non di un uomo solo bensì di tutto il genere umano, mutata da quel peccato, decadde dalla possibilità della immortalità e precipitò nella necessità della morte, tanto che pure coloro che sono convertiti a Dio per mezzo dell'unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, non ricevono immediatamente l'immortalità del corpo, ma ad essi per mezzo dello Spirito di Dio, dal quale sono ora abitati, si promette adesso da darsi dopo.
Il che è spiegato dal medesimo Apostolo nel medesimo passo in questo modo: Se qualcuno non ha lo Spirito del Cristo, non gli appartiene.
Se invece il Cristo è in voi, il corpo è morto, sì, a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione.
Se dunque lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. ( Rm 8,9-11 )
Il corpo dunque è morto a causa del peccato, poiché esso ha pure nei viventi la necessità della morte.
Ma quale peccato, se non il peccato del primo uomo?
Dal momento che per la giustizia del secondo uomo, cioè del Cristo, al medesimo corpo che presentemente si dice morto arriverà la beata vivificazione.
Onde il Cristo è stato detto sia il secondo uomo sia il secondo Adamo, sebbene tra l'Adamo fatto uomo e il Cristo nato uomo vediamo trascorse tante generazioni di uomini, né si possa dire nell'ordine di esse uomo secondo se non Caino.
Ma poiché per prima c'è la morte del corpo, che avvenne per il peccato di Adamo e nella quale decorre il secolo presente, e per seconda c'è la vita del corpo, che avverrà per la giustizia del Cristo che è già avvenuta nella carne del Cristo e nella quale permarrà il secolo futuro; per questo fu detto quello il primo Adamo o uomo, e questo invece il secondo.
E non vuoi capire che tanto grande fu il peccato di Adamo da propagare il secolo dei mortali e tanto grande invece la giustizia di Gesù da propagare il secolo degli immortali?
E la grandezza del peccato del primo uomo, la quale costituì la causa di tanto male per tutti gli uomini, me la obietti come se io solo o se io per primo l'abbia detto?
Ascolta Giovanni di Costantinopoli, sacerdote di eccellente gloria: Peccò, dice, Adamo con quel grande peccato e tutto il genere umano condannò in blocco.4
Ascolta altresì che cosa egli dica nella risurrezione di Lazzaro, perché tu capisca che anche la morte del corpo venne da quel grande peccato.
Dice: Piangeva il Cristo che quanti avrebbero potuto essere immortali il diavolo li abbia fatti diventare mortali.5
Dove, ti prego, il diavolo fece diventare mortali tutti gli uomini se non in Adamo, contro il quale scagliò un così grande peccato di prevaricazione da gettare il genere umano dalla beatitudine del paradiso nella miseria così grande che vediamo e sentiamo?
Il che attesta non solo la morte del corpo, ma lo attestano altresì i molti e tanto grandi mali dell'anima stessa, appesantita da un corpo corruttibile, e lo attesta il grave giogo che opprime i figli di Adamo dal giorno della loro uscita dal grembo materno, ( Sir 40,1 ) giogo sotto il quale sta pure ciò che si legge nel Salmo: Solo un soffio è ogni uomo che vive. ( Sal 38,6 )
E non volendo attribuire questi mali a quel grande peccato del primo uomo, che cosa combini se non d'importarli tu, per conto tuo, nel paradiso di quella felicità tanto grande, come futuri anche là, se nessuno avesse peccato; e quanto ai manichei invece, che li attribuissero alla gente delle tenebre, non " confusi " di essere accusati da te, ma " confisi " di essere aiutati da te, finché finiscano " confitti " con te dalla verità cattolica come da spada invittissima?
Non è vero poi che noi diciamo, come tu ci calunni: A nessuno che nasca dalla stirpe dei primi uomini è possibile sforzarsi di arrivare alla bellezza delle virtù. ( Fil 2,13 )
Si sforzano infatti molti nei quali Dio suscita anche il volere, né si sforzano con il suo aiuto senza arrivare ad un buon risultato.
