La Genesi alla lettera |
Mi spiego: se era necessario che i genitori cedessero il posto ai figli col dipartirsi da questa vita in modo che il genere umano, attraverso il decesso degli uni e la successione degli altri, raggiungesse un numero completo di persone, sarebbe stato possibile agli uomini - dopo aver generato figli e aver compiuto santamente il loro compito di uomini - di passare a una vita migliore non già attraverso la morte ma in virtù d'una trasformazione.
Questa sarebbe potuta essere quella finale per cui i fedeli servi di Dio diverranno come gli angeli nel cielo ( Mt 22,30 ) dopo aver riacquistato il proprio corpo; oppure un'altra, qualora quella non debba essere concessa che a tutti gli uomini simultaneamente alla fine del mondo; quest'altra sarebbe stata una trasformazione un po' inferiore a quella, ma nondimeno per una condizione migliore di quella che ha ora il nostro corpo o aveva il corpo dei [ due ] esseri umani creati per primi, cioè quello dell'uomo formato con il fango della terra e quello della donna formata con la carne dell'uomo.
Infatti non si deve pensare che Elia sia già come saranno i fedeli servi di Dio quando avranno terminato la loro giornata di lavoro e riceveranno tutti ugualmente un denaro, ( Mt 20,10 ) o come sono gli uomini che non sono usciti ancora da questa vita, dalla quale tuttavia egli è già partito non a causa della morte ma perché trasferito in un altro luogo. ( 2 Re 2,11 )
Per conseguenza egli possiede già una sorte migliore di quella che avrebbe potuto avere in questa vita, sebbene non possegga ancora lo stato in cui sarà alla fine del mondo dopo esser vissuto nella santità.
Poiché per noi essi avevano previsto una sorte migliore che però non avrebbero potuto raggiungere senza di noi. ( Eb 11,40 )
Oppure uno potrebbe pensare che Elia non avrebbe potuto meritare quel privilegio caso mai fosse stato ammogliato e avesse avuto dei figli - ma si crede che non avesse [ né moglie né figli ] in quanto la Scrittura non lo dice, sebbene non parli neppure del suo celibato -; in tal caso che cosa risponderebbe a proposito di Enoch che generò figli e, dopo esser vissuto accetto a Dio, non morì ma fu trasferito in un altro soggiorno? ( Gen 5,25 )
Perché mai, allora, se Adamo ed Eva fossero vissuti santamente e avessero generato figli castamente, non avrebbero potuto cedere il posto ai loro successori col venir trasferiti in un'altra vita senza subire la morte?
Orbene, Enoch ed Elia, morti in Adamo e portanti nella carne il germe della morte, torneranno - come si crede - in questa vita per pagare questo debito e subire così la morte differita sì a lungo. ( Ap 11,3-7 )
Adesso tuttavia essi vivono in un'altra vita dove, prima della risurrezione della carne e prima che il corpo naturale sia mutato in un corpo spirituale, non subiscono la decadenza né a causa di malattie né a causa della vecchiaia.
Quanto più giustamente quindi e con quanta maggiore verosimiglianza sarebbe stato concesso ai primi uomini - che fossero vissuti senza alcun peccato personale o dei genitori - d'esser trasferiti in una vita migliore cedendo il posto ai figli da loro generati e di lì, alla fine del mondo, con tutti i fedeli servi di Dio da loro discendenti, essere cambiati in una condizione molto più felice come quella degli angeli non attraverso la morte ma grazie alla potenza di Dio!
Io quindi non vedo per quale altro aiuto fu creata la donna per l'uomo se si esclude il motivo di generare figli; tuttavia non vedo neppure perché lo si dovrebbe escludere.
Perché, infatti, la fedele e santa verginità ha il suo gran merito e la sua grande dignità agli occhi di Dio se non perché in questo tempo ormai opportuno per astenersi dall'amplesso carnale - dal momento che, per completare il numero dei santi, basta l'enorme massa di uomini provenienti da tutti i popoli - la brama passionale d'un sordido piacere non esige più l'atto necessario per generare altri figli già sufficientemente numerosi?
