Istituti
… secolariSommario
I - Le originiLa storia della consacrazione speciale di laici che vivono ed operano in pieno mondo risale sino ai tempi del cristianesimo primitivo, nei quali si ha chiara notizia di vergini totalmente dedicate al regno di Dio. A causa dell'estrema semplicità delle strutture ecclesiali e delle ricorrenti persecuzioni, quelle presenze rimasero isolate e limitate nel numero. Le vicissitudini dei secoli successivi e il consolidarsi della vita religiosa [ v. Vita consacrata ] resero sempre più marginale e limitato il fenomeno: sino a quando, agli inizi della crisi ecclesiale conseguente alla riforma protestante, s. Angela Merici fondò - intorno al 1530 - una compagnia di vergini nel secolo, le quali si dedicavano - in personale rispondenza alle obiettive esigenze che via via si manifestavano - ai poveri e soprattutto alla gioventù abbandonata, restando però inserite nella propria famiglia e nel proprio ambiente. L'idea tornò 260 anni dopo, nel clima rovente della rivoluzione francese, con il p. De La Clorivière. Dopo la soppressione degli ordini religiosi decretata dagli Stati Generali ( 1790 ) egli fondò due società, una sacerdotale ed una femminile ( i preti del s. Cuore di Gesù e le Figlie del Cuore di Maria ), ambedue con voti e regola ma senza vita comune, così pure senza abito e osservanza claustrale. Quando, infine, nella seconda metà del XIX sec. divenne manifesto il grave processo di scristianizzazione dei paesi europei, l'ideale riprese vita in vari paesi d'Europa. Nel 1938 questi organismi ( chiamati allora "sodalizi" ) erano una ventina presenti in otto paesi. I loro fondatori o responsabili parteciparono quell'anno a un convegno organizzato a San Gallo in Svizzera da p. Agostino Gemelli ofm con il consenso di Pio XI. Al termine firmarono una petizione al santo Padre perché concedesse ai sodalizi il riconoscimento giuridico. La cosa era molto difficile perché una piena consacrazione di laici non era prevista dal codice di Diritto Canonico, il quale anzi collocava coloro che professavano i ( v. ) consigli evangelici ( chiamati allora indiscriminatamente "religiosi" ) in posizione intermedia tra chierici e laici ( c. 107 ). Cosicché pareva ovvio che i due termini "laicità" e "consacrazione" si dovessero escludere a vicenda. Nel 1939 p. Gemelli stese - con la collaborazione di Giuseppe Dossetti - una "memoria" storico-giuridico-canonica sulle "associazioni di laici consacrati a Dio nel mondo". Ma, per disposizione del Sant'Uffizio, dovette ritirarla: i tempi non erano maturi. Otto anni dopo, però, cioè nel 1947, veniva promulgata la costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia, con la quale Pio XII dava finalmente vita agli "Istituti Secolari", riconosciuti dalla chiesa come « società, clericali o laicali, i cui membri, stando nel mondo, professano i consigli evangelici per acquistare la perfezione cristiana e per esercitare pienamente l'apostolato »; e ciò in due grandi direzioni: « rinnovare cristianamente le famiglie, le professioni e la società civile, con il contatto intimo e quotidiano di una vita stabilmente e totalmente consacrata alla perfezione »; « svolgere ministeri in luoghi, tempi e circostanze in cui i sacerdoti e i religiosi o non potrebbero esercitarli affatto o molto difficilmente ». L'anno successivo Pio XII, con il motu proprio Primo feliciter raccomandava che « nel dare un ordinamento a questi istituti » si assicurasse che « ciò che forma il carattere proprio e specifico di questi istituti, cioè la secolarità, in cui risiede tutta la loro ragione d'essere, sia sempre e in tutto messa in evidenza ». Precisava inoltre che « tutta la vita… deve convertirsi in apostolato » in modo tale che esso « manifesti lo spirito interiore che lo informa ed insieme lo alimenti e lo rinnovi continuamente ». Tale apostolato - inteso come dimensione globale della vita negli istituti secolari - doveva esercitarsi « veluti ex saeculo », cioè dall'interno del mondo. [ v. Vita consacrata III,5 ]. II - Consacrazione secolare. Secolarità consacrataL'ideale era ormai chiaramente espresso e ufficialmente riconosciuto. Si presentava ora il problema di tradurlo in un'esperienza collettiva coerente, in una dottrina organica e adeguatamente fondata. La cosa si rivelò difficile, specie a causa di alcuni teologi e canonisti che erano istintivamente portati a far rientrare - in un modo o nell'altro - la grande novità entro gli schemi del passato. Solo nel settembre del 1970, in occasione del primo convegno mondiale degli istituti secolari, a Roma, le questioni di principio furono definitivamente risolte. Il prefetto della Congregazione dei religiosi e degli istituti