La grazia di Cristo e il peccato originale |
State ora ben attenti a quanta cautela dovete mettere nell'ascoltare, a proposito del battesimo dei bambini.
Questi tali da una parte essi non osano negare apertamente alle creature di quell'età il lavacro della rigenerazione e della remissione dei peccati, perché ciò non sia insopportabile alle orecchie cristiane, e dall'altra parte persistono nel sostenere e difendere la propria opinione che il peccato del primo uomo non coinvolge nella colpa la generazione carnale, sebbene concedano il battesimo ai bambini apparentemente in remissione dei peccati.
Tant'è vero che voi stessi avete scritto d'aver udito da Pelagio, che era presente e leggeva per voi dal libello della sua professione di fede, mandato da lui, come asseriva, anche a Roma, questa dichiarazione: " I bambini si devono battezzare con le medesime parole del rito sacramentale con le quali si battezzano anche i grandi ".1
Chi dopo tale dichiarazione penserebbe di dover muovere ad essi una qualche questione su questo argomento?
Oppure, se lo facesse, a chi non sembrerebbe calunniosissimo, qualora non si leggessero i loro testi espliciti, dove negano che i bambini contraggono il peccato originale e sostengono che sono nati tutti senza nessun vizio?
E certamente in questo errore Celestio fu più libero di Pelagio, fino al punto che nemmeno nel giudizio episcopale di Cartagine volle condannare coloro che dicono: " Il peccato di Adamo danneggiò lui soltanto e non il genere umano, e i bambini al momento di nascere sono nel medesimo stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ".2
E nella città di Roma l'asserì ancora più esplicitamente nel suo libello che diede al beatissimo papa Zosimo: " Il peccato originale non ghermisce nessun bambino ".
È dagli Atti ecclesiastici di Cartagine che abbiamo trascritto le seguenti sue parole.
" Il vescovo Aurelio ordinò: - Si legga il seguito -.
E fu letto che il peccato di Adamo danneggiò lui soltanto e non il genere umano.
E dopo che fu letto, Celestio dichiarò: - Ho detto che mi sento in dubbio sulla trasmissione del peccato.
Sono però disposto a credere a chi abbia ricevuto da Dio il dono della scienza.
Mi sento in dubbio, perché ho udito pareri diversi da coloro che pur sono stati costituiti presbiteri della Chiesa cattolica -.
Il diacono Paolino chiese: - Dicci i nomi di costoro -.
Celestio rispose: - Il santo presbitero Rufino, che a Roma viveva con santo Pammachio.
Io lo udii dire che non esiste la trasmissione del peccato -.
Il diacono Paolino domandò: - C'è qualche altro? - Celestio rispose: - Ne ho sentiti molti -.
Il diacono Paolino insistè: - Dicci i loro nomi - Celestio rispose: - Non ti basta un sacerdote? - ".
In un altro passo poco più oltre: " Il vescovo Aurelio ordinò: - Si legga il resto del libro -.
E si lesse che i bambini al momento di nascere sono in quello stato in cui era Adamo prima della trasgressione … " fino alla fine del libello più piccolo inserito più sopra.
4 - " Il vescovo Aurelio domandò: - Celestio, hai insegnato mai, come ha detto il diacono Paolino, che i bambini al momento di nascere sono in quello stato in cui era Adamo prima della trasgressione? -.
Celestio rispose: - Spieghi che cosa ha inteso dicendo: Prima della trasgressione -.
Il diacono Paolino replicò: - Tu, nega d'averlo insegnato.
Una delle due: o costui neghi d'averlo insegnato o lo condanni -.
Celestio disse: - Ho già chiesto che spieghi in che senso ha detto: Prima della trasgressione -.
Il diacono Paolino insisteva: - Nega d'averlo insegnato -.
Disse il vescovo Aurelio: - Vi prego, dico io quello che ho raccolto dall'obiezione di Paolino: di Adamo, collocato nel paradiso, prima si dice che era stato fatto immortale e dopo per la trasgressione del precetto si dice che divenne corruttibile.