Però se un corpo corruttibile non appesantisse l'anima, non avrebbero certo bisogno di sforzarsi.
E per questo nel paradiso se nessuno avesse peccato e se sui figli di Adamo non ci fosse un grave giogo, obbedirebbero senza sforzo al loro Dio facilmente e felicemente.
Giuliano. La lode dunque di quei primi uomini, cioè dei due soltanto, giudica costui che lo aiuti a mantenere la distinzione tra i manichei e i traduciani: della quale opinione non si potrebbe facilmente incontrare qualcosa di più amente o impudente.
La libertà dell'arbitrio, dice, dopo che cominciò ad usare di se stessa, perse le sue forze.
E perché, rivolgendoci a lui, esaminiamo tutto un poco alla volta: tu confessi appunto che il primo uomo fu dotato di libero arbitrio e fu creato buono da Dio, non macchiato all'esordio da nessuna tabe di peccato; ma avendo poi prevaricato spontaneamente dalla sua condizione innocente, mise dentro a tutti coloro che sarebbero sorti da lui una inevitabile coazione di peccare.
Questo è certamente il vostro dogma, che noi attestiamo espresso dal fango di Manicheo, il quale anche la natura dello stesso Adamo, sebbene composta molto migliore delle successive con il fior fiore della prima sostanza, tuttavia la ritiene naturaliter cattiva.
Agostino. Le osservazioni fatte precedentemente indicano a sufficienza e il dogma nostro cattolico e il vostro dogma eretico sui primi uomini e sui loro discendenti: gli uni creati retti da Dio; gli altri invece, benché sorti dal medesimo creatore, tuttavia sorti con il vincolo del peccato attraverso una natura viziata a causa del peccato e, dalla salute nella quale l'uomo fu fatto primieramente, gettati nel languore del contagio e nella necessità della morte per la condizione dell'origine.
Per il che essi hanno bisogno dell'aiuto del Salvatore, il quale li salva prima con la remissione di tutti i peccati e poi anche con la sanazione di tutti i languori. ( Sal 103,3 )
Infatti a persone che erano state già battezzate e avevano già ricevuto lo Spirito Santo diceva l'Apostolo: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. ( Gal 5,17 )
Dove, tu che neghi che il libero arbitrio abbia perduto le sue forze peccando, cioè usando male di sé, che cosa risponderai udendo che per la carne concupiscente contro lo spirito non fanno le azioni che vogliono nemmeno i fedeli, non fanno le azioni che vogliono nemmeno coloro ai quali nel battesimo sono stati rimessi i peccati, non fanno le azioni che vogliono coloro dei quali l'Apostolo dice che hanno ricevuto lo Spirito Santo per aver creduto alla predicazione, ( Gal 3,2 ) infine non fanno con la loro libera volontà le azioni che vogliono coloro che il medesimo Dottore delle genti dice chiamati alla libertà? ( Gal 5,13 )
Inoltre tu, difensore così eloquente della libidine, che da egregio patrono osi per la tua cliente tanto da non dubitare che anche nel paradiso prima del peccato sia esistita la concupiscenza della carne concupiscente contro lo spirito, non ti vedi costretto a dire che nemmeno allora in quei primi uomini fu efficace la libera volontà?
Se infatti anche allora la carne concupiva contro lo spirito, certamente essi non facevano le azioni che volevano.
Ma poiché con il libero arbitrio, che ebbe allora integerrime forze, essi facevano senza dubbio le azioni che volevano, cioè servivano alla legge divina non solo senza nessuna impossibilità, ma anche senza nessuna difficoltà, nel paradiso non ci fu la tua cliente per cui la carne concupisce contro lo spirito, per cui avviene che gli uomini, anche quelli già convertiti a Dio con la fede, già battezzati, santificati, chiamati alla libertà, non fanno le azioni che vogliono nell'estinguere la viziosa dilettazione.
