Studio dei Padri della Chiesa

II - Perchè studiare i Padri

17. È ovvio che gli studi patristici potranno raggiungere il dovuto livello scientifico e portare i frutti sperati soltanto a condizione che siano coltivati con serietà e con amore.

L'esperienza infatti insegna che i Padri schiudono le loro ricchezze dottrinali e spirituali soltanto a chi si sforza di entrare nelle loro profondità attraverso una continua ed assidua familiarità con essi.

Ci vuole pertanto da parte dei docenti e degli alunni un vero impegno, per i seguenti principali motivi:

1) I Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione;

2) Essi ci hanno tramandato un metodo teologico che è insieme luminoso e sicuro;

3) I loro scritti offrono una ricchezza culturale, spirituale ed apostolica, che ne fa grandi maestri della Chiesa di ieri e di oggi.

1. Testimoni privilegiati della Tradizione

18. Tra le varie qualifiche ed i vari ruoli, che i documenti del Magistero attribuiscono ai Padri, figura in primo luogo quello di testimoni privilegiati della Tradizione.

Nel flusso della Tradizione viva, che dagli inizi del cristianesimo continua attraverso i secoli fino ai nostri giorni, essi occupano una posizione del tutto speciale, che li rende inconfondibili rispetto agli altri protagonisti della storia della Chiesa.

Sono essi infatti che hanno espresso le prime strutture portanti della Chiesa insieme ad atteggiamenti dottrinali e pastorali che rimangono validi per tutti i tempi.

19. a) Nella nostra coscienza cristiana, i Padri appaiono sempre legati alla Tradizione, essendone stati contemporaneamente protagonisti e testimoni.

Essi sono più vicini alla freschezza delle origini; alcuni di loro sono stati testimoni della Tradizione apostolica, fonte da cui la Tradizione stessa trae origine; specialmente quelli dei primi secoli possono considerarsi autori ed esponenti di una tradizione « costitutiva », della quale nei tempi posteriori si avrà la conservazione e la continua esplicazione.

In ogni caso i Padri hanno trasmesso ciò che hanno ricevuto, « hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa »;19 « ciò che hanno trovato nella Chiesa hanno tenuto; ciò che hanno imparato hanno insegnato; ciò che hanno ricevuto dai Padri hanno trasmesso ai figli ».20

20. b) Storicamente, l'epoca dei Padri è il periodo di alcune importanti primizie dell'ordinamento ecclesiale.

Sono stati essi a fissare « l'intero canone dei Libri Sacri »,21 a comporre le professioni basilari della fede ( « regulae fidei » ), a precisare il deposito della fede nei confronti delle eresie e della cultura contemporanea, dando così origine alla teologia.

Inoltre sono ancora essi, che hanno gettato le basi della disciplina canonica ( « statuta patrum », « traditiones patrum » ), e creato le prime forme della liturgia, che rimangono un punto di riferimento obbligatorio per tutte le riforme liturgiche posteriori.

I Padri hanno dato in tal modo la prima risposta consapevole e riflessa alla Sacra Scrittura, formulandola non tanto come una teoria astratta, ma come quotidiana prassi pastorale di esperienza e di insegnamento nel cuore delle assemblee liturgiche riunite per professare la fede e per celebrare il culto del Signore risorto.

Sono stati così gli autori della prima grande catechesi cristiana.

21. c) La Tradizione, di cui i Padri sono testimoni, è una Tradizione viva, che dimostra l'unità nella varietà e la continuità nel progresso.

Ciò si vede nella pluralità di famiglie liturgiche, di tradizioni spirituali, disciplinari ed esegetico-teologiche esistenti nei primi secoli ( ad es. le scuole di Alessandria e di Antiochia ); tradizioni diverse ma unite e radicate tutte nel fermo ed immutabile fondamento comune della fede.

22. d) La Tradizione dunque qual è stata conosciuta e vissuta dai Padri non è come un masso monolifico, immobile e sclerotizzato, ma come un organismo pluriforme e pulsante di vita.

È una prassi di vita e di dottrina che conosce, da una parte, anche incertezze, tensioni, ricerche fatte a tentoni, e dall'altra decisioni tempestive e coraggiose, rivelatesi di grande originalità e di importanza decisiva.

Seguire la Tradizione viva dei Padri non significa aggrapparsi al passato come tale, ma aderire con senso di sicurezza e libertà di slancio alla linea della fede mantenendo un orientamento costante verso il fondamento: ciò che è essenziale, ciò che dura e non cambia.