È questo che dici, fratello Paolino? -. Il diacono Paolino annuì: - Questo, signore -.
Il vescovo Aurelio spiegò: Ecco, questo vuol sentire il diacono Paolino: se lo stato dei bambini ancora da battezzare sia certamente oggi tale e quale fu lo stato di Adamo prima della trasgressione, oppure se lo stato del bambino dalla medesima origine peccaminosa dalla quale nasce tragga la colpa della trasgressione -.
Il diacono Paolino chiese: - Costui l'ha insegnato o nega d'averlo insegnato? - Celestio rispose: - Quanto alla trasmissione del peccato ho già detto che fra i membri della Cattolica ho udito molti negarla e altri ammetterla: sebbene questo sia un problema aperto alla discussione e non un'eresia.
Riguardo ai bambini ho sempre detto che hanno bisogno del battesimo e devono essere battezzati: che altro vuole Paolino? - ".
Ben vi accorgete che Celestio concesse il battesimo per i bambini, ma in modo da non voler ammettere il passaggio in essi del peccato del primo uomo, che si lava con il lavacro della rigenerazione, sebbene non abbia avuto l'ardire nemmeno di negarlo, e per questa sua perplessità non condannò coloro che dicono: " Il peccato di Adamo danneggiò lui soltanto e non il genere umano, e i bambini al momento di nascere sono in quello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ".3
Nel libello però che Celestio rese pubblico a Roma e fu allegato agli Atti ecclesiastici del processo ivi celebrato parla dello stesso argomento in tal modo da mostrare di credere in ciò di cui a Cartagine aveva detto di dubitare.
Le sue parole infatti sono le seguenti: " Confessiamo che i bambini si devono battezzare in remissione dei peccati secondo la regola della Chiesa universale e la dottrina del Vangelo, perché il Signore ha stabilito che il regno dei cieli possa esser conferito esclusivamente ai battezzati. ( Gv 3,5 )
E poiché le forze della natura non lo possono conferire, è necessario che sia conferito mediante la libertà della grazia ".4
Se in seguito non dicesse nient'altro su questo argomento, chi non crederebbe che egli, dicendo che i bambini si devono battezzare in remissione dei peccati, confessi che anche ai bambini sono rimessi nel battesimo i peccati originali?
Cosi si comprende anche ciò che, secondo quanto avete scritto, vi ha risposto Pelagio: " I bambini si battezzano con le stesse parole del rito sacramentale con le quali si battezzano anche i grandi "5 e per cui vi siete rallegrati d'aver ascoltato ciò che desideravate, anche se avete preferito consultarci ancora sulle parole di Pelagio.
State dunque attenti a ciò che Celestio ha detto con tanta chiarezza e ci vedrete dentro che cosa Pelagio vi abbia tenuto chiuso.
Celestio infatti continua e dice: " Che i bambini si devono battezzare in remissione dei peccati non l'abbiamo detto per dare l'impressione che noi si voglia confermare il peccato per trasmissione: è questa un'idea molto lontana dal sentire cattolico.
Perché, il peccato non nasce con l'uomo, ma è l'uomo che poi lo fa, essendo certo che non è una mancanza della natura, ma una mancanza della volontà.
È perciò conveniente affermare la prima verità, perché non sembri che noi introduciamo diverse forme di battesimo, ed è necessario difendere l'altra verità, perché, prendendo a pretesto il sacramento del battesimo, non si dica ad ingiuria del Creatore che il male del peccato, prima che sia fatto dall'uomo, s'infligge all'uomo per natura ".6
Questo è il senso che Pelagio ebbe o timore o rossore di aprire a voi, senso che il suo discepolo Celestio non ebbe né timore né rossore di professare pubblicamente senza risvolti di nessuna oscurità davanti alla Sede Apostolica.
