Collaborazione dei fedeli laici al Ministero dei Sacerdoti |
Il Santo Padre, nel discorso rivolto ai partecipanti al Simposio sulla « Collaborazione dei fedeli laici al ministero presbiterale », ha sottolineato la necessità di chiarire e distinguere le varie accezioni che il termine « ministero » ha assunto nel linguaggio teologico e canonico.53
§ 1. « Da un certo tempo è invalso l'uso di chiamare ministeri non solo gli officia ( uffici ) e i munera ( funzioni ) esercitati dai Pastori in virtù del sacramento dell'Ordine, ma anche quelli esercitati dai fedeli non ordinati, in virtù del sacerdozio battesimale.
La questione lessicale diviene ancor più complessa e delicata quando si riconosce a tutti i fedeli la possibilità di esercitare - in veste di supplenti, per deputazione ufficiale elargita dai Pastori - alcune funzioni più proprie dei chierici, le quali, tuttavia, non esigono il carattere dell'Ordine.
Bisogna riconoscere che il linguaggio si fa incerto, confuso, e quindi non utile per esprimere la dottrina della fede, tutte le volte che, in qualsiasi maniera, si offusca la differenza « di essenza e non solo di grado » che intercorre tra il sacerdozio battesimale e il sacerdozio ordinato ».54
§ 2. « Ciò che ha permesso, in alcuni casi l'estensione del termine ministero ai munera propri dei fedeli laici è il fatto che anche questi, nella loro misura, sono partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo.
Gli officia, loro affidati temporaneamente, sono invece esclusivamente frutto di una deputazione della Chiesa.
Solo il costante riferimento all'unico e fontale « ministero di Cristo » ( … ) permette, in una certa misura, di applicare anche ai fedeli non ordinati, senza ambiguità, il termine ministero: senza, cioè, che esso venga percepito e vissuto come indebita aspirazione al ministero ordinato, o come progressiva erosione della sua specificità.
In questo senso originario, il termine ministero ( servitium ) esprime soltanto l'opera con cui membri della Chiesa prolungano, al suo interno e per il mondo, la missione e il ministero di Cristo.
Quando, invece, il termine viene differenziato nel rapporto e nel confronto tra i diversi munera e officia, allora occorre avvertire con chiarezza che solo in forza della sacra Ordinazione esso ottiene quella pienezza e univocità di significato che la tradizione gli ha sempre attribuito ».55
§ 3. Il fedele non ordinato può assumere la denominazione generica di « ministro straordinario », solo se e quando è chiamato dall'Autorità competente a compiere, unicamente in funzione di supplenza, gli incarichi, di cui al can. 230, § 3,56 nonché ai can. 943 e can. 1112.
Naturalmente può essere utilizzato il termine concreto con cui viene canonicamente determinata la funzione affidata, ad es. catechista, accolito, lettore, ecc.
La deputazione temporanea nelle azioni liturgiche, di cui al can. 230, § 2, non conferisce alcuna denominazione speciale al fedele non ordinato.57
Non è lecito, pertanto, che i fedeli non ordinati assumano, per esempio, la denominazione di « pastore », di « cappellano », di « coordinatore », « moderatore » o altre denominazioni che potrebbero, comunque, confondere il loro ruolo con quello del pastore, che è unicamente il Vescovo e il presbitero.58
§ 1. Il contenuto di tale ministero consiste « nella predicazione pastorale, nella catechesi e in tutta l'istruzione cristiana, nella quale l'omelia liturgica deve avere un posto privilegiato ».60
L'esercizio originario delle relative funzioni è proprio del Vescovo diocesano, come moderatore, nella sua Chiesa, di tutto il ministero della parola,61 ed è anche proprio dei presbiteri suoi cooperatori.62
Questo ministero spetta anche ai diaconi, in comunione con il Vescovo ed il suo presbiterio.63
§ 2. I fedeli non ordinati partecipano, secondo la loro indole, alla funzione profetica di Cristo, sono costituiti suoi testimoni e provveduti del senso della fede e della grazia della parola.
Tutti sono chiamati a diventare, sempre di più, « araldi efficaci della fede in ciò che si spera ( cf Eb 11,1 ) ».64
Oggi, l'opera della catechesi, in particolare, molto dipende dal loro impegno e dalla loro generosità al servizio della Chiesa.
