Teologia dei Padri

Indice

Il celibato

1. - Astenersi dalle passioni

Solo uno fu privo di passioni sin dall'inizio: il Signore, l'amico degli uomini, che per noi si è fatto uomo.

Tutti quelli che si studiano di rendersi simili all'immagine da lui offerta, si sforzano di liberarsi dalle passioni con l'ascesi.

Chi sente la passione ma la domina, se ne libera, come la vedova che per la sua castità diviene vergine.

É questo il premio della vera gnosi, voluto dal Salvatore e Maestro: astenersi dal male e dedicarsi alle opere buone, con cui si raggiunge la salvezza.

Come gli apprendisti vengono mantenuti da chi insegna loro l'arte, così il vero cristiano illuminato riceve dalla sua conoscenza la vita spirituale e si salverà.

Ma chi non vuole allontanare dall'anima la passione, uccide se stesso.

É evidente dunque che il vero nutrimento è la gnosi e la mancanza di nutrimento è l'ignoranza dell'anima.

Sono le anime dei veri gnostici che il Vangelo ha paragonato alle sacre vergini, le quali aspettavano il Signore.

Sono vergini, perché si astengono dai vizi; aspettano il Signore nell'amore e accendono la loro lucerna contemplando la realtà, e sono anime prudenti perché dicono: « Noi desideriamo, o Signore, di accogliere te alla fine; siamo vissute come tu hai comandato e non abbiamo omesso nulla di ciò che hai ordinato, per questo ti preghiamo di adempiere le tue promesse.

Ti chiediamo ciò che è utile, perché non conviene chiedere a te ciò che è più bello, e riceveremo da te tutto ciò che ci giova, anche se le prove che tu ci mandi ci sembrassero troppo gravi: ce le presenta la tua economia di salvezza per esercitarci nella costanza ».

Clemente Alessandrino, Stromata, 7,72

2. - I verdi prati della verginità

Da quando Cristo il Signore, nascendo da una vergine, ha onorato la verginità, verdeggiano i prati della verginità e offrono fiori profumati e immarcescibili al loro Creatore, che non fa distinzione fra sesso maschile e femminile e non ripartisce la virtù in due classi di uomini.

É distinzione solo dei corpi, non delle anime.

Infatti, secondo il divino Apostolo: In Cristo Gesù non c'è né maschio né femmina ( Gal 3,28 ) e vi è una sola fede data ai maschi e alle femmine, come è detto: Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti che è sopra tutto, per tutto e in tutto.

Perché a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo ( Ef 4,5-5 ).

E anche un solo regno è stato fissato dal sommo arbitro per coloro che vincono: il premio della lotta è uguale per tutti i combattenti.

Teodoreto di Ciro, Storia monastica, 30

3. - Verginità e matrimonio

« Come mai - mi si dice - tu raccomandi di non sposarsi? ».

Perché sono convinto che la verginità è preferibile al matrimonio, non per questo ritengo il matrimonio qualcosa di cattivo, anzi, lo lodo vivamente.

É un porto di castità per chi vuole usarne degnamente, e non permette l'infuriare della natura.

Opponendo i rapporti legittimi quasi come scogli, contro cui si infrangono i flutti della passione, ci pone e ci conserva in una grande pace.

Ma vi sono alcuni che non hanno bisogno di questo rimedio: imbrigliano l'infuriare della natura con i digiuni, le veglie, il dormire sul terreno e le altre opere di mortificazione.

A costoro do il consiglio di non sposarsi, pur non impedendoglielo.

Fra questo e quello vi è una grande differenza, che è identica alla differenza che c'è tra la costrizione e la libera elezione.

Chi dà un consiglio, lascia l'altro libero di seguire o no ciò che consiglia; chi invece proibisce, gli toglie tale facoltà.

Del resto, se do questo consiglio, non disprezzo certo le nozze, né condanno chi il mio consiglio non segue; tu invece che discrediti le nozze dicendole peccaminose e ti arroghi il posto del legislatore, non del consigliere, è chiaro che hai in odio chi non ti ascolta; non così io: ammiro quelli che si sono impegnati per questa battaglia, non accuso quelli che restano fuori dalla contesa.

Solo allora si può giustamente accusare, quando si impugna ciò che è inequivocabilmente male; ma chi ha raggiunto una virtù inferiore e non ne consegue una maggiore, se non è da lodare e da ammirare come chi è di lui più forte, non è giusto però accusarlo.

Come si può dire che mi oppongo al matrimonio io che non accuso gli sposati?

Mi oppongo all'impudicizia e all'adulterio, non certo alle nozze.

Quelli che osano commettere tali colpe io castigo, ed espello dalla comunità ecclesiale; ma quelli che si sposano, se vivono nella debita castità, non cesso di lodarli.

Si ottengono così due vantaggi: primo, che non si condanna l'opera di Dio; secondo, che non si spoglia la verginità della sua gloria, anzi la si mostra in tutto il suo splendore.

Infatti chi condanna le nozze priva la verginità della sua gloria; invece chi le loda, rende la verginità più ammirabile e luminosa.

Ciò che appare bello solo al paragone col male, non è poi eccessivamente bello; ma ciò che è meglio di quello che tutti ritengono bene, è certamente bello in grado superlativo: ciò noi insegniamo riguardo alla verginità.

Di questo privilegio la spogliano invece quelli che condannano le nozze; quelli che, all'opposto, non vedono in esse nessun male, applaudono non tanto alle nozze, quanto proprio alla verginità.