Ed è verissimo quello che per bocca dell'antistite Ambrogio disse la fede cattolica: questo vizio per il quale la carne concupisce contro lo spirito, a causa della prevaricazione del primo uomo si è cambiato nella nostra natura.6
Questo dardo inevitabile e insuperabile della verità stronca e Manicheo e te.
Ambedue appunto in questa causa, vedi tu chi di voi peggio, errate tuttavia in modo assoluto: tu perché sostieni che questa pestilenza non sia un male, Manicheo invece perché ne riconosce, sì, il male, ma non sa donde venga e, rimasto privo della fede cattolica, compone una favola piena di menzogne e di turpitudini sulla mescolanza delle due nature, cioè del bene e del male.
Al presente dunque la nostra giustizia consiste in questo: che, giustificati per mezzo della fede, siamo in pace con Dio; ( Rm 5,1 ) ma contro la concupiscenza della carne che ci combatte lottiamo con l'opposizione dello spirito per mezzo dell'aiuto di Dio stesso.
Non è dunque la giustizia di questa vita nell'assenza del vizio, ma nell'indebolimento dei vizi a forza di non consentire ad essi, e in un modo di vivere con temperanza, con giustizia, con pietà a forza di resistere ad essi.
Non avere invece nessun vizio a cui opporci è della vita posteriore, che della vita presente ben gestita è premio con la sanazione della nostra natura, non con la separazione dalla nostra natura di una natura aliena, come vaneggia Manicheo, di cui tu sei l'aiutante.
Ecco, il nostro dogma non è stato espresso, come tu lo incrimini, dal fango di Manicheo e, se non hai perduto ogni sensibilità, dal nostro dogma vedi oppresso con te anche Manicheo.
Giuliano. A noi quindi sul momento incombe il dovere di convincere prima di ebetudine il vostro modo di sentire e poi di dimostrare, come abbiamo già fatto frequentemente, che voi non distate nemmeno di un piede dai tuguri e dai postriboli dei manichei.
Prima di tutto quindi è di una estrema demenza reputare che ai semi si sia mescolata la competenza dell'arbitrio e che gli uffici delle volontà abbiano invaso le concezioni, per dire che, soppressa la più chiara e la più vasta distinzione delle nature e delle libere scelte, la volontà dei primi uomini si infuse nei posteri.
Al quale errore si oppone tutto ciò che esiste in natura.
Mai per la verità i figli degli oratori hanno riportato nei loro vagiti la grazia dell'arte paterna, o la prole degli attori ha teso le mani alle parole con movimenti dotti, né i figli dei guerrieri chiesero al popolo la tromba.
Si potrebbe continuare in questo modo con esempi simili di ogni genere, più chiari dei tuoni.
Risponderà l'universo che altri sono i limiti della natura, altri i limiti della volontà, e che le condizioni dei semi non possono essere accessibili agli appetiti delle libere scelte.
Perciò è apparso stupidissimo e di una stoltezza disperata credere che si sia convertito in natura ciò che tu confessi essere stato volontario.
Ma molto e molto più orribile ancora è l'altra tua affermazione che la possibilità di operare fu distrutta fino dall'inizio della operazione, ossia che il libero arbitrio ( il quale non è altro che la possibilità di peccare e di non peccare, non soggetta a nessuna violenza di una delle due parti, ma dotata della facoltà di posarsi per suo spontaneo arbitrato nel lato che vuole ), dopo che cominciò a volere l'uno, perse il potere di ambedue.
Agostino. Ma proprio non ti accorgi che tu, per ignoranza certamente ma tuttavia vigorosamente, suffraghi Manicheo con l'enfasi e con lo strepito spumeggiante di cotesta tua loquacità?
