La Genesi alla lettera

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Libro VI

13.23 - In quale età o statura fu creato Adamo

Ma in quale stato Dio fece l'uomo col fango della terra?

Lo fece forse tutto a un tratto in età perfetta, ossia adulta, nel fiore della giovinezza oppure lo fece come lo forma ancora adesso nel ventre della madre?

Poiché Colui che fa queste cose non è altri che Colui il quale disse: Prima di formarti nel ventre, già ti conoscevo. ( Ger 1,5 )

Per conseguenza l'unica caratteristica personale che distingue Adamo [ da noi ] è quella di non essere nato da genitori, ma di essere stato fatto con la terra, in modo tuttavia che, prima di arrivare all'età adulta, sarebbe dovuto passare attraverso gli stadi dello sviluppo umano richiesto dai ritmi di tempo che vediamo assegnati come necessari alla natura del genere umano.

O questo non è piuttosto un quesito che non si dovrebbe porre?

Poiché quale che fosse lo stato in cui creò l'uomo, Dio fece solo quanto alla sua onnipotenza e sapienza conveniva poter [ fare ] e fare.

Egli infatti ha stabilito determinate leggi che regolano il tempo in cui le differenti specie e qualità di esseri devono esser prodotti e così passare dallo stato latente a quello visibile in modo però che la sua volontà resti al di sopra di ogni cosa.

Fu infatti la sua potenza ad assegnare i ritmi alle creature, senza tuttavia vincolare la sua potenza a quei ritmi.

Il suo Spirito infatti si portava sul mondo da creare, come si porta ancora adesso sul mondo già creato, non attraverso gli spazi fisici ma in virtù della sua potenza sovrana.

13.24 - Dio non ha bisogno del tempo per compiere le sue opere

Chi non sa, infatti, che l'acqua mescolandosi con la terra e venendo a contatto con le radici d'una vite si trasforma in nutrimento della pianta e vi acquista una nuova proprietà, grazie alla quale arriva a diventar grappolo che spunta a poco a poco?

che il grappolo cresce e in esso l'acqua si trasforma in vino che diventa dolce col maturare e dopo la pigiatura continua a fermentare, ma dopo un certo periodo d'invecchiamento acquista forza e arriva a essere una bevanda salubre e saporita?

Ebbe forse perciò bisogno il Signore d'una vite o di terra o degli intervalli di tempo quando con rapidità straordinaria cambiò l'acqua in vino, e in un vino talmente squisito che fu decantato perfino dai convitati già alticci? ( Gv 2,9 )

Ebbe forse bisogno del tempo? Ogni specie di serpenti non richiede forse un determinato numero di giorni secondo ciascuna specie perché s'impianti l'embrione [ nell'uovo ], si formi, nasca e s'irrobustisca?

Furono forse attesi tutti quei giorni perché la verga si cambiasse in serpente nella mano di Mosè e di Aronne? ( Es 7,10 )

Quando avvengono questi prodigi, non avvengono contro natura se non per noi che conosciamo un corso diverso della natura, ma non per Dio, per il quale la natura è ciò che ha fatto lui.

14.25 - Le ragioni causali inserite originariamente nel mondo

A giusta ragione possiamo però chiederci secondo quali leggi furono costituite le ragioni causali che Dio inserì nel mondo quando all'origine creò simultaneamente tutte le cose.

Dio le costituì forse per produrre la formazione e lo sviluppo delle cose attraverso differenti spazi di tempo a seconda delle diverse loro specie - come vediamo avvenire nella formazione e nello sviluppo di tutti gli organismi che nascono, sia vegetali che animali - oppure dovevano formarsi in un istante, come si crede sia stato formato Adamo nell'età virile senza alcuna previa crescita progressiva?

Ma perché non dobbiamo credere che le ragioni causali avevano l'una e l'altra potenzialità, in modo che di volta in volta si sviluppasse da esse tutto ciò che sarebbe piaciuto al Creatore?

Poiché se affermeremo [ ch'esse furono predisposte secondo ] la prima ipotesi, subito ci apparirà in contrasto con esse non solo la trasformazione dell'acqua in vino, ma anche tutti i miracoli che avvengono contro il consueto corso della natura; se invece abbracciassimo la seconda ipotesi, ne verrebbe una conseguenza molto più illogica, che cioè le forme e le specie della natura, che vediamo ogni giorno, compirebbero le tappe del loro sviluppo in contrasto con le originarie ragioni causali di tutti gli organismi che nascono.

Si deve dunque concludere che quelle ragioni sono state create per effettuare la loro causalità nell'uno e nell'altro dei due modi: sia in quello secondo il quale ordinariamente si sviluppano in periodi appropriati di tempo gli esseri temporali, sia in quello secondo il quale avvengono fatti rari o straordinari come piacerà di compierli a Dio e come si conviene alle circostanze.

15.26 - Il primo uomo fu formato secondo le ragioni causali

L'uomo, tuttavia, fu creato come le cause primordiali richiedevano che fosse fatto il primo uomo, che non doveva nascere da genitori in quanto nessun altro era esistito prima di lui, ma doveva essere formato con il fango della terra conforme alla ragione causale in cui era stato creato originariamente.