Così è del corpo: riteniamo bello quello che eccelle non sui corpi storpi, ma su quelli integri e proporzionati.

Il matrimonio è buono: proprio per questo è mirabile la verginità, che è superiore a qualcosa di buono; superiore come il nocchiero lo è nei confronti dei marinai, come lo è il condottiero nei confronti del soldato.

Ma se togli a una nave i rematori, la mandi a fondo e se allontani i soldati dalla guerra, dai il loro condottiero in mano ai nemici; così nel nostro caso: se abbassi il matrimonio dalla sua altezza, tradisci la gloria della verginità e la riduci a una situazione di inferiorità estrema.

La verginità è bella: d'accordo; è migliore del matrimonio: anche in questo convengo.

E se vuoi, aggiungo anche come è di quello migliore: come il cielo e migliore della terra, come gli angeli lo sono degli uomini; anzi, se devo esprimermi con forza, ancora di più: gli angeli infatti se non prendono né moglie né marito, tuttavia non sono impastati di sangue e carne, non hanno la loro dimora su questa terra, non sentono l'oppressione delle passioni, non hanno bisogno di cibo o di bevanda né un dolce canto può affascinarli né uno splendido viso o qualcos'altro può piegarli.

Come nel pieno meriggio si può contemplare il cielo puro, libero da ogni nube, così anche la loro natura, non turbata da passione alcuna, è sempre necessariamente limpida e risplendente.

Eppure il genere umano, tanto inferiore per natura a quegli spiriti beati, impiega tutte le sue forze per rendersi simile con l'impegno personale a quelli.

In che modo? Gli angeli non prendono moglie né marito: ma neppure la vergine.

Gli angeli sono sempre alla presenza di Dio e lo servono; così anche la vergine.

Per questo, Paolo le vuole libere da ogni preoccupazione: perché siano sollecite, libere dalle distrazioni ( 1 Cor 7,34 ).

E se non possono come quelli salire lassù in cielo perché sono aggravate dalla carne, tuttavia anche in ciò hanno una grande consolazione: hanno in sé lo stesso padrone dei cieli, se sono pure di corpo e di spirito.

Vedi che privilegio ha la verginità!

Fa sì che chi vive sulla terra si comporti come quelli che stanno nei cieli; non permette che chi è circondato dal corpo venga vinto dagli spiriti incorporei; conduce gli uomini a emulare gli stessi angeli!

Giovanni Crisostomo, La verginità, 9-11

3a. - La vita monastica

Nulla mi sembrava più grande di questo: far tacere i propri sensi, uscire dalla carne e dal mondo, raccogliersi in se stesso, non occupandosi più delle cose umane, se non delle strettamente necessarie; parlare con se stesso e con Dio, condurre una vita che trascende le cose visibili; portar nell'anima immagini divine sempre pure, senza mescolanza di forme terrene ed erronee, essere veramente uno specchio immacolato di Dio e delle cose divine, e divenirlo sempre più prendendo luce da luce, con la più oscura attingendo alla più splendente: godere, nella speranza presente, il bene futuro e conversare con gli angeli; avere già lasciato la terra pur stando in terra, trasportati in alto con lo spirito.

Gregorio di Nazianzo, Apologia per la sua fuga, 2,7

EMP O-13. - Le qualità dell'abate

L'abate deve ricordare sempre quel che è e come viene chiamato, sapendo che si esige di più da colui al quale si è affidata maggiore responsabilità.

Occorre che si renda conto esattamente della difficoltà e delicatezza del compito che si è assunto di guidare le anime e di adattarsi, con spirito di servizio, alle diverse necessità di molti …

Dopo essere stato eletto, l'abate pensi sempre quale peso si è assunto; pensi a chi dovrà rendere conto del suo governo e sappia che « deve » giovare più che dominare.

Per questo bisogna che sia dotto nella legge di Dio, per sapere da quale fonte attingere « il nuovo e il vecchio ».

Integro, sobrio, comprensivo, faccia sempre in modo che la misericordia la vinca sulla giustizia: e allora anche lui otterrà di essere trattato nella stessa maniera.

I vizi li dovrà odiare, ma i fratelli li ami sempre.

Anche quando si tratterà di correggere, lo faccia con prudenza e moderazione, perché non succeda che a voler raschiare troppo la ruggine si rompa il vaso.

Consideri sempre con diffidenza la sua fragilità e si ricordi che la canna incrinata non bisogna spezzarla.

Non diciamo con questo che debba tollerare il rafforzarsi dei vizi, ma che deve eliminarli con prudenza e carità, nel modo che giudicherà utile per ciascuno in particolare.

E si sforzi di essere amato piuttosto che temuto.

Starà attento a non diventare causa di agitazione, a non essere inquieto, pignolo, ostinato, geloso e troppo facile al sospetto, perché non avrebbe mai pace.

Nei suoi ordini sia previdente e assennato: tanto nelle cose di Dio che negli affari temporali, si comporti con discernimento e moderazione, tenendo presente la discrezione del patriarca Giacobbe che diceva: Se faccio camminare troppo i miei greggi, mi morranno tutti in un giorno ( Gen 33,13 ).

In base a questo e ad altri esempi, suggeriti dalla discrezione che è madre delle virtù, disporrà tutto in modo che i forti possano desiderare di più e i deboli non si scoraggino.

