Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro V

60 - La volontà cattiva del primo uomo nacque dalla sua stessa volontà buona

Giuliano. Ma perché interessarci dei bambini, quando la questione dei manichei dice che nemmeno l'uomo di età perfetta pecca per sua volontà?

Infatti la ragione del sorgere del male nell'uomo è la sua creazione dal nulla e se d'altronde la sua creazione dal nulla fu per l'uomo una necessità, senza dubbio l'uomo ricevé il male non dalla parte del possibile, ma dalla parte del necessario.

Il che essendo stato distrutto con una lunga discussione, discorriamo ancora solo per un poco su questo medesimo argomento allo scopo che a forza di ripeterci esso si chiarisca sempre meglio.

Tu chiedi dunque donde sia emersa la stessa volontà cattiva nel primo uomo.

Io rispondo: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno.

Tu chiedi anche donde lo stesso movimento. Io rispondo: Che domandi? Donde poté essere o donde fu costretto ad essere?

Se tu dici, come lo hai anche scritto: Donde fu costretto ad essere, io replicherò che tu parli in modo infondato e contraddittorio.

Tu chiedi infatti chi abbia costretto ad essere ciò che non può essere se non senza coazione di nessuno.

Il che dissolvendosi per la sua stessa contraddizione, non ha nessuna forza una questione che non ha ordine logico.

Quindi stoltissimamente tu interroghi donde la stessa volontà cattiva.

Infatti con questo che tu dici: " Donde ", non ricerchi l'occasione della volontà cattiva, ma la sua origine, ossia la sua natura.

Ma, come se n'è discusso sopra, se la volontà riceve una natura, perde la definizione di sé, per la quale è stato detto: Senza coazione di nessuno.

Se invece ritiene la definizione di sé, esclude la predeterminazione della natività.

Dunque non perché fu fatto dal nulla l'uomo peccò, non perché fu fatto da Dio, non perché fu fatto dalle tenebre, non perché fu fatto di libero arbitrio, ma per questo peccò perché volle, ossia per questo ebbe la volontà cattiva perché volle.

Agostino. Noi diciamo, o piuttosto la verità stessa dice che tra gli uomini di età perfetta alcuni compiono il male per volontà, altri per necessità, oppure che i medesimi uomini in alcuni casi per volontà, in altri casi per necessità.

Il che se lo credi falso, guarda a colui che grida: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio.

Il quale bisogna ributtartelo in faccia le tante volte che tu nel dire coteste tue opinioni o fingi di non vedere costui o forse non lo vedi.

Perché ti ravvolgi in tortuose ambagi? Non ti si dice: Ebbe la necessità di peccare l'uomo, perché fatto dal nulla. Ma te lo dici tu.

Fu assolutamente fatto così da avere da parte del necessario la possibilità di peccare, e il peccato invece da parte del possibile.

Ma tuttavia non avrebbe nemmeno la stessa possibilità di peccare, se egli fosse la natura di Dio: sarebbe infatti certamente immutabile e non potrebbe peccare.

Quindi non per questo peccò, ma per questo poté peccare perché fu fatto dal nulla.

Tra " peccò " e " poté peccare " ci corre moltissimo: il primo è la colpa, il secondo è la natura.

Né tutto ciò che fu fatto dal nulla poté peccare: non possono infatti peccare gli alberi e le pietre; ma tuttavia la natura che poté peccare fu fatta dal nulla.

Né è un grande beneficio il non poter peccare, ma è un grande beneficio il non poter peccare unito alla beatitudine.

Come non è un grande beneficio il non poter essere misero, perché tutte le creature che sono incapaci della beatitudine non possono essere misere; ma è un grande beneficio essere una natura così beata da non poter essere misera.

Il che sebbene sia un beneficio più grande, nemmeno è piccolo il beneficio che la natura umana sia stata creata in tale beatitudine da poter essere non misera, se lo avesse voluto.

Si dice poi che tutte le creature furono fatte dal nulla, ossia da realtà che erano nulle, perché intendiamo che quanto è stato fatto da ciò che era già, si deve riportare alla prima origine.

Dalla terra infatti la carne, ma dal nulla la terra.

In questo senso noi diciamo anche che tutti gli uomini sono figli di Adamo, sebbene ciascuno sia figlio di suo padre.

Tuttavia tutte le creature che sono state fatte sono mutevoli, perché sono state fatte dal nulla: ossia non erano, e perché Dio le ha fatte sono e sono buone: sono state create infatti dal Bene; né esisterebbero in nessun modo le creature mutevoli, buone in quanto esistono, se non esistesse il Bene immutabile che le creasse.

Quindi tutti i mali, che non sono nient'altro che privazioni di beni, sono sorti da creature buone ma mutevoli; e l'angelo appunto e l'uomo, dai quali sono sorti i mali che tuttavia avrebbero potuto anche non sorgere, se quelli non avessero voluto peccare, perché avrebbero potuto anche non volere, li possiamo giustamente dire nature buone, ma non giustamente nature immutabili.

Dio poi è tanto buono da fare un uso buono anche dei mali, che l'Onnipotente non lascerebbe esistere se non potesse con la sua somma bontà farne un uso buono: e da qui piuttosto, cioè dal non riuscire a fare un uso buono anche del male, Dio apparirebbe impotente e meno buono.

Perciò non ti è consentito di negare che colui che dice: Io compio il male che non voglio, ( Rm 7,19 ) abbia già preso il male da parte del necessario e non da parte del possibile.

Non quindi, come dici tu: Ogni cattiva azione viene non dal necessario, ma dal possibile: si trova invece anche qualche azione cattiva proveniente dal necessario.

Vedi adesso come sia crollata la tua macchinazione tanto elaborata.

Ma a chi cerca donde sia sorta nel primo uomo la volontà cattiva tu reputi di rispondere con più cautela dicendo: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, quasi che tu non rispondessi con più brevità e speditezza: Dall'uomo stesso.