Infine la debolezza dell'uno e dell'altro sesso che propende verso una rovinosa impudicizia viene in modo giusto sorretta dall'onestà del matrimonio, di modo che l'atto, che sarebbe potuto essere un dovere per individui sani, diventa un rimedio per individui malati.
Infatti non perché l'incontinenza è un male ne segue che il matrimonio non è un bene anche quando due persone si uniscono in matrimonio spinte dall'incontinenza; è vero anzi il contrario: non a causa del male che è l'incontinenza è biasimevole il bene del matrimonio, ma quel male diventa scusabile a causa di questo bene, poiché ciò che ha di buono il matrimonio e ciò, a causa del quale il matrimonio è un bene, non può essere mai peccato.
Ora questo bene è triplice: la fedeltà, la prole e il sacramento.
La fedeltà esige di non aver rapporti sessuali con un altro o con un'altra; la prole esige d'essere accolta con amore, allevata con bontà, educata religiosamente; il sacramento esige l'indissolubilità del matrimonio e che il divorziato o la divorziata non si unisca a un'altra persona neanche allo scopo d'aver figli.
Questo è ciò che può chiamarsi la regola del matrimonio; per mezzo di ciò si rende onorata la fecondità della natura e viene regolato il disordine dell'incontinenza.
Ma poiché abbiamo trattato questo argomento abbastanza a lungo nel libro La dignità del matrimonio, da noi pubblicato di recente, nel quale abbiamo fatto la distinzione tra la continenza vedovile e l'eccellenza della verginità conforme al grado della loro dignità, non dobbiamo impiegare più a lungo la nostra penna su questo argomento.
Ora ci chiediamo per quale aiuto all'uomo fu fatta la donna, se nel paradiso non erano loro leciti i rapporti sessuali per generare figli.
Quanti pensano così, credono forse che sia peccato ogni accoppiamento carnale.
Poiché è difficile non precipitare nel vizio contrario quando si vuole evitare in modo errato un altro vizio.
Quando infatti i vizi si giudicano non già con il criterio della ragione ma con quello dell'opinione, chi ha paura dell'avarizia diventa prodigo e chi ha paura della prodigalità diventa avaro; se ad uno si rimprovera d'essere indolente diventa turbolento e, se a uno si rimprovera d'esser turbolento diventa indolente; chi, biasimato per la sua temerarietà, arriva a detestarla, si rifugia nella timidezza e chi si sforza di non essere timido diventa temerario, rompendo, per così dire, il legame che lo tratteneva.
Così avviene che la gente, mentre non sa che cosa è condannato dalla legge di Dio nel caso dell'adulterio o della fornicazione, condanna il rapporto sessuale dei coniugi anche se fatto allo scopo di aver figli.
Coloro che non condannano il matrimonio ma pensano tuttavia che la fecondità della carne sia stata concessa da Dio per assicurare la successione dei mortali e non credono neppure che i primi esseri umani potessero congiungersi carnalmente, se per causa del peccato, da loro commesso, non fossero stati condannati a morire e non avessero dovuto procurarsi dei successori mettendo al mondo dei figli.
Costoro però non riflettono al fatto che, se era legittimo che i nostri progenitori potessero procurarsi dei successori essendo essi destinati a morire, con quanto maggior ragione avrebbero potuto procurarsi dei compagni dal momento che erano destinati a morire!
In realtà, se il genere umano avesse riempito tutta la terra, sarebbe stato legittimo procurarsi dei figli unicamente per riempire i vuoti lasciati dai morti.
Ma se la terra doveva essere riempita mediante l'opera di due sole persone, in qual modo avrebbero potuto compiere il dovere di costituire una comunità senza generare figli?
Oppure c'è qualcuno tanto cieco di mente da non capire quanta bellezza conferisce alla terra il genere umano anche se poche persone vivono in modo retto e lodevole, di quanta importanza è l'ordine pubblico che trattiene anche i delinquenti in una certa qual pace terrena?
Per quanto gli uomini siano viziati, anche come tali sono superiori alle bestie e agli uccelli, ma tuttavia chi non proverebbe piacere nel contemplare questa che è la parte più bassa del mondo così abbellita - tenuto conto del posto destinato ad essa - di tutte le specie di questi animali?