Se infatti alla sua domanda donde venga il male, con la quale questione i manichei sono stati soliti turbare i cuori non eruditi, noi rispondessimo che è sorto dalla libera volontà della creatura ragionevole, ed egli dicesse: Donde vengono dunque questi tanti mali, non quelli che capitano a coloro che sono già nati e che fanno già uso dell'arbitrio della volontà nel progredire degli anni, ma quelli con i quali nascono o tutti gli uomini o molti uomini?
In tutti è appunto congenita la concupiscenza della carne per cui la carne concupisce contro lo spirito, anche contro lo spirito che ha ricevuto la fede retta e la dottrina della pietà.
In tutti è congenita pure una certa tardità di mente, per la quale anche coloro che si chiamano ingegnosi non imparano tuttavia senza una qualche penosa fatica le arti comuni o anche le arti che appellano liberali, o conseguono una conoscenza più ricca sulla stessa religione.
Alcuni nascono anche con un corpo deforme e talvolta mostruoso, molti nascono tardi e ottusi d'ingegno, molti iracondi, molti libidinosi, alcuni anche completamente stupidi e fatui.
Che altro risponderebbe la fede cattolica se non che tutti cotesti mali, da quando l'uomo peccò e fu scacciato dal paradiso, cioè dal luogo della felicità, sorgono dalla natura umana che è stata viziata dal contagio del peccato? Se infatti nessuno avesse peccato, non sarebbero nati nel paradiso né cotesti vizi, né altri vizi di nessun genere.
Il che udito, Manicheo reciterebbe a noi, se le avesse, le tue parole dove dici: È di una estrema demenza reputare che ai semi si sia mescolata la competenza dell'arbitrio e che gli uffici delle volontà abbiano invaso le concezioni e tutto il resto che tu hai aggiunto per esporre questa sentenza, sforzandoti di dimostrarla con il fatto che non nascono oratori i figli degli oratori, né attori i figli degli attori, né guerrieri i figli dei guerrieri.
Di questo tuo aiuto Manicheo si avvale per respingere la nostra tesi con la quale diciamo che a causa del peccato del primo uomo fu viziata la natura umana anche nei suoi posteri, i quali erano in lui per ragione seminale quando egli peccò in quella grande prevaricazione, e dopo aver respinta la nostra tesi per introdurre la mescolanza delle due sue nature e asserire che dalla mescolanza di una natura mala vengono quei mali con i quali nascono gli uomini.
Tu invece per opporti a me sei costretto a fare l'affermazione più assurda e più detestabile: cioè che cotesti mali dei nascenti sarebbero sorti anche nel paradiso, se nessuno avesse peccato.
Qui Manicheo ti incalzerà a dire donde sarebbero sorti.
Dove tu, messo così alle strette, se dirai che cotesti mali sarebbero sorti dalle stesse nature dei nascenti senza il merito di nessuna volontà, accuserai certamente il Creatore e per non farlo ti rifugerai nei meriti delle volontà cattive.
Ma costui chiederà: Di quali volontà? Non c'è infatti nessuna volontà dei semi o dei bambini nascenti.
Che resterà dunque, se vuoi evadere o superare Manicheo, se non intendere con noi che negli occulti semi delle origini sono segretamente implicati anche i semi dei nascenti e i meriti provenienti dalla cattiva volontà dei generanti, ma che il peccato del primo uomo fu così grande da condannare tutto il genere umano in blocco, per usare l'espressione del santo vescovo Giovanni?7
Dal che si deduce che cotesti mali non sarebbero sorti se nessuno avesse peccato, né sarebbero potuti esistere nel paradiso, dal quale coloro che avevano peccato uscirono prima di generare.
Dal quale dogma cattolico è svuotato ciò che giudicasti di dover replicare nei riguardi delle arti, ricordandoci che nessuno nasce con l'arte di suo padre.
