Teologia dei Padri |
Lo Spirito Santo è qualcosa di grande, qualcosa di onnipotente e di straordinario nei doni di cui è portatore.
Considera quanti sediamo qui adesso, in quante anime siamo presenti.
Ebbene, lo Spirito, nella misura e nel modo idoneo per ciascuno, agisce efficacemente: stando nel mezzo, esso conosce la natura di ognuno di noi, discernendone i pensieri e la coscienza, tutto quanto pronunciamo o agitiamo nella mente.
Già è significativo, certo, quanto ho detto; eppure, non è ancora abbastanza.
Prova a farti un'idea, infatti, illuminato nel pensiero dallo Spirito, di quanti siano i cristiani di tutta questa diocesi e quanti ne conti, poi, l'intera provincia della Palestina.
Fa' spaziare, successivamente, la tua immaginazione al di là dei limiti di questa provincia, abbracciando tutto l'impero romano e, infine, volgendo lo sguardo, oltre quello, a tutto l'universo: ai persiani e agl'indi, ai goti e ai sarmati, ai galli e agli spagnoli, ai popoli della Mauritania e dell'Africa, agli abitanti dell'Etiopia e a tutti gli altri dei quali non conosciamo neppure il nome ( molti sono i popoli, infatti, dei cui nomi non ci è pervenuta alcuna notizia ).
Considera poi, di ciascuna di queste genti, i vescovi, i presbiteri, i diaconi, i monaci, le vergini e tutti gli altri fedeli.
Potrai constatare, così, che il grande protettore ed elargitore di grazie, in ogni angolo del mondo, dona a uno il pudore, a un altro la perpetua castità, a un altro ancora la misericordia, a questo l'amore per la povertà, a quello il potere di scacciare gli spiriti avversi.
Come la luce, emanando un unico raggio, rischiara ogni cosa, così anche lo Spirito Santo illumina coloro che hanno occhi per vederlo: se qualcuno, infatti, non essendo in grado di percepirlo, non viene ritenuto degno della grazia, non ne attribuisca la colpa allo Spirito, bensì alla propria incredulità.
Hai constatato, dunque, come il potere dello Spirito si estenda ovunque nell'universo.
Non rimanere, però, sulla terra, ma sali verso l'alto; ascendi col pensiero al primo cielo e contempla quante infinite miriadi di angeli dimorano lassù.
Con l'immaginazione, poi, se ne sei in grado, sali ancor più in alto: guarda gli arcangeli e gli spiriti, osserva le virtù, i principati, le potestà, i troni, le dominazioni.
Ebbene, a capo di tutti questi, come maestro e santificatore, Iddio ha preposto il Paraclito.
Della sua opera hanno bisogno, fra gli uomini, un Elia, un Eliseo, un Isaia; fra gli angeli, un Michele, un Gabriele.
Nessuna creatura gli è pari in dignità: tutte le gerarchie e le schiere angeliche riunite assieme non sono neppure minimamente paragonabili allo Spirito Santo.
Mentre gli angeli, infatti, sono inviati a servire ( Eb 1,14 ), lo Spirito, dal canto suo, scruta finanche i riposti disegni di Dio, come afferma l'Apostolo: Lo Spirito, infatti, scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Chi fra gli uomini, in effetti, conosce l'intimo dell'uomo, se non lo spirito che è in lui?
Così, nessuno ha conosciuto le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio ( 1 Cor 2,10-11 ).
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 16,22-23
Verso lo Spirito sono rivolti tutti coloro che hanno bisogno di santificazione; lo desiderano ardentemente tutti coloro che vivono secondo la virtù.
Dal suo soffio essi vengono ristorati e sostenuti per il conseguimento del loro fine specifico.
Lo Spirito, che perfeziona ogni cosa, in se stesso non manca di nulla.
Egli non è un vivente bisognoso di essere continuamente rinnovato, ma è il vivente dispensatore di vita.
Non cresce per addizioni esterne a lui, ma è compiuto fin dall'eterno; ha il proprio fondamento in se stesso, ed è in ogni luogo.
Sorgente di santificazione, luce intelligibile, egli, mediante la partecipazione di se stesso, dona ad ogni essere ragionevole una certa chiarezza nella scoperta della verità. Inaccessibile per natura, si lascia comprendere per la sua bontà.
Lo Spirito riempie ogni cosa con la sua forza, ma si dà in comunione solo a chi ne è degno.
Non a tutti in eguale misura, ma secondo differenze di intensità, in rapporto alla fede.
Semplice nella sua essenza, è molteplice nelle sue potenze.
Presente a ciascuno in modo totale, è nello stesso tempo totalmente presente dappertutto.
É condiviso da molti, senza subirne danno, e si dà a ciascuno in comunione piena: simile allo splendore del sole la cui bellezza è data a chi ne gode come se fosse solo al mondo, mentre nello stesso tempo esso illumina la terra e il mare, ed è assimilato dall'aria.
Così anche lo Spirito, presente a chiunque sia in grado di accoglierlo come se fosse solo al mondo, effonde la grazia in misura sufficiente per tutti, rimanendo intatto in se stesso …
Ma il solo modo per avvicinarsi allo Spirito Paraclito è purificarsi dalle brutture che si incrostano sull'anima a causa del male e ritornare alla bellezza originale, e restituire, grazie a una nuova trasparenza, la sua forma primitiva all'immagine regale secondo la quale siamo stati creati.
Lo Spirito allora, come il sole che affascina l'occhio purificato, ti mostrerà in sé l'immagine dell'invisibile.
Nella contemplazione beata di tale immagine vedrai l'indicibile bellezza dell'Archetipo.
Per questo lo Spirito fa ascendere i cuori, guida i deboli come per mano, rende perfetti coloro che sono in cammino.
Risplendendo agli occhi di chi si purifica da ogni macchia, egli lo rende spirituale, grazie alla comunione con lui.
E allo stesso modo in cui i corpi limpidi e diafani, quando vengono colpiti dalla luce, diventano essi stessi luminosi e la riverberano attorno a loro; in un nuovo riflesso, così anche le anime portatrici dello Spirito, e da lui illuminate, diventano esse stesse perfettamente spirituali e diffondono, a loro volta, la grazia agli altri.
Basilio il Grande, Trattato sullo Spirito Santo, 9,22-23
Un'anima la quale voglia liberarsi dall'attaccamento alle cose terrene e abbandonare l'intera creazione conoscibile e voglia affiorare in alto come un pesce emerge in superficie dalle profondità, vedrà colà, nella regione della creazione purissima, lo Spirito Santo, ove sono il Padre e il Figlio, lo Spirito il quale della medesima natura e sostanza possiede anche ogni cosa: la bontà, la giustizia, la santità, la vita.
Invero la Scrittura lo chiama il buono Spirito ( Sal 143,10 ) e ancora il giusto Spirito ( Sal 51,12 ), e un'altra volta il santo Spirito ( Sal 51,13 ).
Costui non ha acquistato nessuna di queste qualità né l'ha ricevute in seguito, ma come il calore non può essere separato dal fuoco, né la luce dalla lampada, altrettanto non possono essere separati dallo Spirito la santificazione, la dispensazione della vita, la bontà e la giustizia.
Là dunque è lo Spirito nella divina sostanza, non considerato una pluralità, ma visto nella Trinità, annunciato quale unità, non concepito come un insieme composito.
Come il Padre è uno e il Figlio è uno, così pure è uno lo Spirito Santo.
Invece i ministri celesti ci si presentano in ogni grado gerarchico come una incalcolabile schiera.
Per questo non investigare nella creazione quanto è superiore alla creazione.
Non mettere insieme colui che santifica con quelli che vengono santificati!
Lo Spirito riempie gli angeli, riempie gli arcangeli, santifica le potestà, vivifica tutto.
Egli si distribuisce nell'intera creazione, ma ad uno si dà in un modo a un altro in altro modo, ma da questa partecipazione agli altri non ne risulta sminuito.