Regola di san Benedetto, 2,1-2; 64,7-19

4. - La vita verginale si custodisce con l'operosità

Tutti i giovani e le vergini che per il regno dei cieli hanno sinceramente stabilito di consacrarsi alla verginità assoluta, devono essere degni del regno dei cieli sotto ogni riguardo.

Non si giunge al possesso di questo regno né con l'eloquenza né con la fama, lo splendore, la nobiltà; e neppure con la bellezza del corpo, la forza o la longevità; ma lo si rapisce con l'operosità della fede, dando cioè prova della propria fede con le opere.

Le opere che promanano dalla fede, infatti, testimoniano che l'individuo è veramente giusto, veramente fedele, ricco di una grande fede, di una fede perfetta, di una fede che raggiunge Dio, di una fede che riluce nelle opere, affinché il Padre di tutti, attraverso Cristo, sia glorificato.

Coloro dunque che per amore di Dio sono veramente vergini, sia uomini, sia donne, prestino orecchio a quello che lui dice: La misericordia e la verità non ti abbandonino mai; legale quasi intorno al tuo collo, e otterrai grazia e approvazione da parte di Dio e da parte degli uomini ( Pr 3,3-4 ).

Le vie dei giusti splendono come la luce, che si avanza e cresce fino al pieno giorno ( Pr 4,18 ).

E veramente tutte le creature, fin da quaggiù, vengono illuminate dallo splendore che rifulge dalle loro opere, perché sono davvero la luce del mondo, sorta per coloro che siedono nelle tenebre, affinché anch'essi si alzino e passino dalle tenebre alla luce delle buone opere sgorganti dal timore di Dio; e così si adempiranno le parole di Cristo: Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli ( Mt 5,16 ).

Dunque un uomo di Dio deve essere perfetto in ogni parola e in ogni azione, deve essere decoroso nel comportamento, compiendo tutto con onestà e ordine, eseguendo ogni atto nella giustizia, precisamente come conviene a un uomo di Dio.

I vergini dell'uno e dell'altro sesso offrono così un esempio mirabile di virtù ai fedeli presenti e futuri.

Tuttavia il solo nome di vergine, se mancano le buone opere, non fa entrare nel regno dei cieli, perché può salvarsi colui che è veramente fedele, mentre non lo può affatto chi è fedele soltanto di nome, mentre in realtà, sulla testimonianza delle sue opere, è infedele.

Dunque nessuno vi seduca con discorsi sciocchi ( Ef 5,6 ): l'uomo o la donna che porta il nome di vergine, non per questo ha messo in sicuro la propria salvezza, se non mostra opere piene di frutti, fulgide e conformi alla verginità.

Nel Vangelo, infatti, il Signore chiama stolta una simile verginità che, priva di olio e di luce, resta fuori, esclusa dal regno dei cieli, allontanata dalla gioia dello Sposo e annoverata tra i suoi nemici.

Di costoro sta scritto: Mostrano le apparenze della pietà, rinnegandone però la virtù ( 2 Tm 3,5 ); Si credono di essere qualcosa, mentre in realtà non sono nulla e ingannano se stessi; ma ciascuno esamini il suo operato ( Gal 6,3-4 ), e sappia riconoscere se stesso; si arroga una gloria indebita chi mena vanto della sua santa verginità, non assecondandola con le opere: è una verginità impura, perché priva di buone azioni: Ogni albero si riconosce dai frutti ( Lc 6,44 ).

Intendi quel che dico: il Signore te ne darà la piena comprensione ( 2 Tm 2,7 ).

Perciò, chiunque ha professato davanti al Signore di conservare la castità, deve cingersi di ogni virtù santa, divina; e se con vero timore di Dio e vera devozione avrà crocifisso la sua carne, saprà astenersi da quel che sta scritto: Crescete e moltiplicatevi ( Gen 1,28 ), e fuggirà insieme lo spirito di questo mondo, i suoi pensieri, desideri, diletti, ubriachezze, amori, sollazzi; fuggendo così i rapporti col mondo se ne terrà lontano anche dalle insidie, dalle reti e dagli inceppi.

Pseudo-Clemente, Lettera ai vergini, 2-3

5. - Significato del celibato

Si devono ammonire coloro che sono liberi dal vincolo coniugale, di osservare tanto più i precetti celesti, quanto meno il giogo dell'unione carnale li obbliga alle cure del mondo.

Coloro che non sono aggravati dal peso lecito del matrimonio non devono lasciarsi schiacciare dal peso illecito delle sollecitudini terrene, ma devono essere tanto più preparati all'ultimo giorno, quanto più liberi sono sulla via, perché se hanno la possibilità di dedicarsi a opere migliori, ma le trascurano, tanto più gravi saranno i supplizi che meriteranno.

Ascoltino l'Apostolo che, istruendo alcuni cristiani sulla grazia del celibato, non mostrò di disprezzare le nozze, ma rigettò le cure mondane derivanti dalle nozze.

Dice infatti: Lo dico a vostra utilità, non per tendervi un laccio: per esortarvi a ciò che è onesto e che dà la facoltà di servire al Signore senza impedimento ( 1 Cor 7,35 ).

Dal matrimonio, infatti, sgorgano molte sollecitudini terrene e per questo il maestro delle genti esorta i suoi discepoli a uno stato migliore: perché non siano inceppati dalle preoccupazioni mondane.

Chi dunque nel celibato non sa evitare le cure secolari, pur essendosi sottratto al matrimonio, non ne ha sfuggito il peso.

