Discorsi su argomenti vari |
1 - Anche l'anima ha bisogno del suo pane: come cercarlo
2 - Seguiamo il consiglio sull'elemosina e ci sarà aperto il cielo
3 - Diamo un pane che sfama per breve tempo; riceviamo un pane che elimina la fame
4 - I beni dati ai poveri sono trasferiti in cielo, dove si deve collocare anche il nostro cuore
5 - Nel giudizio finale valgono le opere buone, fatte o rifiutate a Cristo nel povero
6 - Si devono riscattare i peccati con l'elemosina
Il Signore mi sollecita attraverso il passo del Vangelo [ che è stato letto ], a parlarvi del pane celeste che dobbiamo chiedere.
É vero che abbiamo necessità del nostro pane terreno perché apparteniamo alla terra con il nostro corpo, ma se il corpo deve ricevere il suo pane, anche l'anima non deve restare priva del pane suo proprio.
Anche la nostra anima in questa vita si trova in stato di bisogno: ha necessità del pane che è suo alimento.
Tutti hanno bisogno di pane.
Dio solo, perché è lui il Pane, non ha bisogno di pane: è lui il Pane della nostra anima.
Lui che non ha bisogno del pane altrui, ma basta a se stesso, nutre anche noi.
É dunque manifesto qual è il Pane celeste, nutrimento della nostra anima.
Noi abbiamo bisogno di consiglio sul modo come giungere a pascerci di quel pane di cui ora raccogliamo poche briciole soltanto, per non perire di fame in questo deserto.
Il Signore dice: Chi mangerà di questo pane non avrà più fame, e chi berrà la bevanda che io darò, non avrà sete in eterno. ( Gv 6,52 )
Ci promette nutrimento abbondante e una sazietà che non dà nausea, ma sul modo come giungere a quella pienezza dalla condizione di fame in cui ci troviamo, abbiamo bisogno del consiglio.
Vano sarebbe il nostro bussare per avere quel pane se non accogliessimo il consiglio.
Esporrò dunque questo consiglio, o meglio lo farò presente alla memoria mia e vostra, poiché l'abbiamo appreso insieme; ma se uno non lo segue dico che non solo bussa invano, ma addirittura non bussa, perché il bussare consiste proprio nel seguire questo consiglio applicandolo in pratica.
Non vi dovete immaginare, o miei fratelli, che Dio abbia una vera e propria porta da chiudere duramente in faccia agli uomini, e che ci abbia detto di bussare perché dobbiamo battere alla porta finché a furia di battere ci facciamo udire dal padre di famiglia il quale dal fondo della sua dimora chieda chi mai bussi, chi rechi disturbo, e faccia aprire perché ci venga dato quello che chiediamo, e ce ne andiamo via.
Non è così ma è qualcosa di simile.
Come bussando presso qualcuno usiamo le mani, così anche per bussare presso il Signore.
Si devono usare le mani per bussare, altrimenti non solo si bussa invano, ma neppure si bussa; e non bussando, non si potrà neppure ottenere, non si potrà ricevere.
Voi volete sapere come bussare.
Voi chiedete ogni giorno, e fate bene a farlo perché è stato detto: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. ( Mt 7,7 )
É stato precisato che cosa dobbiamo fare: Chiedi, cerca, bussa.
Tu chiedi pregando, cerchi bussando, bussi dando l'elemosina.
Non smettere di usare le mani.
Quanto all'elemosina, l'Apostolo ha dato questi insegnamenti ai fedeli: A questo riguardo vi do un consiglio.
É una cosa vantaggiosa per voi, che già dall'anno scorso siete stati i primi a intraprenderla e anche a desiderarla. ( 2 Cor 8,10 )
E Daniele così disse al re Nabucodonosor: Accogli, o re, il mio consiglio e riscatta i tuoi peccati con l'elemosina. ( Dn 4,24 )
Se accogliamo il consiglio da cui ci viene il comando, o l'ammonimento, di dare parte di quello che possediamo a chi ha bisogno, non andiamo superbi del nostro atto.
Se è un consiglio quello che accogliamo, esso giova a noi più che ai poveri che aiutiamo.
Chi è disposto ad accogliere il consiglio, intende trarne giovamento, e chi dà il consiglio intende essere di aiuto, e mentre viene in aiuto, giova a colui che riceve il consiglio.