Se infatti fu creato in modo diverso, Dio non lo aveva creato tra le opere dei sei giorni.

Ora, siccome la Scrittura dice che fu creato in quei "giorni", naturalmente Dio aveva creato la causa in virtù della quale l'uomo sarebbe venuto all'esistenza nel tempo fissato e conforme alla quale doveva essere creato.

Dio infatti aveva compiuto simultaneamente secondo la perfezione delle ragioni causali le opere che aveva cominciate e aveva cominciato le opere che avrebbero dovuto essere compiute nel corso del tempo.

Se dunque nelle ragioni causali primordiali, che all'origine aveva inserite nel mondo, il Creatore pose non solo la determinazione che avrebbe formato l'uomo col fango della terra, ma anche la decisione riguardante il modo in cui lo avrebbe formato - se cioè come un bambino nel seno della madre oppure come un giovane - senza il minimo dubbio lo creò come lo aveva predeterminato nelle ragioni causali, poiché non lo avrebbe creato in modo contrario a quanto aveva prestabilito.

Se invece nelle ragioni seminali Dio pose solo la potenzialità che l'uomo esistesse, in qualunque maniera egli sarebbe stato creato, in questa o in quella - cioè se nelle ragioni causali c'era anche la potenzialità che l'uomo potesse essere creato in un modo o in un altro, ma Dio s'era riservato nella sua volontà l'unico modo in cui aveva intenzione di creare l'uomo senza inserirlo negli elementi costitutivi del mondo - è evidente che anche in questo modo l'uomo non fu fatto in modo contrario a quello fissato nella creazione primordiale delle cause poiché in esse era già determinato ciò che sarebbe potuto esser creato anche in questo modo, sebbene non dovesse esser creato necessariamente in questo modo.

Questa determinazione non era insita negli elementi costitutivi del mondo ma nella decisione del Creatore, la cui volontà costituisce la necessità delle cose.

16.27 - Potenzialità e attualità negli esseri

Mi spiego: anche noi, pur nella limitata capacità della nostra intelligenza umana, possiamo sapere, per quanto riguarda le cose venute alla luce nel passato, che cosa c'è nella natura di ciascuna di esse, per averlo appreso dall'esperienza, ma ignoriamo se sarà così anche in avvenire.

Nella natura del giovane c'è, per esempio, la potenzialità d'invecchiare, ma non sappiamo se essa sia anche nella volontà di Dio.

D'altra parte questa potenzialità non sarebbe neppure nella natura, se non fosse stata in precedenza nella volontà di Dio che ha creato ogni cosa.

C'è inoltre sicuramente una ragione occulta della vecchiaia nel corpo di un giovane o della giovinezza nel corpo d'un ragazzo; essa però non si scorge con gli occhi come si vede l'infanzia in un bambino, la giovinezza in un giovane, ma mediante una conoscenza di specie diversa si arguisce che nella natura c'è un principio latente, grazie al quale si sviluppano e si manifestano ai nostri occhi le potenzialità latenti della giovinezza insite nell'infanzia o della vecchiaia insite nella giovinezza.

Questo principio causale per cui è possibile lo sviluppo suddetto è dunque nascosto - è vero - agli occhi ma non allo spirito.

Se poi lo sviluppo deve anche realizzarsi necessariamente non lo sappiamo affatto.

Sappiamo, sì, che il principio che rende possibile lo sviluppo è insito nella natura stessa del corpo, ma non è evidente che nel corpo ci sia il principio per cui esso debba avvenire.

17.28 - Prescienza di Dio e gioco delle cause seconde

Ma forse nell'universo creato c'è un principio determinante per cui un tizio deve vivere fino alla vecchiaia; se però questo principio non è nel mondo creato, esso è in Dio.

Ciò che Dio vuole, dovrà infatti avvenire necessariamente e dovranno realmente accadere le cose che Egli ha previste.

Ora, molte cose dovranno avvenire da cause inferiori, ma se esse sono anche nella prescienza di Dio come cose che dovranno avvenire; se invece esse sono nella prescienza di Dio in maniera differente, si attueranno solo come sono nella prescienza con cui prevede il futuro Colui che non può ingannarsi.

A proposito d'un giovane si dice infatti che arriverà alla vecchiaia, cosa che tuttavia non si avvererà, se è destinato a morire prima del tempo.

Il suo futuro invece sarà condizionato da altre cause, siano esse inserite intimamente nella trama del mondo o nascoste nella prescienza divina.

Così Ezechia sarebbe dovuto morire com'era determinato da certe cause degli eventi futuri, ma Dio aggiunse quindici anni della sua vita ( Is 38,5; 2 Re 20,6 ) facendo naturalmente ciò che prima della creazione del mondo aveva previsto avrebbe fatto e che teneva in serbo nella sua volontà.

Dio non fece dunque ciò che non doveva accadere, poiché al contrario doveva avvenire ciò ch'Egli prevedeva che avrebbe fatto.