Si devono ammonire i celibi che non ritengano di potersi unire a donne libere senza subirne condanna.

Paolo infatti ha collocato il vizio della fornicazione tra i crimini peggiori, dei quali annuncia il castigo: Né i fornicatori né gli idolatri né gli adulteri né gli effeminati né i sodomiti né i ladri né gli avari né gli ubriaconi né i maldicenti né i rapaci possederanno il regno di Dio ( 1 Cor 6,9-10 ).

E ancora: I fornicatori e gli adulteri li giudicherà Dio ( Eb 13,4 ).

Si devono pertanto ammonire coloro che non sanno resistere alle tempeste della tentazione senza mettere a repentaglio la loro salvezza, di rifugiarsi nel porto del matrimonio; sta scritto infatti: É meglio sposarsi che bruciare ( 1 Cor 7,9 ).

Senza colpa alcuna, cioè, si rifugiano nella vita matrimoniale, se tuttavia non hanno ancora scelto uno stato migliore, perché chi si è proposto di abbracciare un bene maggiore, ha reso illecito il bene minore che prima gli era lecito.

Sta scritto infatti: Nessuno che metta la mano all'aratro e guardi indietro è atto per il regno dei cieli ( Lc 9,62 ).

Ora, chi ha diretto l'intenzione a una meta più alta guarda certamente indietro se abbandona i beni maggiori e ritorna ai beni inferiori.

Gregorio Magno, Regola pastorale, 3,27

6. - Ammonimento a non fidarsi troppo di sé

Chi può vantarsi di avere il cuore puro? ( Pr 20,9 ).

Neppure le stelle sono pure al cospetto di Dio; quanto meno gli uomini, la cui vita è una tentazione continua!

Guai a noi se ogni volta che la concupiscenza ci assale fornichiamo!

La mia spada - dice Dio - s'è inebriata nel cielo ( Is 34,5 ): molto più sulla terra; che genera triboli e spine.

Il « vaso d'elezione », attraverso la cui bocca parlava Cristo, macera il suo corpo e lo riduce schiavo; intanto si accorge che l'ardore naturale della carne va contro la sua intenzione: quello che non vuole si vede costretto a farlo!

E come uno che patisce violenza grida e dice: Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,24 ).

E tu credi di poter vivere senza cadute e senza ferite, se non custodisci con scrupolosa attenzione il tuo cuore?

Girolamo, Le Lettere, IV, 125,7 ( al monaco Rustico )

7. - Consigli ai monaci

Prima di ogni altra cosa s'addice all'uomo che si è imposto il giogo, che la sua fede sia salda, conforme a ciò che ti ho scritto nella prima lettera.

Sia poi applicato al digiuno e alla preghiera.

Sia fervente nell'amore per il Cristo.

Sia umile, mite, assennato.

La sua parola sia placida e soave; la sua mente pura verso ognuno.

Proferisca le sue parole a peso; fabbrichi una siepe alla sua bocca per salvarla dalle parole dannose.

Tenga lungi da sé la risata convulsa.

Non ami l'ornamento delle vesti; come nemmeno gli si conviene che faccia crescere o adorni la sua chioma, né gli sta bene ungersi d'oli profumati.

Non prenda posto a conviti, giacché non gli sta bene vestirsi d'indumenti adorni, né dev'essere temerario a eccedere nel vino.

Tenga lungi da sé il pensare superbo: perciò ancora non gli sta bene il badare a indumenti adorni, e neppure indossi palli.

Allontani da sé la lingua fraudolenta; rimuova da sé la gelosia e l'alterco, scacci via da sé le labbra fraudolente.

I discorsi proferiti contro qualcuno, mentre non è presente colui contro il quale sono proferiti, non stia egli ad ascoltarli né li accetti, affinché non pecchi: ciò sino a che non abbia egli investigato.

La beffa è un vizio odioso, e non è cosa conveniente anche solo che passi per la mente.

Non dia a frutto, né riceva interesse: non ami la cupidigia.

Sia egli oppresso, ma non opprima.

Allontani anche da sé l'adulazione.

Parole di scherzo non ne dica.

Non metta in burla colui che torna indietro dai propri peccati.

Non si faccia beffe del suo fratello che digiuna; ma neanche svergogni quello che non può digiunare …

Quando la sua parola sia ricevuta, parli: se no, stia in silenzio.

Non si avvilisca nelle sue richieste a motivo del suo ventre.

A colui che teme Dio riveli egli il proprio segreto, ma dal Maligno si guardi.

Contro un uomo Maligno non stia a ragionare, e neppure contro un suo nemico, sì da dover fare questione: e ciò affinché non abbia assolutamente alcun nemico.

Se in ciò che è decoroso si fa a gara con lui, aumenti egli il suo decoro, né sia leso da invidia.

Quando ha di che dare ai poveri, si rallegri: ma quando non ne ha, non si conturbi.

Con un uomo Maligno non tenga conversazione, e con un malfamato non parli, affinché non incorra egli pure in mala fama.

Con un bestemmiatore non stia a disputare, affinché non si maledica per sua cagione al suo Signore.

Dal calunniatore si tenga lontano.

Non cerchi l'uno d'ingraziarsi l'altro con la graziosità delle parole.

Queste cose s'addicono ai solitari, che hanno ricevuto il giogo celeste e sono discepoli del Cristo.

In tal modo infatti s'addice ai discepoli del Cristo d'imitare il Cristo loro maestro.