L'aggiunta appunto: Senza coazione di nessuno l'avresti potuta fare anche qui senza opposizione da parte di nessuno.

Chi infatti si opporrebbe a te che diresti la verità se tu dicessi: La cattiva volontà scattò nel primo uomo dall'uomo stesso senza coazione di nessuno?

Adesso invece, temendo d'incolpare la natura come se da ciò venisse qualche offesa al suo Creatore, e hai detto finalmente quello che da tanto tempo volevi, e non ti sei scostato dalla natura.

L'animo infatti è natura e nella costituzione dell'uomo è una natura migliore di quella del corpo.

E da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno hai detto che scattò la volontà cattiva.

Ti accorgi o no che non poté scattare se non da qualche parte ciò che non puoi negare inesistente prima che esistesse?

Ma che bisogno c'è di cercare donde il movimento dell'animo, quando è ben chiaro che un movimento dell'animo non poté scattare se non dall'animo?

Il che se neghi impudentissimamente e insulsissimamente, ti si chiede ancora donde sia scattata nel primo uomo la volontà cattiva, né ti si lascia più dire: Da un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, perché lo stesso movimento dell'animo senza coazione di nessuno è la volontà.

Per cui dire: " La volontà scattò da un movimento dell'animo " è lo stesso che dire: Il movimento dell'animo scattò dal movimento dell'animo, o: La volontà scattò dalla volontà.

O forse tu dici che questo movimento scattò da se stesso e non dall'animo, perché da ciò non s'incolpi la natura buona, ossia l'animo stesso?

Non lo si condanni dunque per questo: chi sopporterà infatti come giusta la condanna dell'animo per un fatto di cui non si può giustamente incolpare?

Ma tu dici: Per questo l'uomo peccò perché volle, per questo ebbe la volontà cattiva perché volle.

Lo dici con piena verità. Ma se una luce chiarissima non è tenebra, dall'uomo scattò la volontà cattiva perché egli volle.

Noi infatti non diciamo, come ci calunni tu e come mentisci che sia stato da noi anche scritto: Donde questo movimento sia stato forzato ad essere, ma: Donde sia scattato senza essere stato forzato da nessuno, perché e senza che nessuno lo forzasse tuttavia scattò, e non poteva scattare se non da qualche parte ciò che prima di scattare non era.

Se dunque l'uomo volle, dall'uomo scattò il volere; e cos'era l'uomo prima che da lui scattasse il volere se non una natura buona e un'opera buona di Dio?

Il che è anche l'uomo cattivo, in quanto egli è uomo ed è opera di Dio.

Resti dunque confuso dalla sua vanità Giuliano, poiché Ambrogio disse la verità scrivendo che " i mali sono sorti dai beni ".28

Ma perché senza coazione di nessuno, non è colpevole Dio.

Quanto poi ad aver permesso l'esistenza dei mali, Dio riceve una lode ancora più insigne, perché fa di essi un uso giusto e buono.

61 - Invano ti sforzi di difendere la natura viziata

Giuliano. La volontà dunque, la quale non è altro che un movimento dell'animo senza coazione di nessuno, deve alla natura la sua possibilità e deve a sé la effettuazione della volontà.

È sorta infatti nella natura, ma da parte del possibile, non da parte del necessario.

Se qualcuno qui dirà: Ma è cattiva la natura che poté avere cattiva volontà, io rispondo: Ma è buona la natura che poté avere buona volontà.

Si direbbe dunque insieme ad un tempo ottima e pessima.

Ma l'ordine oggettivo non consente che in un solo e medesimo tempo una sola e medesima realtà sia piena di qualità di meriti contrari.

Se quindi si reputa per questo " mala " perché ha potuto compiere il male, si creda per questo buona perché ha potuto compiere il bene.

Per quale ragione, chiede costui, ha potuto fare anche il male la volontà che operava il bene?

Io rispondo: Perché questo bene che si dice virtù non poteva essere proprio di lei se non fosse stato volontario; ma non sarebbe stato volontario se avesse avuto la necessità del bene, e d'altra parte avrebbe sofferto la necessità del bene se non avesse avuto la possibilità del male.

Perché dunque si reggesse il diritto del bene, fu ammessa la possibilità del male.

Agostino. Come vedo, tu non vuoi attribuire alla natura dell'uomo la buona volontà nemmeno quando l'uomo fu creato da principio, quasi che Dio non abbia potuto fare l'uomo di buona volontà, nella quale tuttavia non lo costringesse a permanere, ma fosse nell'arbitrio dell'uomo sia il voler essere sempre nella volontà buona, sia il non esserci sempre, e dalla volontà buona mutarsi nella volontà cattiva senza coazione di nessuno, come anche avvenne.

Né infatti l'uomo non ebbe antecedentemente la volontà di non peccare e dalla volontà di peccare iniziò la vita, nella quale Dio lo creò retto e certamente tale da poter già usare della ragione.

Chi infatti sopporterà che si dica fatto nelle medesime condizioni in cui nascono ora gli infanti?

Pertanto quella perfezione di natura che non davano gli anni ma solo la mano di Dio, non poté se non avere una qualche volontà ed una volontà non cattiva, perché altrimenti non sarebbe stato scritto: Dio ha fatto l'uomo retto. ( Qo 7,29 )

Di buona volontà quindi fu fatto l'uomo, pronto ad obbedire a Dio, obbediente nell'accogliere il precetto, che osservasse senza nessuna difficoltà finché volesse e trasgredisse senza nessuna necessità quando volesse: né certo l'osservasse infruttuosamente, né lo trasgredisse impunemente.

Onde con pio e rispettoso pensiero si deduce che la prima volontà buona fu opera di Dio.

In possesso di essa appunto Dio fece retto l'uomo: né infatti mai nessuno è retto se non vuole comportamenti retti.

Per il che la volontà buona a chi la perde non la rende se non colui che la creò, né per altra via si deve ritenere sanabile la necessità del peccato se non per la misericordia di colui per il cui profondo e giusto giudizio tale necessità incolse i discendenti di Adamo, che peccò senza nessuna necessità.