Non sarebbe tuttavia giusto dire che quegli anni furono aggiunti, se non nel senso che furono aggiunti a qualcosa ch'era stato disposto diversamente in altre cause.

Conforme a certe cause secondarie la vita di Ezechia era quindi già finita ma in conformità di altre cause esistenti nella volontà e prescienza di Dio, che da tutta l'eternità sapeva quel che avrebbe fatto a suo tempo - e ciò doveva avvenire realmente - Ezechia era destinato a terminare la vita quando in realtà la terminò, poiché, sebbene quella aggiunta di anni fosse stata concessa grazie alle sue preghiere, tuttavia Dio, la cui prescienza non poteva ingannarsi, aveva previsto anche, senza dubbio, che Ezechia avrebbe pregato in modo che la sua preghiera sarebbe dovuta essere esaudita.

Ecco perché ciò che Dio conosceva in precedenza doveva avverarsi necessariamente.

18.29 - Adamo fu creato secondo le cause primordiali

Pertanto, se le cause di tutte le cose, destinate a esistere, furono inserite nell'universo quando fu creato il "giorno", in cui Dio creò tutte le cose simultaneamente, Adamo quando fu formato col fango già nella forma di perfetta virilità - come è più verosimile che sia stato formato - non fu creato diversamente da come era nelle cause in cui Dio fece l'uomo durante le opere effettuate nei sei giorni.

In esse infatti c'era non solo la potenzialità che Adamo fosse fatto così, ma anche la determinazione della necessità che fosse fatto così.

Poiché Dio non lo fece contrariamente alla causa stabilita sicuramente in precedenza dalla sua volontà, allo stesso modo che non agisce in contrasto con la propria volontà.

Se al contrario Dio non fissò tutte le cause nella creazione primordiale, ma ne serbò alcune nella propria volontà, quelle serbate nella sua volontà non sono di certo dipendenti dalla necessità delle cause create da lui.

Ciò nondimeno le cause riservate nella volontà di Dio non possono essere contrarie a quelle prestabilite dalla sua volontà, poiché la volontà di Dio non può contraddire se stessa. Le cause della prima specie le ha stabilite Dio in modo che da esse possa, pur non necessariamente, derivare l'effetto di cui sono causa; queste altre invece le ha nascoste in modo che da esse derivi necessariamente l'effetto che Dio ha stabilito possa derivare.

19.30 - Dio creò forse il nostro corpo: animale, non spirituale?

Suole porsi parimenti il quesito se il corpo formato con il fango all'origine del mondo per l'uomo fu un corpo naturale, come quello che abbiamo adesso, o spirituale, come quello che avremo nella risurrezione.

Infatti anche se il nostro corpo attuale sarà trasformato in un corpo spirituale - poiché si seppellisce un corpo naturale, ma risorgerà un corpo spirituale - si discute tuttavia quale fu la natura originale del corpo dell'uomo.

Poiché se esso fu fatto come un corpo naturale, noi riceveremo non ciò che abbiamo perduto in Adamo ma una qualità tanto più grande quanto quella spirituale è da anteporre a quella naturale, quando saremo uguali agli angeli di Dio. ( Mt 22,30 )

Gli angeli però possono essere [ tra loro ] superiori ad altri anche nella giustizia; ma possono forse essere superiori anche al Signore?

Di lui tuttavia [ la Scrittura ] dice: Lo hai fatto di poco inferiore agli angeli. ( Sal 8,6 )

E per qual motivo dice così, se non a causa della debolezza della carne ch'egli prese dalla Vergine nell'atto di assumere la natura di schiavo, ( Fil 2,7 ) affinché per mezzo di essa potesse morire e così riscattarci dalla schiavitù [ del peccato ]?

Ma perché dilungarci su questa discussione? Poiché il pensiero dell'Apostolo a questo proposito è molto chiaro.

Egli, volendo addurre un testo [ biblico ] per provare che il nostro corpo è "naturale" in riferimento non tanto al proprio corpo o a quello di qualunque altro uomo vivente al suo tempo, quanto a quel medesimo passo della Scrittura, lo ricordò e lo usò dicendo: Se c'è un corpo naturale, c'è anche un corpo spirituale.

Ecco perché [ anche la Scrittura ] dice: Il primo uomo, Adamo, fu fatto creatura vivente, ma l'ultimo Adamo fu fatto spirito che dà vita.

Non fu fatto prima ciò che è spirituale, ma ciò che è naturale; ciò che è spirituale fu fatto dopo.

Il primo uomo fu tratto dalla terra, terrestre; il secondo Uomo viene dal cielo, celeste.

Come fu l'uomo fatto con la terra, così sono coloro che sono terrestri; come è l'Uomo celeste, così sono anche quelli che sono celesti.

E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo terrestre, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste. ( 1 Cor 15,44-49 )

Che cosa può aggiungersi a ciò? Adesso pertanto noi portiamo l'immagine dell'uomo celeste in virtù della fede, destinati come siamo ad avere nella risurrezione ciò che crediamo; l'immagine dell'uomo terrestre invece l'abbiamo indossata fin dall'origine del genere umano.

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