Divorzio
Dal latino divertere ( separarsi ). Il termine indica propriamente lo scioglimento di un matrimonio validamente contratto quando sono ancora in vita i coniugi. Si distingue dalla separazione, che non implica la possibilità di nuove nozze, e dalla dichiarazione di nullità che è il riconoscimento che il vincolo coniugale non è mai esistito per la mancanza di alcune condizioni essenziali al suo costituirsi. Coloro che ammettono il divorzio lo giustificano o in base al venir meno dell'affetto reciproco tra i coniugi, identificando quindi affetto e amore coniugale, o in base ad alcune situazioni che renderebbero impossibile la continuazione del rapporto coniugale: incompatibilità di carattere, malattia, violenza ecc. L'Antico Testamento ( Dt 24,1-4 ) ammette il divorzio. Attribuendo questa ammissione alla "durezza del cuore" ( Mt 19,8 ), nel Nuovo Testamento Gesù ci riporta "all'inizio" ( Gen 2,24; Mt 19,4 ), al progetto originario di Dio sull'uomo e sulla donna, e rifiuta ogni possibilità di ripudio del proprio coniugo con successive nozze ( Mt 5,31-32 ). Per s. Paolo il matrimonio cristiano è il simbolo del rapporto indissolubile Cristo-Chiesa ( Ef 5,22-33 ). L'amore tenace e fedele di Dio per il suo popolo peccatore, manifestato in Cristo, è la verità intima di ogni unione coniugale. La Chiesa cattolica esclude la possibilità del divorzio, rifacendosi alle parole del Signore Gesù: "Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" ( Mt 19,6 ). I divorziati risposati restano, tuttavia, parte della Chiesa, sia pure in stato irregolare e quindi senza poter accedere all'eucaristia finché perdura la loro convivenza di tipo matrimoniale ( Familiaris consortio, 84 ). Il senso antropologico del rifiuto del divorzio è la fedeltà alla persona "nella buona e nella cattiva sorte", fedeltà che è indispensabile per un amore incondizionato al coniuge e agli eventuali figli. La posizione della Chiesa ortodossa e dei protestantiOrtodossi e protestanti affermano anch'essi, come i cattolici, che in
una visione di fede l'unione coniugale, sostanziata di dono e di Essi però, a differenza dei cattolici, non applicano all'unità della coppia la categoria dell'indissolubilità. Le Chiese protestanti sono per lo più favorevoli a una legislazione civile che autorizzi il divorzio e ne regoli le condizioni a tutela dei legittimi diritti dei coniugi e dei figli. Esse sono inoltre - in genere - disponibili a celebrare le seconde nozze di divorziati, dopo essersi accertate che ne sussistono le premesse morali e spirituali. La Chiesa ortodossa riammette, per misericordia, il coniuge innocente abbandonato al secondo e al terzo matrimonio, sia pure con una liturgia penitenziale. v. Adulterio; Amore; Famiglia; Matrimonio |
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Data la forma assoluta dei testi paralleli ( Mc 10,11s; Lc 16,18; 1 Cor 7,10s ), è poco verosimile che tutti e tre abbiano soppresso una clausola restrittiva di Gesù; è più probabile invece che uno degli ultimi redattori del primo vangelo l'abbia aggiunta per rispondere a una certa problematica rabbinica ( discussione tra Hillel e Shammai sui motivi che legittimano il divorzio ), evocata già dal contesto ( v 3 ), e che poteva preoccupare l'ambiente giudeo-cristiano per il quale egli scriveva. Si avrebbe dunque qui una decisione ecclesiastica di portata locale e temporanea, come fu quella del decreto di Gerusalemme riguardante la regione di Antiochia ( At 15,23-29 ). Il significato di porneia orienta la ricerca nella stessa direzione. Alcuni vogliono vedervi la fornicazione nel matrimonio, cioè l'adulterio, e trovano qui il permesso di divorziare in un caso simile; così le chiese ortodosse e protestanti. Ma in questo senso ci si sarebbe aspettati un altro termine, moicheia. Al contrario porneia, nel contesto, sembra avere il senso tecnico della zenut o « prostituzione » degli scritti rabbinici, riguardante qualsiasi unione resa incestuosa da un grado di parentela proibito secondo la legge ( Lv 18 ). Tali unioni, contratte legalmente tra i pagani o tollerate dagli stessi giudei nei confronti dei proseliti, hanno dovuto causare difficoltà, quando queste persone si sono convertite, in ambienti giudeo-cristiani legalisti come quello di Mt: da qui l'ordine di rompere tali unioni irregolari che poi erano solo falsi matrimoni. Un'altra soluzione ritiene che la licenza accordata dalla clausola restrittiva non sia quella del divorzio, ma della « separazione » senza seconde nozze. Una tale istituzione era sconosciuta al giudaismo, ma le esigenze di Gesù hanno richiesto più di una soluzione nuova e questa è già chiaramente supposta da Paolo in 1 Cor 7,11 |
Mt 19,9 |
Schedario biblico |
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Ripudio d'Israele | C 18 |
Indissolubilità del matrimonio | D 41 |
Poligamia - monogamia | F 48 |
Sposa di Cristo | C 32 |
v. Ripudio | |
Magistero |
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S. Congr. Fede - Recenzione della Comunione Eucaristica dei fedeli divorziati risposati - 14-9-1994 |
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Concilio Ecumenico Vaticano II |
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È una piaga | Gaudium et spes 47 |
Contrasta il consacrato amore coniugale | Gaudium et spes 49 |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
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La fedeltà dell'amore coniugale | 1650 |
Il divorzio | 2382ss |
Comp. 347; 349 | |
Compendio della dottrina sociale |
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Divorzio e relativismo nel legame coniugale | 225 |
Chiesa e cura dei divorziati risposati | 226 |