Esso dona a tutti la sua grazia, ma non si esaurisce in coloro che gratifica, riempie tanto più coloro che lo ricevono senza ch'esso perda qualcosa.
Come il sole illumina i corpi e si dà loro in modo diverso senza che per questo ne risulti sminuito, parimenti accade allo Spirito, il quale concede a tutti la sua grazia pur rimanendo intatto e indiviso.
Illumina tutti alla conoscenza di Dio, entusiasma i profeti, rende saggi i legislatori, consacra i sacerdoti, consolida i re, perfeziona i giusti, fa degni di onore i temperanti, elargisce il dono della santificazione, risuscita i morti, libera i prigionieri, rende figli gli stranieri.
Tutto ciò egli opera per mezzo della nascita dall'alto.
Trova un esattore credente ne fa un evangelista; incontra un pescatore ne fa un dotto della legge di Dio; trova un persecutore contrito ne fa un apostolo dei pagani, un eroe della fede, un « vaso di elezione ».
Ad opera sua i deboli divengono forti, i poveri ricchi, i minori e indotti più saggi dei dotti.
Paolo era debole ma, grazie alla presenza dello Spirito, i sudari del suo corpo recavano la salute a quanti li toccavano.
Anche Pietro aveva un corpo debole, ma, per la grazia dello Spirito che in lui albergava, l'ombra del suo corpo allontanò la malattia dei sofferenti.
Pietro e Giovanni erano poveri, non possedevano né oro né argento, tuttavia dispensavano la salute fisica che ha molto più valore dell'oro.
Quel paralitico ricevette da parecchie persone del denaro, tuttavia era rimasto un mendicante; ma quando ricevette il dono da Pietro, saltò su come un cervo, lodò Iddio e cessò di fare l'accattone.
Giovanni non sapeva nulla della saggezza del mondo, eppure egli disse, in virtù dello Spirito, parole alle quali nessuna saggezza può guardare.
Questo Spirito è in cielo, riempie la terra, è presente dappertutto, non possiede barriere.
Egli abita tutto intero in ognuno ed è tutto intero con Dio.
Non distribuisce i suoi doni come un servitore, ma li distribuisce di sua autorità e volontà.
Come dice infatti Paolo: Or tutte queste cose le compie un medesimo e solo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole ( 1 Cor 12,11 ).
Anche se viene inviato quale mediatore egli tuttavia opera sempre in virtù della propria potenza.
Preghiamo allora, acciocché egli abiti nelle nostre anime e in nessun tempo ci abbandoni nella grazia del nostro Signore Gesù Cristo.
Basilio il Grande, Omelia sulla fede, 3
Gli apostoli hanno attestato che lo Spirito di Dio scese su Cristo, come una colomba.
É lo Spirito di cui Isaia ha parlato in questi termini: Sopra di lui riposerà io Spirito di Dio ( Is 11,2 ); e ancora: Lo Spirito del Signore è su di me, perché egli mi ha unto ( Is 61,1 ).
É lo Spirito di cui il Signore ha detto: Non siete infatti voi che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi ( Mt 10,20 ).
E così anche, dando ai suoi discepoli il potere di far rinascere gli uomini in Dio, diceva loro: Andate e insegnate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ( Mt 28,19 ).
É infatti questo lo Spirito che per mezzo dei profeti aveva promesso di effondere negli ultimi tempi perfino sui servi e sulle schiave, per dar loro il dono della profezia ( Gl 3,1-2 ).
Ecco perché lo stesso Spirito è sceso anche sul Figlio di Dio, diventato Figlio dell'uomo: si abituava con lui ad abitare nel genere umano, a « riposare » tra gli uomini, a vivere nell'opera plasmata da Dio; realizzava in essi la volontà del Padre, li rinnovava facendoli passare dalla loro antica condizione di peccato alla novità di Cristo.
É questo lo Spirito che Davide aveva chiesto per il genere umano, dicendo: Rendimi forte col tuo Spirito che tutto guida ( Sal 51,14 ).
Luca ci dice ancora che, dopo l'ascensione del Signore, esso scese sui discepoli a Pentecoste: lo Spirito infatti ha potere su tutte le nazioni per introdurle nella vita e aprire loro il testamento nuovo.
Per questo, nell'armonia di tutte le lingue, essi cantavano a Dio un inno, mentre lo Spirito riconduceva all'unità le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le nazioni.
Questa è dunque la ragione per cui anche il Signore ha promesso di inviare il Paraclito: per « adattarci » a Dio.
Infatti, come senz'acqua la farina non può diventare una sola pasta, un solo pane, così noi, che eravamo una moltitudine, non potevamo diventare uno nel Cristo Gesù senza l'acqua che viene dal cielo.
E come la terra arida, se non riceve acqua, non può fruttificare, così noi, che prima eravamo soltanto legno secco ( Lc 23,31 ), non avremmo mai portato frutti di vita senza la pioggia che ci è stata data liberamente dall'alto ( Sal 88,10 ).
L'unità che li rende incorruttibili, i nostri corpi infatti l'hanno ricevuta col bagno del battesimo, mentre alle nostre anime è stata data in virtù dello Spirito.
Per questo sono necessari l'uno e l'altra, perché l'uno e l'altra ci danno la vita di Dio.
Nostro Signore ha avuto compassione della samaritana peccatrice, che non era rimasta unita a un solo uomo ma aveva peccato moltiplicando i mariti; le ha mostrato, le ha promesso un'acqua viva, perché ella non abbia più sete e non si preoccupi più di attingere faticosamente la sua acqua.
Ormai, la donna avrà in sé un'acqua zampillante per la vita eterna ( Gv 4,14 ): il dono che il Signore ha ricevuto dal Padre e che ha dato a sua volta a quelli che partecipano di lui, inviando lo Spirito Santo su tutta la terra.
Ireneo di Lione: Contro le eresie, 3, 17,1-2
L'opera dello Spirito Santo mira esclusivamente al compimento del bene e della salvezza.
Discreta è, sulle prime, la sua comparsa, dolce la presa, soavissimo il giogo.
Emanazioni di luce e di scienza avvertono in anticipo del suo arrivo.
Egli giunge con l'animo d'un vero protettore: viene, infatti, a portare la salvezza, a guarire, a impartire ammaestramenti, a corroborare, a recar conforto, a illuminare la mente; a beneficio, anzitutto, di colui che lo accoglie e, successivamente, attraverso l'opera di quest'ultimo, a vantaggio anche degli altri.
E allo stesso modo come colui che era dapprima avvolto dall'oscurità, poi, all'improvvisa apparizione del sole, i suoi occhi si illuminano ed egli distingue perfettamente ciò che sino a quel momento non riusciva a vedere; non diversamente, anche colui che è stato stimato degno di ricevere il dono dello Spirito Santo, è illuminato nel profondo dell'anima e, elevato al di sopra della dimensione umana, percepisce quanto fino ad allora ignorava.
Mentre il suo corpo si trova ancora sulla terra, la sua anima si specchia nei cieli.
Egli vede, come Isaia, il Signore seduto sopra un trono alto ed elevato ( Is 6,1 ); distingue, come Ezechiele, colui che si trova al di sopra dei cherubini ( Ez 10,1 ); vede, come Daniele, miriadi di miriadi e migliaia di migliaia ( Dn 7,10 ).
Il piccolo uomo vede, allora, l'inizio e la fine del mondo, i tempi intercorrenti fra l'uno e l'altra e le successioni dei re: tutte cose, cioè, che fino a quel momento non conobbe.
Ora, infatti, è con lui chi gli dona la vera luce.
L'uomo, a dispetto dei limiti nei quali è costretto, viene tuttavia potenziato dalla forza della scienza, che gli consente di distinguere anche ciò che è compiuto da altri …
Se talora ti sorge il pensiero della castità o della verginità, sappi che si tratta d'una ispirazione suscitata in te dallo Spirito Santo.