Altro è infatti peccare nei costumi con i quali si vive rettamente, e tale peccato suole essere punito o dalle leggi o dal giudizio di Dio; altro è peccare nelle arti, siano esse oneste o siano turpi, dove si dice che qualcosa viene fatto contro l'arte: e questi peccati non vengono né ripresi dalla legge divina, né castigati dalla severità divina, bensì dagli uomini, al giudizio dei quali vanno soggette queste mancanze, e specialmente dai maestri delle arti quando insegnano ai ragazzi sotto il timore o sotto il dolore delle punizioni.
A tale proposito dobbiamo tuttavia riflettere che nel paradiso, se si imparava qualcosa che a quella vita fosse utile conoscere, lo apprendeva senza nessuna fatica o sofferenza la natura beata o dall'insegnamento di Dio o da se stessa.
Per cui chi non capirà che in questa vita anche i tormenti di coloro che apprendono appartengono alle miserie di questo secolo, che si è propagato da un solo uomo per la condanna? ( Rm 5,16 )
Qui in questa vita è una miseria anche questo: che le misere menti non vogliano ciò che è bene o, se la volontà è già stata preparata dal Signore, ( Pr 8 sec. LXX ) che tuttavia colui che vive in questo secolo gridi ancora: C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo. ( Rm 7,18 )
Se riterrai questo, vincerai i manichei.
Ma poiché non lo ritieni, gli uni e gli altri di voi vince questa fede.
Giuliano. Ora quindi si dimostri ciò che abbiamo detto: che il vostro dogma non differisce in nulla dai manichei.
Non c'è dubbio affatto che sia stata creata pessima la natura dello stesso Adamo, se fu formata con questa condizione di avere la necessità del male senza avere la necessità del bene; ossia che il crimine, anche se fosse stato concepito dalla volontà, diventasse tuttavia naturale in lei, senza che diventasse naturale in lei la bontà.
Ed è falso dire che peccò per volontà Adamo, che soffriva il pregiudizio di una iniquissima condizione.
Appare infatti quanto egli sia stato avvinto dal male, se doveva essere compenetrato da un crimine inseparabile.
Che cosa infatti potrò trovare peggiore di una sostanza che sia stata creata capace di cadere nella iniquità e incapace di allontanarsi dalla iniquità?
Se questa violenza l'avesse patita nella parte del bene, se avesse perduto il libero arbitrio, di nulla tuttavia avrebbe accusato il Creatore, perché nessuno muoverebbe questione a lui sulle prodigalità della sua benignità.
Quando invece tale dominazione si pone nella parte del male, nessuno essa accusa più dello stesso Creatore dell'uomo, ed è blandito dalla vana adulazione dei suoi incriminatori, ossia dalla vostra adulazione, un tale dio, che con l'orridezza della sua creazione si dimostra amicissimo della malizia.
Chi infatti potrebbe essere persuaso che Dio non destinò ai crimini il primo uomo, se lo privò della facoltà della emendazione, se lo dotò di un animo talmente depravato da non potergli dispiacere il proprio errore e da essergli preclusa la strada di tornare all'onestà e di diventare migliore dopo le sue esperienze; se gli strappò la stessa possibilità di correggersi perché non sentisse mai l'eventuale voglia di ricuperare la rettitudine?
Assolutamente, se la sua condizione fu tale da perdere la virtù dell'emendazione per una sola caduta, finché durava in questa vita, non fu costituito per altro che per cadere; anzi con più verità di uno che non si lascia risorgere per quanto concerne la condotta morale non si dice che cadde, ma si dice che giacque per sempre.
Quale fu dunque quella libertà che gli si crede conferita originariamente, se delle due qualità contrarie possedeva la peggiore da parte della necessità e possedeva la migliore da parte della mutabilità; se anzi, occupata dalla tirannia del crimine, quella libertà veniva spogliata della facoltà della resipiscenza?
Tetro al massimo dunque lo stato del primo uomo fin dallo stesso esordio, se l'uomo fu istituito da Dio tanto infelice da rimanere legato ad una perpetua necessità di peccare, appena fosse caduto in un crimine.