Afraate Siro, Trattati, 6,8

8. - Un esempio di vita verginale e matrimoniale

Si segnalò tanto nella castità e superò tutte le donne dei suoi tempi ( per non dire che superò le donne antiche che hanno tanta fama di pudicizia ) che - nei due stati in cui è divisa la vita di tutti, il matrimonio cioè e la verginità, di cui quest'ultima è più eccelsa e divina, ma più faticosa e pericolosa, e l'altro più umile, ma più sicuro - riuscì a evitare ciò che è negativo sia nell'uno sia nell'altro stato, ed elesse ciò che in ciascuno è più bello, fondendo insieme la sublimità dell'uno con la sicurezza dell'altro, e fu casta senza ombra di superbia.

Unì i vantaggi del matrimonio a quelli della verginità e mostrò che né questa e né quello legano completamente a Dio o al mondo, o viceversa dall'uno o dall'altro distolgono, e perciò né il matrimonio è assolutamente da fuggire per natura sua, né la verginità da lodare senza riserva alcuna.

É lo spirito che guida al bene il matrimonio come la verginità; sono come una materia che il Verbo, quale artista, plasma ottenendone la virtù.

Pur nell'unione carnale Gorgonia non fu divisa dallo Spirito; e pur avendo come capo un uomo, non ignorò il suo capo supremo.

Servì per un po' di tempo il mondo e la carne, quanto le permise la legge della carne, o meglio colui che ha dato questa legge alla carne, poi si consacrò tutta a Dio.

Ma il fatto più bello, più splendido, fu che conquistò a sé suo marito e da padrone brontolone ne fece un suo buon collaboratore.

E non solo, ma anche dei frutti del suo corpo - parlo cioè dei figli e dei nipoti - fece frutti dello spirito, e rese puri davanti a Dio tutti i suoi parenti, tutta la sua casa, come fossero un'anima sola.

Rese glorioso il suo matrimonio, per i bei frutti che ne portò e perché in esso piacque a Dio.

Finché visse fu per i suoi uno splendido esempio, e quando se ne partì lasciò la sua volontà quale silenziosa esortazione.

Gregorio di Nazianzo, Panegirico di sua sorella Gorgonia, 8

9. - Ambedue sono sante nel Signore, la maritata e la vergine

Se il matrimonio secondo la legge fosse peccato, non so proprio come uno potrebbe dire di conoscere Dio, sostenendo che la disposizione di Dio è peccato.

Ma, se la legge è santa ( Rm 7,12 ), anche il matrimonio è santo.

É un mistero che l'Apostolo mette in rapporto con Cristo e con la Chiesa: come chi è generato dalla carne è carne, così chi è generato dallo Spirito è Spirito ( Gv 3,6 ), e non solo se si tratta della procreazione, ma anche dell'insegnamento.

Così anche i figli sono santi ( 1 Cor 7,14 ), se il divino diletto delle parole del Signore sposa l'anima.

Vi è netta distinzione dunque tra le nozze e la fornicazione, proprio come il demonio è assai lontano da Dio.

E voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo per appartenere a un altro, a colui che è risorto da morte ( Rm 7,4 ).

Viene subito ascoltato, se siamo obbedienti: infatti attuando la legge obbediamo al Signore, che in essa da tempo ha espresso i suoi ordini.

Proprio in rapporto a certa gente, lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede per aderire a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di menzogneri bollati a fuoco nella loro coscienza, proibiranno il matrimonio e l'uso di certi cibi, creati da Dio per esser presi con rendimento di grazie dai fedeli e da quanti hanno conosciuto chiaramente la verità.

Ogni cosa creata da Dio è buona e niente è da rigettarsi di ciò che si assume con rendimento di grazie, perché è santificata dalla parola di Dio e dalla preghiera ( 1 Tm 4,1-5 ).

Ne consegue necessariamente che non si deve impedire di contrarre matrimonio, di mangiare carni o bere vino: sta scritto infatti: É bene non mangiare carne né bere vino, né altra cosa per la quale tuo fratello possa scandalizzarsi ( Rm 14,21 ); e: É bene restare come me ( 1 Cor 7,8 ); ma chi usa di questi beni lo faccia con riconoscenza, e chi non ne usa, anch'egli con riconoscenza ( 1 Tm 4,4 ), godendo con moderazione e vivendo secondo ragione.

In genere, tutte le lettere dell'Apostolo insegnano la castità e la temperanza e danno molte istruzioni circa le nozze, la procreazione dei figli, il governo della casa, ma non proibiscono mai il matrimonio onesto: salvando in pieno l'accordo fra la legge veterotestamentaria e il Vangelo, accettano l'uno e l'altro: chi usa con onestà del matrimonio, riconoscente a Dio, e chi vive in perfetta castità, come vuole il Signore: come ciascuno è stato chiamato e ha scelto senza sbagli e con perfezione …

Ma l'Apostolo dice: Chi è celibe, bada alle cose del Signore; chi invece è sposato, bada come piacere a sua moglie ( 1 Cor 7,32-33 ).

Ma allora? Non è possibile a quelli che, secondo il volere di Dio, cercano di piacere alla loro moglie, essere riconoscenti a Dio?

Non è possibile agli sposati prendersi a cuore, insieme con la consorte, gli interessi del Signore?