E quante volte una fanciulla, destinata ormai al letto nuziale, ne è fuggita via, dietro suggerimento dello Spirito?
Quante volte un ricco, nello sfarzo dei suoi palazzi, si è sentito spinto dallo Spirito Santo a rinunziare alle sue ricchezze e ai suoi privilegi?
Quante volte un giovane, alla vista di qualcosa di bello, ha chiuso gli occhi e si è rifiutato di guardare, per non contaminarsi?
Chi gli ha dato questa forza, domanderai?
Ebbene, è stato lo Spirito Santo a ispirare la mente del giovane.
Quanti interessi e quanta cupidigia a questo mondo!
É per questo che i cristiani scelgono la povertà.
Per quale motivo? Ma per tener fede al comando dello Spirito.
Davvero prezioso e buono è lo Spirito Santo!
Giustamente noi veniamo battezzati nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo ( Mt 28,19 )!
L'uomo, mentre vive ancora nel suo corpo, è costretto a lottare con molti e ferocissimi demoni.
Sovente, poi, quel demonio che molti non erano riusciti a dominare, a causa della sua ferrea morsa, è stato sconfitto da qualcuno con la preghiera, grazie alla potenza dello Spirito Santo in lui presente.
Il semplice soffio dell'esorcista, così, diventa fuoco per l'invisibile nemico.
Dio, perciò, ci procura un soccorritore e un protettore: grande dottore della Chiesa, altresì, e nostro valido difensore.
Non temiamo, allora, né i demoni né il diavolo!
Colui che combatte al nostro fianco, infatti, è più potente: apriamo a lui solo le nostre porte!
Egli, infatti, va in cerca di quanti siano degni ( Sap 6,16 ), per arricchirli con i propri doni.
É chiamato, inoltre, Paraclito, poiché consola, incoraggia e risolleva la nostra debolezza.
Noi, infatti, non sappiamo ciò che ci conviene domandare, ma è lo Spirito stesso che intercede a nostro favore, con gemiti inesprimibili ( Rm 8,26 ), al cospetto, evidentemente, di Dio.
Sovente coloro che sono stati insultati per causa di Cristo, hanno ingiustamente subìto oltraggi; su costoro ha gravato la minaccia di martirio, d'ogni sorta di tormenti, del fuoco, della spada, di essere dati in pasto alle belve o di venire precipitati.
Lo Spirito Santo però sussurra sommessamente: Spera nel Signore ( Sal 27,14 ), o uomo; è una cosa da nulla quanto ti accade, di fronte alla grandezza dei doni che ti sono destinati: dopo aver patito per poco, trascorrerai l'eternità in mezzo agli angeli. Infatti, le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà in noi ( Rm 8,18 ).
Lo Spirito, così, evoca all'uomo l'immagine del regno dei cieli, mostrandogli il paradiso delle delizie.
Anche i martiri, d'altronde, pur costretti a guardare con gli occhi materiali i loro giudici, ma già detentori nondimeno della gloria nel paradiso, provavano unicamente disprezzo per quelle pene, per quanto dure apparissero.
Vuoi conoscere come i martiri rendono testimonianza per la virtù dello Spirito Santo?
Ascolta allora quanto dice il Salvatore ai suoi discepoli: Quando vi trascineranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non datevi pensiero del modo come vi difenderete o di che cosa dovete dire, giacché lo Spirito Santo vi insegnerà, in quel momento, come bisognerà parlare ( Lc 12,11-12 ).
Sarebbe infatti impossibile rendere testimonianza a Cristo, se non la si rendesse nello Spirito Santo.
Se è vero, infatti, che nessuno è in grado di dire « Signore Gesù », se non in virtù dello Spirito Santo ( 1 Cor 12,3 ), chi mai potrebbe offrire addirittura la propria vita per Gesù, se non nello Spirito Santo?
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimali, 16,19-21
La sorella di san Benedetto, di nome Scolastica, che fin dall'infanzia si era consacrata al Signore onnipotente, aveva l'abitudine di venire a trovare il fratello una volta all'anno.
L'uomo di Dio scendeva a riceverla in un edificio appartenente al monastero, non lontano da questo.
Un giorno dunque ella venne come al solito, e il suo santo fratello andò ad accoglierla insieme ad alcuni discepoli.
Passarono tutta la giornata a lodare Dio e a parlare di lui, e al cadere della notte presero insieme un po' di cibo.
Erano ancora a tavola, e il colloquio si era protratto fino a tarda ora, quando Scolastica fece al fratello questa domanda: « Te ne prego, non andare via questa notte: stiamo qui a parlare delle gioie del cielo fino a domani mattina ».
« Che cosa dici, sorella - rispose san Benedetto -. Non posso assolutamente restare fuori dal monastero ».
Il cielo era tutto sereno, senza l'ombra di una nuvola.
Al rifiuto del fratello, Scolastica giunse le mani sulla tavola e vi nascose il volto per pregare il Signore onnipotente.
Quando sollevò la testa si scatenò una tale violenza di tuoni e di lampi, un tale diluvio di pioggia, che san Benedetto e i fratelli che erano con lui non riuscirono neppure a mettere piede fuori dalla porta di quell'edificio …
Allora l'uomo di Dio, vedendo che gli era impossibile tornare al monastero in mezzo ai tuoni e ai lampi e sotto quel vero diluvio, ne fu molto contrariato e cominciò a lamentarsi in questi termini: « Dio ti perdoni, sorella, che cos'hai fatto? ».
Scolastica rispose: « Ecco, ti ho chiesto qualcosa, e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli mi ha ascoltata. Prova ad andartene, adesso, se puoi; lasciami qui, torna al monastero ».
Evidentemente, Benedetto non poté uscire.
Così, non avendo voluto farlo di buon grado, fu costretto a restare per forza.
Vegliarono dunque tutta la notte, comunicandosi con reciproco arricchimento le loro esperienze spirituali …
Spinta dal desiderio di vedere più a lungo il fratello, Scolastica, pur essendo donna, ebbe in quel momento più potere di lui.
Poiché infatti, secondo la parola di Giovanni, Dio è amore ( 1 Gv 4,16 ), è giusto che abbia avuto più potere colei che ha amato di più …
L'indomani, la santa monaca ritornò alla sua cella, e san Benedetto rientrò in monastero.
Tre giorni dopo, mentre stava in cella raccolto in preghiera, vide l'anima di sua sorella, libera dai vincoli del corpo, entrare nelle profondità del cielo sotto l'aspetto di una colomba.
Alla vista di quella gloria, Benedetto esultò di gioia e con inni e lodi rese grazie a Dio onnipotente.
Poi annunciò ai fratelli la morte di Scolastica, e li mandò subito a prendere il corpo di lei per trasportarlo in monastero e deporlo nella tomba ch'egli aveva preparato per sé.
Così fratello e sorella, uniti in Dio così profondamente sulla terra, non furono separati neppure nella tomba.
Gregorio Magno, Dialoghi, 2,33-34
Coloro i quali dissertano attorno ad argomenti spirituali, senza tuttavia provarne alcun gusto, sono simili a chi, oppresso da un calore insopportabile, si trascini attraverso un arido deserto e, tormentato dalla sete, abbia il miraggio d'una sorgente zampillante d'acqua e già s'immagini a bere, mentre, in realtà, le sue labbra e la sua lingua continuano ad essiccarsi dalla sete.
Un altro paragone si potrebbe instaurare con colui che decantasse la dolcezza del miele, ignorando, per non averla personalmente gustata, l'intensità di una tale dolcezza.
Ebbene, simili a costoro ci paiono quanti, pur chiacchierando attorno alla perfezione, alla vera gioia o alla fatuità delle passioni, sono tuttavia privi della forza e della certezza della fede: non tutte le cose, certamente, stanno nel modo come essi affermano.
