Evangelizzazione e testimonianza della carità |
12. - Tutta la storia della salvezza ci dice che "Dio è carità" ( 1 Gv 4,8.16 ): un Dio che sceglie, perdona, rimane fedele al suo popolo nonostante i tradimenti.
Un Dio, anzi, che per libero amore crea tutti gli uomini e il cosmo per renderli partecipi di una vita piena e definitiva.
Ma fino a che punto Dio è carità e quale carità Egli è, lo si scopre solo in Gesù Cristo e nella sua morte di croce per la salvezza degli uomini.
È il grande e lieto annuncio del Nuovo Testamento: "In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui.
In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" ( 1 Gv 4,9-10 ).
Perciò l'apostolo Paolo ha potuto riassumere tutta la sua evangelizzazione nell'espressione "la parola della croce" ( 1 Cor 1,18 ), che non dice il semplice fatto storico, ma l'evento compreso nel suo significato salvifico, nella sua potenza e nella sua sapienza, comunicate ai credenti perché la loro fede non si basi sulla sapienza umana ma sulla potenza di Dio ( 1 Cor 2,4 ).
13. - La croce è per molti "scandalo" e "follia", ma proprio la ragione del suo scandalo - l'amore gratuito, misericordioso e onnipotente di Dio per gli uomini - è per i credenti la ragione della sua potenza e della sua verità.
La croce ha due facce, l'apparente sconfitta e la vittoria, il Crocifisso e il Risorto.
Mostra tutta la malvagità e la miseria dell'uomo che non esita a condannare il Figlio di Dio innocente; ma anche tutta la profondità e l'efficacia del perdono di Dio.
L'ultima parola non è il peccato, ma l'amore!
Qui, e non altrove, va cercata la vera ragione della speranza cristiana, la lieta notizia che dà senso e spessore alla vita e alla storia, nonostante i fallimenti.
Ma è una lieta notizia che esige conversione.
Le folle - dice l'evangelista Luca narrando la passione - accorrono, guardano e ritornano "battendosi il petto" ( Lc 23,48 ).
Lo "spettacolo" della croce capovolge la vita.
Fa contemplare la profondità inaudita dell'amore di Dio e fa comprendere che la nostra vita deve assomigliare alla vita di quel Crocifisso che si dona senza riserve, che, rifiutato, ama e perdona, e non rompe la solidarietà con chi lo rifiuta.
14. - Il Cristo crocifisso, "sapienza di Dio" ( 1 Cor 1,24 ), è la Parola creatrice che dà esistenza e significato all'universo intero e che è venuta ad abitare in mezzo a noi ( cf. Gv 1,1-4.14 ), la Verità fatta persona ( cf. Gv 14,6 ) che rende libero ( Gv 8,32.36 ), illumina e salva ogni uomo ( cf. Gv 1,4.9 ).
Per annunciare e testimoniare la grande e lieta notizia della carità di Dio per l'uomo occorre dunque annunciare e testimoniare tutt'intero il vangelo di Cristo: la sua parola, la sua esistenza, la sua croce e la sua risurrezione, la sua figliolanza divina.
La verità che è Cristo non resta consegnata alla memoria del passato ma vive nella Chiesa ( cf. 1 Tm 3,15; Ef 3,10 ).
Lo Spirito del Signore, che è "lo Spirito della verità", dimora infatti nei discepoli di Gesù e li guida alla verità tutta intera ( cf. Gv 14,16-17; Gv 16,13 ).
È una parola di verità che la Chiesa sa di dover vivere, annunciare e testimoniare nella carità, perché il suo contenuto centrale è tutto e solo carità.
Perciò l'apostolo Giovanni può riassumere il "comandamento" di Dio per la Chiesa in questa duplice e inscindibile esigenza: "che crediamo nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri " ( 1 Gv 3,23 ).
15. - Mostrandoci l'amore di Dio per noi, l'evento della croce di Gesù ci rivela dunque chi è Dio.
È il Padre che non "risparmia" il proprio Figlio unigenito ( Rm 8,32 ) ma lo "consegna" per noi ( Gv 3,16; 1 Gv 4,10 ); è il Figlio che liberamente si consegna alla morte per amore nostro ( Gal 2,20 ); è lo Spirito Santo, donato dal Figlio sulla croce a Maria e Giovanni, il nuovo Israele ( Gv 19,25-30 ).
Credere che "Dio è carità" è confessare che Egli, nella croce, si rivela a noi come infinito, gratuito e totale dono di sé: comunione libera e infinita dell'amante, dell'Amato e del loro reciproco Amore.16
Questa carità, che è la vita di Dio, "viene riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" ( Rm 5,5 ).