Pertanto, i fedeli e particolarmente i membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica possono essere chiamati a collaborare, nei modi legittimi, nell'esercizio del ministero della parola.65
§ 3. Affinché l'aiuto di cui al § 2 sia efficace, è necessario richiamare alcune condizioni relative alle modalità di essa.
Il CIC, can. 766, stabilisce le condizioni per le quali la competente Autorità può ammettere i fedeli non ordinati a predicare in ecclesia vel oratorio.
La stessa espressione utilizzata, admitti possunt, pone in risalto come in nessun caso si tratta di un diritto proprio quale quello specifico dei Vescovi66 o di una facoltà come quella dei presbiteri o dei diaconi.67
Le condizioni a cui è sottoposta tale ammissione - « se in determinate circostanze c'è necessità di ciò », « se, in casi particolari, lo consiglia l'utilità » - evidenziano l'eccezionalità del fatto.
Il can. 766, inoltre, precisa che si deve sempre agire iuxta Episcoporum conferentiae praescripta.
In questa ultima clausola il canone citato stabilisce la fonte primaria per discernere rettamente riguardo alla necessità o utilità, nei casi concreti, giacché in dette prescrizioni della Conferenza Episcopale, che abbisognano della « recognitio » della Sede Apostolica, devono essere segnalati gli opportuni criteri che possano aiutare il Vescovo diocesano nel prendere le appropriate decisioni pastorali, che gli sono proprie per la natura stessa dell'ufficio episcopale.
§ 4. Nelle circostanze di scarsità di ministri sacri in determinate zone, possono presentarsi situazioni permanenti ed oggettive di necessità o di utilità, tali da suggerire l'ammissione di fedeli non ordinati alla predicazione.
La predicazione nelle chiese e oratori, da parte dei fedeli non ordinati, può essere concessa in supplenza dei ministri sacri o per speciali ragioni di utilità nei casi particolari previsti dalla legislazione universale della Chiesa o dalle Conferenze Episcopali e, pertanto, non può diventare un fatto ordinario, né può essere intesa come autentica promozione del laicato.
§ 5. Soprattutto nella preparazione ai sacramenti, i catechisti curino di indirizzare l'interesse dei catechizzandi al ruolo e alla figura del sacerdote come solo dispensatore dei divini misteri cui si vanno preparando.
§ 1. L'omelia, forma eminente di predicazione « qua per anni liturgici cursum ex textu sacro fidei mysteria et normae vitae christianae exponuntur »,68 è parte della stessa liturgia.
Pertanto, l'omelia durante la celebrazione dell'Eucaristia deve essere riservata al ministro sacro, sacerdote o diacono.69
Sono esclusi i fedeli non ordinati, anche se svolgono il compito detto di « assistenti pastorali » o di catechisti, presso qualsiasi tipo di comunità o aggregazione.
Non si tratta, infatti, di eventuale maggiore capacità espositiva o preparazione teologica, ma di funzione riservata a colui che è consacrato con il sacramento dell'Ordine sacro, per cui neppure il Vescovo diocesano è autorizzato a dispensare dalla norma del canone,70 dal momento che non si tratta di legge meramente disciplinare, bensì di legge che riguarda le funzioni di insegnamento e di santificazione strettamente collegate tra di loro.
Non si può ammettere, perciò, la prassi, in talune occasioni praticata, per la quale si affida la predicazione omiletica a seminaristi studenti di teologia, non ancora ordinati.71
L'omelia non può, infatti, essere considerata come un allenamento per il futuro ministero.
Si deve ritenere abrogata dal can. 767, § 1 qualsiasi norma anteriore che abbia ammesso fedeli non ordinati a pronunciare l'omelia durante la celebrazione della S. Messa.72
§ 2. È lecita la proposta di una breve didascalia per favorire la maggior comprensione della liturgia che viene celebrata ed anche, eccezionalmente, qualche eventuale testimonianza, sempre adeguata alle norme liturgiche ed offerta in occasione di liturgie eucaristiche celebrate in particolari giornate ( giornata del seminario o del malato, ecc. ), se ritenuta oggettivamente conveniente, come illustrativa dell'omelia regolarmente pronunciata dal sacerdote celebrante.
Queste didascalie e testimonianze non devono assumere caratteristiche tali da poter essere confuse con l'omelia.