Ogni povero riceve l'elemosina in atteggiamento supplice e umile, e ringrazia - la superbia, se non si addice a chi dona, tanto meno si addice a chi riceve -; ma chi dona deve saper bene e ricordare non solo che cosa dà, ma anche che cosa a sua volta riceve.
Nel caso che il povero avvertisse della superbia in chi l'aiuta, se potesse prendersi la libertà di parlargli, gli domanderebbe per quali motivi si vanti superbamente: non può vantarsi di quello che gli ha dato perché è solo pane, pane che egli avrebbe riposto in casa senza curarsene, lasciandolo ammuffire e poi imputridire, buttato nella terra: fatto di terra, esso torna alla terra.
Quanto alle loro mani - quella del povero stesa a ricevere, l'altra protesa a dare -, il povero gli potrebbe far osservare che sono state fatte tutte e due allo stesso modo: terra la mano che dà, terra quella che riceve, così come è terra quello che viene donato.
Il pane che riceve, egli lo mangia per calmare il tormento della fame, e si dice grato del beneficio ricevuto.
Ma vuole invitare il ricco superbo a considerare l'insegnamento dato dallo stesso Signore Salvatore nostro: Quello che entra in bocca va a finire allo stomaco e quindi va a finire in una fogna. ( Mt 15,17 )
E anche l'apostolo Paolo dice: Il cibo è fatto per lo stomaco e lo stomaco per il cibo, ma Dio distruggerà l'uno e l'altro. ( 1 Cor 6,13 )
Il pane dunque, come ho detto, è terra che dalla terra va alla terra per sostenere e man mano ricostruire quella terra che è il nostro corpo.
Chi dà considera quello che dà, non quello che a sua volta riceverà, ma il povero dovrebbe richiamarlo a considerare che proprio ricevendo il suo aiuto, egli fa a lui un dono più grande della sua elemosina.
Se infatti non ci fosse uno che riceve, egli non potrebbe, con un po' di terra data in elemosina, acquistarsi il cielo.
É quindi bene per noi aprire al povero che bussa e fargli dare il pane per placare la sua fame, lenirgliene il tormento.
Come oseremmo non prestare ascolto a chi chiede?
Potremmo farlo se a nostra volta non dovessimo chiedere rivolgendoci a Colui che ha creato sia noi che il povero.
Ora diamo quello che poi chiederemo; esaudendo ora la richiesta del povero, ci prepariamo a essere esauditi a nostra volta.
Dobbiamo quindi ringraziare il Signore che ci permette di acquistare una cosa tanto preziosa a così basso prezzo: diamo il pane che si consuma nel tempo e riceviamo quello che dura in eterno, diamo quello che altrimenti dovremmo presto buttar via e riceviamo quello che godremo eternamente, diamo quello che sfama gli uomini e otteniamo di diventare compagni degli angeli; diamo quello che permette all'uomo di non patire per un po' la fame che riprenderà a tormentarlo, e riceviamo quello che ci permette di non patire più fame o sete.
Chi si rende conto di quello che riceve in confronto di quello che dà, non esiterà a dare.
Il povero, che ci ha condotto a fare tutta questa riflessione, potrebbe infine chiederci se crediamo subisca maggiore danno colui a cui venga rifiutato il pane terreno o colui che, rifiutando, si troverà impedito a giungere a Colui che ha fatto il cielo e la terra.
La conclusione è che, accogliendo il consiglio che ci viene dato, noi agiamo nel nostro interesse; propriamente non possiamo neppure dire di dare aiuto al povero perché l'aiuto lo diamo a noi stessi piuttosto che all'altro.
Dunque, fratelli miei, pensiamo secondo la verità e attingiamo la sapienza di vita dalla parola del Signore - se ci scostiamo da essa, noi periamo -; noi dobbiamo vivere non a modo nostro, ma seguendo il suo consiglio.
Solo così viviamo veramente.
Se possediamo dei beni da poter dare ai poveri e non li diamo, li abbandoneremo qui morendo o li perderemo già durante la vita.
Quanti perdettero all'improvviso i beni che tenevano nascosti con ogni cura!
Basta un assalto di nemici per far perdere ai ricchi i loro tesori; non possono chiedere agli invasori di rispettarli perché li hanno messi da parte per i loro figli.