Ma il vescovo della suddetta Sede, molto misericordioso, quando vide Celestio trasportato, quasi fosse impazzito, da tanta presunzione verso il precipizio, preferì legarlo un poco alla volta con interrogazioni e risposte, perché tornasse indietro, se era possibile, piuttosto che con l'emanazione di una rigorosa sentenza spingerlo in quell'abisso verso il quale lo vedeva propendere ormai.
La ragione per cui non ho detto: C'era già caduto, ma che vi si vedeva ormai propendere, è che precedentemente nel suo medesimo libello sul punto di parlare di tali questioni aveva dichiarato: " Se per caso, da uomini che siamo, ci fosse sfuggito qualche errore, sia corretto dalla vostra sentenza".7
Tenendo conto di questo suo preambolo, il venerabile papa Zosimo si adoperò perché quell'uomo, gonfiato dal vento d'una falsa scienza, condannasse le affermazioni che gli aveva contestate il diacono Paolino e prestasse il suo assenso alla lettera della Sede Apostolica scritta dal suo predecessore di santa memoria.8
Ma Celestio da una parte non volle condannare le affermazioni di cui lo accusava il diacono Paolino, e dall'altra parte non osò opporsi alla lettera del beato papa Innocenzo,9 anzi promise che avrebbe condannato tutti gli errori che condannasse quella Sede.10
Così, benché a quella specie di furia, perché si calmasse, fosse riservato un trattamento d'indulgenza, non si credette di doverlo ancora assolvere dal vincolo della scomunica.
Ma con sentenza di una certa moderazione medicinale gli fu concesso lo spazio di ricredersi nel periodo di due mesi, finché giungesse una risposta dall'Africa.11
Perché, sarebbe veramente guarito, se, deposta la vanità dell'ostinazione, avesse voluto tener conto di quanto aveva promesso e avesse letto diligentemente la medesima lettera alla quale aveva risposto che si sarebbe attenuto.
Ma sui motivi che hanno spinto, dopo che arrivò la risposta del Concilio dei vescovi africani, a pronunziare contro Celestio una giustissima sentenza di condanna, leggete tutti i relativi documenti, perché ve li abbiamo trasmessi tutti.
Pertanto anche Pelagio, se riflette senza inganno su se stesso e sui propri scritti, non dice il giusto quando dice che non doveva sentirsi personalmente colpito dalla medesima sentenza di condanna.
Egli infatti ingannò il tribunale palestinese e per questo sembra che da esso sia stato scagionato.
Ma non ha potuto ingannare in nessun modo la Chiesa di Roma, dove sapete che godeva di grande notorietà, sebbene abbia tentato anche questo in tutti i modi; ma, come ho detto, non ci è riuscito minimamente.
Il beatissimo papa Zosimo infatti si è rammentato del giudizio che il suo predecessore, degno d'essere imitato, aveva dato di quegli Atti.
Ha tenuto conto anche di come giudicasse Pelagio la fede, encomiabile nel Signore, dei romani, che vedeva concordemente fervorosi a lavorare per la difesa della verità cattolica ( Rm 1,8 ) contro l'errore di Pelagio: erano persone in mezzo alle quali Pelagio aveva vissuto a lungo e alle quali non potevano sfuggire i suoi dogmi, persone che sapevano così bene che Celestio era suo discepolo da poterne rendere testimonianza fedelissima e fermissima.
Quale dunque sia stato il giudizio del santo papa Innocenzo sugli Atti del Sinodo palestinese, dal quale Pelagio si vanta d'essere stato assolto, voi lo potreste leggere anche nella lettera con la quale Innocenzo rispose a noi e lo trovereste altresì ricordato nella risposta del Sinodo africano al venerabile papa Zosimo, che abbiamo mandata alla carità vostra insieme a tutti gli altri documenti.
Ci sembra tuttavia opportuno che non si debba passare sotto silenzio nemmeno in questo libro.
Nella lettera che noi vescovi scrivemmo in cinque ad Innocenzo12 facemmo riferimento agli stessi Atti palestinesi, dei quali ci era giunta già la fama, e dicevamo che il processo ecclesiastico, dal quale si crede che Pelagio sia stato assolto, si era svolto in Oriente dove egli si trovava.