Ma come la donna non sposata si prende a cuore gli interessi del Signore, badando di essere santa nel cuore e nello spirito ( 1 Cor 7,34 ), così la sposata si prende a cuore, nel Signore, gli interessi del marito e quelli del Signore stesso, badando di essere santa nel corpo e nello spirito.

Ambedue infatti sono sante nel Signore, l'una come sposa, l'altra come vergine.

Per svergognare e trattenere coloro che sono proclivi alle seconde nozze giustamente l'Apostolo dice a gran voce: Ogni peccato è fuori del corpo; ma il lussurioso pecca contro il proprio corpo ( 1 Cor 6,18 ).

Se qualcuno ha il coraggio di chiamare lussuria le nozze, bestemmia intendendo quasi di correggere la legge veterotestamentaria e il Signore.

Come la brama smodata di possedere viene detta fornicazione, perché si oppone all'autosufficienza, e come l'idolatria è un pascersi in molti dèi abbandonando il solo Dio, così la fornicazione è il cadere da un solo matrimonio in molti.

In tre modi, come abbiamo detto, vengono intese dall'Apostolo, dunque, la fornicazione e l'adulterio.

Di questi peccati dice il profeta: Per le vostre colpe siete stati venduti; e ancora: Si è corrotto in una terra straniera ( Is 50,1 ).

Ritiene scellerata l'unione a un corpo estraneo, ma non certo l'unione al corpo di colei che col matrimonio viene data all'individuo perché possa aver figli.

L'Apostolo dice anche: Voglio che le vedove più giovani si risposino, abbiano figli e badino alla casa, per non dare all'avversario l'occasione di biasimarle.

Qualcuna già infatti se n'è andata dietro Satana ( 1 Tm 5,14 ).

Chiaramente dunque egli ammette che ogni uomo abbia una donna, sia presbitero, sia diacono, sia laico, purché la sua vita matrimoniale sia incensurata ( 1 Tm 3,2-7 ).

Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 86,1-88,2.3

10. - Fatica e molestia della vera verginità

Pensi di abbracciare la verginità, fratello?

Hai soppesato abbastanza quanta fatica e quanta molestia porta con sé?

É necessario camminare continuamente al cospetto di Dio e non allontanarsi mai dalla sua presenza.

Si deve essere preoccupati degli interessi del Signore, come piacere a Dio, come essere santi di corpo e di spirito.

Sai proprio bene quanto la verginità debba essere splendente, e ciò nonostante ad essa ti consacri?

Ti è nota, ti è chiara la via che desideri seguire?

Conosci perfettamente ciò che la santa verginità prescrive?

Sei dunque un atleta tanto forte e allenato, da mostrare di gareggiare rettamente nello stadio, e di entrare in questa palestra, corroborato dalla forza dello Spirito Santo, in modo da raggiungere il premio della vittoria, cioè la sorte beata nella Gerusalemme celeste?

Se dunque desideri di percorrere la via e raggiungere il traguardo di questa vocazione, vinci il tuo corpo; doma gli appetiti della carne, soggioga il mondo con lo Spirito di Dio, disprezza le vanità passeggere e caduche, perverse e instabili di questo mondo.

Vinci il drago, vinci il leone, vinci il serpente, vinci Satana e resta in Cristo Gesù, reso forte dalla sua dottrina e dalla divina eucaristia.

Prendi la tua croce e segui colui che ti ha lavato, Gesù Cristo, tuo Signore.

Resta fedelmente in gara fino al traguardo, senza timori, ma con ferma fiducia nell'avvento del Signore nostro Gesù Cristo, perché tu possa conseguire in Cristo Gesù il premio della vocazione superna.

Chi, nutrito dalle parole della fede, resterà imperterrito fino alla fine in questo stadio, otterrà certissimamente la corona riservata per la verginità: per una grande opera si riserva una grande ricompensa.

Sai bene e comprendi quanta gloria abbia in sé la purezza?

Sai quale lode sublime, straordinaria, si serbi per la verginità?

La santa Vergine portò nel suo seno il Figlio di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo; dalla santa Vergine egli assunse il suo corpo che destinò, in questo mondo, ai dolori e alle pene.

Per questo motivo, almeno, sia chiara alla tua mente l'eccellenza, la dignità della verginità.

Vuoi essere cristiano? Segui tutte le orme di Cristo.

Giovanni [ il Precursore ] fu un angelo: al Signore nostro si addiceva un tale precursore, di cui non vi fu maggiore tra i nati di donna.

E quel santo angelo del Signore fu vergine.

Imita dunque questo nunzio del Signore, e ama lui al di sopra di tutto.

Anche l'altro Giovanni, che riposò sul petto del Signore, fu santo: non fu senza motivo, infatti, che il Signore lo degnò della sua predilezione.

E abbracciarono questa via anche Paolo, Barnaba e Timoteo, i cui nomi sono scritti nel libro della vita ( Fil 4,3 ); dedicandosi con tutto l'affetto dell'animo a questo tipo di santità, combatterono la stessa battaglia, condussero a termine senza demerito la gara, da imitatori di Cristo, come figli del Dio vivente.

La Scrittura ci insegna lo stesso di Elia, di Eliseo e di molti altri patriarchi, la cui condotta fu immacolata.

Se dunque desideri imitare costoro, imitali con forza.

Sta scritto infatti: Ricordatevi dei vostri predecessori e considerando l'esito del loro tenore di vita, imitatene la fede ( Eb 13,7 ).

