Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 3 - Se la superbia risieda nell'irascibile

De Malo, q. 8, a. 3; De Virt., q. 1, a. 5, ad 10

Pare che la superbia non risieda nell'irascibile.

Infatti:

1. S. Gregorio [ Mor. 23,17 ] afferma: « L'orgoglio è un ostacolo alla conoscenza della verità: poiché mentre gonfia annebbia ».

Ma la conoscenza della verità non appartiene all'irascibile, bensì alla ragione.

Quindi la superbia non risiede nell'irascibile.

2. S. Gregorio [ Mor. 24,8 ] scrive che « i superbi non considerano la vita di coloro a cui dovrebbero con umiltà riconoscersi inferiori, ma quella di coloro a cui possono con superbia riconoscersi superiori »: quindi la superbia deriva da una considerazione sbagliata.

Ma il considerare non è dell'irascibile, bensì della ragione.

Perciò la superbia non è nell'irascibile, ma nella ragione.

3. La superbia non cerca l'eccellenza solo nelle realtà sensibili, ma anche in quelle spirituali e intelligibili.

Anzi, essa consiste principalmente nel disprezzo di Dio, poiché si legge nella Scrittura [ Sir 10,12 ]: « Principio della superbia umana è allontanarsi dal Signore ».

Ma l'irascibile, essendo una facoltà dell'appetito sensitivo, non può estendersi a Dio e alle realtà intelligibili.

Quindi la superbia non risiede nell'irascibile.

4. Si legge nelle Sentenze [ 294 ] di S. Prospero che « la superbia è l'amore della propria eccellenza ».

Ma l'amore non è nell'irascibile, bensì nel concupiscibile.

Quindi la superbia non è nell'irascibile.

In contrario:

S. Gregorio [ Mor. 2,49 ] mette in opposizione alla superbia il dono del timore.

Ma il timore risiede nell'irascibile.

Quindi la superbia è nell'irascibile.

Dimostrazione:

La sede di una virtù o di un vizio va ricercata partendo dall'oggetto proprio: poiché l'oggetto di un abito o di un atto non può essere diverso da quello della rispettiva facoltà.

Ora, l'oggetto proprio della superbia è l'arduo: essendo essa, come si è visto [ a. 1, ad 2; a. 2 ], il desiderio della propria eccellenza.

È quindi necessario che la superbia in qualche modo appartenga alla facoltà dell'irascibile.

Ma l'irascibile può essere preso in due sensi.

Primo, in senso proprio.

E così è una facoltà dell'appetito sensitivo: come l'ira presa in senso proprio è una passione dell'appetito sensitivo.

- Secondo, l'irascibile può essere preso in senso lato, così da estendersi anche all'appetito intellettivo, o volontà: alla quale talora si attribuisce anche l'ira, nel senso cioè in cui la si attribuisce a Dio e agli angeli, non certo come passione, ma come atto di giustizia.

Però questo irascibile in senso lato, come si è visto nella Prima Parte [ q. 59, a. 4; q. 82, a. 5 ], non è una facoltà distinta dal concupiscibile.

Se quindi l'arduo che è oggetto della superbia fosse soltanto qualcosa di ordine sensibile, oggetto dell'appetito sensitivo, bisognerebbe allora che la superbia risiedesse nella facoltà sensitiva dell'irascibile.

Poiché invece l'arduo che è oggetto della superbia abbraccia le realtà sensibili e quelle spirituali, si deve concludere che la sede della superbia non è solo l'irascibile in senso proprio, ossia la facoltà dell'appetito sensitivo, ma anche l'irascibile in senso lato, che abbraccia l'appetito intellettivo.

Infatti la superbia viene posta anche nei demoni.

Analisi delle obiezioni:

1. Ci sono due forme di conoscenza della verità.

L'una è puramente speculativa.

E questa viene ostacolata dalla superbia indirettamente, con la sottrazione della causa.

Infatti il superbo si rifiuta di sottomettere l'intelletto a Dio, privandosi di questa fonte di conoscenza, come si legge nel Vangelo [ Mt 11,25 ]: « Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti », cioè ai superbi, che sono sapienti e intelligenti ai loro occhi, « e le hai rivelate ai piccoli », cioè agli umili.

E neppure si degna di imparare dagli uomini, accettando il consiglio del Savio [ Sir 6,33 ]: « Se porgerai l'orecchio », ascoltando cioè con umiltà, « acquisterai il sapere ».

L'altra forma di conoscenza è affettiva.

E questa viene impedita dalla superbia direttamente.

Poiché i superbi, compiacendosi della propria eccellenza, disprezzano il valore della verità: i superbi infatti, dice S. Gregorio [ l. cit. ], « anche se afferrano certe verità divine, non sono in grado di gustarne la dolcezza; e anche se ne hanno la conoscenza, non ne gustano il sapore ».

Da cui le parole del Savio [ Pr 11,2 ]: « La saggezza è presso gli umili ».

2. Come si è detto [ q. 161, aa. 2,6 ], l'umiltà si adegua alla regola della retta ragione, che offre all'uomo la stima vera che deve avere di se stesso.

La superbia invece non rispetta tale regola, ma dà di se stessi una stima esagerata.

E ciò avviene per la brama smodata della propria eccellenza: poiché si crede facilmente ciò che ardentemente si desidera.

Dal che deriva poi che l'appetito aspiri a cose più alte del dovuto.

Per cui tutte le cose che servono a far sì che uno si stimi più di ciò che è possono indurre l'uomo alla superbia.

E una di queste è il considerare i difetti degli altri: mentre invece, come dice S. Gregorio [ l. cit. nell'ob. ], « i santi preferiscono gli altri a se medesimi, considerando le loro virtù ».

Da ciò non si può quindi concludere che l'orgoglio risiede nella ragione, ma solo che nella ragione si trova qualcuna delle sue cause.

3. La superbia non risiede solo nell'irascibile in quanto esso è una facoltà dell'appetito sensitivo, ma nell'irascibile inteso in senso lato, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

4. Come dice S. Agostino [ De civ. Dei 14, cc. 7,9 ], l'amore precede tutti gli altri affetti dell'anima, ed è la loro causa.

Esso può quindi valere per ogni altra passione.

E in base a ciò si dice che la superbia è l'amore della propria eccellenza, poiché dall'amore viene causata la presunzione peccaminosa di essere al disopra degli altri, il che è proprio della superbia.

Indice