Consideriamo questi casi.
Non vogliamo soffermarci sulle persone che ignorano Dio, le quali, perdendo in questa vita i beni cui davano tanta importanza, e non avendo alcuna speranza in un'altra vita, sono tenebre fuori e dentro, essendo spoglia dei loro tesori l'arca e ancor più spogli loro nell'animo.
Soffermiamoci invece sulle persone che hanno un po' di fede cristiana: dico un po' di fede perché se avessero una fede robusta e piena non avrebbero trascurato di seguire il consiglio del Signore.
Quando costoro dovessero assistere al saccheggio delle loro case o, senza potervi assistere, ne fossero condotti via prigionieri e vedessero al loro allontanarsi appiccato a esse il fuoco, trovandosi così spogli di tutto, si pentirebbero di non aver seguito il consiglio del Signore.
Ascoltiamo quale consiglio diede il nostro Signore Gesù Cristo al giovane ricco che gli chiedeva come potesse conseguire la vita eterna.
Non gli disse di buttar via quello che possedeva nel senso di buttar via i beni temporali per conseguire quelli eterni.
Non glielo disse perché vedeva che amava i suoi beni; gli disse invece di trasferirli dove non avrebbe dovuto perderli.
Egli amava i suoi tesori, le sue ricchezze, i suoi possedimenti, tutti i beni che possedeva sulla terra.
Li possedeva e li amava sulla terra, e qui anche li avrebbe perduti, perdendo insieme se stesso.
Per questo Gesù gli dà il consiglio di trasferirli nel cielo.
Possedendo i beni quaggiù li avrebbe perduti, aggiungendo anche alla perdita dei beni la propria perdizione; possedendo invece beni nel cielo, non li avrebbe perduti e lui stesso avrebbe potuto seguirli lassù.
Ecco dunque il consiglio di Gesù: Da' ai poveri e avrai un tesoro nel cielo.
Non vuole che quel giovane resti privo di beni: in cielo avrebbe goduto con tranquillità dei suoi beni, mentre il possederli sulla terra gli dava angustia.
Quindi l'esortazione a fare tale trasferimento non implica la perdita, ma la conservazione dei beni, dei veri beni.
Avrai un tesoro in cielo, dice, e aggiunge: Vieni e seguimi. ( Mt 19,16-21 )
Egli stesso lo condurrà dove è il suo tesoro.
Non è dunque una perdita, ma un guadagno il seguire il consiglio.
Siano vigilanti gli uomini, sapendo già per esperienza che cosa debbano temere, e facciano in modo di non avere più a temere, trasferendo i loro tesori in cielo.
In modo analogo, a proposito del frumento, potrebbe sembrare assurdo seppellire i grani di frumento in terra, dove c'è umidità e il seme imputridisce sì che sembra vada perduto il frutto della fatica.
Ma chi è inesperto, opera seguendo il consiglio dell'amico il quale sa che cosa avviene del frumento nella terra.
Voi ascoltate il consiglio dell'amico circa il frumento, non quello del Signore circa il vostro cuore; rifiutando di trasferire il vostro cuore su dalla terra, lo fate perdere sepolto nella terra, dove abbiamo invece paura di seppellire i grani di frumento.
Il consiglio che il Signore ci dà circa il nostro tesoro riguarda anche il nostro cuore, perché dice: Dov'è il tuo tesoro, là c'è anche il tuo cuore. ( Mt 6,21 )
É un invito a sollevare al cielo il nostro cuore perché non imputridisca nella terra; è un consiglio di chi ci vuole salvi, non dannati.
Se stanno così le cose, hanno ben da pentirsi coloro che non lo seguirono e ora considerano che avrebbero potuto possedere in cielo i beni che hanno perduto sulla terra.
Non potrebbero invadere il cielo i nemici che hanno invaso le loro case; è stato ucciso il servo che ne aveva la custodia, ma non potrebbe essere ucciso il Signore nostro Salvatore là dove non può arrivare alcun rapinatore, dove non rode la tignola.
Molti arrivano in tal modo a riconoscere che avrebbero dovuto riporre i loro tesori là dove dopo non molto avrebbero potuto raggiungerli loro stessi.
Si rammaricano di non aver ascoltato il Signore, di aver disprezzato l'ammonimento del Padre, di aver dovuto subire l'assalto dei nemici.