Pseudo-Clemente, Lettera ai vergini, 5-6

11. - Non basta non sposarsi per essere vergine

Non è possibile per una donna avviluppata nelle preoccupazioni della vita e tutta distratta da quelle, essere assidua al servizio di Dio dato che tutto il suo impegno e tutto il suo tempo sono divisi in mille cure: il marito, la casa e tutto il resto che il matrimonio comporta con sé.

« E allora - si dice - nel caso in cui una vergine lavori molto e abbia molte preoccupazioni? ».

Non sia mai questo! Con ciò stesso la escluderesti dal coro delle vergini: non basta non sposarsi per essere vergine, ma è necessaria anche la purezza dell'anima; e per purezza intendo non solo essersi liberata dalle passioni turpi e vergognose, dalla vanità e dalla curiosità, ma essersi anche liberata dalle preoccupazioni mondane.

E se ciò non v'è, che vantaggio reca la purezza del corpo?

Nulla è più vergognoso per il soldato che gettare le armi e frequentare le taverne, così nulla è più indegno delle vergini che essere tutte prese dalle preoccupazioni terrene.

Le cinque di cui parla il Vangelo portavano con sé la lampada e avevano conservato la castità, ma ciò nulla giovò loro: furono chiuse le porte, esse rimasero fuori e andarono perdute.

La verginità è magnifica proprio per il motivo che toglie ogni pretesto di preoccupazioni inutili e consacra tutto il suo tempo alle opere divine; ma se non ottiene ciò, vale molto meno del matrimonio, perché porta le spine nell'anima e soffoca il seme celeste.

Giovanni Crisostomo, La verginità, 76-77

12. - La retta valutazione della verginità e delle nozze

Il Creatore di tutti sa che diversi sono i sentimenti dei singoli; e così ha provocato con i premi la disposizione, non ha legato la debolezza con i vincoli.

Lo sa anche il dottore delle genti, buon auriga dei nostri costumi, e per così dire reggitore dei sentimenti interiori, che aveva imparato da se stesso che la legge del corpo fa guerra alla legge dell'anima ( Rm 7,23 ); tuttavia sa, dico, che essa cede alla grazia di Dio e che diversi assalti interiori fanno guerra e perciò né ha portato tanto avanti l'esortazione all'integrità così da ridurre a nulla la grazia delle nozze: né così ha dato la preferenza al matrimonio, da estinguere il desiderio della verginità.

Ma cominciando dal desiderio di persuadere alla continenza, è disceso fino ai rimedi dell'incontinenza e, dopo aver mostrato ai più forti il premio della vocazione più alta, tuttavia non ha voluto che nessuno venisse meno per via: approvando i primi in maniera da non disprezzare anche quelli che vengono dopo: infatti anche lui aveva imparato che il Signore Gesù ad alcuni diede un pane d'orzo perché non venissero meno per via, ad altri diede il suo corpo, perché si affrettassero al regno.

Né il Signore stesso ha imposto un precetto, ma ha incitato la volontà: né l'Apostolo ha stabilito un precetto: ma ha dato un consiglio.

Ma riconosce che questo non è consiglio umano che sia alla portata delle forze umane: riconosce che a lui è stato conferito il dono della misericordia divina; per saper preferire con fedeltà le cose più importanti, e disporre convenientemente le inferiori.

Dice dunque: Stimo, non stabilisco ma stimo, che sia cosa buona per la necessità presente ( 1 Cor 7,26 ).

Dunque l'unione coniugale non è da evitarsi come colpa, ma da deporsi come soma di necessità.

Infatti la legge ha legato la moglie, così che generi figli negli affanni e nella tristezza, ed essa si volga all'uomo, perché egli la domini.

Dunque ai travagli e ai dolori per la generazione dei figli è votata la maritata, non la vedova: e al potere dell'uomo soggiace solo la sposata non la vergine.

Da tutte queste cose è libera la vergine, che ha giurato il suo affetto al Verbo di Dio, che attende lo Sposo della benedizione con le fiaccole, avendo acceso il lume della buona volontà.

É dunque spinta dai consigli, non legata dai vincoli.

Ambrogio, Le vedove, 13,79-81

13. - Chi è vergine non deve innalzarsi al di sopra dei coniugati

Si devono ammonire coloro che non conoscono i peccati della carne che, pur ritenendo la verginità superiore al matrimonio, non si innalzino al di sopra dei coniugati: devono preferire la verginità, ma posporre se stessi; non abbandonino ciò che stimano migliore, ma custodiscano se stessi per non gonfiarsi vanamente.

Si ricordi loro di riflettere che per lo più l'attività dei secolari è una condanna per la vita dei celibi, perché quelli affrontano opere maggiori al loro stato, e questi non eccitano il loro intimo al di là del loro grado.

Per questo dice bene il profeta: Arrossisci, o Sidone, dice il mare ( Is 23,4 ).

Dalla voce del mare Sidone è svergognata quando, al confronto della vita dei secolari, quasi fluttuanti in questo mondo, viene condannata la vita di chi sembra più stabile e difeso.

Non pochi tornando al Signore dopo i peccati della carne si mostrano tanto più ardenti nelle opere buone, quanto più si sentono aggravati di colpa.

E spesso alcuni che permangono nell'integrità della carne, non vedendo di aver nulla da piangere, pensano che basti ad essi l'innocenza della loro vita, e nessuno stimolo li infiamma al fervore dello spirito.

E per lo più la vita ardente di amore dopo la colpa è più gradita a Dio che l'innocenza, ma tiepida nella sua sicurezza.