Chi poi sarebbe così dissennato da pensare che la terra non sarebbe potuta essere così bella, se fosse stata riempita di persone viventi nella giustizia [ originale ] che non avrebbero dovuto morire?
Il fatto che la città celeste ha un numero enorme di angeli non può essere un motivo per cui sarebbe stato conveniente che l'uomo e la donna non si unissero nell'amplesso coniugale, fuorché nel caso che dovessero morire.
Il Signore infatti, prevedendo questo gran numero completo di santi che deve congiungersi agli angeli anche nella risurrezione, disse: Nella risurrezione gli uomini e le donne non si sposeranno più, poiché non morranno, ma saranno uguali agli angeli di Dio. ( Mt 22,30 )
Quaggiù al contrario la terra doveva essere riempita di uomini ed era conveniente che fosse ripiena di persone provenienti da un unico capostipite, per stabilire una più stretta relazione di parentela e mettere in maggior risalto possibile il legame dell'unità.
Per qual altro motivo perciò Dio procurò all'uomo un aiuto nel sesso femminile simile a lui, se non perché la natura femminile aiutasse, come una terra fertile, l'uomo nel procreare il genere umano?
È tuttavia più conveniente e preferibile pensare che i nostri progenitori, allorquando furono messi nel paradiso e il loro corpo naturale non era ancora condannato a morire, non avessero un appetito al piacere carnale come l'ha il nostro corpo proveniente da una stirpe destinata alla morte.
Non può dirsi infatti che in Adamo ed Eva non successe nulla dopo ch'ebbero mangiato il frutto proibito, dal momento che Dio non disse: "Se ne mangerete, morrete sicuramente", ma: Il giorno in cui ne mangerete, morrete sicuramente. ( Gen 2,17 )
Per conseguenza quel giorno produsse in loro la condizione [ di dissidio ] che l'Apostolo esprime in questi termini: Nel mio intimo io sono d'accordo con la legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge che contrasta fieramente la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.
Me sventurato! Chi mi libererà dal corpo che porta questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,22-25 )
Non sarebbe stato sufficiente dire: "Chi mi libererà da questo corpo mortale"? e invece dice: dal corpo che porta questa morte.
Allo stesso modo in un altro passo dice: Il corpo è senza dubbio morto a causa del peccato; ( Rm 8,10 ) neppure in questa frase dice: "Il corpo è mortale", bensì: Il corpo è morto, benché fosse evidentemente anche mortale, essendo destinato a morire.
Pertanto, benché il corpo dei progenitori fosse un corpo naturale e non ancora spirituale, non si deve credere tuttavia che fosse "morto", cioè necessariamente destinato alla morte; questo castigo sopravvenne solo dopo ch'ebbero toccato l'albero dal frutto proibito.
A proposito dei nostri corpi si parla d'uno stato di salute confacente alla loro costituzione.
Se questo stato viene turbato al punto che una malattia consuma gli organi interni, i medici dopo un'attenta diagnosi dichiarano imminente la morte; anche allora naturalmente si dice che il corpo è mortale, ma in un senso diverso di quando era sano, benché fosse di certo destinato, presto o tardi, a morire.
Allo stesso modo i progenitori avevano di certo un corpo naturale, ma non destinato a morire - sempre che non avessero peccato - e il loro corpo avrebbe ricevuto uno stato uguale a quello degli angeli e una qualità celeste; appena però trasgredirono il precetto di Dio, contrassero nelle loro membra una sorta di malattia mortale e ciò cambiò la proprietà, per cui potevano dominare tanto perfettamente il corpo che non avrebbero potuto dire: Vedo nelle mie membra un'altra legge che contrasta fieramente la legge della mia ragione. ( Rm 7,23 )
Poiché, sebbene il corpo non fosse ancora spirituale, ma ancora naturale, tuttavia non era ancora il corpo che porta questa morte, dalla quale e con la quale siamo nati.
Che cos'altro, in realtà, cominciamo a fare, non dirò appena nati, ma addirittura appena concepiti, se non a soffrire una sorta di malattia, a causa della quale dovremo morire inevitabilmente?