Essa diventa, nei credenti, la partecipazione al dialogo di amore fra il Padre e il Figlio nella gioia dello Spirito.
È questa l'opera per cui Cristo è venuto fra noi: "Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore col quale mi hai amato sia in essi e io in loro" ( Gv 17,26 ).
16. - Creato "a immagine e somiglianza di Dio" ( Gen 1,26 ), l'uomo è se stesso se ama.
Il segno che si è passati dalla morte alla vita - scrive Giovanni nella sua prima lettera ( 1 Gv 3,14 ) - l'amore ai fratelli.
La Trinità è quindi la verità più profonda dell'esistenza umana, che attinge la sua pienezza nell'amore reciproco, facendo propria la misura dell'amore di Gesù: "questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" ( Gv 15,12.17 ).
Nel dono reciproco di sé, realizzato per la carità che viene da Dio, "si riassume tutta l'antropologia cristiana".17
Nella luce della carità trinitaria, l'esistenza cristiana ci viene rivelata come un'esistenza "sponsale": sia nella vocazione al matrimonio, dove l'uomo e la donna "sono chiamati a vivere una comunione d'amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d'amore che è in Dio";18 sia nella chiamata a seguire Gesù sulla strada dei consigli evangelici come dono d'amore totale e indiviso.19
La vocazione all'amore è propria di ogni persona umana: ha però un particolare rapporto con il "genio" femminile, perché - come ha sottolineato Giovanni Paolo II - nel piano della creazione e in quello della redenzione alla donna Dio ha affidato in modo speciale l'essere umano.
Perciò è proprio della donna assicurare "la sensibilità per l'uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo!
E perche 'più grande è la carità' ( 1 Cor 13,13 )".20
17. - Alla fine della sua vita e nell'imminenza della passione, Gesù ha racchiuso nei segni del pane e del vino il significato della sua intera esistenza ( cf. Mt 26,26-29 ).
Come narra l'evangelista Giovanni, nell'ultima cena Egli lega strettamente Eucaristia e carità in quel gesto della lavanda dei piedi che è segno e anticipo del sacrificio pasquale e dell'amore e del servizio reciproco che i discepoli devono avere l'uno per l'altro: "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine …" ( Gv 13,1-17 ).
Facendo memoria del suo Signore, in attesa che Egli ritorni, la Chiesa entra in questa logica del dono totale di sé.
Attorno all'unica mensa eucaristica, e condividendo l'unico pane, essa cresce e si edifica come "carità"21 ed è chiamata a mostrarsi al mondo come segno e strumento dell'unità in Cristo di tutto il genere umano: "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo" ( 1 Cor 10,17 ).
Ma tutto questo esige la verifica della vita, come all'ultima cena è seguita la croce.
Dall'Eucaristia scaturisce quindi un impegno preciso per la comunità cristiana che la celebra: testimoniare visibilmente, e nelle opere, il mistero di amore che accoglie nella fede.
Per questo l'apostolo Paolo rimprovera severamente i cristiani di Corinto, perché durante l'assemblea liturgica consumano la loro cena egoisticamente senza farne partecipi i poveri della comunità: "quando dunque vi riunite insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore …" ( 1 Cor 11,20-34 ).
Perche il culto si riveste allora di ipocrisia e contraddice nei fatti a quella comunione che l'Eucaristia significa e realizza.
L'Eucaristia giudica dunque ogni "spirito" e ogni comportamento di divisione e di chiusura egoistica.22
18. - Contemplando la croce di Cristo e nutrendosi dell'Eucaristia, la Chiesa può dire con fiducia: "chi ci separerà dall'amore di Cristo?" ( Rm 8,35 ).
L'amore di Cristo ha vinto il peccato e la morte, il dono dello Spirito è, nel cuore dei credenti, la caparra della vita eterna ( cf. 2 Cor 1,22 ).
Ogni autentico gesto di carità rappresenta pertanto nella storia degli uomini una realizzazione anticipata del regno di Dio.
Per questo Paolo può affermare che "la carità non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà …
Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa: ma allora vedremo faccia a faccia" ( 1 Cor 13,8.12 ).
Essere amati da Dio in Cristo, e in lui amare Dio per mezzo dello Spirito "con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze" e amare il prossimo "come se stesso" ( Mc 12,28-31 ), è già la vita eterna che inizia in mezzo a noi e anela al suo gratuito compimento.
La creazione stessa partecipa di questo inizio, "attende" con impazienza la rivelazione dei figli di Dio … e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" ( Rm 8,19-21 ).
