Summa Teologica - II-II |
C. G., III, c. 154; In Is., c. 3
Pare che la divinazione non sia un peccato.
1. Divinazione deriva da divino.
Ora, le cose divine dicono affinità con la santificazione piuttosto che col peccato.
Quindi la divinazione non è un peccato.
2. S. Agostino [ De lib. arb. 1,1 ] ha scritto: « Chi oserebbe dire che una disciplina è peccaminosa? ».
E ancora: « In nessun modo oserei dire che una qualsiasi intellezione possa essere cattiva ».
Ma stando al Filosofo [ De mem. et rem. 1 ] esistono discipline divinatorie.
Inoltre la divinazione si presenta come un'intellezione della verità.
Perciò la divinazione non è un peccato.
3. L'inclinazione naturale non può portarci al male: poiché la natura inclina sempre verso cose connaturali.
Ma gli uomini sono spinti a indagare il futuro, cioè alla divinazione, da un'inclinazione naturale.
Quindi la divinazione non è un peccato.
Nel Deuteronomio [ Dt 18,11 ] si legge: « Non ci sia tra voi chi consulti i maghi o gli indovini ».
E i Canoni [ Decr. di Graz. 2,26,51,2 ] stabiliscono: « Coloro che ricorreranno alla divinazione subiranno cinque anni di pena, secondo i vari gradi di punizione stabiliti ».
Nel termine divinazione è inclusa l'idea di predizione del futuro.
Ora, il futuro noi lo possiamo conoscere in due modi: primo, nelle sue cause; secondo, in se stesso.
Ma le cause stanno in tre rapporti con gli eventi futuri.
Infatti alcune producono i loro effetti sempre e in maniera necessaria.
E questi effetti futuri possono essere conosciuti in precedenza e predetti con certezza in base alla considerazione delle loro cause: come gli astronomi preannunciano con certezza le eclissi future.
Altre cause invece producono i loro effetti non in modo necessario e costante, bensì nella maggior parte dei casi, poiché talora non raggiungono l'effetto.
Ora, mediante queste cause si possono certamente conoscere gli eventi futuri, ma non con certezza, bensì in maniera congetturale: come gli astronomi mediante l'osservazione degli astri arrivano a sapere e a predire certe cose relative alla pioggia o alla siccità, e i medici predicono così la guarigione o la morte.
Ci sono infine alcune cause le quali, considerate in se stesse, sono indifferenti verso effetti contrari: e ciò capita specialmente per le facoltà di ordine razionale, le quali, come nota il Filosofo [ Met. 9, cc. 2,5,8 ], sono capaci di atti opposti.
E tali effetti, come pure quelli che derivano solo eccezionalmente dalle cause fisiche, non possono essere conosciuti in precedenza in base all'analisi delle loro cause: poiché appunto queste non hanno un'inclinazione determinata a tali effetti.
Perciò non è possibile conoscere in precedenza tali effetti se non osservandoli in se stessi.
Ma questo l'uomo è in grado di farlo solo quando essi sono presenti, come quando uno vede Socrate correre o camminare.
Considerare invece questi fatti in se stessi prima che avvengano è proprio solo di Dio, il quale nella sua eternità vede il futuro come presente, secondo le spiegazioni date nella Prima parte [ q.14, a. 13; q. 57, a. 3; q. 86, a. 4 ].
Da cui le parole di Isaia [ Is 41,23 ]: « Annunziate le cose che verranno in futuro, e conosceremo che siete dèi ».
Se quindi uno presume in qualsiasi modo di conoscere e di predire il futuro senza una rivelazione di Dio, usurpa evidentemente una prerogativa divina.
E per questo alcuni vengono detti divini, come spiega S. Isidoro nelle sue Etimologie [ 8,9 ]: « Sono detti indovini, o divini, come se fossero pieni di Dio: infatti essi fingono di essere ripieni della divinità, e con l'astuzia e la frode predicono alla gente il futuro ».
Perciò non si ha divinazione nel preannunziare cose che avvengono per necessità o nella maggior parte dei casi, e che possono essere preconosciute con la ragione umana.
E neppure nel conoscere per rivelazione divina certe cose future del tutto contingenti: perché allora l'uomo non divina, cioè non fa una cosa divina, ma piuttosto accoglie o riceve qualcosa di divino.
Si parla invece di divinare, o indovinare, quando uno usurpa ingiustamente la facoltà di predire il futuro.
Ora, questo è un peccato.
Quindi la divinazione è sempre un peccato.
E per questo S. Girolamo [ In Mich. 1, su 3,9 ] afferma che « la divinazione viene sempre intesa in senso cattivo ».
1. Il termine « divinazione » non deriva da una partecipazione ordinata a qualcosa di divino, bensì da una usurpazione ingiusta, come si è spiegato [ nel corpo ].
2. Certe discipline mirano a conoscere gli eventi futuri che avvengono in maniera necessaria o frequente, il che non appartiene alla divinazione.
Per conoscere invece gli altri eventi futuri non ci sono delle vere arti o discipline, bensì delle arti ingannevoli e vane, introdotte dalle astuzie del demonio, come afferma S. Agostino [ De civ. Dei 21,8; 5,7 ].
3. L'uomo ha un'inclinazione naturale a conoscere il futuro con i mezzi umani, non già a conoscerlo con i mezzi disonesti della divinazione.
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