Onde l'Apostolo, dopo aver pianto la necessità e la pena del peccato che abitava nella sua carne e lo costringeva a compiere il male che non voleva, indicando subito a chi ricorrere dice: Sono uno sventurato!

Chi mi libererà del corpo di questa morte? La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

Ti avvedi certamente come non corra in soccorso di costui quella possibilità che tu giudichi di aver scoperto come un grande beneficio: essa appunto è già stata perduta, quando si compie il male per necessità e quando l'uomo sotto il male necessario grida: Sono uno sventurato!, ma come in soccorso di costui corra decisamente Dio, con la cui grazia si superano anche quei comportamenti che tu chiami necessari, proprio perché non possono essere diversamente.

Ciò che infatti è impossibile agli uomini, a Dio è facile.

Per lui non fu una necessità che un cammello non potesse entrare per la cruna di un ago, ( Mt 19,24.26 ) ma piuttosto fu una possibilità che ci entrasse, come la sua carne e le sue ossa furono fatte passare attraverso porte che erano chiuse. ( Gv 20,26 )

Invano pertanto ti sforzi di difendere la natura viziata.

Se cerchi di fare qualcosa di utile ad essa, adòperati perché sia sanata, non perché sia scusata.

Lascia che essa stessa si sia fatto il male donde fosse condannata meritamente.

Infatti qualsiasi altra cosa tu dica per spiegare donde sia scattata la volontà cattiva, negando che essa sia scattata da lei, tu affermi che è ingiusta la sua condanna.

Che altro dici infatti se non questo: Non ha fatto lei stessa il male donde è condannata?

Che cosa dunque di più iniquo che si condanni per un male che non ha fatto lei stessa?

Se poi l'ha fatto lei stessa, perché tenti di scusarla ricorrendo al possibile, con il quale si prova che tu l'accusi ancora più inescusabilmente?

Dici infatti: La volontà cattiva scattò certamente nella natura, ma dal possibile, non dal necessario.

Se questa possibilità è al di fuori della natura, si condanni piuttosto la stessa possibilità, donde scattò la volontà cattiva, e non la natura.

Se invece anche la possibilità appartiene alla natura, a farsi la volontà cattiva fu la natura a più forte ragione perché poté anche non farsela: questo infatti indica la definizione della possibilità sostenuta da te.

Nessuno ti dice: Per questo è cattiva la natura perché poté avere la volontà cattiva.

Noi, contro i quali ora parli, certamente non lo diciamo.

Perché ti indugi in chiacchiere superflue?

Sicuramente in quello che hai detto: Il bene che si dice virtù non sarebbe volontario, se avesse avuto la necessità del bene; ma avrebbe sofferto la necessità del bene, se non avesse avuto la possibilità del male, ti sei dimenticato assolutamente di Dio, la cui virtù è tanto più necessaria quanto più Dio la vuole così da non poterla non volere.

Infatti anche tu nel primo libro di questa tua opera hai detto: Dio non può se non essere giusto.29

Se questa si deve dire necessità, la si dica senz'altro, purché tuttavia rimanga fermo che nulla è più felice di questa necessità, per la quale è tanto necessario che Dio non viva male quanto è necessario che viva sempre e che viva beatissimamente.

Né infatti tale necessità teme le tue parole, nelle quali tu non hai voluto dire: Avrebbe avuto la necessità del bene, ma hai preferito dire: Avrebbe sofferto la necessità del bene, se non avesse avuto la possibilità del male, per far apparire che evidentemente Dio ha risparmiato all'uomo di soffrire la necessità del bene come qualcosa di dannoso senza avere la possibilità del male: necessità del bene che è un beneficio tanto grande da essere riservato in premio ai santi, che tu hai dimenticato pari pari come Dio.

Né infatti vivremo allora senza la virtù, quando ci sarà concesso di non poterci più allontanare dal Signore, poiché non potremo nemmeno volerlo.

Sarà infatti per noi un bene così certo quello per cui saremo sempre con il Signore, ( 1 Ts 4,16 ) come è stato promesso, da non volere recedere da Dio e da non poterlo volere.

Non è dunque vero che non ci sarebbe la virtù in noi, se la volontà cattiva noi non l'avessimo in modo da poterla anche altrimenti avere, ma per il merito di questa virtù minore dovette accedere a noi in premio la virtù maggiore di non avere la volontà cattiva in tal modo da non poterla nemmeno avere.

O " desideranda " necessità! La donerà la verità, perché sia certa la sicurtà, senza la quale non può esserci quella nostra ormai piena felicità, a cui non c'è più nulla da aggiungere.

62 - La volontà cattiva è imputabile a chi amministra male la propria possibilità

Giuliano. Questo però si può ritorcere in senso contrario per dire: Ma la natura è stata apprestata per il male: infatti, poiché il male volontario non poteva esserci se ci fosse stata la necessità del male, per questo fu data la possibilità del bene per preparare al male la sua propria facoltà.

Il che è un ragionamento senza dubbio acuto, ma insano: tutte le creature infatti si valutano dalla loro parte migliore, e a ciò si aggiunge inoltre la dignità dell'Autore, ossia di Dio, il quale non fece l'animale libero per le azioni che avrebbe punito, ma diede la possibilità dei contrari proprio perché intendeva ricompensare il bene e il male.

Tuttavia però non voglio combattere su questo punto, ma permetto qualcosa alla calunnia per non " prescrivere " nulla con l'autorità dell'Artista.

Questo comunque segue necessariamente: la possibilità di fare il bene e il male viene rimossa dall'effettuazione dell'una e dell'altra volontà.

E con questo si prova che da parte del necessario non proviene la causa né della virtù né del vizio.

Ci si lasci fare agli onesti questo torto: quando si vedono combattere contro i disonesti, non si ascriva il merito della volontà né a quella buona né a quella cattiva.