Questa l'esperienza che ha condotto molti a pentirsi.
Può essere di ammonimento un fatto che si dice realmente avvenuto.
Un tale, non ricco ma largo dei suoi modesti averi per abbondanza di carità, vendette a cento denari un suo possedimento e fece erogare parte della somma ai poveri.
Così fu fatto, ma intervenne a quel punto l'antico nemico, il diavolo, con l'intento di farlo pentire della sua buona opera e fargli rovinare con la mormorazione quello che aveva fatto in obbedienza al consiglio: il diavolo mandò un ladro a rubare tutto quello che era rimasto dopo la sottrazione della parte data ai poveri.
Si aspettava che uscisse da lui una bestemmia e invece uscì una esclamazione di lode; si aspettava che egli vacillasse nel bene e invece vi si rafforzò.
Il nemico voleva che si pentisse, di fatto si pentì, ma si pentì di non aver donato tutto.
Aveva infatti perduto - così diceva - quello che non aveva dato ai poveri, perché non lo aveva collocato là dove nessun rapitore ha accesso.
Non dobbiamo dunque esitare a seguire un consiglio così buono, se il consiglio è quello che si è detto, di trasferire i nostri beni là dove non li perderemo più.
I poveri ai quali diamo aiuto diventano i nostri corrieri che compiono per noi questo trasferimento dalla terra al cielo.
Noi diamo al corriere, ed egli trasporta in cielo quello che gli viene dato.
Forse qualcuno vorrebbe far osservare che il povero consuma mangiandolo quello che ha ricevuto.
Ma rispondiamo che proprio perché non lo tiene per sé, ma lo consuma nutrendosene, egli compie il trasporto di cui parliamo.
Non si dimentichi quello che è scritto: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno.
Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
E poi: Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me. ( Mt 25,34.35.40 )
Se non hai rifiutato di dare al mendicante che ti stava davanti, fa' attenzione a chi è pervenuto quello che hai dato: Ogni volta che avete fatto questo a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
Cristo riceve l'aiuto che avete dato, lo riceve lui che ci ha fatto dono di fare dono a lui, lo riceve lui che nella nostra fine ci farà dono di se stesso.
Confesso che il passo della Scrittura di Dio che ho citato mi ha sempre fortemente colpito.
Altre volte ve l'ho richiamato alla memoria per sollecitare la vostra Carità, ed è mio dovere sollecitarla spesso.
Vi prego di riflettere a quello che il nostro Signore Gesù Cristo dirà alla fine dei tempi, quando verrà per riunire alla sua presenza tutti i popoli e riunirà gli uomini in due gruppi, ponendo gli uni alla sua destra, gli altri alla sua sinistra.
A quelli alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
A quelli alla sua sinistra invece: Andate nel fuoco eterno che è preparato al diavolo e ai suoi angeli. ( Mt 25,35.41.42 )
Ci si chiede perché un premio così grande, perché un castigo così tremendo: Ricevete il regno e Andate nel fuoco eterno.
I primi ricevono il regno perché: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
Gli altri andranno nel fuoco eterno perché: Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare.
Cerchiamo di capire.
Coloro che riceveranno il regno hanno dato aiuto al povero come buoni fedeli cristiani, seguendo le parole del Signore, e sperando con fiducia nelle sue promesse; essi si comportarono così non ritenendo si addicesse alla loro vita santa restare nella sterilità, limitandosi solo ad astenersi dai vizi, non violando la castità, non abbandonandosi a ubriachezza, non commettendo frode, non facendo cattive azioni.
Se non avessero aggiunto gli atti di carità, sarebbero rimasti sterili, osservando soltanto la prima parte del precetto: Sta lontano dal male, e non l'altra parte: e fa' il bene. ( Sal 37,27 )
Anche a quelli a cui dice: Venite, ricevete il regno, non dà come motivazione il fatto che siano vissuti nella castità, lontani da frodi, che non abbiano oppresso il povero né rapinato i beni altrui, non abbiano fatto falso giuramento, bensì dice: perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
Questo fatto è dunque riconosciuto molto più importante, se il Signore tace il resto e indica solo questo merito.