Si tratta di una fedeltà assoluta, in tanti casi portata e provata « usque ad sanguinis effusionem », verso il dogma e quei principi morali e disciplinari che dimostrano la loro funzione isostituibile e la loro fecondità proprio nei momenti in cui si stanno facendo strada cose nuove.

23. e) I Padri sono quindi testimoni e garanti di un'autentica Tradizione cattolica, e perciò la loro autorità nelle questioni teologiche è stata e rimane sempre grande.

Quando era necessario denunziare la deviazione di determinate correnti di pensiero, la Chiesa si è sempre richiamata ai Padri come garanzia di verità.

Vari Concili, per es. quelli di Calcedonia e di Trento, iniziano le loro dichiarazioni solenni con richiamo alla Tradizione patristica, usando la formula: « Seguendo i Santi Padri … ecc ».

Ad essi vengono fatti riferimenti anche nei casi, in cui la questione è già stata di per sé risolta col ricorso alla Sacra Scrittura.

Nel Concilio Tridentino22 e nel Vaticano I23 è stato enunciato esplicitamente il principio, che l'unanime consenso dei Padri costituisce regola certa d'interpretazione della Scrittura, principio questo che è stato sempre vissuto e praticato nella storia della Chiesa e che si identifica con quello della normatività della Tradizione formulata da Vincenzo di Lerino24 e prima ancora da S. Agostino.

24. f) Gli esempi e gli insegnamenti dei Padri, testimoni della Tradizione, sono stati particolarmente valutati e valorizzati nel Concilio Vaticano II, che proprio grazie ad essi ha potuto prendere una coscienza più viva che ha la Chiesa di se stessa e individuare la strada sicura particolarmente per il rinnovamento liturgico, per un fruttuoso dialogo ecumenico e per l'incontro con le religioni non cristiane, facendo fruttificare nelle odierne circostanze l'antico principio dell'unità nella diversità e del progresso nella continuità della Tradizione.

2. Metodo teologico

25. Il delicato processo di innesto del cristianesimo nel mondo della cultura antica, e la necessità di definire i contenuti del mistero cristiano nei confronti della cultura pagana e delle eresie, stimolarono i Padri ad approfondire e ad illustrare razionalmente la fede con l'aiuto delle categorie di pensiero meglio elaborate nelle filosofie del loro tempo, specialmente nella raffinata filosofia ellenistica.

Uno dei loro compiti storici più importanti fu di dare vita alla scienza teologica, e di stabilire al suo servizio alcune coordinate e norme di procedimento rivelatesi valevoli e fruttuose anche per i secoli futuri, come avrebbe dimostrato nella sua opera San Tommaso d'Aquino, fedelissimo alla dottrina dei Padri.

In questa attività di teologi si delineano nei Padri alcuni particolari atteggiamenti e momenti, che sono di grande interesse, e che bisogna tenere presenti anche oggi negli studi sacri:

a) il ricorso continuo alla Sacra Scrittura e il senso della Tradizione;

b) la consapevolezza dell'originalità cristiana pur nel riconoscimento delle verità contenute nella cultura pagana;

c) la difesa della fede come bene supremo e l'approfondimento continuo del contenuto della Rivelazione;

d) il senso del mistero e l'esperienza del divino.

a) Ricorso alla Sacra Scrittura, senso della Tradizione

26. 1. I Padri sono in primo luogo ed essenzialmente dei commentatori della Sacra Scrittura: « divinorum librorum tractatores ».25

In questo lavoro è vero che dal nostro odierno punto di vista, il loro metodo presenta certi innegabili limiti.

Essi non conoscevano e non potevano conoscere le risorse di ordine filologico, storico, antropologico-culturale né le tematiche di ricerca, di documentazione, di elaborazione scientifica che sono a disposizione dell'esegesi moderna, e perciò una parte del loro lavoro esegetico è da considerarsi caduca.

Ma, ciò nonostante, i loro meriti per una migliore comprensione dei Libri Sacri sono incalcolabili.

Essi rimangono per noi maestri veri e si può dire superiori, sotto tanti aspetti, agli esegeti del medio evo e dell'età moderna per « una specie di soave intuizione delle cose celesti per un'ammirabile penetrazione di spirito, grazie alle quali vanno più avanti nelle profondità della parola divina ».26

L'esempio dei Padri può, infatti, insegnare agli esegeti moderni un approccio veramente religioso della Sacra Scrittura, come anche un'interpretazione che s'attiene costantemente al criterio di comunione con l'esperienza della Chiesa, la quale cammina attraverso la storia sotto la guida dello Spirito Santo.

Quando questi due principi interpretativi, religioso e specificamente cattolico, vengono disattesi o dimenticati, gli studi esegetici moderni risultano spesso impoveriti e distorti.