§ 3. La possibilità del « dialogo » nell'omelia73 può essere, talvolta, prudentemente usata dal ministro celebrante come mezzo espositivo con il quale non si delega ad altri il dovere della predicazione.
§ 4. L'omelia al di fuori della S. Messa può essere pronunciata da fedeli non ordinati in conformità al diritto o alle norme liturgiche e nell'osservanza delle clausole in essi contenute.
§ 5. L'omelia non può essere affidata, in alcun caso, a sacerdoti o diaconi che abbiano perso lo stato clericale o che, comunque, abbiano abbandonato l'esercizio del sacro ministero.74
I fedeli non ordinati possono svolgere, come di fatto in numerosi casi lodevolmente avviene, nelle parrocchie, negli ambiti dei luoghi di cura, di assistenza, di istruzione, nei penitenziari, presso gli Ordinariati militari, ecc., compiti di effettiva collaborazione al ministero pastorale dei chierici.
Una forma straordinaria di collaborazione, nelle condizioni previste, è quella regolata dal can. 517, § 2.
§ 1. La retta comprensione ed applicazione di tale canone, secondo il quale « si ob sacerdotum penuriam Episcopus dioecesanus aestimaverit participationem in exercitio curae pastoralis paroeciae concredendam esse diacono aliive personae sacerdotali charactere non insignitae aut personarum communitati, sacerdotem constituat aliquem qui, potestatibus et facultatibus parochi instructus, curam pastoralem moderetur », richiede che tale provvedimento eccezionale avvenga nell'accurato rispetto delle clausole in esso contenute, ovvero:
a) ob sacerdotum penuriam, e non per ragioni di comodità o di una equivoca « promozione del laicato », ecc.
b) fermo restando che si tratta di participatio in exercitio curae pastoralis e non di dirigere, coordinare, moderare, governare la parrocchia; cosa che, secondo il testo del canone, compete solo ad un sacerdote.
Proprio perché si tratta di casi eccezionali, bisogna anzitutto considerare la possibilità di avvalersi, ad esempio, di sacerdoti anziani ancora validi, o di affidare diverse parrocchie ad un solo sacerdote o ad un « coetus sacerdotum ».75
Non va disattesa, in ogni caso, la preferenza che il medesimo canone stabilisce per il diacono.
Resta comunque affermato, nella stessa normativa canonica, che queste forme di partecipazione nella cura delle parrocchie non possono surrogare, in alcun modo, l'ufficio di parroco.
La normativa sancisce infatti che anche in quei casi eccezionali « Episcopus dioecesanus [ … ] sacerdotem constituat aliquem qui, potestatibus et facultatibus parochi instructus, curam pastoralem moderetur ».
L'ufficio di parroco, infatti, può essere validamente affidato soltanto ad un sacerdote ( cf can. 521, § 1 ), anche nei casi di oggettiva penuria di clero.76
§ 2. Al riguardo si deve anche tener conto che il parroco è il pastore proprio della parrocchia a lui affidata77 e rimane tale fino a quando non abbia cessato dal suo ufficio pastorale.78
La presentazione delle dimissioni del parroco per aver compiuto 75 anni di età non lo fa cessare ipso iure dal suo ufficio pastorale.
La cessazione si verifica solo quando il Vescovo diocesano - dopo prudente considerazione di ogni circostanza - abbia accettato definitivamente le sue dimissioni, a norma del can. 538, § 3, e glielo abbia comunicato per iscritto.79
Anzi, alla luce di situazioni di penuria di sacerdoti esistente in alcuni luoghi, sarà saggio usare, al riguardo, particolare prudenza.
Anche in considerazione del diritto che ogni sacerdote ha di esercitare le funzioni inerenti all'ordine ricevuto, a meno che non ricorrano gravi motivi di salute o di disciplina, si ricorda che il 75° anno di età non costituisce un motivo obbligante per il Vescovo diocesano ad accettare le dimissioni.
Ciò anche per evitare una concezione funzionalistica del sacro ministero.80
Questi organismi, richiesti e sperimentati positivamente nel cammino del rinnovamento della Chiesa secondo il Concilio Vaticano II e codificati dalla legislazione canonica, rappresentano una forma di partecipazione attiva alla vita e alla missione della Chiesa come comunione.