Ognuno, infatti, dal momento che verrà giudicato dal modo con il quale avrà vissuto, deve così persuadersi nel suo intimo: « Non verrò riconosciuto per ciò che avrò ritenuto intellettualmente; altro è ciò che io affermo, infatti, e altro è quanto viene operato dallo Spirito ».
Il cristianesimo, infatti, è cibo e bevanda: quanto più uno ne mangia, tanto maggiormente la sua anima rimane sedotta da quella dolcezza, al punto da non riuscire a sentirsene sazia né appagata, ma, al contrario, da andarne in cerca senza posa, nutrendosene insaziabilmente.
O anche come, quando qualcuno è tormentato dalla sete e gli viene offerta una dolce bevanda, questi, dopo aver intrapreso a gustarla, con una smania più ardente di prima si affretta più decisamente a bere; così pure il gusto dello Spirito è, per così dire, talmente lungi dal poter essere pienamente appagato, da suggerire, giustamente, il paragone che abbiamo appena descritto.
Né, d'altronde, si tratta qui di vane parole: è, al contrario, l'opera stessa dello Spirito Santo che produce misteriosamente i suoi effetti nell'anima.
Taluni invece sono persuasi del fatto che, astenendosi dai rapporti sessuali e rimanendo distaccati da ogni possesso materiale, si divenga già santi.
La verità, però, è un'altra; il male, infatti, risiede già nella mente e vive nel cuore: dalla mente e dal cuore, perciò, deve essere sradicato.
É santo, dunque, chi si sia purificato e santificato secondo l'uomo interiore.
Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 17,12-13
Chi ha lo Spirito di Dio diventa figlio di Dio.
É figlio di Dio al punto da ricevere non uno spirito di servitù, ma lo spirito dei figli di adozione ( Rm 8,15 ), così che lo Spirito Santo testimonia al nostro spirito che noi siamo figli di Dio.
Questa è la testimonianza dello Spirito Santo: egli stesso grida nei nostri cuori: Abba, Padre, come scrive l'Apostolo ai Galati ( Gal 4,6 ).
Ma c'è un'altra grande testimonianza della nostra filiazione divina: che cioè siamo eredi di Dio, coeredi di Cristo.
É suo coerede colui che è glorificato con lui.
É glorificato con lui chi, soffrendo con lui, ha condiviso la sua passione.
Per incoraggiarci in questa passione ( Rm 8,17-18 ), san Paolo aggiunge che tutto ciò che sopportiamo è ben poca cosa in confronto ai grandi beni che ci saranno accordati in ricompensa delle nostre sofferenze e che saranno manifestati quando, ricreati a immagine di Dio, avremo la grazia di contemplare la sua gloria faccia a faccia.
Per mettere in luce la grandezza di questa manifestazione futura, l'Apostolo aggiunge che la creazione stessa attende la rivelazione dei figli di Dio; creazione che ora, suo malgrado, è stata sottomessa alla caducità ( Rm 8,20 ), ma non senza speranza.
Spera infatti da Cristo la grazia del suo aiuto per essere liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio ( Rm 8,21 ).
La libertà della creazione e quella dei figli di Dio saranno una sola libertà quando sarà manifestata la gloria dei figli.
Ora, mentre questa manifestazione è differita, ogni creatura geme attendendo la gloria della nostra adozione e della nostra redenzione; è pronta ad accogliere questo spirito che la salverà e desidera essere liberata dalla sua sottomissione alla caducità …
D'altra parte, è evidente che le creature attendono la rivelazione dei figli di adozione perché possiedono le primizie dello Spirito.
Questa filiazione adottiva non è nient'altro che la redenzione dell'intero corpo, quando, come figlio adottivo di Dio, vedrà faccia a faccia il bene eterno e divino.
Questo è il senso dell'adozione a figli nella Chiesa del Signore, quando lo Spirito grida: « Abba, Padre », come si dice la lettera ai Galati; adozione che sarà perfetta soltanto quando risorgeranno nell'incorruttibilità, nell'onore e nella gloria tutti coloro a cui sarà concesso di contemplare la faccia di Dio.
Allora la condizione umana potrà ritenersi pienamente riscattata.
Ambrogio, Lettere, 35,4-6.13
Il Pastore disse: « Ogni carne nella quale abbia preso dimora lo Spirito Santo, se verrà riscontrata pura e senza macchia, riscuoterà la sua ricompensa …
Ascoltami, dunque, adesso! Conserva immacolata e monda questa tua carne, in modo che lo Spirito, abitando in essa, renda testimonianza in suo favore ed essa venga così giustificata.
Sta' attento che non s'insinui nel tuo cuore la persuasione che questa tua carne sia destinata all'annientamento e tu, in conseguenza di ciò, abusi di essa con qualche nefandezza: se macchi la tua carne, infatti, macchi anche lo Spirito Santo e, se macchi lo Spirito Santo, non avrai la vita ».
« Signore », gli replicai, « se è stata commessa qualche colpa prima di aver ascoltato queste tue parole, in che modo riuscirà a salvarsi l'uomo che abbia macchiato la sua carne? ».
« Soltanto Dio ha la facoltà di risanare dalle colpe passate, dal momento che è lui a detenere ogni potere.
Ora pertanto custodisci te stesso: il Signore onnipotente, in tal modo, misericordioso com'è, ti guarirà dalle colpe passate.
Ciò accadrà, però, a condizione che tu, in avvenire, non contamini più né la tua carne né il tuo spirito: essi, infatti, sono intimamente uniti e non è possibile macchiare l'una, senza contaminare anche l'altro.
Serbali, dunque, puri entrambi e, così facendo, vivrai in Dio ».
Erma, Il Pastore, Allegoria, 5,6-7
Coloro che temono Dio, che credono nella venuta del suo Figlio e che con la fede tengono in cuore lo Spirito divino, sono veramente uomini, sono mondi, spirituali e vivono per Dio, perché posseggono lo Spirito del Padre che purifica l'uomo e lo solleva alla vita divina.
Il Signore attesta che la carne è debole e lo Spirito è pronto, cioè che può fare tutto ciò che è in suo potere.
Se a ciò che è in potere dello Spirito si unisce la debolezza della carne, necessariamente ciò che è forte supera ciò che è debole, e così la debolezza della carne viene assorbita nella forza dello Spirito.
Chi si trova in questa situazione, non è carnale, ma è spirituale, perché unito allo Spirito.
Quando perciò i martiri rendono la loro testimonianza e disprezzano la morte, non agiscono secondo la debolezza della loro carne, ma nella forza dello Spirito.
La debolezza della carne è assorbita dalla potenza dello Spirito; e lo Spirito che così assorbe la debolezza della carne possiede in sé la carne come sua eredità.
Di questi due elementi è costituito l'uomo vivente, vivente perché partecipe dello Spirito, uomo, poi, per la sostanza della sua carne.
Dunque la carne, senza lo Spirito di Dio, è morta, non ha la vita, non può possedere il regno di Dio; il suo sangue è inanimato, come acqua versata in terra.
Per questo dice Paolo: Qual è il primo Adamo terrestre, tali sono anche i terrestri ( 1 Cor 15,48 ).
Ma dove è lo Spirito del Padre, ivi l'uomo vive, il suo sangue è vitale e Dio lo custodisce e lo vendicherà; la carne posseduta dallo Spirito è dimentica di sé, assume le qualità dello Spirito, diviene conforme al Verbo di Dio.
Per questo Paolo dice: Come abbiamo portato l'immagine di colui che viene dalla terra, così porteremo l'immagine di colui che viene dal cielo ( 1 Cor 15,49 ).
Ma chi è che viene dalla terra? Il corpo plasmato.
E chi dal cielo? Lo Spirito. Come dunque - dice egli - siamo vissuti una volta senza lo Spirito celeste, nella vetustà della carne, nella disobbedienza a Dio, così ora, ricevuto lo Spirito, camminiamo in novità di vita nell'obbedienza a Dio.
Senza lo Spirito di Dio non possiamo salvarci; perciò l'Apostolo ci esorta a conservarlo con la fede e con la vita santa, per non perdere, altrimenti, il regno dei cieli.