Innocenzo nel rispondere alla nostra lettera dice questo tra l'altro: " Essendo state mosse contro di lui alcune accuse, poste a verbale negli stessi Atti, in parte egli le eluse, in parte le sommerse in una oscurità assoluta ritorcendo molte parole a proprio favore.
Altre accuse poi egli emendò in maniera più equivoca che vera, come si sarebbe potuto vedere con il tempo, o negandole o cambiandole con una interpretazione falsa.
Ma magari, ed è ciò che si deve desiderare più di tutto, tornasse ormai da quel suo errore sulla via vera della fede cattolica!
Magari volesse sul serio liberarsi da ogni accusa, considerando la quotidiana grazia di Dio, riconoscendo il suo aiuto, così che si noti veramente e con il plauso di tutti che si è corretto con una decisione chiara non per il giudizio dei verbali del processo, ma per la conversione del suo cuore alla fede cattolica.
Noi pertanto non possiamo né approvare né disapprovare il giudizio di quei giudici, perché non sappiamo se gli Atti siano veri o, qualora siano veri, se costui abbia ingannato con qualche sotterfugio invece d'essersi corretto con tutta sincerità ".13
Voi vedete certamente in queste parole come apparisca che il beatissimo papa Innocenzo non parla di Pelagio come di uno sconosciuto.
Voi vedete quale giudizio ha dato della sua giustificazione.
Voi vedete che cosa il suo successore, il santo papa Zosimo, ebbe da ricordare, come l'ha ricordato, per confermare su di lui, rimovendo gli indugi, il giudizio del suo predecessore.
Ora considerate attentamente da che cosa si provi l'inganno di Pelagio a carico dei giudici palestinesi in questa stessa questione del battesimo dei bambini, per tacere d'altri punti.
Per aver noi detto che Pelagio ha nascosto a voi il pensiero in cui si mostrò più libero di lui Celestio, sebbene Pelagio non fosse di parere diverso, non vorrei che eventualmente a qualcuno sembrasse che noi ricorriamo alla calunnia o al sospetto, invece d'avere acquisito la certezza di quanto affermiamo.
Già sopra è emerso sufficientemente chiaro che Celestio non volle condannare la proposizione: " Il peccato di Adamo danneggiò lui soltanto e non il genere umano, e i bambini al momento di nascere sono in quello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ", proprio perché vedeva che condannandola sarebbe venuto a confermare il passaggio nei bambini del peccato di Adamo.
Pelagio invece, poiché gli era stato contestato di condividere anche lui con Celestio queste tesi, le condannò senza nessuna riserva.
Io so che voi avete letto tutto ciò, nondimeno, poiché questo libro non si scrive solo per voi, ad evitare che il lettore sia gravato dal dover ricorrere agli Atti stessi e, se non li ha, dal doverseli laboriosamente cercare, trascrivo dagli Atti le parole testuali e le riporto qui sotto.
" Il Sinodo ordinò: Poiché Pelagio ha anatematizzato l'inconsistente stoltezza,14 rispondendo rettamente che l'uomo con l'aiuto di Dio e con la sua grazia può essere άναμάρτητου, cioè senza peccato, risponda adesso anche alle altre imputazioni.
Un insieme di proposizioni della dottrina di Celestio, discepolo di Pelagio, tra quelle che a Cartagine furono ascoltate e ricordate dal santo vescovo di Cartagine Aurelio e con lui da altri vescovi, dice: Adamo fu creato mortale ed era destinato a morire, sia che peccasse, sia che non peccasse.
Il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano.
La Legge manda al regno nello stesso modo del Vangelo.
Prima della venuta del Cristo ci furono uomini senza peccato.
I neonati sono nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione.
Né per la morte o per la prevaricazione di Adamo muore tutto il genere umano, né per la risurrezione del Cristo risorge tutto il genere umano.