§ 1. La normativa codiciale sul consiglio presbiterale stabilisce quali sacerdoti ne possano essere membri.81
Esso è infatti riservato ai sacerdoti, perché trova il suo fondamento nella comune partecipazione del Vescovo e dei presbiteri nel medesimo sacerdozio e ministero.82
Non possono pertanto godere del diritto di voce attiva e passiva, né i diaconi, né i fedeli non ordinati, anche se collaboratori dei sacri ministri, così come i presbiteri che abbiano perso lo stato clericale o che, comunque, abbiano abbandonato l'esercizio del sacro ministero.
§ 2. Il consiglio pastorale, diocesano e parrocchiale83 e il consiglio parrocchiale per gli affari economici,84 dei quali fanno parte anche fedeli non ordinati, godono unicamente di voto consultivo e non possono, in alcun modo, diventare organismi deliberativi.
Possono essere eletti a tali incarichi soltanto quei fedeli che possiedono le qualità richieste dalla normativa canonica.85
§ 3. È proprio del parroco presiedere i consigli parrocchiali.
Sono pertanto invalide, quindi nulle, le decisioni deliberate da un consiglio parrocchiale riunitosi senza la presidenza del parroco o contro di lui.86
§ 4. Tutti i consigli diocesani possono esprimere validamente il proprio consenso ad un atto del Vescovo soltanto quando tale consenso è richiesto espressamente dal diritto.
§ 5. Attese le realtà locali, gli Ordinari possono avvalersi di speciali gruppi di studio o di esperti in questioni particolari.
Tuttavia essi non possono costituire organismi paralleli o di esautorazione dei consigli diocesani presbiterale e pastorale, come pure dei consigli parrocchiali, regolati dal diritto universale della Chiesa nei can. 536, § 1 e can. 537.87
Se tali organismi sono sorti in passato in base a consuetudini locali o a circostanze particolari, si pongano in atto i mezzi necessari per renderli conformi alla vigente legislazione della Chiesa.
§ 6. I Vicari foranei, chiamati anche decani, arcipreti o con altro nome, e coloro i quali ne tengono le veci, « pro-vicari », « pro-decani », ecc. devono essere sempre sacerdoti.88
Pertanto, chi non è sacerdote non può essere validamente nominato a tali incarichi.
§ 1. Le azioni liturgiche devono manifestare con chiarezza l'unità ordinata del Popolo di Dio nella sua condizione di comunione organica89 e quindi l'intima connessione intercorrente tra l'azione liturgica e la natura organicamente strutturata della Chiesa.
Ciò avviene quando tutti i partecipanti svolgono con fede e devozione il ruolo che è proprio di ciascuno.
§ 2. Affinché, anche in questo campo, sia salvaguardata l'identità ecclesiale di ciascuno, vanno rimossi gli abusi di vario genere che sono contrari al dettato del can. 907, secondo cui nella celebrazione eucaristica, ai diaconi e ai fedeli non ordinati non è consentito proferire le orazioni e qualsiasi altra parte riservata al sacerdote celebrante - soprattutto la preghiera eucaristica con la dossologia conclusiva - o eseguire azioni e gesti che sono propri dello stesso celebrante.
È altresì grave abuso che un fedele non ordinato eserciti, di fatto, una quasi « presidenza » dell'Eucaristia lasciando al sacerdote soltanto il minimo per garantirne la validità.
Nella stessa linea risulta evidente l'illiceità di usare, nelle azioni liturgiche, da parte di chi non è ordinato, paramenti riservati ai sacerdoti o ai diaconi ( stola, pianeta o casula, dalmatica ).
Si deve cercare di evitare accuratamente perfino l'apparenza di confusione che può sorgere da comportamenti liturgicamente anomali.
Come i ministri ordinati sono richiamati all'obbligo di indossare tutti i paramenti sacri prescritti, così i fedeli non ordinati non possono assumere quanto non è loro proprio.
Ad evitare confusioni fra la liturgia sacramentale presieduta da un sacerdote o diacono con altri atti animati o guidati da fedeli non ordinati, è necessario che per questi ultimi si adoperino formulazioni chiaramente distinte.
§ 1. In alcuni luoghi le celebrazioni domenicali90 sono guidate, per mancanza di presbiteri o diaconi, da fedeli non ordinati.
Questo servizio, valido quanto delicato, viene svolto secondo lo spirito e le norme specifiche emanate in merito dalla competente Autorità ecclesiastica.91
Per guidare le suddette celebrazioni il fedele non ordinato dovrà avere uno speciale mandato dal Vescovo, il quale avrà cura di dare le opportune indicazioni circa la durata, il luogo, le condizioni e il presbitero responsabile.