La Sacra Scrittura era per i Padri oggetto di incondizionata venerazione, fondamento della fede, argomento costante della predicazione, alimento della pietà, anima della teologia.

Ne hanno sempre sostenuto l'origine divina, l'inerranza, la normatività, la inesauribile ricchezza di vigore per la spiritualità e dottrina.

Basti ricordare qui ciò che scriveva Sant'Ireneo sulle Scritture: esse « sono perfette, perché dettate dal Verbo di Dio e dal suo Spirito »,27 e i quattro Vangeli sono « il fondamento e la colonna della nostra fede ».28

27. 2. La Teologia è nata dall'attività esegetica dei Padri, « in medio Ecclesiae », e specialmente nelle assemblee liturgiche, a contatto con le necessità spirituali del Popolo di Dio.

Quella esegesi, nella quale la vita spirituale si fonde con la riflessione razionale teologica, mira sempre all'essenziale pur nella fedeltà a tutto il sacro deposito della fede.

Essa è incentrata interamente nel mistero di Cristo, al quale riporta tutte le verità particolari in una mirabile sintesi.

Anziché disperdersi in numerose problematiche marginali, i Padri cercano di abbracciare la totalità del mistero cristiano, seguendo il movimento fondamentale della Rivelazione e dell'economia della salvezza, che va da Dio, attraverso il Cristo, alla Chiesa, sacramento dell'unione con Dio e dispensatrice della grazia divina, per ritornare a Dio.

Grazie a questo intuito, dovuto al loro vivo senso della comunione ecclesiale, alla loro vicinanza alle origini cristiane e alla familiarità con la Scrittura, i Padri guardano tutto nel suo centro, rendendo questo tutto presente in ciascuna delle sue parti, e ricollegando con esso ogni questione periferica.

Pertanto, seguire i Padri in questo loro itinerario teologico significa cogliere più facilmente il nucleo essenziale della nostra fede e lo « specificum » della nostra identità cristiana.

28. 3. La venerazione e la fedeltà dei Padri nei confronti dei Libri Sacri va di pari passo con la loro venerazione e fedeltà verso la Tradizione.

Essi si considerano non padroni ma servitori delle Sacre Scritture, ricevendole dalla Chiesa, leggendole e commentandole nella Chiesa e per la Chiesa, secondo la regola della fede proposta ed illustrata dalla Tradizione ecclesiastica ed apostolica.

Il sopraccitato Sant'Ireneo, grande amatore e cultore dei Libri Sacri, sostiene che chi vuol conoscere la verità deve guardare alla Tradizione degli Apostoli,29 ed aggiunge che, anche se questi non ci avessero lasciato le Scritture, sarebbe bastata per la nostra istruzione e salvezza, la Tradizione.30

Lo stesso Origene, che studiò con tanto amore e passione le Scritture e tanto operò per la loro intelligenza, dichiara apertamente che devono essere credute come verità di fede solo quelle che in nessun modo si allontanano dalla « Tradizione ecclesiastica ed apostolica »,31 facendo con ciò della Tradizione la norma interpretativa della Scrittura.

Sant'Agostino, poi, che poneva le sue « delizie » nella meditazione delle Scritture,32 enunzia questo principio mirabilmente limpido e convinto, che si richiama ancora alla Tradizione: « Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica ».33

29. 4. Pertanto il Concilio Vaticano II, quando dichiarò che « la Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa »,34 non ha fatto altro che confermare un antico principio teologico, praticato e professato dai Padri.

Questo principio, che ha illuminato e diretto la loro intera attività esegetica e pastorale, certamente rimane valido anche per i teologi e per i pastori d'anime di oggi.

Ne consegue in modo concreto che il ritorno alla Sacra Scrittura, che è una delle caratteristiche maggiori dell'attuale vita della Chiesa, deve essere accompagnato dal ritorno alla Tradizione attestata dagli scritti patristici, se si vuole che produca i frutti sperati.

b) Originalità cristiana e inculturazione

30. 1. Altra caratteristica importante e attualissima del metodo teologico dei Padri è che esso offre la luce per comprendere « meglio secondo quali criteri la fede, tenendo conto della filosofia e del sapere dei popoli, può incontrarsi con la ragione ».35

Essi, infatti, dalla Scrittura e dalla Tradizione hanno attinto la chiara consapevolezza dell'originalità cristiana, cioè la ferma convinzione che l'insegnamento cristiano contiene un nucleo essenziale di verità rivelate, che costituiscono la norma per giudicare della sapienza umana e per distinguere la verità dall'errore.