secolari, card. Ildebrando Antoniutti, affermò nella prolusione; « Per alcuni - non appartenenti certo a istituti secolari - la secolarità sarebbe una parvenza, un aspetto puramente fenomenico che nasconderebbe una ben diversa realtà: il che non è affatto vero. La secolarità la si deve intendere nel suo aspetto o contenuto logico che è il più semplice, il più normale, il più completo, il più comunemente inteso. Come il battesimo, la cresima, l'ordine, lasciano intatta la specifica secolarità del fedele, così la consacrazione degli istituti secolari lascia intatta la secolarità di chi ne è membro ». E il papa Paolo VI, dopo aver lungamente parlato ai convenuti della loro speciale consacrazione nella piena professione dei consigli evangelici, affermò recisamente per ben due volte: « Siete laici », precisando: « nella forma comune a tutti »; « la vostra scelta non vi separa dal mondo, da quella profanità di vita in cui i valori preferiti sono quelli temporali ». Il 2 febbraio 1972 Paolo VI riprese il tema ricordando il 25° anniversario della Provida Mater: « L'anima di ogni istituto secolare è stata l'ansia profonda di una sintesi; è stato l'anelito all'affermazione simultanea di due caratteristiche: 1) la piena consacrazione della vita secondo i consigli evangelici e 2) la piena responsabilità di una presenza e di una azione trasformatrice dal di dentro del mondo, per plasmarlo, perfezionarlo, santificarlo ». Nello stesso anno, parlando ai responsabili generali degli istituti secolari riuniti nella loro I assemblea mondiale, riprese e precisò ancor meglio il tema: « Voi siete ad una misteriosa confluenza tra due poderose correnti della vita cristiana, accogliendo ricchezze dall'una e dall'altra. Siete laici, consacrati come tali dai sacramenti del battesimo e della cresima, ma avete scelto di accentuare la vostra consacrazione a Dio con la professione dei consigli evangelici, assunti con obblighi e con un vincolo stabile e riconosciuto. Restate laici, impegnati nei valori secolari propri e peculiari del laicato, ma la vostra è una "secolarità consacrata" ». In tal modo, aggiungeva Paolo VI nel discorso alla II assemblea del Consiglio mondiale degli istituti secolari ( 25 agosto 1976 ), « se restano fedeli alla loro vocazione propria, gli istituti secolari diventeranno come il laboratorio sperimentale, nel quale la chiesa verifica le modalità concrete dei suoi rapporti con il mondo ». III - Vita evangelica. Consigli evangeliciIl decreto PC 2,a del Vat II afferma che « essendo norma fondamentale della vita religiosa il seguire Cristo come viene insegnato dal vangelo, questa norma deve essere considerata da tutti gli istituti come la loro regola suprema ». È un principio importante per la chiesa di oggi che vive, all'inizio di una nuova epoca storica, una delle avventure più ardue e decisive della sua storia. Rifarsi, nella sua genuinità e totalità, all'insegnamento di Cristo raccolto e trasmesso da coloro che lo ascoltarono direttamente e con lui vissero l'esperienza irrepetibile della prima comunità, è condizione assoluta per affrontare i problemi di una società travagliata da una profonda crisi spirituale, com'è appunto la nostra. Rileggere e rivivere a fondo il vangelo "sine glossa" ( s. Francesco d'Assisi ), evitando scelte - sempre arbitrarie - nel complesso dei temi ricchissimi ed insieme strettamente unitari che il vangelo esprime, rifiutando sia comodi riduttivismi come rigidi letteralismi, aprendosi invece in lealtà, semplicità, prontezza al significato degli insegnamenti di Cristo colto nella lettura comunitaria della chiesa sotto la guida autentica del magistero, mettendolo a diretto contatto con la nostra intera vita nelle sue dimensioni personali e sociali, spirituali e materiali, sacre e profane: questa - e questa soltanto - è la grande regola per tutti i consacrati e in modo particolarissimo per i membri degli istituti secolari. Ciò soltanto « garantisce che l'intenso diretto rapporto col mondo non diventi mondanità o naturalismo, ma sia espressione dell'amore e della missione di Cristo » ( Paolo VI, discorso del 2 febbraio 1972 ). In tale linea, continua Paolo VI, « i consigli evangelici - pur comuni ad altre forme di vita consacrata - acquistano un significato nuovo, di speciale attualità nel tempo presente ». Di questa attualizzazione il papa offre due versioni, la prima nel discorso ora ricordato, la seconda in quello tenuto qualche mese dopo, alla I assemblea del Consiglio mondiale degli istituti secolari ( 20 settembre 1972 ). Ne diamo qui una sintesi integrata: La castità è amore disinteressato e inesauribile attinto al cuore stesso di Dio; dedizione gioiosa a tutti senza legarsi ad