§ 2. Tali celebrazioni, i cui testi devono essere quelli approvati dalla competente Autorità ecclesiastica, si configurano sempre come soluzioni temporanee.92
È proibito inserire nella loro struttura elementi propri della liturgia sacrificale, soprattutto la « preghiera eucaristica » anche se in forma narrativa, per non ingenerare errori nella mente dei fedeli.93
A tale scopo deve essere sempre ribadito ai partecipanti a queste celebrazioni che esse non sostituiscono il Sacrificio eucaristico e che il precetto festivo lo si soddisfa soltanto partecipando alla S. Messa.94
In tali casi, laddove le distanze e le condizioni fisiche lo permettano, i fedeli devono essere stimolati e aiutati a fare il possibile per adempiere al precetto.
I fedeli non ordinati già da tempo collaborano in diversi ambiti della pastorale con i sacri ministri perché « il dono ineffabile dell'Eucaristia sia sempre più profondamente conosciuto e perché si partecipi alla sua efficacia salvifica con sempre maggiore intensità ».95
Si tratta di un servizio liturgico che risponde ad oggettive necessità dei fedeli, destinato soprattutto agli infermi e alle assemblee liturgiche nelle quali sono particolarmente numerosi i fedeli che desiderano ricevere la sacra Comunione.
§ 1. La disciplina canonica sul ministro straordinario della sacra Comunione deve, però, essere rettamente applicata per non ingenerare confusione.
Essa stabilisce che ministro ordinario della sacra Comunione è il Vescovo, il presbitero e il diacono,96 mentre sono ministri straordinari sia l'accolito istituito, sia il fedele a ciò deputato a norma del can. 230 § 3.97
Un fedele non ordinato, se lo suggeriscono motivi di vera necessità, può essere deputato dal Vescovo diocesano, in qualità di ministro straordinario, a distribuire la sacra Comunione anche fuori della celebrazione eucaristica, ad actum vel ad tempus, o in modo stabile, adoperando per questo l'apposita forma liturgica di benedizione.
In casi eccezionali ed imprevisti l'autorizzazione può essere concessa ad actum dal sacerdote che presiede la celebrazione eucaristica.98
§ 2. Perché il ministro straordinario, durante la celebrazione eucaristica, possa distribuire la sacra Comunione, è necessario o che non siano presenti ministri ordinari o che questi, pur presenti, siano veramente impediti.99
Può svolgere altresì il medesimo incarico anche quando, a causa della particolarmente numerosa partecipazione di fedeli che desiderano ricevere la sacra Comunione, la celebrazione eucaristica si prolungherebbe eccessivamente per l'insufficienza di ministri ordinari.100
Tale incarico è suppletivo e straordinario101 e deve essere esercitato a norma del diritto.
A tale scopo è opportuno che il Vescovo diocesano emani norme particolari che, in stretta armonia con la legislazione universale della Chiesa, regolino l'esercizio di tale incarico.
Si deve prevedere, tra l'altro, che il fedele a ciò deputato venga debitamente istruito sulla dottrina eucaristica, sull'indole del suo servizio, sulle rubriche da osservare per la dovuta riverenza a così augusto Sacramento e sulla disciplina circa l'ammissione alla Comunione.
Per non ingenerare confusioni sono da evitare e rimuovere talune prassi, invalse da qualche tempo in alcune Chiese particolari, come ad esempio:
- il comunicarsi da se stessi come se si trattasse di concelebranti;
- associare alla rinnovazione delle promesse dei sacerdoti, nella S. Messa crismale del Giovedì Santo, anche altre categorie di fedeli che rinnovano i voti religiosi o ricevono il mandato di ministri straordinari della Comunione.
- l'uso abituale dei ministri straordinari nelle SS. Messe, estendendo arbitrariamente il concetto di « numerosa partecipazione ».
§ 1. In questo campo, i fedeli non ordinati possono apportare una preziosa collaborazione.102
Sono innumerevoli le testimonianze di opere e gesti di carità che persone non ordinate, sia singolarmente che in forme di apostolato comunitario, compiono verso gli infermi.
Ciò costituisce una presenza cristiana di prima linea nel mondo della sofferenza e della malattia.