Se una tale convinzione ha portato alcuni di loro a respingere l'apporto di questa sapienza e a considerare i filosofi quasi dei « patriarchi degli eretici », non ha impedito alla massima parte di accogliere questo contributo con interesse e con riconoscenza, come procedente dall'unica fonte della sapienza, che è il Verbo.

Basti ricordare a tale proposito S. Giustino Martire, Clemente Alessandrino, Origene, S. Gregorio Nisseno e, in modo particolare, S. Agostino, il quale nella sua opera « De doctrina christiana » ha tracciato per tale attività un programma: « Se coloro che sono chiamati filosofi hanno detto cose vere e consone alla nostra fede … non solo non devono incutere motivo di timore, ma … devono essere reclamate a nostro uso …

Non è questo appunto che hanno fatto molti dei nostri buoni fedeli? … Cipriano … Lattanzio … Vittorino … Ottato, Ilario, per non parlare che dei morti, e una quantità innumerevole dei Greci? ».36

31. 2. A questo studio di assimilazione si aggiunge l'altro, non meno importante e da esso inseparabile, che potremmo chiamare della disassimilazione.

Ancorati alla norma della fede, i Padri hanno accolto molti apporti della filosofia greco-romana, ma ne hanno respinto i gravi errori, evitando in modo particolare il pericolo del sincretismo così diffuso nella cultura ellenistica allora dominante, come anche del razionalismo che minacciava di ridurre la fede ai soli aspetti accettabili per la razionalità ellenica.

« Contro i loro grandi errori - scrive S. Agostino - occorre difendere la dottrina cristiana ».37

32. 3. Grazie a tale oculato discernimento dei valori e dei limiti nascosti nelle varie forme di cultura antica, sono state aperte nuove vie verso la verità e nuove possibilità per l'annunzio del Vangelo.

Istruita dai Padri greci, latini, siriaci … la Chiesa, infatti, « fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio del Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; e inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi, allo scopo, cioè, di adattare, quando conveniva, il Vangelo sia alla capacità di tutti sia alle esigenze dei sapienti ».38

In altre parole, i Padri, consapevoli del valore universale della rivelazione, hanno iniziato la grande opera di inculturazione cristiana, come si suole chiamarla oggi.

Sono diventati l'esempio di un incontro fecondo tra fede e cultura, tra fede e ragione, rimanendo una guida per la Chiesa di tutti i tempi, impegnata a predicare il Vangelo a uomini di culture tanto diverse e ad operare in mezzo ad esse.

Come si vede, grazie a tali atteggiamenti dei Padri, la Chiesa si rivela sin dai suoi inizi « per sua natura missionaria »,39 anche al livello del pensiero e della cultura, e perciò il Concilio Vaticano II prescrive che « tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione ».40

c) Difesa della fede, progresso dogmatico

33. 1. All'interno della Chiesa, l'incontro della ragione con la fede ha dato occasione a molte e lunghe controversie che hanno interessato i grandi temi del dogma trinitario, cristologico, ecclesiologíco, antropologico, escatologico.

In tali occasioni i Padri, nel difendere le verità che toccano la stessa essenza della fede, furono gli autori di un grande avanzamento nell'intelligenza dei contenuti dogmatici, rendendo un valido servizio al progresso della teologia.

Il loro munus apologetico, esercitato con una consapevole sollecitudine pastorale per il bene spirituale dei fedeli, è stato un mezzo provvidenziale per far maturare l'intero corpo della Chiesa.

Come diceva S. Agostino di fronte al moltiplicarsi degli eretici: « Dio ha permesso la loro diffusione, affinché non ci nutrissimo del solo latte e non rimanessimo in stato di rude infanzia »41 in quanto « molte questioni riguardanti la fede quando, con astuta inquietudine, vengono sollevate dagli eretici, per poterle difendere contro di loro vengono esaminate più diligentemente, capite più chiaramente, predicate più insistentemente di modo che la questione mossa dall'avversario diventi l'occasione d'imparare ».42

34. 2. Così i Padri sono diventati gli iniziatori del procedimento razionale applicato ai dati della Rivelazione, i promotori illuminati di quell'« intellectus fidei », che appartiene all'essenza di ogni autentica teologia.

È stato loro compito provvidenziale non solo difendere il cristianesimo, ma anche ripensarlo nell'ambiente culturale greco-romano; trovare formule nuove per esprimere una dottrina antica, formule non bibliche per una dottrina biblica; presentare, in una parola, la fede in forma di un discorso umano, pienamente cattolico e capace di esprimere il contenuto divino della rivelazione, salvaguardandone sempre l'identità e la trascendenza.