La volontà ha dunque la testimonianza della sua nobiltà nella propria innocenza, perché è piena tassativamente del volontario, né buono né " malo ".

La possibilità dunque di volere ascrivila alla natura, ma non ascrivere alla natura il volere, né il bene né il male.

Invincibilmente quindi si è concluso che la volontà " mala " è sorta, sì, nell'opera di Dio, ma dal possibile e non dal necessario.

Il male non si può addebitare al Datore della possibilità, ma al governatore della stessa possibilità.

Agostino. Né la volontà buona, né la volontà cattiva tu concedi di ascrivere alla natura, ma solo la possibilità di una volontà o buona o cattiva; sebbene sia una natura e l'angelo e l'uomo.

L'uno e l'altro dei quali, se non gli si deve ascrivere, come dici tu, una volontà buona o cattiva, né merita onore per la volontà buona, né merita condanna per la volontà cattiva.

Che cosa infatti è più iniquo del giudicarlo degno di condanna per un male che non si deve ascrivere a lui?

Oppure l'angelo e l'uomo non sono nature? Chi parla così all'infuori di chi non sa quello che dice?

Alla natura quindi si ascrive ciò che si ascrive all'angelo, alla natura si ascrive ciò che si ascrive all'uomo: ma ad una natura che fu creata buona dal Dio buono e fu fatta cattiva dalla volontà propria.

E per questo il male che si ascrive a queste nature, giustissimamente non si ascrive al loro Creatore, perché nella loro prima creazione egli non le creò tali che in esse ci fosse una qualche necessità di avere la volontà cattiva, ma tali che in esse ci fosse solamente la possibilità; dove la buona volontà acquistasse il merito e, se non tradita, trovasse il premio; se tradita, trovasse il castigo.

Perché dunque con la malizia della volontà cerchi di scusare la natura, alla quale appartiene il volere o il non volere?

Infatti la volontà cattiva non è se non di colui che vuole, o angelo o uomo, dei quali non possiamo dire in nessun modo che non siano nature.

Per quale ragione, domando, ascrivi all'uomo la volontà cattiva, perché possa essere punito non ingiustamente per il merito della volontà cattiva, e ciò che ascrivi all'uomo non lo vuoi ascrivere alla natura, quasi che in qualche modo l'uomo possa non essere una natura?

Quanto sarebbe meglio che tu parlassi in maniera sana e dicessi che la volontà cattiva dell'uomo non appartiene se non ad una qualche natura, perché ogni uomo è una natura; ma che questa natura, quando fece il male per la prima volta, non ebbe la volontà cattiva dalla parte del necessario, bensì dalla parte del possibile, dal momento che con questi nomi ti è piaciuto discernere questi due concetti, nel primo dei quali s'intende ciò che accade necessariamente, nel secondo invece ciò che può certamente accadere, ma non necessariamente, perché può anche non accadere!

Questo si dice con tutta verità del peccato del primo uomo o dei primi uomini.

Resta colui che grida: Io non faccio il bene che voglio, ma compio il male che non voglio. ( Rm 7,19 )

Compie appunto il male per necessità chi non lo vuole e lo fa, e rompe la regola che tu hai inventato con temeraria loquacità dicendo: Si prova che da parte del necessario non proviene la causa né della virtù né del vizio, mentre invece si prova che la causa del male proviene qui dalla necessità.

Né infatti o non è un vizio il fare il male, o non è una necessità il non fare il bene che uno vuole e il non volere il male e tuttavia compierlo, o al contrario noi non avremo la felice necessità anche della virtù, quando la nostra natura sarà colma di tanta grazia, e Dio sarà tutto in tutti ( 1 Cor 15,28 ) al punto che niente si possa volere malamente.

Virtù è appunto la giustizia, e a noi si promette un cielo nuovo e una terra nuova nei quali avrà stabile dimora la giustizia. ( 2 Pt 3,13 )

Oppure, se tu, eventualmente turbato, dici di avere inventato cotesta regola per la vita presente e non per la futura, io non combatto con un vinto: tu non neghi certamente che riguardi la vita presente il testo dove vedi l'uomo volere il bene e non farlo, e non volere il male e compierlo, e contro la tua regola ti trovi costretto ad attribuire questo vizio alla necessità, non alla volontà.

Da questa necessità però, con la quale nascono anche i bambini, ma che comincia ad apparire nel crescere dell'età, chi libera l'uomo sventurato se non la grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore? ( Rm 7,25 )

Della quale grazia voi nemici, confidate nella vostra forza; e contro le testimonianze divine, che condannano quanti confidano nella propria forza, ( Ger 17,5 ) voi discutete con empia superbia.

63 - Apparisce che sei troppo cieco

Giuliano. Rimanga dunque aderente all'animo del prudente lettore la grande differenza che c'è tra i comportamenti che vengono dal possibile e quelli che vengono dal necessario; e tutti gli elementi naturali li aggiudichi ai necessari, ai possibili invece i comportamenti volontari; e risolva tutte le questioni con la parte da cui hanno avuto origine.

Poiché se il lettore vaga con cieco giudizio dall'una all'altra parte, precipita quasi ad ogni parola in errori innumerevoli.

Il che essendosi reso ben chiaro, apparisce che tu sei stato proprio troppo cieco nel concludere: Come il male, che non esisteva da nessuna parte, poté sorgere nell'opera di Dio, così anche il male che già esisteva passò " naturaliter " nell'opera di Dio.

Vedi infatti da quale errore tu sei stato travolto: il peccato concepito dalla prima volontà, il peccato che venne dal possibile, tu lo dici mutato in necessità, perché, come poté sorgere un movimento libero dell'animo, così senza un movimento libero il peccato passasse nella necessità degli elementi naturali.

Ma cerca di capire che degli elementi necessari è autore Dio.

Se dunque Dio fa nelle nature ciò che l'animo ha fatto nelle colpe, è necessario che Dio sia altrettanto reo quanto quello di cui condanna la volontà.