Il santo vescovo Agostino rispose ad Ilario sulle proposizioni suddette contro i discepoli di Pelagio in Sicilia,15 scrivendo un libro dove sono contenute queste altre proposizioni:
L'uomo se vuole può essere senza peccato.
I bambini hanno la vita eterna anche se non si battezzano.
Ai ricchi dopo il battesimo, se non rinunziano a tutto, non è accreditato il bene che sembra abbiano fatto, né possono avere il regno di Dio.16
Pelagio rispose: - Della possibilità dell'uomo d'essere senza peccato si è detto sopra.
Quanto all'esistenza di uomini senza peccato prima della venuta del Signore, anche noi diciamo che prima dell'avvento del Cristo alcuni vissero in santità e giustizia, secondo la tradizione delle sante Scritture.
Quanto alle altre proposizioni, poiché anche secondo la testimonianza di costoro esse non sono proposizioni dette da me, io non sono tenuto a scolparmene: tuttavia a soddisfazione del santo Sinodo anatematizzo coloro che ritengono così o l'hanno ritenuto nel passato -".17
Ecco, voi vedete, per tralasciare altre osservazioni, che Pelagio ha anatematizzato quanti dicono che " il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano; i bambini al momento di nascere sono nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ".18
Che altro dunque poterono intendere allora quei vescovi giudici se non che Pelagio confessava il passaggio del peccato da Adamo nei bambini?
Per non fare una tale ammissione Celestio non volle condannare quello che condannò Pelagio.
Ora, se dimostrerò che anche Pelagio quanto ai bambini pensa ugualmente che essi nascono senza nessun contagio di nessun vizio, quale distanza rimarrà tra costui e Celestio nella presente questione?
Nessuna all'infuori di questa: Celestio fu più aperto, Pelagio più velato, l'uno più pertinace, l'altro più mendace, o certamente l'uno più libero, l'altro più astuto.
Celestio infatti non volle condannare, nemmeno nella Chiesa di Cartagine, quello che poi confessò di ritenere nella Chiesa di Roma, e dichiarò di essere pronto a correggersi, se per debolezza umana gli fosse scappato qualche errore.19
Pelagio invece per un verso condannò quel dogma come contrario alla verità per non essere condannato egli stesso da quei giudici cattolici, e per un altro verso si riservò di difenderlo successivamente: o bugiardo dunque nel condannarlo o astuto nell'interpretarlo.
Ma vedo che ormai mi si chiede giustissimamente di non rimandare oltre la dimostrazione promessa: se anche Pelagio la pensi proprio come Celestio.
Nel primo libro della sua recente opera In difesa del libero arbitrio, da lui citata nella lettera che mandò a Roma, dice: " Nessun bene e nessun male, che ci renda lodevoli o riprovevoli, nasce con noi, ma è fatto da noi: nasciamo capaci, ma non pieni, di bene e di male, e come siamo creati senza virtù, così pure senza vizio, e prima dell'azione della propria volontà nell'uomo c'è solamente ciò che ha creato Dio ".20
Vedete bene che in queste parole di Pelagio si trova il dogma comune all'uno e all'altro: il dogma che i bambini nascono senza contagio di nessun vizio da parte di Adamo.
Non c'è dunque da meravigliarsi che Celestio non abbia voluto condannare quanti dicono che " il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano, e i bambini al momento di nascere sono nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ", ma c'è molto da meravigliarsi della sfacciataggine con la quale Pelagio condannò queste proposizioni.
Se infatti, come egli asserisce, " il male non nasce con noi, e siamo creati senza alcun vizio, e nell'uomo prima dell'azione della sua volontà c'è solamente ciò che ha creato Dio ", questo vuol dire certamente che il peccato di Adamo danneggiò lui solo, perché non fece nessun passaggio nella prole.
Non è vero infatti che il peccato non sia un male, o che il peccato non sia un vizio, o che Dio abbia creato il peccato.
Ma Pelagio dice: " Il male non nasce con noi, siamo creati senza alcun vizio; nei nascenti c'è solo ciò che ha creato Dio ".