Agostino. Fai delle affermazioni da arrossire con te stesso, per quanto tu sia impudente, se non trascurerai di riconsiderarle, almeno dietro le nostre ammonizioni!
Per quale ragione infatti non poni attenzione che, se pessima fu fatta la natura che incorre nel male per una volontà ingiusta, ma che per una pena ingiusta non può correre dietro al bene, non fu fatta pessima soltanto la natura umana che obietti a noi, ma anche la natura angelica?
Salvo che tu non dica che pure il diavolo, caduto dal bene per sua volontà, ritornerà, se vorrà e quando vorrà, al bene da lui abbandonato, e restaurerai per noi l'errore di Origene.
Se non lo fai, correggi ora, che sei stato avvertito, quanto hai detto inavvertitamente, e confessa che fu creata buona la natura che al male fatto da lei non fu sospinta da nessuna necessità, bensì vi cadde da sé per propria volontà.
Viceversa al bene che abbandonò può essere richiamata solo dalla grazia di Dio, non dalla volontà della libertà che perse per il merito della iniquità.
Può appunto anche un altro, errante alla tua maniera, dire: Che cosa potrò trovare peggiore di una sostanza che è stata creata capace di andare nel supplizio eterno e incapace di ritornare di là?
E certamente Dio onnipotente può tirare fuori dal supplizio che vuole, ma non può mentire Dio che ha minacciato di non farlo quando ha detto eterno quel supplizio.
Ma ad avere idee sbagliate su questo argomento ti porta l'inganno della tua definizione con la quale hai definito il libero arbitrio in un precedente passo al quale abbiamo già risposto, e altrove molte volte.
Hai detto infatti: Il libero arbitrio non è altro che la possibilità di peccare e di non peccare.
Con la quale definizione hai tolto il libero arbitrio prima di tutto a Dio stesso, al quale non neghi l'impossibilità di peccare, perché e lo dici spesso ed è vero.
Poi gli stessi santi sarebbero destinati a perdere il libero arbitrio nel regno di Dio, dove non potranno peccare.
Ma qui devi essere avvertito che cosa tu debba sapere sull'argomento di cui stiamo trattando: cioè che la pena e il premio sono da vedersi come due situazioni contrarie tra loro, e che a questi contrari sono legati altri due contrari.
Così dunque nella pena eterna c'è il non poter agire rettamente, come nel premio eterno ci sarà il non poter peccare.
Sii attento alle Scritture, delle quali abbandoni miserando l'orbita e sei sbattuto vagabondo da una ventosa loquacità come da una tempesta, e vedi in che senso sia stato detto: Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti, come sta scritto: " Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchi per non sentire, fino al giorno d'oggi ".
E Davide dice: " Diventi la loro mensa un laccio, un tranello e un inciampo e serva loro di giusto castigo!
Siano oscurati i loro occhi sì da non vedere, e fa' loro curvare la schiena per sempre! ". ( Rm 11,7-10 )
Guarda anche a quel passo che si trova nel Vangelo: E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora: Ho reso ciechi i loro occhi e ho indurito i loro cuori, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore, e si convertano e io li guarisca. ( Gv 12,39-40 )
Ho commemorato questi testi perché tu capisca, se puoi, che avviene per una pena senza dubbio giusta che gli uomini con il cuore accecato non credano, e viceversa avviene per un atto di misericordia che essi credano con la loro libera volontà.
Chi infatti ignora che nessuno crede se non con il libero arbitrio della volontà?
Ma la volontà viene preparata dal Signore, né viene sottratta assolutamente alla schiavitù cattiva dovuta ai suoi meriti se non quando è preparata dal Signore con una grazia gratuita.
Se infatti Dio non ci facesse volenti da nolenti, certamente non pregheremmo che vogliano credere coloro che non lo vogliono.
Il che anche l'Apostolo indicò di averlo fatto per i Giudei dove afferma: Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. ( Rm 10,1 )
Questa salvezza appunto non la potrebbero conseguire se non con una volontà credente: che questo dunque volessero pregava il beato Paolo.