Numerosi concetti introdotti da essi nella teologia trinitaria e cristologica ( per es. ousia, hypostasis, physis, agenesia, genesis, ekporeusis, ecc. ) hanno svolto un ruolo determinante nella storia dei Concili e sono entrati nelle formule dogmatiche, diventando componente del nostro corrente strumentario teologico.

35. 3. Il progresso dogmatico, che è stato realizzato dai Padri non come progetto astratto puramente intellettuale, ma il più delle volte nelle omelie, in mezzo alle attività liturgiche e pastorali, costituisce un ottimo esempio di rinnovamento nella continuità della Tradizione.

Per essi « la fede cattolica proveniente dalla dottrina degli apostoli … e ricevuta attraverso una serie di successioni » era « da trasmettere sana ai discendenti ».43

Perciò è stata da loro trattata con massimo rispetto, con piena fedeltà al suo fondamento biblico, e in pari tempo con una giusta apertura di spirito verso nuove necessità e nuove circostanze culturali: le due caratteristiche proprie della tradizione viva della Chiesa.

36. 4. Questi primi abbozzi di teologia tramandatici dai Padri mettono in evidenza alcuni loro tipici atteggiamenti fondamentali verso i dati rivelati, che possono considerarsi di valore permanente e quindi valevoli anche per la Chiesa di oggi.

Si tratta di una base posta una volta per sempre, alla quale ogni teologia posteriore deve fare riferimento e, all'occorrenza, ritornare.

Si tratta di un patrimonio che non è esclusivo a nessuna Chiesa particolare, ma è molto caro a tutti i cristiani.

Esso infatti risale ai tempi antecedenti la rottura tra l'Oriente e l'Occidente cristiano, trasmettendo tesori comuni di spiritualità e di dottrina; una mensa ricca alla quale i teologi di varie confessioni si possono sempre incontrare.

I Padri sono infatti Padri sia dell'Ortodossia Orientale sia della teologia latina cattolica, o della teologia dei protestanti e degli anglicani, oggetto comune di studio e di venerazione.

d) Senso del mistero, esperienza del divino

37. 1. Se i Padri hanno dato in tante occasioni prova della loro responsabilità di pensatori e ricercatori nei confronti della Rivelazione, seguendo, si può dire, il programma del « credo ut intelligam » e dell'« intelligo ut credam », lo hanno fatto sempre da autentici uomini di Chiesa veramente credenti, senza compromettere minimamente la purezza o, come si esprime Sant'Agostino, la « verginità »,44 della fede.

Essi infatti, come « teologi » non facevano leva esclusivamente sulle risorse della ragione, ma anche su quelle più propriamente religiose, offerte dalla conoscenza di carattere affettivo ed esistenziale, ancorata nell'unione intima con Cristo, alimentata dalla preghiera e sostenuta dalla grazia e dai doni dello Spirito Santo.

Nei loro atteggiamenti di teologi e di pastori si manifestava in grado altissimo il senso profondo del mistero e l'esperienza del divino, che li proteggeva contro le tentazioni sempre ricorrenti sia del razionalismo troppo spinto sia di un fideismo piatto e rassegnato.

38. 2. La prima cosa che colpisce nella loro teologia è il senso vivo della trascendenza della Verità divina contenuta nella Rivelazione.

A differenza di non pochi altri pensatori antichi e moderni, essi danno prova di una grande umiltà di fronte al mistero di Dio, contenuto nelle Sacre Scritture, delle quali essi, nella loro modestia, preferiscono essere dei semplici commentatori, attenti a non aggiungervi nulla che possa alterarne l'autenticità.

Si può dire che questo atteggiamento di rispetto e di umiltà non è altro che la viva consapevolezza degli invalicabili limiti che l'intelletto umano prova di fronte alla trascendenza divina.

Basti qui ricordare, oltre alle omelie di San Giovanni Crisostomo sull'incomprensibilità di Dio, ciò che scrive testualmente San Cirillo vescovo di Gerusalemme, rivolto ai catecumeni: « Quando si tratta di Dio, è una grande scienza confessare l'ignoranza »;45 come dopo di lui il vescovo di Ippona Sant'Agostino dirà sentenziosamente al suo popolo: « È preferibile una fedele ignoranza a una scienza temeraria ».46

Prima di loro Sant'Ireneo aveva affermato che la generazione del Verbo è inenarrabile, e che coloro che pretendono spiegarla « hanno perduto l'uso della ragione ».47

39. 3. Dato questo vivo senso spirituale, l'immagine che i Padri ci offrono di se stessi è quella di uomini i quali non solo imparano ma anche, e soprattutto, sperimentano le cose divine, come diceva Dionigi detto Pseudo-Areopagita del suo maestro Ieroteo: « non solum discens sed et patiens divina ».48

Essi sono il più delle volte degli specialisti della vita soprannaturale, i quali comunicano ciò che hanno visto e gustato nella loro contemplazione delle cose divine; ciò che hanno conosciuto per la via dell'amore, « per quandam connaturalitatem », come avrebbe detto San Tommaso d'Aquino.49

Nel loro modo di esprimersi è spesso percepibile il saporoso accento dei mistici, che lascia trasparire una grande familiarità con Dio, un'esperienza vissuta del mistero del Cristo e della Chiesa e un contatto costante con tutte le genuine fonti della vita teologale considerato da essi come situazione fondamentale della vita cristiana.