alcuno; sforzo costante per un reale dominio di sé e vita nello spirito teso alle realtà celesti [ v. Celibato e verginità ] ; la povertà è retta uso dei beni creati; segno di solidarietà con i fratelli provati; uso dei mezzi della civiltà e del progresso senza divenirne schiavi [ v. Povero ]; l'obbedienza è umile accettazione della mediazione della chiesa e, più in generale, della sapienza di Dio che governa il mondo attraverso le cause seconde; rinuncia ad ogni comoda scelta personale, in piena disponibilità alla volontà di Dio quale appare dalla vita quotidiana, dai ( v. ) segni dei tempi, dalle esigenze di salvezza del mondo di oggi [ v. Obbedienza ]. L'ordine adottato mette al primo posto la castità. In effetti, come si afferma in un documento della Congregazione dei religiosi e degli istituti secolari ( Les personnes mariées et les instituts séculiers in Informationes 1976, 1 ), l'elemento essenziale e costitutivo della consacrazione a Dio in un istituto di perfezione è la castità perfetta nel celibato. È in essa il centro della vocazione specifica che caratterizza essenzialmente un istituto secolare e i suoi membri in senso stretto. L'allusione non è priva di significato. Infatti, benché Provida Mater disponesse, nella "Lex Peculiaris" ( art. 3, § 2 ), che i membri in senso stretto degli istituti secolari dovessero professare il celibato; e per conseguenza l'Istruzione Cum Sanctissimus ( 19 marzo 1948 ) prevedesse ( n. VII, a ) che le persone sposate potessero essere membri degli istituti secolari solo in senso largo, andava diffondendosi negli anni che seguirono il Vat II l'idea che la sottolineatura data dallo stesso ( GS 49 ) al « valore sacro dello stato matrimoniale » comportasse la possibilità di una integrazione completa di persone sposate negli istituti secolari. La Congregazione dei religiosi, con il documento citato, riaffermò senza esitazioni le direttive di Provida Mater e Cum Sanctissimus, prospettando l'eventualità di associazioni capaci di aiutare quegli sposati che volessero impegnarsi comunitariamente alla sequela di Cristo nello spirito delle beatitudini e dei consigli evangelici. IV - Comunità spiritualeLa vita di ogni membro di istituto secolare si svolge in duplice direzione: centrifuga ( inserzione in un settore del mondo, scelto per vocazione o per circostanze naturali ); centripeta ( confluenza nella comunità dell'istituto secolare nella quale si ritrovano i vari membri provenienti da situazioni diversissime, talvolta umanamente opposte ). La prima direzione vitale ( centrifuga ) afferma che la salvezza portata da Cristo, e vissuta in modo particolare da chi a lui interamente si dona, può essere direttamente e immediatamente recata in tutte le realtà temporali, a contatto con quelle strutture e situazioni ( lavoro dipendente, sindacato, politica, cultura, conflitti sociali ) che erano pur state il luogo di distacco del mondo moderno dalla sua matrice cristiana; e che è possibile vivere la pienezza della donazione a Dio nel servizio degli uomini immersi nel mondo scristianizzato di oggi, pregare - quanto è richiesto dalla speciale consacrazione - negli impegni stressanti e che pure obbligano in coscienza chi esercita a pieno titolo una professione profana o milita in una formazione sociale, mantenere l'equilibrio spirituale e psichico nella ridda degli eventi che sconvolgono la società attuale, senza l'appoggio di un convento ne il sostegno e l'incoraggiamento di una famiglia. La seconda direzione vitale ( centripeta ) stimola incessantemente a trovare il senso unitario, globalizzante, delle singole presenze nel mondo, ad animarle tutte di uno spirito comune, a renderle espressive di quella comunione universale, nel rispetto delle legittime diversità, che caratterizza l'ideale cristiano. È l' "unum sint" esteso dalla chiesa al mondo. L'istituto secolare è il primo campo di sperimentazione di questa difficile, ma indispensabile, unità. In esso l'operaio impara a vivere in una medesima comunità spirituale con l'industriale, l'uomo di cultura con il politico, il giovane con l'anziano: non nella contrapposizione dialettica o nel compromesso accomodante, ma nel profondo, a quel livello morale e religioso dove l'unità si produce a proposito dei valori e degli atteggiamenti supremi. L'istituto secolare svela a ciascuno, attraverso un contatto semplice e vitale, l'esistenza concreta degli altri, i loro problemi, i loro diritti; stimola a capirsi senza falsi irenismi, a rispettarsi senza finzioni, ad aiutarsi senza alcuna riserva, come uomini e come cristiani. Uscendo dagli incontri dell'istituto secolare il singolo torna nel suo punto di presenza al mondo con uno spirito rinnovato, reso