La morte è inevitabile per chi sia stato colpito da idropisia o da consunzione o dalla lebbra o da altre simili malattie ma non più che per un neonato che ha cominciato a vivere in questo corpo a causa del quale tutti gli uomini sono per natura figli della collera, ( Ef 2,3 ) condizione, questa, che è il risultato del castigo del peccato.
Perché dunque non dovremmo credere che i nostri progenitori prima del peccato potessero comandare agli organi genitali per procreare figli come comandavano alle altre membra che l'anima è solita eccitare senza alcun prurito della concupiscenza per compiere qualsiasi altro atto?
Ora il Creatore onnipotente e lodevole oltre ogni dire, grande anche riguardo alla più piccola delle sue opere, ha dato alle api la capacità di generare i loro piccoli allo stesso modo che formano la cera e il miele.
Perché allora dovrebbe sembrare incredibile che per i primi uomini Dio formasse corpi di tal natura che, se non avessero peccato e contratto subito quella sorta di malattia che li avrebbe condotti alla morte, avrebbero comandato agli organi da cui è generata la prole, allo stesso modo che si comanda ai piedi quando si cammina?
In tal modo avrebbero compiuto l'unione sessuale senza ardore passionale e avrebbero partorito senza dolore.
Ora, al contrario, dopo aver trasgredito l'ordine di Dio, hanno meritato di sentire nelle loro membra, in cui già regna la morte, il moto della legge che è in guerra con la legge dello spirito, moto che è regolato dal matrimonio, tenuto in certi limiti e frenato dalla continenza affinché, come dal peccato è venuto il castigo, così dal castigo se ne tragga il merito.
La donna fu quindi creata venendo tratta dall'uomo per l'uomo, con caratteristiche proprie del suo sesso per cui le donne si distinguono dagli individui maschi.
Essa partorì Caino ed Abele e tutti i loro fratelli da cui dovevano nascere tutti gli altri uomini; tra essi generò anche Seth, dal quale ebbe inizio la stirpe umana fino ad Abramo ( Gen 4, 1.25 ) e al popolo d'Israele, la nazione ormai più conosciuta di tutte le altre nazioni e, per discendenza attraverso i figli di Noè, ebbero origine tutti i popoli.
Chi mette in dubbio questi fatti fa vacillar per forza tutto ciò che noi crediamo, e il suo dubbio dev'essere tenuto lontano dalla mente dei fedeli.
Quando perciò mi si domanda per quale aiuto dell'uomo fu creata la donna, io considero con tutta l'attenzione di cui sono capace tutte le ipotesi possibili, ma non mi viene in mente nessun altro motivo se non quello di procreare figli affinché la terra fosse riempita dalla loro discendenza.
Ma la procreazione dei figli non sarebbe stata effettuata dai progenitori come quando nelle membra c'è una legge del peccato in guerra con la legge dello spirito, anche se per grazia di Dio viene superata dalla virtù.
Noi infatti dobbiamo credere che questa condizione non sarebbe potuta trovarsi se non nel corpo che porta in sé la morte, un corpo morto a causa del peccato.
E qual castigo sarebbe stato più giusto di questo per cui il corpo, fatto come servo dell'anima, non ubbidisce a ogni suo comando allo stesso modo che essa rifiutò di ubbidire al suo Signore?
Potrebbe darsi che Dio crei l'uomo nei suoi elementi costitutivi traendoli dai genitori, traendo cioè il corpo dal loro corpo e l'anima dalla loro anima, oppure che crei le anime in un altro modo; in ogni caso però egli non crea per un compito impossibile né per un premio dappoco; poiché se l'anima soggetta a Dio con spirito di fede e d'amore riuscirà con la grazia a trionfare sulla legge del peccato, insita nelle membra del corpo mortifero e meritata per castigo dal primo uomo, riceverà il premio celeste con gloria maggiore, venendo così a dimostrare quanto sia degna di lode l'ubbidienza, la quale con la sua virtù poté trionfare sul castigo meritato dalla disubbidienza altrui.
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