La preghiera, nella quale in spirito di fede ci apriamo all'incontro con Dio, ha perciò una funzione decisiva in tutta la vita e la missione della Chiesa.
La contemplazione, il silenzio e l'ascolto, l'adorazione ci dischiudono gli orizzonti infiniti dell'amore di Dio, e nello stesso tempo vivificano la nostra azione con il soffio rigeneratore dello Spirito.
"Coloro che credono alla carità divina" e la accolgono con cuore puro e sincero hanno la certezza che "è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani".23
19. - Quanto abbiamo detto ci aiuta a percepire l'autentico significato evangelico della carità, che va ben al di là delle facili e correnti banalizzazioni.
La carità è anzitutto il mistero stesso di Dio e il dono della sua vita agli uomini.
La carità è, di conseguenza, la natura profonda della Chiesa, la vocazione e l'autentica realizzazione dell'uomo.
Nella croce di Gesù essa ci è rivelata e donata in pienezza.
Ai piedi della croce "sta" Maria, la prima dei discepoli e la madre del Signore e della Chiesa.
Ella, "quasi plasmata e resa nuova creatura dallo Spirito Santo ",24 è allo stesso tempo l'icona dell'amore trinitario e la primizia dell'umanità nuova rivestita della veste nuziale della carità.
In lei si congiungono il sì dell'amore di Dio e il sì della risposta dell'umanità redenta da Cristo.
A lei la Chiesa guarda per imparare con umiltà e perseveranza la verità della carità.
20. - Proprio perché dono di Dio, la carità è anche il comandamento per eccellenza che nell'insegnamento di Gesù riassume la Legge e i Profeti ( cf. Mt 22,34-40; Rm 13,8.10 ).
È la "via migliore di tutte" che modella e plasma ogni comportamento del cristiano ( cf. 1 Cor 12,31; 1 Cor 13,4-7 ) e diviene cosi il segno distintivo dei veri discepoli ( cf. Gv 13,35 ).
Come insegna Giovanni Paolo II, "sull'immagine e somiglianza di Dio, che il genere umano porta in sè fin dal 'principio', è radicato il fondamento di tutto l'ethos umano: l'Antico e il Nuovo Testamento hanno sviluppato tale ethos, il cui vertice il comandamento dell'amore.25
Guardando alla croce di Cristo e rispecchiandosi in Maria, la Chiesa fa suo questo ethos ed è chiamata a modellarsi su quelle caratteristiche che qualificano la carità stessa di Dio.
Ne vediamo insieme alcune tra le più importanti, che rivestono grande attualità per il nostro tempo.
Davanti agli uomini come trasparenza di Dio
21. - Tra le caratteristiche della carità il vangelo pone in evidenza il suo carattere pubblico, e insieme trasparente, proprio come la croce di Cristo un evento pubblico, che si è svolto davanti a tutti, e nello stesso tempo è l'icona più luminosa dell'amore di Dio.
"Voi siete la luce del mondo - ha detto Gesù - e non può restare nascosta una città collocata sopra un monte" ( Mt 5,14 ).
La lucerna non viene posta sotto il moggio, ma sopra il candelabro, perche possa illuminare tutti quelli che sono nella casa: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" ( Mt 5,15-16 ).
Queste opere buone sono soprattutto le opere della carità ( cf. Mt 25,31-46 ): esse devono risplendere "davanti agli uomini", dunque devono essere luminose e visibili.
Ma la loro visibilità dev'essere accompagnata da una sorta di trasparenza, che non ferma l'attenzione su di sé, ma invita gli uomini a prolungare lo sguardo verso Dio, "perché rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli".
Anzi, per assicurare questa trasparenza chi compie le opere buone deve, in certo senso, tenerle segrete persino a se stesso: "non sappia la tua sinistra ciò che fà la tua destra" ( cf. Mt 6,1-6 ).
Nella sua vita e sulla croce, in ogni suo gesto, Gesù è stato la trasparenza del Padre.
Allo stesso modo la Chiesa, nelle molteplici forme del suo servizio, deve rivelare il volto di Dio, non anzitutto se stessa.
Questo è lo stile richiesto ad ogni credente, nella vita ecclesiale come nell'impegno nel mondo.
22. - Tratto peculiare della carità cristiana è poi la gratuita che va oltre ogni misura.
Scrive San Paolo ai Romani ( Rm 5,7-8 ): "Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; … ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi".
Chi contempla il Crocifisso scorge un amore tanto gratuito e sconfinato da apparire incredibile.
Con il suo amore di preferenza per i peccatori e i lontani ( cf. Lc 15 ), per i poveri e gli esclusi ( cf. Lc 14,12-14 ), che si estende a tutti, compresi i nemici ( Mt 5,43-48 ), Gesù ha manifestato quella gratuità e sovrabbondanza di amore che caratterizzano tutto l'agire di Dio.