Laddove i fedeli non ordinati accompagnano gli infermi nei momenti più gravi è loro precipuo compito suscitare il desiderio dei sacramenti della Penitenza e dell'Unzione, favorendone le disposizioni e aiutandoli nel preparare una buona confessione sacramentale e individuale come altresì per ricevere la Santa Unzione.
Nel ricorrere all'uso dei sacramentali i fedeli non ordinati avranno cura che tale gesto non induca a ravvisare in esso quei sacramenti la cui amministrazione è propria ed esclusiva del Vescovo e del presbitero.
In nessun caso possono fare unzioni quanti non sono sacerdoti, né con olio benedetto per l'Unzione degli infermi, né con olio non benedetto.
§ 2. Per l'amministrazione di questo sacramento, la legislazione canonica recepisce la dottrina teologicamente certa e la prassi multisecolare della Chiesa, ( Cf Gc 5,14-15 )103 secondo le quali l'unico ministro valido è il sacerdote.104
Detta normativa è pienamente coerente con il mistero teologico significato e realizzato per mezzo dell'esercizio del servizio sacerdotale.
Deve affermarsi che l'esclusiva riserva del ministero dell'Unzione al sacerdote è in rapporto con la relazione di detto sacramento con il perdono dei peccati e la degna ricezione dell'Eucaristia.
Nessun altro può svolgere il ruolo di ministro ordinario o straordinario del sacramento, e qualsiasi azione in questo senso costituisce simulazione del sacramento.105
§ 1. La possibilità di delegare fedeli non ordinati ad assistere ai Matrimoni può rivelarsi necessaria, in circostanze molto particolari di grave mancanza di ministri sacri.
Essa, però, è condizionata al verificarsi di tre requisiti.
Il Vescovo diocesano, infatti, può concedere tale delega unicamente nei casi in cui mancano sacerdoti o diaconi e soltanto dopo aver ottenuto, per la propria diocesi, il voto favorevole della Conferenza episcopale e la necessaria licenza della Santa Sede.106
§ 2. Anche in questi casi deve essere osservata la normativa canonica sulla validità della delega107 e sulla idoneità, capacità ed attitudine del fedele non ordinato.108
§ 3. Eccetto il caso straordinario previsto dal can. 1112 del CIC, per assoluta mancanza di sacerdoti o di diaconi che possano assistere alla celebrazione del Matrimonio, nessun ministro ordinato può autorizzare un fedele non ordinato per tale assistenza e la relativa petizione e ricezione del consenso matrimoniale a norma del can. 1108, § 2.
È particolarmente lodevole la fede con la quale non pochi cristiani, in dolorose situazioni di persecuzione, ma anche nei territori di missione e in casi di speciale necessità, hanno assicurato - e assicurano tuttora - il sacramento del Battesimo alle nuove generazioni, stante l'assenza dei ministri ordinati.
Oltre al caso di necessità, la normativa canonica prevede che, qualora il ministro ordinario mancasse o fosse impedito,109 il fedele non ordinato possa essere designato ministro straordinario del Battesimo.110
Tuttavia si deve fare attenzione ad interpretazioni troppo estensive ed evitare di concedere tale facoltà in forma abituale.
Così, per esempio, l'assenza o l'impedimento, che rendono lecita la deputazione di fedeli non ordinati ad amministrare il Battesimo, non possono configurarsi con l'eccessivo lavoro del ministro ordinario o con la sua non residenza nel territorio della parrocchia, come neanche con la sua non disponibilità per il giorno previsto dalla famiglia.
Tali motivazioni non costituiscono altrettante ragioni sufficienti.
Nelle attuali circostanze di crescente scristianizzazione e di allontanamento dalla pratica religiosa, il momento della morte e delle esequie può, talvolta, costituire una fra le più opportune occasioni pastorali per un incontro diretto dei ministri ordinati con quei fedeli che, abitualmente, non frequentano.
Pertanto è auspicabile che, anche con sacrificio, i sacerdoti o i diaconi presiedano personalmente i riti funebri secondo i più lodevoli usi locali, per pregare convenientemente per i defunti, avvicinandosi altresì alle famiglie e profittandone per una opportuna evangelizzazione.
I fedeli non ordinati possono guidare le esequie ecclesiastiche solo nel caso di vera mancanza di un ministro ordinato ed osservando le norme liturgiche in merito.111
A tale compito dovranno essere ben preparati, sia sotto il profilo dottrinale che liturgico.