Per questo ci grida che la carne, da sola, e il sangue non possono possedere il regno di Dio.
Però, a dire il vero, la carne non possiede, ma è posseduta; per questo il Signore dice: Beati i miti, poiché essi possederanno in eredità la terra ( Mt 5,5 ); cioè verrà da loro posseduta e signoreggiata quella terra da cui proviene la sostanza della nostra carne.
Per questo egli vuole che il tempio di Dio sia mondo, perché lo Spirito divino gioisca di lui come lo sposo della sposa.
La donna non può prendere in sposo il suo uomo; può invece esser presa sposa quando il suo uomo viene e la prende con sé.
Così la carne in se stessa, cioè da sola, non può possedere in eredità il regno di Dio; ma può ben essere posseduta come regno dallo Spirito.
Ciò che è morto, non può possedere in eredità: altro è poi possedere, e altro è esser posseduti in eredità.
Chi possiede, domina, signoreggia, dispone di ciò che possiede come vuole; ciò che è posseduto obbedisce, è soggetto, è sotto il potere di chi lo possiede.
Ora, cosa è che vive? Evidentemente lo Spirito di Dio.
Cosa è, invece, che è morto? É chiaro: le membra dell'uomo che si corrompono nella terra.
Queste saranno possedute dallo Spirito e trasferite nel regno dei cieli.
Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5, 9,2-4
Chi domanda a Dio la sola cosa importante e la cerca ( Sal 27,4 ), può farlo con tranquillità e fiducia, senza timore che l'essere esaudito gli sia di danno.
All'infuori di questa richiesta, tutto quello che domanderà nella preghiera non gli gioverà a nulla.
Quest'unico bene è la sola vita veramente felice, quella in cui, resi noi pure immortali e incorruttibili di corpo e di spirito, contempleremo per sempre le delizie del Signore.
Solo in funzione di quest'unica cosa conviene cercare le altre e domandarle.
Chi la possiederà avrà tutto quello che vorrà e non potrà desiderare nulla che non sia buono.
Là si trova infatti la sorgente della vita.
Dobbiamo esserne assetati nella preghiera, mentre viviamo nella speranza senza vedere ancora ciò che speriamo, e siamo protetti dalle ali di colui verso il quale sale il nostro desiderio di essere inebriati dall'abbondanza della sua casa e di bere al torrente delle sue delizie.
Perché in lui è la sorgente della vita e nella sua luce vedremo la luce ( Sal 36,8-10 ) quando i nostri desideri saranno colmati e non avremo più da cercare gemendo, ma solo da restare in possesso della nostra gioia.
Questo bene unico è la pace che supera ogni intendimento, ma non sappiamo domandarlo come conviene nelle nostre preghiere.
Perché ciò che non possiamo immaginare nella sua realtà, non lo conosciamo veramente; e d'altra parte, tutto quello che ci viene alla mente e che rifiutiamo, respingiamo e disapproviamo, sappiamo che non è l'oggetto della nostra ricerca, anche se ignoriamo ancora che cosa rappresenti realmente questo oggetto.
C'è dunque in noi quella che chiamerò dotta ignoranza, istruita dallo Spirito di Dio che sostiene la nostra debolezza.
Perché, dopo aver affermato: Se non vediamo quello che speriamo, lo attendiamo con perseveranza, aggiunge: Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili, e colui che scruta i cuori conosce i desideri dello Spirito; poiché egli intercede per i credenti ( Rm 8,25-27 ).
Non dobbiamo intendere queste affermazioni come se lo Spirito Santo di Dio, che è immutabile nella Trinità e un solo Dio con il Padre e il Figlio, interceda per i credenti come uno che non è Dio.
Si dice che prega per i credenti perché li spinge a pregare …
Li fa dunque pregare con gemiti ineffabili ispirando il desiderio di quel gran bene ancora sconosciuto che attendiamo con pazienza.
Come potremmo descrivere l'oggetto dei nostri desideri, mentre non lo conosciamo ancora?
Certo, se l'ignorassimo completamente non potremmo desiderarlo; e se lo contemplassimo non dovremmo più desiderarlo o cercarlo con gemiti.
Agostino, Lettera 130, 27-28 ( a Proba )
Se uno, in questo mondo, si trova ad esser molto ricco e possiede un tesoro nascosto, per mezzo di questo e dei suoi beni, è in grado di ottenere tutto ciò che desidera.
Confidando nelle proprie ricchezze, costui, senza alcuna fatica, può arraffare tutto quanto, nel mondo, lo attragga, dal momento che, con i mezzi di cui dispone, gli è facile farsi padrone di tutto ciò che vuole.
Similmente coloro i quali, in primo luogo e al di sopra d'ogni altra cosa, chiedono a Dio e trovano ed entrano in possesso del celeste tesoro dello Spirito, cioè del Signore stesso, che splende nei loro cuori ( 2 Cor 4,6 ) otterranno, grazie al tesoro che risiede in loro, vale a dire Cristo, tutta la ricchezza che promana dalle virtù e dalla realizzazione dei precetti del Signore, mentre accumuleranno, con l'aiuto di Cristo, i beni celesti.
Costoro, infatti, in virtù del celeste tesoro e confidando nelle proprie ricchezze spirituali, agiscono con giustizia e rettitudine, ottemperando senza alcuna difficoltà, per opera dei beni invisibili che risiedono in loro, a ogni comandamento del Signore.
Avverte, infatti, l'Apostolo stesso: Portiamo questo tesoro in vasi di creta ( 2 Cor 4,7 ), intendendo parlare di quel valore di cui sono stati ritenuti degni alcuni, pur vivendo ancora nella carne: cioè della potenza santificatrice dello Spirito.
E ancora: Colui che, da parte di Dio, è divenuto, a nostro beneficio, sapienza e giustizia e santificazione e redenzione ( 1 Cor 1,30 ).
Chiunque, pertanto, abbia trovato e possieda in se stesso questo celeste tesoro dello Spirito, grazie ad esso compie ogni cosa secondo la giustizia e la virtù ispirate dai comandamenti, lontano da ogni imperfezione e sottraendosi a qualsiasi rimprovero, agevolmente e senza alcuno sforzo.
Imploriamo, dunque, e scongiuriamo anche noi il Signore, perché ci elargisca il tesoro del suo Spirito: solo così, infatti, saremo in grado, con il soccorso di quella ricchezza celeste, che è il Cristo stesso, di comportarci in conformità a tutti i comandamenti di Dio, senza macchia né biasimo, adempiendo, con purezza e perfezione, a ogni istanza di giustizia che promani dallo Spirito.
A questo mondo, infatti, il povero, il mendicante e, in genere, chi è perseguitato dalla fame, non riesce a procurarsi nulla, oppresso com'è dalla miseria.
Chi detiene un capitale, invece, come abbiamo già rilevato, può ottenere, senza sforzo e con la massima facilità, tutto ciò che gli piaccia.
Così anche l'anima, allorché rimane nuda e priva dell'unione con lo Spirito, è costretta a subire la dura povertà del peccato.
In tali condizioni, sino al momento in cui non sia divenuta nuovamente partecipe dello Spirito, essa, per quanto si sforzi, non può produrre un solo frutto che derivi dalla giustizia dello Spirito.
Occorre allora che ognuno chieda insistentemente al Signore di esser giudicato degno di conseguire e trovare il celeste tesoro dello Spirito, riuscendo così a ottemperare, con facilità e irreprensibilmente, a tutti quei divini precetti che, sino ad ora, senza il necessario aiuto, non era stato in grado di adempiere.
Il povero, infatti, rimanendo nudo e privato dell'unione con lo Spirito, come può conseguire, senza il tesoro e le ricchezze spirituali, questi beni celesti?