Anzi di più: infatti quanto più del possibile è il necessario, tanto più scellerato è ingenerare che praticare il peccato.

E sebbene la natura delle cose non accetti questo, tuttavia dimostrerò qui che la tua opinione su Dio è molto peggiore di quella di Manicheo.

Il Dio di Manicheo infatti lo mutilarono certe guerre per così dire improvvise, il tuo Dio invece lo corruppero crimini antichi e moltiplicati.

E con questo tu non dissenti dai cattolici solo sulla questione, ma anche addirittura su Dio: tu non onori lo stesso Dio che noi veneriamo nella Trinità, giustissimo, onnipotentissimo, inviolabile.

Dunque un effetto della volontà non poté penetrare nella natura, e noi giustamente abbiamo detto che l'opera del diavolo non si lascia passare nell'opera di Dio.

Opera infatti del diavolo e dell'uomo cattivo è il peccato, che non può esistere in nessuno senza un movimento della volontà libera.

La quale opera del peccato e al diavolo e all'uomo venne e viene dal possibile.

Opera invece di Dio è la natura, nella quale l'uomo non sussiste dal possibile, ma dal necessario, e la quale è per un lungo periodo di tempo senza la volontà, perché la forza della volontà si sente ad una certa età.

Finché dunque la natura è senza la volontà, essa è solamente opera di Dio: ma questa natura non può avere il peccato che non ha fatto.

È stato dunque detto inconfutabilmente: " L'opera del diavolo non si lascia passare nell'opera di Dio ".

Non meno falsa che empia è poi la tua affermazione: L'opera dell'opera di Dio passa nell'opera di Dio.

Questo infatti è come dire: Pecca anche Dio, perché peccò l'uomo che Dio fece.

Infatti come in nessuna parte c'è il peccato all'infuori che nell'opera dell'uomo: né infatti, quando l'uomo ha peccato, si aggiunge qualcosa alla sua sostanza che vi faccia risaltare il peccato, ma semplicemente l'opera cattiva commessa con la volontà cattiva procura un merito cattivo anche a colui che ha fatto l'opera, in modo da dirsi " malo " chi fece i mali, così pure se il tuo Dio fece il male nella sua opera, non accede certamente nulla alla sostanza di Dio, come nemmeno alla sostanza dell'uomo, tuttavia si procura a Dio un merito turpissimo, in modo che Dio si dica " malo " per il male che ha fatto.

Un bambino ben si prova non essere reo alla sua età, perché ha la malizia da parte del necessario: la quale malizia se il diavolo non l'avesse da parte del possibile, non potrebbe essere reo nemmeno lui.

Ma Dio, che è il vero Dio dei cristiani, non fa il male, e anche il bambino prima dell'arbitrio della propria volontà non ha niente all'infuori di quanto fece in lui Dio.

Nessun peccato quindi può essere naturale.

Ma poiché con grande sollecitudine abbiamo sfondato gli antri dell'antico errore e non è rimasto nulla di occulto su questa questione, mantenga il lettore diligente la distinzione del necessario e del possibile, e riderà non meno delle fantasticherie dei manichei che di quelle dei traduciani.

Agostino. Agli occhi di coloro che intendono le pagine che leggono, così da intendere anche i tuoi ragionamenti, nient'altro tu hai ottenuto ripetendo con tanta oscurità eadem per eadem all'infuori di questo: non valendo tu a demolire la nostra risposta contenuta in un solo mio libro, da te preso a confutare con otto dei tuoi, apparisse che l'hai voluta oscurare.

Agli occhi invece di coloro che non intendono questi ragionamenti hai ottenuto almeno che proprio perché non intendono, per questo reputino che tu abbia detto qualcosa.

È doveroso pertanto ricordare brevemente ad essi di che si tratti ora, perché, rimosse le nebbie della tua loquacità, guardino a quella stessa mia dottrina e vedano quanto sia invitta.

Tu infatti avevi detto: Se la natura è opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio.

A questo io: Che cos'è, scrivo, quello che dice costui: Se la natura è opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio?

Non è forse vero che l'opera del diavolo, quando sorse la prima volta nell'angelo che diventò diavolo, sorse nell'opera di Dio?

Per cui se il male, che non era assolutamente in nessuna parte, poté sorgere nell'opera di Dio, per quale ragione il male che era già in qualche parte non poté passare nell'opera di Dio, soprattutto usando l'Apostolo lo stesso verbo nel dire: " E così passò in tutti gli uomini"? ( Rm 5,12 )

Forse che gli uomini non sono opera di Dio?

Passò dunque il peccato negli uomini, ossia l'opera del diavolo nell'opera di Dio e, per dire la medesima verità in un altro modo, l'opera dell'opera di Dio passò nell'opera di Dio.

E perciò solo Dio è di una bontà immutabile e potentissima, il quale e prima che esistesse qualsiasi male fece buone tutte le sue opere, e dai mali che sono sorti nei beni fatti da lui, opera sempre bene.30

Turbato tu da questa evidenza oggettiva, hai pensato di dover ottenebrare gli occhi degli uomini con una lunga e inutile discussione sul possibile e sul necessario, perché con il lancio di cotesta caligine tu non fossi costretto a sottrarre la tua vana sentenza alla distruzione, ma la nascondessi perché non si vedesse giacere distrutta.

Se appunto dal necessario o dal possibile, cosa interessa alla nostra questione?

Certamente l'angelo e l'uomo peccarono: o dunque osa dire che l'angelo e l'uomo non sono nature, o, poiché non sei così insano da osarlo, sei costretto a convincerti che peccando l'angelo peccò una natura, sei costretto a convincerti che peccando l'uomo peccò una natura.

Ma peccò, tu dici, da parte del possibile, non da parte del necessario.

Questo è vero: tuttavia l'angelo peccò, tuttavia l'uomo peccò, tuttavia la natura peccò, e così peccò l'opera di Dio che è l'angelo, che è l'uomo, e peccò senza coazione da parte di Dio, ma per la sua volontà cattiva, che avrebbe potuto anche non avere.