E la petizione dell'Orazione Dominicale: Sia fatta la tua volontà come in cielo così anche in terra, ( Mt 6,10 ) il vescovo Cipriano la intende pure come se fossimo stati ammoniti a pregare per gli infedeli nostri nemici, perché, come crediamo noi che già siamo il cielo in quanto portiamo l'immagine dell'uomo celeste, così credano anch'essi che sono terra per questo che portano l'immagine dell'uomo soltanto terreno.8
Giuliano. Perdura appunto tra voi e i manichei il patto di asserire, essi con la professione e voi con l'argomentazione, che la natura anche del primo uomo fu cattiva.
Il che sebbene sia dimostrato tutto pieno di sciocchezze e di falsità per tralasciare le legioni dei santi e prendere il primo esempio di giustizia dopo il peccato di Adamo dalla mirabile santità di Abele, il quale, nato da peccatori, indicò di non aver mancato della virtù di vivere bene anche con l'effetto della sua stessa virtù; tuttavia, omesse queste considerazioni, giova incalzare le sentenze della nazione traduciana.
Quale giudichi dunque sia stato il libero arbitrio di cui confessi il conferimento ai primi uomini?
Certamente che potessero alternare i movimenti dell'animo: fare il male o allontanarsi dal male, abbandonare la giustizia o conservare la giustizia.
La volontà dunque di peccare non ci sarebbe stata, se non l'avesse preceduta la possibilità di volere.
Questo libero arbitrio tu dici che lo persero dopo che cominciarono ad usare della propria volontà, ossia del movimento dell'animo senza coazione di nessuno: e di questo che cosa si può pensare di più pazzesco?
Per tenere infatti l'esplicita forza del tuo ragionamento, tu dici che a causa della volontà andò perduta quella dote che non fu data se non a favore della volontà: il peccato appunto non è altro che la mala volontà, ma la libertà fu data unicamente perché non forzasse la volontà, bensì le permettesse di sorgere.
Ora, tu dici che questa libertà perse la sua condizione per opera della volontà, così da credere che l'abbia fatta sparire la causa stessa che è la sola ragione del suo vigore.
Dunque la volontà mala non è certamente un frutto della libertà, ma una sua testimonianza.
La libertà poi non è nient'altro che la possibilità del bene e del male, ma volontario.
Come fu dunque possibile che la libertà morisse per la medesima causa che è la ragione della sua istituzione, essendo la volontà mala e la volontà buona non le tombe della libertà, ma le trombe che l'annunziano?
E per questo, quanto ci corre tra i compiti della libertà e i suoi rischi mortali, altrettanto ci corre tra la tua opinione e la ragione del libero arbitrio, di cui reputi procurata l'uccisione dalle sue lodi.
Dunque che accadde di nuovo, che accadde d'inatteso, quando l'uomo mancò, da far franare le istituzioni di Dio?
L'uomo fu fatto capace di peccare e capace di non peccare: quando peccò, fece ciò che certamente non avrebbe dovuto fare, ma ciò che tuttavia poté fare.
Per quale ragione quindi avrebbe dovuto perdere quella facoltà che per questo scopo era stata istituita: l'uomo potesse volere e potesse non volere ciò che volle?
Agostino. Ripeti continuamente i medesimi ragionamenti, ai quali chi legge vedrà bene che io ho già risposto precedentemente.
Ma anche ora a te che persisti nell'asseverare che la libertà di agire bene o di agire male non si può perdere con il suo cattivo uso, risponda anche il beato papa Innocenzo, antistite della Chiesa Romana, il quale rispondendo nella vostra causa ai concili episcopali africani dice: Fece Adamo una volta l'esperienza dolorosa del libero arbitrio, quando usando troppo sconsigliatamente dei suoi beni e cadendo sommerso nel profondo della prevaricazione, non trovò nulla per poter risorgere dalla sua caduta e, ingannato per sempre dalla sua libertà, sarebbe rimasto schiacciato dalla propria rovina, se dopo non lo avesse risollevato per sua grazia l'avvento del Cristo.9
Vedi o no che cosa pensi per mezzo di un suo ministro la fede cattolica?