L'anima invece che, attraverso la ricerca dello Spirito, la fede e una grande pazienza, ha trovato il Signore, cioè l'autentico tesoro, produce, senza alcuno sforzo, i frutti dello Spirito, adempiendo fino in fondo e nella maniera più perfetta, nel suo intimo e per opera sua, tutta la giustizia e i comandamenti del Signore ordinati dallo Spirito.
Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 18,1-3
Lo Spirito Santo geme in noi, perché fa gemere noi.
Non è cosa da poco che lo Spirito ci insegna a gemere: ci fa capire così che siamo pellegrini, ci insegna a sospirare verso la patria, e per questo desiderio ci fa gemere.
Chi invece si trova bene in questo mondo, o meglio crede di starvi bene, chi esulta nelle cose della carne e nell'abbondanza dei beni terreni, e della felicità menzognera, costui ha la voce di un corvo; e il corvo gracchia, non geme.
Ma colui che conosce il peso opprimente della natura mortale e sa di peregrinare lontano dal Signore e di non possedere ancora quella beatitudine eterna che ci è stata promessa ( la possiede con la speranza, ma l'avrà realmente quando il Signore, dopo la sua venuta nel nascondimento dell'umiltà, verrà nella luce della sua gloria ), colui che sa tutto questo, geme.
E finché geme per questo, santamente geme: è lo Spirito che gli insegna a gemere, dalla colomba ha imparato a gemere.
Perché molti, infatti, gemono a causa dell'infelicità terrena, perché squassati dalla sfortuna, o gravati oltre ogni modo dalle malattie, perché chiusi in carcere, o avvinti in catene, o sbattuti dai flutti del mare; circondati dalle invidie dei loro nemici, gemono.
Ma non gemono, costoro, con il gemito della colomba, non gemono per amore di Dio, non gemono nello Spirito.
Perciò, appena liberati da tutte queste tribolazioni, niente sarà più rumoroso della loro gioia, lasciando vedere che sono corvi, non colombe.
Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 6,2
Quando una persona ricca ha in animo di offrire un banchetto allestito con ogni sfarzo, non fa altro che spendere una parte dei suoi beni e del suo capitale, senza alcun timore di rimetterci troppo, visto l'ammontare delle sue cospicue ricchezze; ed ecco, allora, che i suoi invitati possono allietarsi del lusso e della grandiosità, mentre viene loro offerta ogni sorta di vivande.
Chi è povero, invece, privo com'è di tutto, se vuole offrire un pasto a qualcuno, è costretto a domandare ogni cosa in prestito: stoviglie, vestiti e tutto il resto.
Poi, dopoché gli invitati hanno concluso la cena in loro onore, il padrone di casa, come suole accadere nei convivi di povera gente, restituisce, a ciascuno di coloro che glieli avevano prestati, le stoviglie d'argento, gli abiti e tutti gli altri ornamenti.
Dopo aver reso ogni cosa, costui rimane povero e nudo, non possedendo nulla di proprio che possa rendergli l'esistenza più sopportabile.
Allo stesso modo, coloro che sono ricchi di Spirito Santo e, per il fatto d'aver realmente conseguito le ricchezze celesti, sono intimamente congiunti allo Spirito, se rivelano a qualcuno parole di verità, comunicandogli un insegnamento spirituale, e se si dedicano a ristorare le anime, possono farlo con i loro stessi mezzi, con quel tesoro, cioè, che possiedono nel loro intimo.
Con tali ricchezze essi rinfrancano le anime di quanti sono disposti ad ascoltare il loro insegnamento spirituale, senza temere di rimanerne privi: essi possiedono in loro stessi, infatti, il celeste tesoro della bontà, dal quale prendono spunto i loro discorsi e con il quale ristorano coloro che si nutrono del cibo spirituale.
Al contrario, il povero che non possiede le ricchezze del Cristo né ottiene, nella propria anima, quell'aiuto spirituale in grado di produrre copiosamente discorsi e opere buone, pensieri divini e misteri ineffabili; costui, dico, benché nutra il desiderio di pronunciare parole di verità e aspiri sinceramente a recar ristoro a quanti gli prestano ascolto, non realizza tuttavia l'insegnamento divino secondo la virtù e nella verità, giacché espone e proferisce soltanto discorsi che si possono trovare in qualsiasi scritto ovvero che ha già ascoltato, a sua volta, dalla bocca di altri uomini spirituali.
Mentre, perciò, appare come se sia lui a confortare gli altri, in realtà sono soltanto le parole che egli dice a recar loro beneficio.
Una volta che costui, infatti, abbia concluso il suo discorso, ciascuna parola da lui pronunciata ritorna nel luogo donde era stata plagiata, mentre egli, alla fine, rimane povero e nudo, non possedendo, per sé, il tesoro dello Spirito, con il quale dedicarsi ad aiutare e confortare gli altri.
Egli per primo, dunque, non riceve conforto alcuno né esulta di gioia nello Spirito ( Lc 10,21 ).
Anzitutto, perciò, conviene che noi chiediamo a Dio, con tutto il nostro cuore e la nostra fede, ch'egli ci conceda di trovare le sue ricchezze: potremo così ottenere nei nostri cuori, grazie alla potenza e all'efficacia dello Spirito, l'autentico tesoro del Cristo.
In tal modo, dopo esserci guadagnati la salvezza e la vita eterna, cioè il Signore, saremo poi in grado di aiutare, con la nostra capacità e le nostre forze, anche gli altri, traendo, dal tesoro del Cristo che risiede dentro di noi, i più validi ammaestramenti spirituali e l'illustrazione dei misteri celesti.
Così, infatti, è piaciuto alla buona volontà del Padre: abitare presso chiunque creda in lui e gli rivolga la propria preghiera.
Pseudo-Macario, Omelie spirituali, 18,4-6
Siamo certi, fratelli, che ciascuno ha lo Spirito Santo nella misura in cui ama la Chiesa di Cristo.
Infatti, come dice l'Apostolo, lo Spirito Santo è dato « per essere manifestato ».
E come? Così dice ancora l'Apostolo: A uno è concesso per mezzo dello Spirito il linguaggio della sapienza, all'altro il linguaggio della scienza secondo quello stesso Spirito, a un altro la fede mediante lo stesso Spirito, a un altro Il dono delle guarigioni in virtù di quest'unico Spirito, a un altro ancora il potere di operare miracoli grazie allo stesso Spirito ( 1 Cor 12,8-10 ).
In effetti molti doni vengono dati per essere manifestati, ma forse tu non hai nessuno di questi doni di cui ho parlato.
Se ami, quello che possiedi non è poco: se infatti ami l'unità, tutto ciò che in lei è posseduto da qualcuno, lo possiedi tu pure.
Bandisci l'invidia e sarà tuo ciò che è mio; e se io bandisco l'invidia, è mio ciò che possiedi tu.
Il livore separa, la sanità riunisce.
Solo l'occhio, nel corpo, ha la facoltà di vedere: ma è forse per sé solo che l'occhio vede?
No, egli vede per la mano, per il piede e per tutte le altre membra: se infatti il piede sta per urtare in qualche ostacolo, non accade certo che l'occhio si volga altrove, evitando di prevenirlo.
Solo la mano agisce nel corpo, ma forse essa agisce solo per sé?
No, agisce anche per l'occhio: infatti, se sta per arrivare qualche colpo, che ha di mira non la mano, ma soltanto il volto, dice forse la mano: « Non mi muovo, perché il colpo non è diretto a me »?
Così il piede, camminando, serve tutte le membra; le altre membra tacciono, e la lingua parla per tutte.
Abbiamo dunque lo Spirito Santo, se amiamo la Chiesa: e l'amiamo se ci manteniamo inseriti nella sua unità e carità.
Infatti lo stesso Apostolo, dopo aver detto che agli uomini sono stati dati doni differenti, così come vengono distribuiti compiti diversi alle membra del corpo, continua dicendo: Ma vi indicherò una via di gran lunga migliore ( 1 Cor 12,31 ) e comincia a parlare della carità.