più universale, animato dalla volontà di essere più attivo operatore di pace. Non in modo astratto o ingegnuo o mistificatore, s'intende. I conflitti restano, al di là delle buone intenzioni, e vanno presi sul serio, per ciò che di reale esprimono, pur nelle loro manifestazioni più dolorose. Ma il membro dell'istituto secolare impara a viverli orientandoli verso il superamento, sia pure lontano: in un quadro d'insieme nel quale gruppi e persone vadano trovando progressivamente il loro vero posto; nel riconoscimento dei reciproci diritti e doveri; in onestà e generosità, sacrificio e donazione; con incrollabile fiducia nella vittoria dell'amore che discende dal Padre di tutti gli uomini e si manifesta nell'universale salvezza operata da Gesù Cristo. V - Difficoltà e rimedi. Prova dei fatti1. Le resistenze opposte per così lungo tempo al riconoscimento canonico della consacrazione in pieno mondo non erano del tutto ingiustificate. L'esperienza di duemila anni aveva insegnato quanto fosse arduo realizzare nel mondo la pienezza di donazione che la speciale consacrazione comporta. Pareva impossibile prospettare, a moltitudini di persone, ideali tanto impegnativi « senza il presidio esterno della veste religiosa e della vita comune, senza la vigilanza dei superiori, i quali spesso erano lontani » ( Provida Mater, 10 ). Nel suo primo discorso agli istituti secolari ( 26 sett. 1970 ) Paolo VI riprese il tema notando come, nella forma di vita dei loro membri, « la norma morale è esposta a continue e formidabili tentazioni. La vostra disciplina morale dovrà essere perciò sempre in stato di vigilanza e di iniziativa personale, e dovrà attingere ad ogni ora dal senso della vostra consacrazione la rettitudine del vostro operare ». « Voi camminate sul fianco d'un piano inclinato che tenta il passo alla facilità della discesa e che lo stimola alle fatica dell'ascesa. È un cammino difficile, da alpinisti dello spirito ». Come assicurare che questo non resti solo allo stadio ideale, ma si concretizzi ogni giorno più nella vita di ogni membro di istituto secolare? Con un'intensa e costante « formazione nelle cose divine e umane », afferma il decreto PC 11, indicando nell'azione formativa il centro e il significato essenziale degli istituti secolari. Con la « fedeltà alla preghiera, che è il fondamento della solidità e della fecondità », aggiunge Paolo VI nel discorso alla II assemblea del Consiglio mondiale degli istituti secolari:
2. Gli istituti secolari hanno realizzato l'ideale che lo Spirito santo aveva promosso, e la chiesa ha riconosciuto e regolamentato? La loro forma di vita, umile e nascosta, raramente lascia trapelare all'esterno i frutti di santità e di fecondità apostolica che è chiamata a produrre. Valgano dunque, come rivelatori, due ordini di fatti: le parole dei papi e le "cause di beatificazione" in Pio XII: « I più antichi di questi istituti diedero buona prova di sé, e coi fatti e con le opere comprovarono che… si può conseguire con certezza un'intima ed efficace consacrazione di se stesso al Signore, non solo interna ma anche esterna… e che si ha così un mezzo molto adatto di penetrazione e di apostolato » ( Provida Mater, 9 ). « In questo nostro secolo gli istituti secolari si sono silenziosamente moltiplicati » ( Provida Mater, 12 ). Abbiamo « davanti agli occhi la moltitudine di tante anime nascoste con Cristo in Dio, le quali nel mondo aspirano alla santità e, con grande cuore ed animo volenteroso, consacrano tutta la vita a Dio » ( Primo feliciter, prologo ). Paolo VI: « Venticinque anni sono un tempo relativamente breve; essi tuttavia sono stati anni di particolare intensità paragonabili a quelli della giovinezza. È stata una fioritura magnifica » ( Discorso per il 25° anniversario di Provida Mater ). Cause di beatificazione.Contardo Ferrini e Giuseppe Moscati sono già stati proclamati beati, Armida Barelli serva di Dio. Solo quest'ultima era membro di un istituto secolare. Gli altri due morirono prima che nascesse questa forma di speciale consacrazione, ma senza dubbio parteciparono al grande movimento spirituale da cui essa ha avuto origine; e con la loro esperienza hanno dimostrato la reale possibilità di portare agli estremi, in una sintesi unitaria, la totalità di donazione a Dio nel servizio agli uomini, vissuta appieno nel mondo. |
|
Laico | |
Religiosi | |
Configurazione storica | Vita III,5 |
S. G. B. de La Salle |
|
S. Pietro Celestino | MF 127,1 |
Santa Maria Maddalena dei Pazzi | MF 130,2 |
Sant'Alessio | MF 143,2 |
Sant'Ignazio | MF 148,3 |
Ricompensa che, sin da questa vita, deve aspettarsi chi si è dedicato all'istruzione dei ragazzi e ha compiuto bene questo dovere | MR 207,1-3 |