Si può dire che nella linea dell'agostiniano « intellectum valde ama »50 i Padri certamente apprezzano l'utilità della speculazione, ma sanno che essa non basta.

Nello stesso sforzo intellettuale per capire la propria fede, essi praticano l'amore, che rendendo amico il conoscente al conosciuto,51 diventa per la sua stessa natura fonte di nuova intelligenza.

Infatti « nessun bene è perfettamente conosciuto se non è perfettamente amato ».52

40. 4. Questi principi metodologici, prima praticamente seguiti e vissuti che espressamente enunziati, sono stati anche oggetto di esplicite riflessioni dei Padri.

Basta riferirsi, a tale proposito, a San Gregorio Nazianzeno, che nella prima delle cinque sue famose orazioni teologiche, dedicate al modo di far teologia, tratta della necessità della moderazione, dell'umiltà, della purificazione interiore, della preghiera.

Altrettanto fa Sant'Agostino, che ricorda il posto che ha la fede nella vita della Chiesa e parlando della funzione che vi svolgono i teologi, scrive che essi siano « piamente dotti e veramente spirituali ».53

Ne dà l'esempio egli stesso quando scrive il De Trinitate, diretto a rispondere « ai garruli ragionatori », i quali, « disprezzando gli umili inizi della fede, si lasciano fuorviare da un immaturo e perverso amore della ragione ».54

Per le ragioni addotte, si può dire che l'attività teologica dei Padri è per noi tuttora attuale.

Essi restano maestri per i teologi, come rappresentanti di un momento importante, decisivo ed ineliminabile della teologia della Chiesa, come esemplari per il modo con cui hanno svolto la loro attività teologica, come fonti autorevoli e testimoni insostituibili per i contenuti che hanno saputo ricavare dalla loro riflessione e meditazione sul dato rivelato.

3. Ricchezza culturale, spirituale ed apostolica

41. Gli scritti patristici si distinguono, oltre che per la profondità teologica, anche per i grandi valori culturali, spirituali e pastorali che contengono.

Sotto questo aspetto, essi sono, dopo la Sacra Scrittura come viene raccomandato nel decreto « Presbyterorum Ordinis » ( n. 19 ), una delle principali fonti della formazione sacerdotale e un « fruttuoso alimento » che accompagni i presbiteri per tutta la vita.

42. a) I Padri latini, greci, siriaci, armeni oltre a contribuire al patrimonio letterario delle loro rispettive nazioni, sono - anche se ognuno in maniera e misura molto diverse - come i classici della cultura cristiana che, da essi fondata ed edificata, porta per sempre il segno indelebile della loro paternità.

A differenza delle letterature nazionali, le quali esprimono e plasmano il genio dei singoli popoli, il patrimonio culturale dei Padri è veramente « cattolico », universale, perché insegna come diventare e come comportarsi da uomini retti e da autentici cristiani.

Per il loro vivo senso del soprannaturale e per il loro discernimento dei valori umani in relazione alla specificità cristiana, le loro opere sono state nei secoli passati un eccellente strumento formativo per intere generazioni di presbiteri e restano indispensabili anche per la Chiesa di oggi.

43. b) Dal punto di vista culturale, è di grande rilievo il fatto che numerosi Padri hanno ricevuto un'ottima formazione nelle discipline dell'antica cultura greca e romana, dalla quale mutuarono le alte conquiste civili e spirituali, arricchendone i loro trattati, le loro catechesi e la loro predicazione.

Essi, imprimendo all'antica « humanitas » classica il sigillo cristiano, sono stati i primi a gettare il ponte tra il Vangelo e la cultura profana, tracciando per la Chiesa un ricco ed impegnativo programma culturale, che ha profondamente influenzato i secoli successivi e, in modo particolare, l'intera vita spirituale, intellettuale e sociale del medio evo.55

Grazie al loro magistero, molti cristiani dei primi secoli ebbero accesso alle varie sfere della vita pubblica ( scuole, amministrazione, politica ) e il cristianesimo potè valorizzare ciò che di valido si trovava nel mondo antico, purificare ciò che vi era di meno perfetto e contribuire, dal canto suo, alla creazione di una nuova cultura e civiltà ispirata al Vangelo.