Ignominia dunque a quella natura che, pur essendo stata fatta buona e pur non essendo stata coatta a fare il male, tuttavia fece il male; gloria invece a Dio, il quale e fece buona la natura e dal male che egli non fece fa il bene.

Quindi, poiché con tali e simili ragioni, vere e cattoliche, si può e difendere ed esaltare la natura creatrice, e si può incolpare e riprendere la natura peccatrice, poiché inoltre la stessa natura peccatrice si può lodare in quanto la fece Dio e si può incolpare in quanto defezionò da Dio, senza coazione da parte di nessuno, e nei posteri ricevé il suo merito, ( nasce appunto in ogni singolo uomo senza la volontà la medesima natura che in un solo uomo peccò per la sua volontà ); chi ti ha precipitato a dire, chi ti ha sommerso a scrivere: Se la natura è opera di Dio, non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio? O sordo nelle voci sante!

O cieco nelle invenzioni tue! Il peccato non è forse opera del diavolo?

Non è forse passato il peccato in tutti gli uomini che sono opera di Dio?

Non è forse opera del diavolo la morte che passò con il peccato, specialmente la morte che voi dite l'unica ad essere stata causata dal peccato, cioè non la morte del corpo, ma la morte dell'anima?

Non passò forse in tutti gli uomini che sono opera di Dio? Ma passò per l'imitazione, come dite voi.

Tuttavia passò negli uomini che sono opera di Dio.

Ma passò da parte del possibile, non da parte del necessario.

Di' tutto quello che ti piace: tuttavia passò negli uomini che sono opera di Dio.

Tu invece senza nessuna eccezione hai detto: Non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio, e questa tanto perspicua vanità della tua sentenza, per diventare ancora più vano, con tanta loquacità ti sei sforzato non di difenderla perché fosse assolta, ma di coprirla perché non fosse vista.

Se non ti erano venute in mente le parole dell'Apostolo che ti avrebbero proibito di dirlo, per quale ragione, ti prego, non hai fatto attenzione che esistere nell'opera di Dio è per l'opera del diavolo più che passare nell'opera di Dio?

Mentre dunque confessi il primo fatto, per quale ragione neghi il secondo?

O forse è possibile quello che vuoi e non è possibile quello che non vuoi?

Abbia pietà di te Dio, perché tu smetta di essere vano.

Ma questa tua sentenza l'abbraccia volentieri come sua amica Manicheo e argomenta così: Se non si lascia che l'opera del diavolo passi nell'opera di Dio, molto meno si lascia all'opera del diavolo di esistere nell'opera di Dio: donde dunque il male se non donde diciamo noi?

Ma noi cattolici rispondiamo ai manichei: Ditelo a Giuliano, non a noi.

Il principe di questa sentenza è stato gettato fuori: non sia mai che ci pregiudichi uno che con voi deve essere vinto da noi, o piuttosto uno che con voi è già stato vinto da noi.

64 - I cattivi Dio li crea e li nutre

Giuliano. Quell'altra perla pertanto hai tirato fuori dalla tua medesima ebetudine.

Dici infatti: Così Dio crea i cattivi, come pasce e nutre i cattivi,31 perché nel Vangelo è stato scritto che Dio " fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti ". ( Mt 5,45 )

Ciò che infatti tu hai reputato correlativo è contrario in lungo e in largo.

Che Dio infatti pasca anche i peccatori, che Dio sia benigno verso gli ingrati e i malvagi è testimonianza di pietà, non di malvagità da parte di lui, che non vuole appunto la morte di chi muore, ma vuole che si converta e viva, ( Ez 18,32 ) né punisce subito gli erranti, né lo fa se non perché la sua bontà indulga un tempo di penitenza.

A tale proposito dice infatti l'Apostolo: Ignori forse che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?

Tu però con la tua durezza e con il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te. ( Rm 2,4-5 )

Anche presso i licaoni e gli areopagiti spiega che Dio nemmeno nei tempi dell'ignoranza su cui passò sopra fece mancare le prove della sua provvidenza.

Scrive: Non ha cessato di dare prova di sé, concedendo a loro dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendoli di cibo e riempiendo di letizia i loro cuori. ( At 14,15-16 )

Che egli dunque faccia piovere sui buoni e sui malvagi è dimostrazione della sua benevolenza, che per questo conserva e attende gli erranti perché una buona volta si allontanino dal male e facciano il bene.

Tanto dunque vuole che non si faccia il male da nutrire pure gli ingrati per amore della emendazione umana.

Di fronte a questo indizio di pietà perfetta ciò che tu affermi: Crea i cattivi, è al contrario una testimonianza di iniquità perfetta.

Accorgiti dunque quanto non sappia come parli tu che hai voluto provare la crudeltà di Dio con un esempio della sua misericordia.

È un bene infatti nutrire anche i malvagi perché si correggano, se vogliono; è una scelleratezza invece fare cattivi i bambini, perché essi, che non possono volere, siano tuttavia costretti ad essere iniqui.

La liberalità dunque esercitata verso i peccatori li distoglie dai mali, non li costringe ai mali.

Viceversa la creazione dei cattivi non distoglie dalle pessime azioni, ma sospinge a tutte le infamie e l'opera e l'operatore.

Tu farnetichi dunque quando dici: "Dio crea il male ", ma farnetichi ancora di più quando intendi dimostrarlo con una testimonianza del Vangelo, e per giunta con una testimonianza dove si ha un grande argomento della bontà divina.

Sii dunque attento con quanta più forza si ritorca adesso: Dio che pasce anche i malvagi per farli essere buoni con la sua pazienza, è manifesto che non crea i cattivi.

Se poi crea i cattivi, allora né ama, né compensa i buoni, né può egli stesso infine avere qualcosa di buono, perché più efficacemente e più violentemente di qualsiasi cattiva volontà nuoce la potenza creatrice non solo dei mali possibili, ma anche dei mali necessari.