Antepone la carità alle lingue degli uomini e degli angeli, la preferisce ai miracoli della fede, alla scienza e alla profezia: la mette perfino prima di quelle grandi opere di misericordia che consistono nel donare tutto ciò che si ha ai poveri; la preferisce da ultimo anche al martirio del corpo.
A tutti questi grandi doni antepone la carità.
Abbi dunque la carità e avrai tutto, perché - qualsiasi cosa tu possa avere - senza di essa nulla potrà giovarti.
E per provare che la carità, di cui stiamo parlando, si riferisce allo Spirito Santo, ascolta l'Apostolo che dice: « La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato » ( Rm 5,5 ).
Agostino, Commento al Vangelo di san Giovanni, 32,8
Per quanto la Chiesa universale di Dio sia ordinata in gradi distinti in modo che l'integrità del suo corpo sussiste per membra diverse, tuttavia tutti noi, come dice l'Apostolo, siamo una cosa sola in Cristo ( 1 Cor 12,13 ): nessuno è tanto staccato dall'ufficio altrui che qualsiasi per quanto umile parte non sia intimamente connessa al capo.
Nell'unità della fede e del battesimo, dunque, la nostra unione è indistinta, o carissimi, e la nostra dignità è comune, come ci ripete la voce santissima del beatissimo apostolo Pietro: E voi, come pietre viventi, venite usati nella costruzione di abitazioni spirituali, di un sacerdozio santo, offrendo ostie spirituali accette a Dio per Gesù Cristo ( 1 Pt 2,5 ), e in seguito: Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo riscattato ( 1 Pt 2,9 ).
Tutti coloro che sono stati rigenerati in Cristo, il segno della croce li rende re e l'unzione dello Spirito Santo li consacra sacerdoti; così, oltre allo speciale servizio del nostro ministero, tutti coloro che sono cristiani nello spirito, nel profondo, riconoscano d'essere di stirpe regia e di partecipare all'ufficio sacerdotale.
Cos'è più regale, infatti, di un animo che impera sul proprio corpo, nella soggezione a Dio?
E cos'è più sacerdotale che offrire al Signore una coscienza pura, offrirgli vittime immacolate di devozione sull'altare del cuore?
Leone Magno, Sermoni, 4
Le creature in cui apparve lo Spirito Santo non furono certo assunte come fu assunta la carne, la forma umana di Cristo, nata dalla vergine Maria.
E neppure lo Spirito beatificò la colomba o il soffio di vento o il fuoco, né li strinse a sé in unione e possessione eterna; altrimenti la natura dello Spirito Santo sarebbe mutabile e trasformabile, se quei fenomeni non si fossero compiuti per cambiamento delle creature, ma egli stesso si fosse convertito prima in una e poi in un'altra, come l'acqua in ghiaccio.
Esse apparvero invece quando al momento opportuno dovettero apparire: la creatura è al servizio del Creatore e al cenno di lui, che resta immutato in se stesso, si muta e si trasforma per simboleggiarlo e mostrarlo presente, perché per i mortali è opportuno simboleggiarlo e mostrarlo presente.
Perciò, quantunque quella colomba venga detta « Spirito » ( Mt 3,16 ) e parlando del fuoco la Scrittura dica: Apparvero loro lingue come di fuoco, distinte, che si posero su ciascuno di loro; e cominciarono a parlare varie lingue come lo Spirito concedeva loro di esprimersi ( At 2,3-4 ) e ciò per sottolineare che sia il fuoco, sia la colomba attestavano la presenza dello Spirito, non possiamo perciò affermare che lo Spirito Santo sia Dio e colomba, oppure Dio e fuoco, come affermiamo che il Figlio è Dio e uomo.
Neppure come diciamo che il Figlio è agnello di Dio, non solo per l'espressione di Giovanni Battista: Ecco l'agnello di Dio ( Gv 1,29 ), ma anche per la visione dell'agnello ucciso apparsa a Giovanni evangelista nell'Apocalisse ( Ap 5,6 ), poiché questa visione profetica non apparve agli occhi del corpo in forme corporee, ma allo spirito, in spirituali immagini di corpi.
Quella colomba e quel fuoco, invece, furono visti materialmente con gli occhi, da chiunque poté osservarli.
É vero che si può discutere se il fuoco fu visto con gli occhi o in spirito, per il tenore delle parole ad esso riferentisi.
La Scrittura infatti non dice: « videro lingue come di fuoco separate », ma: « apparvero loro ».
Ora, non è con lo stesso senso che usiamo dire « mi appare », e « ho visto ».
Infatti, nelle visioni spirituali di immagini corporee si dice, di solito, « mi è apparso », e non « ho visto »; in ciò invece che si rivela agli occhi per esplicita specie corporea, non si usa dire « mi è apparso », ma « ho visto ».
Riguardo al fuoco si può dunque discutere in che modo sia stato visto, o interiormente, in spirito, benché proiettato all'esterno, oppure esteriormente, di presenza, con gli occhi della carne.
Ma riguardo alla colomba, di cui si dice che scese in forma corporea, nessuno ha mai dubitato che non sia stata vista con gli occhi.
E neppure nel senso in cui diciamo che il Figlio è pietra - sta scritto infatti: e la pietra era Cristo ( 1 Cor 10,4 ) -, possiamo dire che lo Spirito Santo è colomba o fuoco.
La pietra infatti esiste già nel creato e in base a una particolare azione il suo nome viene attribuito a Cristo, che essa significa; così la pietra che Giacobbe pose sotto il capo, e che poi unse e considerò segno del Signore ( Gen 28,18 ).
Così Cristo era Isacco, quando portava la legna per il proprio sacrificio ( Gen 22,6 ).
In queste realtà, alla loro esistenza si unì un'azione simbolica; non vennero improvvisamente all'esistenza e solo per fungere da simbolo, come la colomba e il fuoco.
Questi mi sembrano più simili alla fiamma che apparve a Mosè nel roveto e alla colonna che il popolo seguiva nel deserto, e ai fulgori, ai tuoni verificatisi quando sul monte veniva data la legge.
L'immagine corporea di tali realtà, infatti, venne all'esistenza solo per fungere da simbolo, e poi se ne passò.
É dunque per queste forme corporee che esistettero brevemente per simboleggiarlo e mostrarne la presenza in modo adatto ai sensi umani, che si dice che anche lo Spirito Santo è stato mandato.
Ma non viene detto inferiore al Padre, come viene detto il Figlio per la sua forma di servo, poiché quella forma di servo aderì all'unità della sua persona, mentre quei fenomeni sensibili apparvero solo temporaneamente per far conoscere ciò che conveniva, e poi cessarono.
Agostino, La Trinità, 2,11-12
In virtù dello Spirito Santo noi otteniamo il perdono dei nostri peccati; per opera sua, siamo purificati da tutte le impurità; attraverso la sua mediazione diveniamo, con la grazia che da lui ci proviene, da uomini angeli.
Noi, pertanto, non mutiamo affatto la nostra natura umana, ma ci accade qualcosa di ancor più straordinario: pur conservando la nostra dimensione di sempre, partecipiamo tuttavia anche della condizione angelica.
A tal segno è la potenza dello Spirito Santo!
Allo stesso modo come il fuoco, bruciando l'argilla, la trasforma in un corpo duro e resistente, non diversamente opera il fuoco dello Spirito Santo: allorché, infatti, esso discende in un'anima buona, questa diviene più salda del ferro, anche se fino a quel momento è apparsa più molle dell'argilla, e l'anima che fino a poco innanzi era ricoperta da tutto il sudiciume dei peccati viene resa da esso più splendente del sole.
Giovanni Crisostomo, Omelia sulla santa Pentecoste, 1
« Mirabile è il Signore nei suoi santi » ( Sal 68,36 )
É veramente grande e mirabile, e a nessun uomo noto se non a quelli solo che l'hanno esperimentato, ciò che il Signore con ineffabile liberalità elargisce ai suoi fedeli posti ancora in questo vaso di corruzione …
Non vi è uomo alcuno infatti che anche solo per la stessa grandezza del creato non riconosca la meraviglia delle opere di Dio.