Risalire alle opere dei Padri significa pertanto per i futuri presbiteri alimentarsi alle stesse radici della cultura cristiana e comprendere meglio i propri compiti culturali nel mondo di oggi.

44. c) Quanto alla spiritualità dei Padri, è già stato rilevato nel paragrafo precedente, come tutta la loro teologia sia eminentemente religiosa, una vera « scienza sacra », la quale, mentre illumina la mente, edifica e riscalda il cuore.

Qui, oltre agli elementi ed aspetti propriamente teologici, è bene dare risalto ad alcuni comportamenti e atteggiamenti di ordine morale risultanti dalle loro opere come coefficienti fondamentali della progressiva espansione, spesso silenziosa, del lievito evangelico nella società pagana, e rimasti poi per sempre impressi nella coscienza e sul volto stesso della Chiesa.

Molti dei Padri erano dei « convertiti »; il senso della novità della vita cristiana si univa in essi alla certezza della fede.

Da ciò si sprigionava nelle comunità cristiane del loro tempo una « vitalità esplosiva », un fervore missionario, un clima di amore che ispirava le anime all'eroismo della vita quotidiana personale e sociale, specialmente con la pratica delle opere di misericordia, elemosina, cura degli infermi, delle vedove, degli orfani, stima della donna e di ogni persona umana, educazione dei figli, rispetto della vita nascente, fedeltà coniugale, rispetto e generosità nel trattamento degli schiavi, libertà e responsabilità di fronte ai poteri pubblici, difesa e sostegno dei poveri e degli oppressi, e con tutte le forme di testimonianza evangelica richieste dalle circostanze di luogo e di tempo, spinta talvolta fino al sacrificio supremo del martirio.

Con la condotta ispirata agli insegnamenti dei Padri, i cristiani si distinguevano dal circostante mondo pagano, esprimendo la loro novità di vita scaturita dal Cristo con l'abbracciare gli ideali ascetici della verginità « propter regnum coelorum », del distacco dai beni terreni, della penitenza, della vita monastica eremitica o comunitaria, sulla linea dei « consigli evangelici » e in vigile attesa del Cristo che viene.

Anche molte forme di pietà privata ( come la preghiera in famiglia, le preghiere quotidiane, la pratica dei digiuni ) e comunitaria ( per es. la celebrazione della domenica e delle principali feste liturgiche come partecipazione agli eventi salvifici, la venerazione della SS.ma Vergine Maria, le veglie, le agapi, ecc. ) risalgono all'epoca patristica e ricevono il loro preciso significato teologico-spirituale dagli insegnamenti dei Padri.

Perciò è chiaro che l'assidua familiarità dei seminaristi con le opere dei Padri non potrà non irrobustire la loro vita spirituale e liturgica, gettando una particolare luce sulla loro vocazione, radicandola nella millenaria tradizione della Chiesa e mettendola in diretta comunicazione con la ricchezza e purezza delle origini.

Nello stesso tempo li aiuterà a scoprire l'uomo nella sua unità e totalità: a riconoscere e seguire quell'ideale superiore di umanità unificata e integrata nell'armonioso sviluppo dei valori naturali e soprannaturali, che è il modello dell'antropologia cristiana.

45. d) Un'altra ragione del fascino e dell'interesse delle opere dei Padri, è che esse sono nettamente pastorali: composte cioè per scopi di apostolato.

I loro scritti sono o catechesi ed omelie, o confutazioni di eresie, o risposte a consultazioni, o esortazioni spirituali o manuali destinati all'istruzione dei fedeli.

Da ciò si vede come i Padri si sentivano coinvolti nei problemi pastorali dei loro tempi.

Essi esercitavano l'ufficio di maestri e di pastori, cercando in primo luogo di mantenere unito il Popolo di Dio nella fede, nel culto divino, nella morale e nella disciplina.

Molte volte procedevano in modo collegiale, scambiandosi vicendevolmente lettere di carattere dottrinale e pastorale, al fine di promuovere una comune linea di condotta.

Essi si preoccupavano del bene spirituale non soltanto delle loro Chiese particolari, ma di tutta la Chiesa.

Alcuni di essi divennero difensori dell'ortodossia e punti di riferimento per gli altri vescovi dell'orbe cattolico ( per es. Atanasio nelle lotte antiariane, Agostino in quelle antipelagiane ), impersonando in qualche modo la coscienza viva della Chiesa.