È dovere dell'Autorità competente, quando ricorresse l'oggettiva necessità di una « supplenza », nei casi elencati negli articoli precedenti, di scegliere il fedele che sia di sana dottrina ed esemplare condotta di vita.
Non possono pertanto essere ammessi all'esercizio di questi compiti quei cattolici che non conducano una vita degna, non godano di buona fama, o si trovino in situazioni familiari non coerenti con l'insegnamento morale della Chiesa.
Inoltre, essi devono possedere la formazione dovuta per l'adeguato adempimento della funzione loro affidata.
A norma del diritto particolare perfezionino le loro conoscenze frequentando, per quanto è possibile, i corsi di formazione, che l'Autorità competente organizzerà nell'ambito della Chiesa particolare,112 in ambienti differenziati dai seminari, che vanno riservati ai soli candidati al sacerdozio,113 avendo grande cura affinché la dottrina insegnata sia assolutamente conforme al magistero ecclesiale e il clima sia veramente spirituale.
Indice |
53 | Cf Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio sulla « Collaborazione dei fedeli laici al ministero dei presbiteri », n. 3 |
54 | Ibid. |
55 | Cf Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio sulla « Collaborazione dei fedeli laici al ministero dei presbiteri », n. 3 |
56 | Cf Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico, Risposta ( 1° giugno 1988 ): AAS 80 (1988) p. 1373 |
57 | Cf Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Risposta ( 11 luglio 1992 ): AAS 86 (1994) pp. 541-542. Quando si prevede una funzione per l'inizio dell'affidamento di un compito di cooperazione degli assistenti pastorali al ministero dei chierici, si eviti di far coincidere o di unire detta funzione con una cerimonia di sacra ordinazione, come pure di celebrare un rito analogo a quello previsto per il conferimento dell'accolitato o del lettorato |
58 | In tali esemplificazioni si devono includere tutte quelle espressioni linguistiche che, negli idiomi dei diversi Paesi, possono essere analoghe o equivalenti ed indicanti un ruolo direttivo di guida o di vicarietà rispetto ad essa |
59 | Per le diverse forme di predicazione, cf C.I.C.,
can. 761; Missale Romanum, Ordo lectionum Missae, Praenotanda: ed. Typica altera, Libreria editrice Vaticana 1981 |
60 | Cost. dogm. Dei Verbum, n. 24 |
61 | Cf C.I.C., can. 756, § 2 |
62 | Cf ibid., can. 757 |
63 | Cf ibid. |
64 | Cost. dogm. Lumen gentium, n. 35 |
65 | Cf C.I.C., cann. 758-759; can. 785, § 1 |
66 | Cf Cost. dogm.
Lumen gentium, n. 25; C.I.C., can. 763 |
67 | Cf C.I.C., can. 764 |
68 | Cost.
Sacrosanctum Concilium, n. 52; cf C.I.C., can. 767, § 1 |
69 | Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap.
Catechesi tradendae, n. 48 ( 16 ottobre 1979 ); Pontificia Commissione per l'Interpretazione dei Decreti del Concilio Vaticano II, Risposta ( 11 gennaio 1971 ): AAS 63 (1971), p. 329; Sacra Congr. per il Culto Divino, Istruzione Actio pastoralis, n. 6d ( 15 maggio 1969 ): AAS 61 (1969), p. 809; Institutio Generalis Missalis Romani, n. 41, n.. 42, n. 165 ( 26 marzo 1970 ); Istruzione Liturgicae instaurationes, n. 2a ( 15 settembre 1970 ): AAS 62 (1970), 696; Sacra Congr. per i Sacramenti e il Culto Divino, Istruzione Inaestimabile donum, n. 3 ( 3 aprile 1980 ) |
70 | Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico, Risposta ( 20 giugno 1987 ): AAS 79 (1987), p. 1249 |
71 | Cf C.I.C., can. 266, § 1 |
72 | Cf ibid., can. 6, § 1, 2° |
73 | Cf Sacra Congr. per il Culto Divino, Direttorio Pueros Baptizatos per le Messe dei fanciulli, n. 48 ( 1° novembre 1973 ): AAS 66 (1974), p. 44 |