La generosità di Dio non si misura infatti sui bisogni degli uomini: è infinitamente più grande di essi.
Perciò la Chiesa e ciascun cristiano devono a loro volta improntare alla gratuita e sovrabbondanza tutte le forme di servizio all'uomo, anche quelle meno facili dell'impegno professionale, sociale e politico, caratterizzandole con l'apertura universale, la predilezione per gli ultimi, la disponibilità al sacrificio di sè.
E nello stesso tempo devono rimanere sempre consapevoli che nessun nostro impegno basta a manifestare l'amore di Dio, che supera ogni attesa e ogni desiderio.
23. - Ancora, la carità evangelica è caratterizzata dalla concretezza.
L'amore, se è tale, si fa gesto e storia - come nella vita di Gesù e sulla croce - raggiungendo l'uomo sia nella singolarità della sua persona che nell'interezza delle sue relazioni con gli altri uomini e con il mondo.
Già l'Antico Testamento ha messo in luce come la giustizia di Dio intenda permeare tutti i rapporti umani, persino, e si direbbe in modo quasi privilegiato, i rapporti economici.
Il regno di Dio si manifesta e prende volto in una società nella misura in cui questa assume tratti di giustizia e di solidarietà.
Tutto ciò vale, a maggior ragione, anche per il Nuovo Testamento, come mostra, in particolare, l'esperienza delle primitive comunità cristiane, dove "nessuno tra loro era bisognoso" ( At 4,34; cf. Dt 15,9 ).
La carità di Cristo spinge dunque il Cristiano ad assumere un'attiva responsabilità nei confronti del mondo in tutti i suoi aspetti, dalla cultura all'economia alla politica, senza sottovalutare le forme più nascoste, e però essenziali, delle relazioni immediate e personali.
È la carità di Maria che, ricevuto l'annuncio dell'Angelo, s'incammina in fretta per visitare Elisabetta ( Lc 2,39 ) e che alla festa delle nozze di Cana si accorge che "non hanno più vino" ( Gv 2,3); quella del samaritano che si fa prossimo al ferito che casualmente incontra sulla sua strada ( Lc 10,30-37 ); l'accoglienza dei diseredati che il mondo trascura, ma che Gesù chiama con predilezione "i suoi fratelli più piccoli" ( Mt 25,40 ); e anche la carità della correzione fraterna ( Mt 18,15-17 ), della parola che aiuta gli sfiduciati a ritrovare la speranza ( Is 50,4 ), della franchezza della verità.
24. - Per tutte queste sue caratteristiche la carità cristiana ha in se stessa una grande forza evangelizzatrice.
Nella misura in cui sa farsi segno e trasparenza dell'amore di Dio, apre mente e cuore all'annuncio della parola di verità.
Desideroso di autenticità e di concretezza, l'uomo di oggi - come ha detto Paolo VI - apprezza di più i testimoni che i maestri26 e, in genere, solo dopo esser stato raggiunto dal segno tangibile della carità si lascia guidare a scoprire la profondità e le esigenze dell'amore di Dio.
Del resto, ha fatto così anche il Cristo, unendo il gesto dell'amore concreto alla parola della verità.
Così dev'essere per la Chiesa: "Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" ( 1 Gv 4,12 ).
Giovanni insiste sull'amore reciproco non per rinchiudere i cristiani nel cerchio della loro comunità, ma per educarli al servizio verso tutti e indicare loro la sorgente che rende possibile e credibile l'annuncio del vangelo.
"Se vedi la carità - scrive Sant'Agostino - vedi la Trinità.27
Configurata alla croce, la Chiesa è il grande sacramento della carità di Dio nella storia degli uomini.
Indice |
16 | Cf. Sant'Agostino De Trinitate, 8.10.14; 6.5.7 |
17 | Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem n. 59 |
18 | Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulierìs dignitarem, n. 7 |
19 | Cf. Ivi, n. 20 |
20 | Ivi, n. 30 |
21 | Cf. Sant'Agostino,
Commento al Vangelo di Giovanni, Disc. I, 1; cf. anche Paolo VI, Discorso ai Vescovi dell'Oceania ( 1 dicembre 1970 ) |
22 | Cf. Eucaristia, comunione e comunità, nn. 34-35 |
23 | Gaudium ef spes, n. 38 |
24 | Lumen gentium, n. 56 |
25 | Mulieris dignitatem, n. 7 |
26 | Evangelii nuntiandi, n. 49 |
27 | Sant'Agostino De Trinitare, 8.8.12 |