A questo proposito la voce del Giudice proclama: Le sono rimessi molti peccati, perché molto ha amato ( Lc 7,47 ); e: Vi sarà gioia in cielo per un peccatore che fa penitenza, più che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza ( Lc 15,10 ).

Fatto che constatiamo anche dalle nostre abitudini, se soppesiamo i nostri intimi giudizi: amiamo il terreno dissodato che, dopo le spine, produce messi abbondanti, più di quello che non fu mai ricoperto di spine ma che, nonostante la cura, produce un raccolto stentato.

Si devono dunque ammonire coloro che non conoscono i peccati della carne di non preferire se stessi, per l'altezza del loro stato, non sapendo quanto più di essi operino coloro che vivono in uno stato inferiore.

All'esame del giudice giusto la qualità delle azioni fa mutare il merito dello stato.

Chi non sa, per usare delle immagini, che di sua natura il carbonchio è più prezioso del giacinto?

Tuttavia il colore ceruleo del giacinto lo fa preferire al pallido carbonchio; a quello ciò che non gli concede la natura, gli dona invece la bellezza dell'aspetto; a questo ciò che concede la nobiltà della natura, è tolto invece dalla deficienza di colore.

La stessa cosa capita agli uomini: alcuni in uno stato superiore, sono peggiori, e altri, nello stato inferiore, sono migliori, perché questi con la loro vita trascendono i limiti del loro stato, mentre quelli non compiendo opere buone, diminuiscono il merito del loro stato.

Gregorio Magno, Regola pastorale, 3,28

14. - Il matrimonio e la continenza

Gli umili servi di Cristo che desiderano servire al loro Signore senza impedimento e senza occupazioni nocive all'anima, non desiderano sposarsi e si astengono dalle carni e dal vino, per quanto la loro salute lo permette.

Non perché sia peccato avere un coniuge o gustare vino e carni, dato che il beato Apostolo dice: Ogni creatura di Dio è buona e non si deve rigettare nulla di ciò che si assume con rendimento di grazie: è santificato infatti dalla parola di Dio e dall'orazione ( 1 Tm 4,4-5 ).

Dio stesso istituì tra i primi uomini il matrimonio, e lo benedisse; perciò l'Apostolo dice: Siano in tutto tenute in onore le nozze e il talamo immacolato ( Eb 13,4 ).

Perciò i servi di Dio, astenendosi dalla carne e dal vino, non ne rifuggono come da realtà immonde, ma si danno a un genere di vita più puro, ed evitando il matrimonio, non ritengono colpa la benedizione delle nozze, ma sono convinti che il giogo della continenza è migliore delle nozze di per sé buone: e questo tanto più in quanto è detto, della continenza: Chi può capire, capisca ( Mt 19,12 ), e delle nozze, invece: Chi non sa contenersi si sposi ( 1 Cor 7,9 ).

In un passo si eleva l'esortazione alla virtù, nell'altro si propone il rimedio alla debolezza.

Perciò, dovendosi sempre curare la malattia, se qualcuno sarà privato del primo matrimonio può, se vuole, contrarre un secondo e un terzo matrimonio, e non ne avrà colpa se li osserverà nella castità, cioè se lui e lei, legittimamente sposati, conservano la fedeltà reciproca e né lui si unisce ad altre donne oltre a sua moglie, né lei si unisce ad altri uomini oltre a suo marito.

E se in ciò vi fosse qualche eccesso coniugale, vi sarà qualche colpa, ma solo veniale, purché non si violi il letto legittimo.

Ma ciò vale di chi non ha mai votato continenza a Dio.

Peraltro chi si è evirato per il regno dei cieli e nel suo cuore ha votato continenza a Dio, sarà condannato, secondo la sentenza dell'Apostolo, non solo se si macchierà della colpa mortale di fornicazione, ma anche se vorrà maritarsi o prender moglie, per essere venuto meno alla parola data ( 1 Tm 5,12 ).

Come è giusto infatti, secondo la sentenza dell'Apostolo ( 1 Cor 7,3 ), che la moglie renda il suo debito al marito e il marito alla moglie e che chi si sposa non pecca e se la vergine sposa non pecca, così parimenti, secondo il detto dello stesso Apostolo, chi in cuor suo, senza nessuna costrizione ma nella piena libertà della propria volontà, avrà votato continenza a Dio, deve custodirla con tutto l'impegno del suo intimo sino alla fine, per non essere condannato per esser venuto meno alla parola data.

Similmente gli uomini e le donne sposati, se di mutuo consenso avranno votato a Dio continenza perenne, sappiano di essere obbligati al loro voto e non devono unirsi nella carne, come era loro prima lecito, ma devono offrire a Dio la continenza che gli hanno votata.

Poiché allora ciascuno entrerà nel possesso del regno dei cieli promesso ai santi, se - dimenticando ciò che gli sta dietro e protendendo se stesso a ciò che gli sta davanti - secondo la parola dei salmi: Votate e rendete al Signore Dio vostro ( Sal 76,12 ), di ciò che ritiene lecito e conosce vantaggioso per una vita migliore, fa voto di cuore, e lo osserva con prontezza, e nel voto che rende a Dio progredisce continuamente con sforzi più intensi.

A chiunque infatti fa voti a Dio e gli rende ciò che vota, anche Dio renderà i premi del regno celeste che ha promesso.

Fulgenzio di Ruspe, Regola della vera fede, 3,43-44

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