Tu vedi che la possibilità di stare e di cadere l'ebbe l'uomo così che, se fosse caduto, non risorgesse con la medesima possibilità con la quale era caduto, a causa cioè del castigo conseguente alla colpa.
Per questa ragione la grazia del Cristo, alla quale siete miserevolmente ingrati, venne a risollevare il giacente.
Anche in un'altra lettera, con la quale rispose su voi stessi ai Numidi, dice: Tentano dunque di togliere la grazia di Dio, che è necessario cercare anche dopo che a noi sia stata restituita la libertà dello stato originario.10
Lo senti dire che la libertà viene restituita e sostieni che non era stata perduta.
Contento della volontà umana, non chiedi la grazia divina, che la nostra libertà, anche dopo che è stata restituita al suo stato originario, capisce che le è necessaria.
Ma ti domando se fosse già stata restituita così al suo stato originario la libertà di colui che dice: Non quello che voglio io compio, ma faccio quello che detesto, e che dice: C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; ( Rm 7,15.18 ) e la libertà di coloro ai quali l'Apostolo scrive: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. ( Gal 5,17 )
Reputo che tu non sia stolto a tal punto da dire che in costoro c'era la libertà dello stato originario.
E tuttavia, se non avessero avuto per nulla la libertà, non avrebbero nemmeno potuto volere ciò che è santo e giusto e buono.
Ci sono infatti taluni che si dilettano tanto di peccare da non volere la giustizia e da odiare la giustizia, la quale nessuno può nemmeno volere, se la volontà non è preparata dal Signore, perché alla effettuazione della giustizia preceda il desiderio della volontà e un poco alla volta sopravvenga l'efficienza del potere, per alcuni più presto, per altri più tardi, per ciascuno come glielo concede il Signore, il quale solo è capace di riparare la salute dell'uomo e di accrescerla dopo la sua perdita e di donare anche che la salute non si possa perdere mai più.
Nel quale numero di liberati c'è pure quel santo giovane Abele, al quale tu dici che non mancò la virtù di vivere bene.
Non gli mancò davvero, ma dal momento che cominciò ad averla.
Prima invece, chi è mondo da macchia? Nemmeno un bambino la cui vita sulla terra sia di un giorno appena. ( Gb 14,4 sec. LXX )
Sono dunque redenti tutti coloro che sono redenti da colui che venne a salvare ciò che era perduto, e che prima di venire nella carne redense mediante la fede stessa che lo credeva venturo.
Ma sono redenti per la libertà eterna della beatitudine, dove non possano più servire al peccato.
Infatti se, come dici tu, " la libertà è soltanto la possibilità del bene e del male volontario ", non ha la libertà Dio nel quale non c'è la possibilità di peccare.
Se poi cerchiamo nell'uomo il libero arbitrio congenito e assolutamente inammissibile, esso è il libero arbitrio per cui tutti vogliono essere beati, anche coloro che non vogliono usare i mezzi che conducono alla beatitudine.
Indice |
1 | De duab. animab., n. 15 |
2 | Ambrosius, In Luc. 7, 12, 53 |
3 | De nupt. et concup. 2,34,57.58 |
4 | Ioannes Constantinopol., Ep. ad Olymp. 3, 3 |
5 | Ioannes Constantinopol., Omil. de Lazaro resuscitato |
6 | Ambrosius, In Luc. 7, 12, 53 |
7 | Ioannes Constantinopol., Ep. ad Olymp. 3, 3 |
8 | Cyprianus De Orat. dominica, 16 |
9 | Innocentius (Ep. 181 inter Augustinianas), 7 |
10 | Innocentius (Ep. 182 inter Augustinianas), 4 |