46. e) Né si può lasciare in ombra il fatto che nella loro azione pastorale i Padri, pur offrendo agli osservatori un ricco panorama delle più svariate problematiche culturali e sociali loro contemporanee, tuttavia essi le inquadrano sempre, per dir così, in coordinate nettamente soprannaturali.

A loro interessa l'integrità della fede, fondamento della giustificazione, perché fiorisca nella carità, vincolo della perfezione, e perché la carità crei l'uomo nuovo e la storia nuova.

Tutto nella loro azione pastorale e nel loro insegnamento, è ricondotto alla carità e la carità a Cristo, via universale di salvezza.56

Essi tutto riferiscono al Cristo, ricapitolazione di tutte le cose ( Ireneo ), deificatore degli uomini ( Atanasio ), fondatore e re della città di Dio, che è la società degli eletti ( Agostino ).

Nella loro prospettiva storica, teologica ed escatologica, la Chiesa è il Christus totus, che « corre, e, correndo compie il suo pellegrinaggio, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, dal tempo di Abele, il primo giusto ucciso dall'empio fratello, fino alla consumazione dei secoli ».57

47. Se vogliamo ora riassumere le ragioni che inducono a studiare le opere dei Padri, possiamo dire che essi sono stati, dopo gli Apostoli, come ha detto giustamente Sant'Agostino, i piantatori, gli irrigatori, gli edificatori, i pastori, i nutritori della Chiesa, la quale ha potuto crescere per la loro azione vigile e indefessa.58

Perché la Chiesa continui a crescere è indispensabile conoscere a fondo la loro dottrina e la loro opera che si distingue per essere nello stesso tempo pastorale e teologica, catechetica e culturale, spirituale e sociale, in un modo eccellente e si può dire unico per rapporto a quanto è avvenuto in altre epoche della storia.

È proprio questa organica unità dei vari aspetti della vita e della missione della Chiesa che rende i Padri cosi attuali e fecondi anche per noi.

Indice

19 Agostino, Opus imp.c.. Iul. 1, 117
20 Idem, Contra Iul. 2, 10, 34
21 Conc. Vat. II, Cost. Dei verbum, n. 8
22 C. Trid, ed. Goeressiana, V ( Acta II ) 91 ss
23 C. Vat. I, coll. Lac. 7, 25l
24 Comm. primum 2, 10: PL 50, 639, 650
25 Agostino, De lib. arb. III, 21, 59; De Trin. II 1, 2
26 Pio XII, Lett. Enc. Divino afflante Spiritu, 30 settembre 1943
27 Adv. haer, 2, 28, 2: PG 7, 805
28 Ibid, 3, 1, 1: PG 7, 844
29 Ibid, 3, 3, 1: PG 7, 848
30 Ibid., 3, 4, 1: PG 7, 855
31 De principiis 1, praef. 1; cf. In Mt comm. 46: PG 11, 116; cf. 13, 1667
32 Confess. 11, 2, 3
33 Contra ep. fund. 5, 6: PL 42, 176
34 Cost. Dei verbum, n. 10
35 Conc. Vat. II, Decr. Ad gentes, n. 22
36 De doctr. chr., 2, 40, 60-61: PL 34, 63
37 Retract. 1, 1, 4
38 Conc. Vat. II Cost. past. Gaudium et spes, n. 44
39 Conc. Vat. II, Decr. Ad gentes, n. 2
40 Conc. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 44
41 Agostino, Tract. in Ioh. 36, 6
42 Idem., De civ. Dei, 16, 2, 1
43 Idem, Tract. in Ioh. 37, 6
44 Agostino, Serm. 93, 4; 341, 5
45 Catech. 6, 2: PG 33, 542
46 Serm. 27, 4
47 Adv. haer. 2, 28, 6.: PG 7, 809
48 De Divinis Nominibus, II 9: PG 3, 674, cf. 648;
citato da S. Tommaso d'Aquino in S. Th. II-II, q. 45, a. 2
49 S. Th. II-II, q. 45, a. 2
50 Agostino, Ep. 120, 3, 13
51 Clemente Aless., Stromata 2, 9: PG 8, 975-982
52 Agostino, De divv. qq. LXXXIII, q. 35, 2
53 Ep. 118, 32
54 De Trin. 1, 1, 1
55 Un grande influsso esercitarono a tale riguardo soprattutto due opere di S. Agostino: De civitate Dei, e De doctrina christiana
56 Agostino, De civ. Dei 10, 32, 1-3
57 Idem, De civ. Dei,. 18, 51, 2;
cf. Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, n. 8
58 Contra Iul. 2, 10, 34