Il che non addicendosi al Dio dei cristiani, ossia a colui che è chiamato " Padre misericordioso e Dio di consolazione ", ( 2 Cor 1,3 ) a colui i cui giudizi sono proclamati tutti giusti, ( Sal 119,75 ) a colui del quale si dice che ha fatto con saggezza tutte le cose, ( Sal 104,24 ) voi, come i manichei, non siete in comunione con noi nella estimazione del nostro Dio.

Ad onorare un tutt'altro autore, simulato tuttavia dal furore di Mani, vi hanno trascinato le stolte invenzioni e i peccati genitali.

Agostino. Farò quello che non hai fatto tu, e che m'interessa dire anche per quale ragione tu non lo abbia fatto?

Coloro che leggono giudichino.

È stata infatti la tua affermazione: Secondo il nostro modo di sentire Dio fa gli uomini per il diavolo, a condurmi nella mia risposta a coteste parole delle quali tu hai riportato quello che hai voluto; ma io ricorderò, anche se tu non lo vuoi, quello che hai reputato di dover tralasciare.

Dunque tra le mie considerazioni, che sarebbe troppo lungo dirle tutte, io scrivo: Che forse come figli della perdizione pasce per il diavolo i capri della parte sinistra, ( Mt 25,33 ) per il diavolo li nutre e li veste, per il fatto che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti? ( Mt 5,45 )

Così pertanto crea i cattivi come pasce e nutre i cattivi, perché ciò che attribuisce ad essi creandoli appartiene alla bontà della natura, e con l'incremento che dà ad essi pascendoli e nutrendoli concede un buon aiuto, non certo alla loro malizia, ma alla medesima natura che è stata creata dalla sua bontà.

Infatti in quanto sono uomini c'è la bontà della natura, della quale è autore Dio; in quanto invece nascono con il peccato, perituri quelli di essi che non rinascono, ciò appartiene al seme maledetto fino dall'inizio, ( Sap 12,11 ) per il vizio di quell'antica disobbedienza.

Del quale vizio fa tuttavia un buon uso il plasmatore anche dei vasi d'ira, per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso i vasi di misericordia, perché chiunque, pur appartenendo alla medesima massa, venga liberato per grazia, non lo attribuisca ai suoi meriti, ma chi si vanta si vanti nel Signore. ( 2 Cor 10,17 )

Dopo queste righe io ho soggiunto: Da questa fede apostolica e cattolica, veracissima e fondatissima, allontanandosi costui con i pelagiani, non vuole che i nascenti siano sotto il diavolo, perché i bambini non siano portati al Cristo, per essere liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del Cristo stesso. ( Col 1,13 )

E così costui accusa la Chiesa diffusa in tutto l'orbe, nella quale dovunque tutti i bambini battezzandi non si essufflano se non perché sia buttato fuori da loro il principe del mondo, ( Gv 12,31 ) dal quale è necessario che siano posseduti i vasi d'ira quando nascono da Adamo, se non rinascono nel Cristo e se non sono trasferiti nel suo regno, fatti per grazia vasi di misericordia,32 e tutte le altre cose che ivi leggerà o ascolterà leggere chi vuole e può.

Ora dunque, poiché, tralasciati questi testi che sorreggono e proteggono i testi che hai riportati, tu hai stimato di riportarli così come se tu li assalissi da ladrone nel deserto senza che nessuno li difendesse, leggano questi testi coloro che vogliono sapere che cosa tu abbia combinato, o piuttosto ritornino ad esaminare il medesimo libro dal quale li ho riportati io, e vedano che rimangono fermissime le verità che tu hai tentato di scrollare come malferme.

Che ti giova quindi l'avermi obiettato coloro dei quali la pazienza di Dio aspetta la correzione attraverso la penitenza e sopra i quali fa sorgere per questo il suo sole e fa scendere la pioggia, quando io ti ho opposto i capri della parte sinistra, che Dio, conoscitore in anticipo di tutti gli eventi futuri, non può ignorare che sarebbero vissuti fino alla fine senza penitenza nella empietà e nelle loro scelleratezze e per questo avrebbero meritato di essere puniti con il supplizio eterno?

Né Dio rifiuta il bene della sua creazione a coloro ai quali converrebbe non nascere nemmeno, né rifiuta il bene della sua nutrizione e della sua conservazione, diuturna quanto gli piaccia, a coloro ai quali converrebbe morire quanto prima.

Tra i quali ci sono certamente moltissimi che, se fossero rapiti da questa vita nell'infanzia, sarebbero sottratti secondo la vostra falsa eresia assolutamente ad ogni condanna e secondo invece la fede cattolica ad una gravissima condanna.

Cos'è poi il fatto che tra i capri della parte sinistra, destinati al fuoco eterno nella infallibile prescienza di Dio, ci sono molti che, lavati dal lavacro della rigenerazione, in seguito o si perdono per apostasia o vivono così scelleratamente e ignominiosamente da essere assegnati senza dubbio alla medesima parte sinistra, e non sono rapiti, come alcuni, perché la malizia non muti i loro sentimenti? ( Sap 4,11 )

Né che Dio non conferisca ad essi un così grande beneficio glielo impedisce la necessità del fato, né per conferirlo ad altri lo corrompe la preferenza delle persone.

Che fanno qui quei tuoi possibili e quei tuoi necessari, che raccomandi di distinguere diligentemente, che fanno qui dove, non sapendo tu quello che dici, sa bene quello che fa colui i cui giudizi possono essere occulti, ma non possono essere ingiusti?

Non è quindi ingiusto che si conferiscano beni ai cattivi, ma è ingiusto che si infliggano mali ai buoni.

Di' dunque per quale giustizia i bambini soffrano tanto grandi mali, che a noi rincresce ricordare spesso, mentre voi non vi vergognate di introdurre i medesimi mali nel paradiso, anche se nessuno avesse peccato.

