Summa Teologica - I |
Supra, q. 3, a. 3; In 1 Sent., d. 34, q. 1, a. 1; In 3 Sent., d. 6, q. 2, a. 2, ad 2
Pare che in Dio l'essenza e la persona non siano la stessa cosa.
1. In tutte le realtà in cui l'essenza si identifica con la persona o supposito non vi può essere che un unico soggetto per ogni natura, come è evidente in tutte le sostanze separate.
Se infatti abbiamo cose che nella realtà sono identiche fra di loro, non se ne può moltiplicare una senza che si moltiplichi anche l'altra.
Ora in Dio, come risulta da quanto si è detto sopra [ q. 28, a. 3; q. 30, a. 2 ], vi è un'unica essenza e tre Persone.
Quindi l'essenza non si identifica con la persona.
2. In uno stesso soggetto l'affermazione e la negazione non possono essere simultaneamente vere.
Ora in Dio, quanto all'essenza e alle persone, l'affermazione e la negazione sono simultaneamente vere: infatti le persone sono distinte, mentre l'essenza non è distinta.
Quindi la persona e l'essenza non si identificano.
3. Nulla sottostà a se stesso.
Ma la persona sta sotto all'essenza, tanto che viene detta supposito, o ipostasi.
Perciò la persona e l'essenza non si identificano.
S. Agostino [ De Trin. 7,6.11 ] afferma: « Quando noi parliamo della persona del Padre non parliamo di altro che della sostanza [ o natura ] del Padre ».
Per chi considera la semplicità divina la soluzione del quesito è evidente.
Come infatti si è dimostrato sopra [ q. 3, a. 3 ], la semplicità divina richiede che in Dio la natura sia identica al supposito; il quale, nelle sostanze spirituali, non è altro che la persona.
Ma allora sorge l'obiezione di come sia possibile che le persone si moltiplichino mentre l'essenza conserva la sua unità.
Poiché dunque, secondo Boezio [ De Trin. 6 ], « la sola relazione dà origine alla trinità delle Persone », alcuni dissero che in Dio l'essenza e le persone differiscono tra loro allo stesso modo in cui dicevano che le relazioni erano assistenti, considerando in esse solo il rapporto al termine, e non la realtà.
Ma secondo quanto si è già visto [ q. 28, a. 2 ], come nelle creature le relazioni sono accidenti, così in Dio sono la sua stessa essenza.
Quindi in Dio l'essenza non differisce in realtà dalla persona; e tuttavia le persone differiscono realmente fra di loro.
Come infatti si è detto [ q. 28, a. 4 ], la persona significa la relazione come un sussistente nella natura divina.
Ora, la relazione rapportata all'essenza non differisce realmente, ma solo concettualmente; rapportata invece alla relazione opposta, in forza dell'opposizione, si distingue realmente.
E così si ha un'essenza e tre persone.
1. Nelle creature non ci può essere una distinzione di soggetti per semplici relazioni, non essendo queste sussistenti, ma questa deve provenire dai princìpi stessi dell'essenza.
In Dio invece le relazioni sono sussistenti: perciò possono, in quanto opposte tra loro, distinguere le persone.
Tuttavia non distinguono l'essenza: poiché neppure le relazioni stesse, in quanto si identificano realmente con l'essenza, si distinguono fra loro.
2. In Dio si può affermare dell'essenza quanto si nega della persona perché esse sono concettualmente distinte, e quindi vale per l'una ciò che non vale per l'altra.
3. Come si è già detto [ q. 13, a. 1, ad 2; a. 3 ], parlando di Dio facciamo uso di nomi tratti dalle realtà create.
Ora, l'essenza delle realtà create viene individuata mediante la materia che sta sotto la natura specifica, ed è per questo che i singoli esseri concreti sono detti soggetti, o suppositi, o ipostasi.
Ed è sempre per tale motivo che anche le persone divine sono dette suppositi o ipostasi, non perché in esse vi sia qualcosa che realmente stia sotto un'altra.
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