Perciò, ritenendo egli secondo questa sua sentenza come verità certissima che " il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano ", per quale ragione Pelagio condannò questa proposizione se non per ingannare quei giudici cattolici?
Si può dire ugualmente così: Se " il male non nasce con noi ", se " siamo creati senza alcun vizio ", se " nell'uomo al momento di nascere c'è esclusivamente ciò che ha creato Dio ", senza dubbio " i bambini al momento di nascere sono nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ",21 quando non c'era in lui nessun male e vizio, ma solo ciò che in lui aveva creato Dio.
E tuttavia Pelagio anatematizzò " quanti ritengono o hanno ritenuto in passato che i bambini appena nati siano nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ", cioè senza nessun male e vizio, in possesso solamente di ciò che ha creato Dio.
Per quale ragione dunque Pelagio condannò anche questo se non per ingannare il Sinodo cattolico al fine di non essere condannato come un nuovo eretico?
Voi sapete, e l'ho messo anche in quel libro che scrissi sul processo palestinese al nostro venerabile decano Aurelio, che io godevo che per quella risposta di Pelagio tutta la questione fosse stata risolta.
E mi sembrava che egli avesse confessato assai apertamente la presenza nei bambini del peccato originale, dicendo anatema a quanti credessero che dal peccato di Adamo fosse rimasto leso lui solo, non anche il genere umano, e dicendo anatema a quanti ritenessero che i bambini sono in quello stato in cui era il primo uomo precedentemente alla prevaricazione.
Ma in seguito, avendo letto i suoi quattro libri, dal primo dei quali ho trascritto le parole riportate poco sopra, e avendo trovato in lui un uomo che sui bambini la pensava ancora in modo contrario alla fede cattolica, cominciai a meravigliarmi anzitutto d'una ipocrisia così sfacciata in un processo ecclesiastico e in un problema tanto importante.
Se infatti aveva già scritto quei libri precedentemente, come poté dichiarare di anatematizzare quanti avevano ritenuto in passato il contrario?
Se poi quell'opera la promise dopo, come poté anatematizzare quanti ritengono il contrario adesso?
A meno che non voglia essere così ridicolo da dire d'aver condannato coloro che avevano ritenuto il contrario in passato e coloro che lo ritenessero al presente; quanto al futuro invece, cioè a quelli che l'avrebbero ritenuto in avvenire, egli non poteva anticipare il giudizio né su di sé, né sugli altri, e quindi egli non aveva mentito, perché fu ritrovato a ritenere così posteriormente.
Ma non lo dice, non solo perché sarebbe ridicolo, ma perché non può essere vero.
Negli stessi libri infatti da una parte parla contro il passaggio del peccato da Adamo nei bambini, dall'altra si vanta del processo del Sinodo palestinese, dove si è creduto che egli avesse condannato sinceramente coloro che negano quel passaggio e dove carpì la propria assoluzione con l'inganno.
Che c'entra infatti con la presente questione la risposta data da lui ai suoi discepoli : " Ho condannato quelle proposizioni contestatemi perché io pure dico che il primo peccato non danneggiò solo il primo uomo, ma anche il genere umano, non per la propagazione, bensì per l'esempio ",22 cioè non perché abbiano tratto a Adamo un qualche vizio coloro che sono stati propagati da lui, ma perché hanno imitato in lui il primo peccatore quelli che hanno peccato in seguito?
O che c'entra, se dice: " I bambini non sono nello stato in cui era Adamo prima della sua prevaricazione, perché essi non sono capaci ancora di precetti e Adamo invece lo era: essi non hanno ancora l'uso dell'arbitrio della volontà razionale, senza del?23 quale non sarebbe stato imposto ad Adamo nessun precetto ".