74 | Per quanto riguarda i sacerdoti che abbiano ottenuto la dispensa dal celibato, cf Sacra Congr. per la Dottrina della Fede, Normae de dispensatione a sacerdotali coelibatu ad instantiam partis ( 14 ottobre 1980 ), « Normae substantiales », art. 5 |
75 | Cf C.I.C., can. 517, § 1 |
76 | Si eviti, pertanto, di denominare con il titolo di « Guida della Comunità » - o con altre espressioni indicanti lo stesso concetto - il fedele non ordinato o un gruppo di essi ai quali viene affidata una partecipazione all'esercizio della cura pastorale |
77 | Cf C.I.C., can. 519 |
78 | Cf ibid., can. 538, §§ 1-2 |
79 | Cf C.I.C., can. 186 |
80 | Cf Congr. per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri Tota Ecclesia, n. 44 ( 31 gennaio 1994 ) |
81 | Cf C.I.C., cann. 497-498 |
82 | Cf decr. Presbyterorum Ordinis, n. 7 |
83 | Cf C.I.C., can. 514, can. 536 |
84 | Cf ibid., can. 537 |
85 | Cf C.I.C.,
can. 512, §§ 1 e 3; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1650 |
86 | Cf C.I.C., can. 536 |
87 | Cf ibid., can. 135, § 2 |
88 | Cf ibid., can. 553, § 1 |
89 | Cf Cost.
Sacrosanctum Concilium, nn. 26-28; C.I.C., can. 837 |
90 | Cf Cost.
Sacrosanctum Concilium, nn. 26-28; C.I.C., can. 1248, § 2 |
91 | Cf C.I.C.,
can. 1248, § 2; Sacra Congr. dei Riti, Istruzione Inter oecumenici, n. 37 ( 26 settembre 1964 ): AAS 66 (1964), p. 885; Sacra Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero Christi Ecclesia ( 2 giugno 1988 ) |
92 | Cf Giovanni Paolo II, Allocuzione ( 5 giugno 1993 ) |
93 | Sacra Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero
Christi Ecclesia, n. 35; cf anche C.I.C., can. 1384 |
94 | Cf C.I.C., can. 1248 |
95 | Sacra Congr. per la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Immensae caritatis, proemio ( 29 gennaio 1973 ) |
96 | Cf C.I.C.,
can. 910, § 1; cf pure Giovanni Paolo II, Lettera Dominicae Coenae n. 11 ( 24 febbraio 1980 ) |
97 | Cf C.I.C., can. 910, § 2 |
98 | Cf Sacra Congr. per la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione
Immensae caritatis, n. 1; Missale Romanum, Appendix: Ritus ad deputandum ministrum S. Communionis ad actum distribuendae; Pontificale Romanum: De institutione lectorum et acolythorum |
99 | Pontificia Commissione per l'Interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico, Risposta ( 1° giugno 1988 ): AAS 80 (1988), p. 1373 |
100 | Cf Sacra Congr. per la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione
Immensae caritatis, n. 1; Sacra Congr. per i Sacramenti e il Culto Divino, Istruzione Inestimabile donum, n. 10 |
101 | Il can. 230, § 2 e § 3 del C.I.C., afferma che i servizi liturgici ivi recensiti possono essere svolti dai fedeli non ordinati solo « ex temporanea deputatione » o per supplenza |
102 | Cf Rituale Romanum - Ordo Unctionis Infirmorum, praenotanda, n. 17 |
103 | San Tommaso d'Aquino, In IV Sent., d. 4, q. un.; Conc. Ecum. di Firenze, bolla Exsultate Deo (DS 1325); Conc. Ecum. Trid., Doctrina de sacramento extremae unctionis, cap. 3 e can. 4 de extrema unctione; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1516 |
104 | Cf C.I.C., can. 1003, § 1 |
105 | Cf ibid., can. 1379 e can. 392, § 2 |
106 | Cf ibid., can. 1112 |
107 | Cf ibid., can. 1111, § 2 |
108 | Cf ibid., can. 1112, § 2 |
109 | Cf C.I.C.,
can. 861, § 2; Ordo baptismi parvulorum, praenotanda generalia, nn. 16-17 |
110 | Cf C.I.C., can. 230 |
111 | Cf Ordo Exsequiarum, praenotanda, n. 19 |
112 | Cf C.I.C., can. 231, § 1 |
113 | Sono da escludersi i cosidetti seminari « integrati » |