Del resto, ciò che ogni giorno egli opera e dona ai suoi santi, ciò che infonde abbondantemente in loro per sua speciale munificenza, nessuno lo conosce se non l'anima che ne gode; nel segreto della sua coscienza è essa giudice singolare di tali benefici, e in modo però che non solo non gli è dato di esporli a parole, ma neppure di abbracciarli col senso e il pensiero quando, togliendosi da quel fervore infiammato, ritorna alla vista di queste cose materiali e terrene.
Chi non ammira in sé le opere del Signore, vedendo che la voracità insaziabile del suo ventre, la dispendiosa ed esiziale sfrenatezza della sua gola sono in lui represse tanto che a malincuore e raramente egli si decide ad assumere perfino il cibo, in poca quantità e vilissimo?
Chi non si stupisce per le opere di Dio, sentendo che il fuoco delle passioni, prima addirittura ritenuto da lui connaturato e inestinguibile, si è tanto raffreddato da non sentirsi mai stimolato neppure da un semplice movimento carnale?
Come non tremerà ognuno per la forza del Signore, vedendo che uomini, una volta feroci e truculenti, che gli stessi ossequi più umili dei sudditi eccitavano all'ira più furente, li vede ora trasformati e divenuti tanto mansueti, che non solo nessuna ingiuria più li turba, ma ne godono persino con somma magnanimità?
Chi non si stupisce per le opere di Dio proclamando con tutto l'affetto: Ho conosciuto che grande è il Signore ( Sal 135,5 ), quando vede se stesso, o qualcun altro, trasformato da rapace a liberale, da prodigo a continente, da superbo a umile, da molle e raffinato a duro e trascurato, sì da preferire la povertà e la mancanza di beni terreni?
Sono proprio queste le mirabili opere di Dio che in modo speciale l'anima del profeta, e dei suoi simili, ammira stupefatta con lo sguardo di una contemplazione mirifica.
Questi sono i prodigi che lui pose sulla terra, che lo stesso profeta, considerando e contemplando, chiama tutti i popoli ad ammirare, dicendo: Venite e vedete le opere di Dio, i prodigi da lui posti sulla terra; togliendo di mezzo le guerre sino ai confini della terra, spezzerà l'arco, infrangerà le armi e brucerà gli scudi nel fuoco ( Sal 46,9-10 ).
Quale prodigio può essere maggiore che mutarsi, all'improvviso, da pubblicani rapaci in apostoli, che trasformarsi da persecutori crudeli in predicatori pazientissimi del vangelo, tanto da propagare con la stessa effusione del proprio sangue la fede che si perseguitava?
Queste sono le opere di Dio che il Figlio dichiara di compiere ogni giorno insieme con il Padre, dicendo: Il mio Padre opera tuttora, e anch'io opero ( Gv 5,17 ) …
Tralasciando di parlare delle segrete, nascoste operazioni di Dio, che ogni momento l'anima di tutti i santi sente compiere in se stessa, di quella celeste infusione di letizia spirituale, per cui l'animo abbattuto viene sollevato a quei misteriosi rapimenti del cuore, alla consolazione di gaudi ineffabili e incredibili, che talvolta, quando siamo immersi in torpore ignavo, ci svegliano come da un sonno profondo e ci spingono a un'orazione tutta piena di fervore …
In tutto ciò, quanto più la mente avrà raggiunto una purezza raffinata, in modo tanto più sublime contemplerà Dio, ed esperimenterà dentro di sé un'ammirazione sempre maggiore della sua capacità di parlare o di esporre la sua esperienza a parole.
Come infatti chi non ha esperienza non riesce a percepire interiormente la potenza di tale letizia, così chi ne ha non riesce ad esprimerla a parole: come se qualcuno volesse spiegare il sapore del miele a chi non l'ha mai gustato; certamente né questi comprenderà con le orecchie la dolcezza che non ha mai percepito col gusto, né quegli potrà manifestare a parole il sapore che ha allietato il suo gusto.
É necessario che per conoscenza propria gusti tale dolcezza e, esperimentandone la bontà, l'ammiri silenziosamente in se stesso.
La stessa cosa accade a colui che ha meritato di pervenire a quello stato di virtù di cui abbiamo parlato.
Egli contemplando nel silenzio della mente tutto ciò che il Signore opera con grazia particolare, in coloro che gli appartengono, infiammato dalla stupefatta considerazione di tutto ciò, esclamerà con intimo affetto del cuore: Sono mirabili le tue opere, o Dio, e la mia anima le conosce assai! ( Sal 139,14 ).
E questa è l'opera mirabile di Dio: che un uomo di carne abbia rinnegato, pur restando nella sua carne, gli affetti carnali, e pur nel grande mutamento di cose e di eventi si mantenga sempre nell'identica pace dello spirito, sopportando ogni cambiamento.
Giovanni Cassiano, Conferenze, 12,12-13
Dio ha voluto che la presenza dello Spirito Santo fosse testimoniata da questo prodigio: chi lo aveva ricevuto parlava tutte le lingue …
Fratelli carissimi, dobbiamo sapere che, grazie allo Spirito Santo, l'amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori ( Rm 5,5 ).
E poiché l'amore doveva unificare la Chiesa di Dio in tutto il mondo, il dono di parlare tutte le lingue, che un tempo era dato anche a un solo uomo che avesse ricevuto lo Spirito Santo, ora è dato a tutta la Chiesa, una in se stessa, unificata dallo Spirito.
Allora, se qualcuno ci viene a dire: « Hai ricevuto lo Spirito Santo: perché non parli tutte le lingue? », dobbiamo rispondere: « Ma è appunto quel che sto facendo, dato che appartengo al corpo stesso di Cristo che è la Chiesa, e che parla tutte le lingue ».
Che cosa dunque Dio ha voluto significare, con la presenza dello Spirito Santo, se non che la sua Chiesa avrebbe parlato tutte le lingue?
Si è compiuto così quello che il Signore aveva promesso: Nessuno mette … del vino nuovo in otri vecchi …, ma vino nuovo in otri nuovi così che l'uno e gli altri si conservino ( Mt 9,17 ).
Per questo, sentendo parlare tutte le lingue, alcuni dicevano: Costoro sono pieni di vino ( At 2,13 ).
Infatti essi erano ormai diventati degli otri nuovi, rinnovati dalla grazia santificante.
Pieni del vino nuovo che è lo Spirito Santo parlavano con ardore tutte le lingue, per essere segno, mediante quel miracolo così evidente, della Chiesa futura, che sarebbe stata cattolica per l'universalità dei popoli e delle lingue …
Fratelli, celebrate allora questo giorno, consapevoli di essere le membra dell'unico corpo di Cristo.
E non lo celebrerete invano, se siete ciò che celebrate: strettamente congiunti con quella Chiesa che il Signore ha riempito di Spirito Santo e fatto crescere in tutto il mondo, riconoscendola come sua e facendosi riconoscere da lei; così lo sposo non si separa dalla propria sposa, e nessuno può sostituirgliela con un altra.
A voi infatti che, sparsi nelle diverse nazioni, siete la Chiesa di Cristo, a voi, membra di Cristo, a voi, corpo di Cristo, sposa di Cristo, l'apostolo dice: Sopportatevi a vicenda con amore, sforzandovi di conservare l'unità dello spirito nei vincolo della pace ( Ef 4,2-3 ).
Notate: ha comandato di sopportarci a vicenda, e in questo ha fatto consistere la carità fraterna; ha parlato di speranza di unità, e in questo ha indicato il vincolo della pace.
Questa è la casa di Dio, fabbricata con pietre vive, dove ama abitare questo incomparabile padre di famiglia, il cui sguardo non deve essere offeso dalla rovina della divisione.
Fulgenzio di Ruspe, Discorsi, 8,2-3
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