Gli uomini non si creano cattivi, tu dici, ossia tali da contrarre il peccato originale: per quale giustizia sono oppressi sotto un pesante giogo fino dal giorno della loro nascita dal grembo materno? ( Sir 40,1 )

Nel quale giogo c'è una miseria così grande che è più facile per noi deplorarla che spiegarla.

Tu dici che il peccato non può mutarsi da possibile in necessario, ossia da volontario in non volontario: il che abbiamo dimostrato che è stato possibile in colui che dice: Io compio il male che non voglio. ( Rm 7,19 )

Voi attribuite questo alla violenza dell'abitudine, non ai vincoli dell'origine viziata; tuttavia voi vedete che il peccato ha potuto convertirsi da possibile in necessario, né arrossite delle vostre regole distorte e fallaci.

Che qualcosa di tal genere sia potuto accadere all'intero genere umano a causa di un solo uomo, nel quale furono presenti tutti, non lo volete ammettere; e tuttavia che sotto la cura di un Dio onnipotentissimo e giustissimo i bambini stiano pagando pene tanto numerose e tanto grandi non lo negate, perché, se lo negate, vi tappano la bocca e vi strappano gli occhi.

Non vi accorgete dunque chi fate ingiusto riconoscendo le evidentissime pene e negando assolutamente nei bambini la presenza di meriti cattivi?

Falsa ed empia ti è sembrata la mia affermazione: L'opera dell'opera di Dio passa nell'opera di Dio.

Certamente, perché l'angelo è opera di Dio.

Il peccato dunque, che è opera dell'angelo, è opera dell'opera di Dio, non di Dio stesso.

E per queste mie parole mi accusi come se avessi detto: " Pecca anche Dio, perché peccò l'uomo che Dio fece ", ciò che io non ho detto.

Peccò appunto l'opera di Dio, ossia l'angelo o l'uomo; ma peccarono per l'opera loro, non per l'opera di Dio.

Essi sono infatti un'opera buona di Dio, mentre il loro peccato è un'opera cattiva di loro stessi, non di Dio.

Ma cos'è peggio, dire: " Pecca anche Dio, perché peccò l'uomo che Dio fece ": ciò che io non ho detto; o negare così il peccato originale che la pena ingiusta del bambino nient'altro sia che un peccato di Dio?

Il quale peccato se non può ricadere in Dio, è giusta dunque la pena del bambino; ma se è giusta, lo è per un peccato.

Nessuno dunque in mezzo a pene tanto numerose e tanto grandi dei bambini può predicare giusto Dio e negare il peccato originale.

Sarebbe pertanto una prova d'iniquità, dice Giuliano, creare i cattivi, se il male che li fa " mali " lo avesse creato Dio stesso.

Ma ora poiché gli uomini sono " mali ", e Dio crea in essi l'essere uomini, segue poi in essi l'essere " mali " a causa della natura viziata dal peccato, certamente anche quando Dio crea gli uomini " mali ", è un bene ciò che Dio stesso crea, perché gli uomini sono "mali " per un vizio che non è per nulla una natura e Dio invece crea una natura che non è un vizio, per quanto sia stata viziata.

Ma attribuire il bene della creazione ad una stirpe viziata e giustamente condannata è pari pari come attribuire il bene della vita e della salute anche ad un uomo " malo " per il fatto che è uomo e non per il fatto che è " malo ".

Quanto poi alla tua affermazione che è una scelleratezza fare cattivi i bambini, perché essi, che non possono volere, siano comunque costretti ad essere iniqui, io replico: Coloro che non esistono, non possono essere costretti in nessun modo a qualcosa.

Se invece esistono già, non certamente ancora per la proprietà della loro persona e condizione, ma per l'occultissima forza del seme, come Levi nei lombi di Abramo, ( Eb 7,9-10 ) nel seme, per il vizio che viene alla natura dal peccato del primo uomo, sono già " mali ", e non sono costretti dalla creazione di Dio ad essere " mali " i bambini che non possono nemmeno volere.

Guarda bene alle meraviglie della grazia del Cristo, della quale voi siete miseri nemici.

Ecco, i bambini che non possono volere o non volere il bene o il male, tuttavia, quando, riluttanti e anche reclamanti in lacrime, rinascono con il sacro battesimo, sono costretti ad essere santi e giusti.

Infatti senza dubbio, se moriranno prima dell'uso di ragione, saranno santi e giusti nel regno di Dio per quella grazia alla quale non sono arrivati in forza di una loro possibilità, ma di una necessità, conducendo senza fine le loro vite sante e giuste, calpestando e rompendo le tue regole sul possibile e sul necessario.

Ma senza dubbio non voler compiere il male è qualcosa di più che né non volere il male né volere il male, e tuttavia non voleva il male e lo compiva colui che diceva: Io compio il male che non voglio.

Io pertanto non farnetico né dico: " Dio crea il male ". Infatti il bene lo crea Dio, che anche dalla stessa natura viziata non crea il vizio, ma la natura.

Contrae però il vizio la natura, non per l'operazione di Dio, ma per una giusta punizione di Dio.

Sta' attento invece se non farnetichi tu, ammesso che tu non farnetichi molto, tu che attribuisci a Dio non di fare il male penale che è giusto, ma di fare il male che si chiama iniquità.

Che altro male infatti fa Dio ai bambini, non rei di nessun male, se ad essi infligge o lascia infliggere tanto grandi mali?

Ma tu non devi essere apostrofato e redarguito da noi, bensì dovresti essere essufflato ed esorcizzato, se tu lo potessi, dalla Chiesa universale, dalla quale dici che sono essufflati ed esorcizzati invano i bambini.

Indice

28 Ambrosius, De Isaac et anima 7, 670
29 Sopra 5,28
30 De nupt. et concup. 2,28,48
31 De nupt. et concup. 2,17,32
32 De nupt. et concup. 2, 17,32;
De nupt. et concup. 2,18,33