Che c'entra con la nostra questione che egli, spiegando così le obiezioni mossegli, creda d'aver condannato in modo giusto le proposizioni: " Il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano, e i bambini al momento di nascere sono nello stato in cui Adamo era prima del peccato ";24 e dopo averle condannate creda nondimeno di poter ritenere senza mentire ciò che si trova nei suoi libri, scritti dopo di allora: " I bambini nascono senza nessun male, senza nessun vizio, e in essi c'è solamente ciò che ha creato Dio ",25 non la ferita che ha inflitta il nemico?
Dicendo tutto questo, cioè spiegando in un senso le accuse che gli venivano mosse in un altro senso, riesce forse a dimostrare che non ha ingannato i giudici?
Non ci riesce davvero: tanto più subdolamente li ha ingannati quanto più furbescamente appronta le sue spiegazioni.
I vescovi cattolici nell'udire uno che anatematizzava coloro che dicono che " il peccato di Adamo danneggiò lui solo e non il genere umano " nient'altro stimavano che egli ritenesse all'infuori di quello che è solita predicare la Chiesa cattolica.
Coerentemente battezza i bambini proprio perché ottengano la remissione dei peccati, non dei peccati fatti da loro imitando l'esempio del primo peccatore, ma dei peccati tratti da loro nel nascere per il vizio d'origine.
E quando i vescovi udivano da uno anatematizzare coloro che dicono che " i bambini sono al momento di nascere nello stato in cui era Adamo prima della prevaricazione ", credevano che non intendesse se non quelli che ritengono che i bambini non abbiano tratto da Adamo nessun peccato e in questo senso siano in quello stato in cui egli era prima del peccato.
Questo, su cui verteva la questione e non altro, gli si contestava precisamente.
Perciò, quando egli ricorre alla spiegazione che i bambini non sono nello stato di Adamo prima del peccato perché non sono nella medesima saldezza di mente e di corpo, non perché è passata in loro una qualche colpa della loro radice, gli si risponda: Quando ti venivano contestate quelle proposizioni perché tu le condannassi, i vescovi cattolici non le intendevano così e quindi credevano che tu fossi cattolico dal momento che le condannavi.
Perciò dunque la verità che ti attribuivano di ritenere dovette essere assolta e l'errore che invece tu ritenevi dovette essere condannato.
Non tu dunque che ritenevi errori da condannare sei stato assolto, ma è stata assolta la verità che tu avresti dovuto ritenere.
Perché poi ti si credesse assolto, ti si fece credito che tu sentissi verità lodevoli, mentre i giudici non capivano che occultavi errori riprovevoli.
Giustamente sei stato giudicato compagno di Celestio, perché ti mostri suo complice.
E se nel processo tenesti nascosti i tuoi libri, tuttavia dopo il processo li hai dati alla luce.
Indice |
1 | Pelag., Libellus fidei 7 |
2 | Paulin. Mediol., Libellus minor |
3 | Paulin. Mediol., Libellus minor |
4 | Celest., Libellus fidei Romae |
5 | Pelag., Libellus fidei 7 |
6 | Celest., Libellus fidei Romae |
7 | Celest., Libellus fidei Romae |
8 | Aug., Contra duas epp. Pelag. 2, 3, 5-4, 6 |
9 | Aug., Epp. 181-183 |
10 | Celest., Libellus fidei Romae; Cf. PAULIN. Mediol., Libellus Zosimo episc |
11 | Zosim., Ep. " Magnum pondus " |
12 | Aug., Ep. 177, 2 |
13 | Aug., Ep. 183, 3-4 |
14 | De gest. Pel. 6, 16 |
15 | Aug., Epp. 156-157 |
16 | Aug., Ep. 157 |
17 | De gest. Pel. 11, 24 |
18 | Paulin. Mediol., Libellus minor |
19 | Celest., Libellus fidei Romae |
20 | Pelag., Pro lib. arb. 1 |
21 | De gest. Pel. 11, 24; 35, 65 |
22 | Pelag., Pro lib. arb. 1 |
23 | Pelag., Pro lib. arb. 1 |
24 | Paulin. Mediol., Libellus minor |
25 | Pelag., Pro lib. arb. 1 |