Summa Teologica - I

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Articolo 12 - Se Dio possa conoscere infinite cose

In 1 Sent., d. 39, q. 1, a. 3; C. G., I, c. 69; De Verit., q. 2, a. 9; q. 20, a. 4, ad 1; Quodl., 3, q. 2, a. 1; Comp. Theol., c. 133

Pare che Dio non possa conoscere infinite cose.

Infatti:

1. L'infinito, in quanto tale, è inconoscibile, poiché l'infinito, al dire di Aristotele [ Phys. 3,6 ], è « ciò da cui si può sempre prendere qualcosa, oltre alla quantità già presa ».

E a sua volta S. Agostino [ De civ. Dei 12,18 ] dice che « tutto ciò che si abbraccia mediante la conoscenza viene delimitato dalla mente di chi conosce ».

Ora, cose infinite non possono essere delimitate.

Quindi non possono essere comprese dalla scienza di Dio.

2. Se uno rispondesse che le cose in se stesse infinite sono finite per la scienza di Dio, replichiamo: L'essenza dell'infinito è di essere impertransibile, del finito invece di essere pertransibile, come dice Aristotele [ Phys. 3,4 ].

Ma l'infinito non può essere attraversato né dal finito né dall'infinito, come egli dimostra [ Phys. 6,7 ].

Quindi l'infinito non può essere finito per il finito, e neppure per l'infinito.

E così gli infiniti non sono finiti [ neppure ] per la scienza di Dio, che è infinita.

3. La scienza di Dio è la misura delle cose conosciute.

Ma è contro la natura dell'infinito che esso sia misurato.

Quindi l'infinito non può essere conosciuto da Dio.

In contrario:

S. Agostino [ De civ. Dei 12,18 ] dice: « Benché non vi sia un limite per i numeri infiniti, tuttavia essi non sfuggono a colui la cui scienza è senza limiti ».

Dimostrazione:

Siccome Dio conosce non soltanto le cose che attualmente esistono, ma anche quelle che può fare lui o la creatura, e siccome queste sono infinite, come si è detto [ a. 9 ], è necessario dire che Dio conosce infinite cose.

E sebbene la scienza di visione, che si occupa soltanto delle cose che sono o che saranno o che sono state, non abbia per oggetto infinite cose, come alcuni dicono, - poiché non ammettiamo che il mondo sia esistito dall'eternità, né che la generazione e il moto debbano durare in perpetuo, il che moltiplicherebbe gli individui all'infinito -, tuttavia, se si considera la cosa con più diligenza, dobbiamo dire che Dio anche con la scienza di visione conosce infinite cose.

E la ragione è che Dio conosce i pensieri e gli affetti dei cuori, che si moltiplicheranno all'infinito, dal momento che le creature razionali dureranno senza fine.

Ecco il motivo.

La conoscenza di ogni soggetto conoscente si estende secondo la modalità della forma che è in esso principio della conoscenza.

Infatti la specie sensibile, che è nel senso, non è immagine che di un solo individuo, e quindi con essa non si può conoscere che un solo individuo.

La specie intelligibile del nostro intelletto rappresenta invece la cosa quanto alla sua natura specifica, la quale può essere partecipata da infiniti individui: per cui il nostro intelletto, mediante la specie intelligibile di uomo, conosce in certo qual modo un numero infinito di uomini.

Non li conosce, però, in quanto si distinguono tra loro, ma secondo che convengono nella natura specifica; e ciò avviene perché la specie intelligibile del nostro intelletto non rappresenta gli uomini quanto ai principi individuali, ma solo quanto ai principi specifici.

L'essenza divina invece, mediante la quale l'intelletto divino conosce, è immagine rappresentativa adeguata di tutte le cose che esistono o possono esistere non solo quanto ai principi universali, ma anche quanto ai principi propri di ciascuna, come si è dimostrato [ a. prec. ].

Per conseguenza la conoscenza di Dio si estende a un'infinità di oggetti anche in quanto si distinguono gli uni dagli altri.

Analisi delle obiezioni:

1. La nozione di infinito si riferisce alla quantità, come dice il Filosofo [ Phys. 1,2 ].

Ma rientra nell'essenza della quantità l'avere parti ordinate.

Per cui conoscere l'infinito secondo il modo proprio dell'infinito è conoscere una parte dopo l'altra; e in questa maniera l'infinito non può essere conosciuto, poiché qualunque sia il numero delle parti prese, se ne possono sempre prendere altre.

Ma Dio non conosce in questo modo l'infinito o le cose infinite, quasi numerando una parte dopo l'altra: egli infatti conosce tutti gli esseri simultaneamente, e non successivamente, come si è detto sopra [ a. 7 ].

Quindi nulla impedisce che egli conosca oggetti infiniti.

2. L'attraversare implica il portarsi successivamente su varie parti: quindi l'infinito non può essere attraversato né dal finito né dall'infinito.

Per avere invece la comprensione basta l'adeguazione [ o capacità di proporzionare a sé una data cosa ]: poiché si dice compreso quell'oggetto di cui nulla resta al di fuori di chi lo comprende.

Quindi non è contro la natura dell'infinito l'essere compreso dall'infinito.

E così ciò che è infinito in sé può essere finito per la scienza di Dio nel senso che vi è compreso; non però nel senso che ne sia attraversato.

3. La scienza di Dio è la misura delle cose, non però quantitativa, che non esiste nelle cose infinite, bensì perché misura l'essenza e la verità delle cose: ogni essere, infatti, ha la verità della propria natura in quanto imita la scienza divina, come l'artefatto in quanto concorda con l'arte.

Supposto ora che vi siano degli esseri numericamente infiniti, p. es. infiniti uomini, o degli esseri infiniti per estensione, come l'aria, secondo l'opinione degli antichi filosofi, tuttavia è evidente che essi avrebbero l'essere determinato e finito, poiché il loro essere sarebbe limitato a certe nature determinate.

Quindi sarebbero misurabili secondo la scienza di Dio.

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