In modo analogo quando agli altri dice: Andate nel fuoco eterno preparato al diavolo e ai suoi angeli, non presenta tante altre cause della loro condanna che avrebbe potuto addurre perché erano adùlteri, omicidi, ingannatori, sacrileghi, bestemmiatori, infedeli; invece dice solo: Ebbi fame e non mi avete dato da mangiare.
Vedo che questo colpisce anche voi e vi fa stupire; è in realtà cosa sorprendente.
Cercherò di coglierne per quanto posso il significato e ve lo comunicherò.
Sta scritto: Come l'acqua spegne il fuoco che divampa, così l'aiuto dato ai poveri cancella i peccati. ( Sir 3,29 )
E ancora: Riponi l'elemosina nel cuore del povero ed essa stessa pregherà per te il Signore. ( Sir 29,15 )
Abbiamo già citato sopra quest'altro passo: Ascolta, o re, il mio consiglio e riscatta i tuoi peccati con le elemosine. ( Dn 4,24 )
Questi sono alcuni dei molti passi della parola di Dio che dimostrano l'importanza dell'elemosina per estinguere e cancellare i peccati.
Sia di quelli che intende condannare sia di quelli che glorificherà, il Signore, come abbiamo udito, valuterà solo le opere buone, perché sarebbe difficile che, pesandoli ed esaminando attentamente le loro azioni, non trovi motivo per condannarli; invece dice: Entrate nel regno poiché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
Quindi saranno salvati non perché non abbiano peccato, ma perché hanno riscattato i loro peccati con le opere buone.
Gli altri invece che si sentiranno dire: Andate nel fuoco eterno che è preparato al diavolo e ai suoi angeli, posti sotto accusa come colpevoli, saranno pieni di tremore, seppure troppo tardi e, davanti ai propri peccati, non oserebbero dire ingiusta la propria condanna, ingiusta la sentenza pronunciata dal giudice sommamente giusto.
La riconoscerebbero senz'altro giusta perché riflettendo avrebbero consapevolezza delle proprie colpe e delle ferite da queste inferte alla loro coscienza.
Ad essi si riferisce quello che è scritto nella Sapienza: Le loro iniquità, drizzandosi davanti ad essi li accuseranno. ( Sap 4,20 )
Ma per far loro capire che il motivo della loro condanna non sta nelle altre colpe, come essi pensano, precisa: Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare.
Se infatti, allontanandosi da tutte le loro colpe e convertendosi a lui, avessero riscattato con le elemosine i loro peccati, le elemosine stesse ora li renderebbero liberi assolvendoli dall'accusa di pur gravi delitti.
É scritto infatti: Beati quelli che hanno compassione degli altri, perché Dio avrà compassione di loro. ( Mt 5,7 )
Invece risuona per loro la condanna: Andate nel fuoco eterno, perché: Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia. ( Gc 2,13 )
Desidero raccomandarvi, fratelli cari, di dare ai poveri il pane terreno e di bussare alla porta di quello celeste.
Il Signore è il nostro pane: Io sono il pane della vita. ( Gv 5,35 )
Egli non potrà darvi il suo pane se voi non date aiuto a chi è nel bisogno.
Avete davanti qualcuno che è nel bisogno, mentre a vostra volta siete nel bisogno davanti a un altro; sono diversi questi due rapporti di bisogno, il primo verso di voi, è bisogno nei confronti di uno che a sua volta è nel bisogno nei confronti di un altro che non ha bisogno di nulla.
Fa' da parte tua quello che vorresti sia fatto nei tuoi confronti.
Non deve capitare come tra gli amici che sogliono rinfacciarsi reciprocamente i favori fatti - a botta e risposta: Ti ho dato questo.
E io quest'altro.
Dio non vuole che noi ricambiamo i suoi doni.
Egli non ha bisogno di nessuno; per questo è il vero Signore: Ho detto al Signore: sei tu il mio Dio e non hai bisogno dei miei beni. ( Sal 16,2 )
E appunto perché, essendo il vero Signore, non ha bisogno dei nostri beni, ma vuole che noi facciamo qualcosa verso di lui, si è degnato di aver fame nei suoi poveri: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
Signore, quando ti abbiamo visto affamato?
Quando avete fatto ciò a uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avete fatto a me. ( Mt 25,37 )
E parimenti agli altri: Quello che non avete fatto a uno di questi piccoli, non l'avete fatto a me.
Per concludere, ascoltino bene gli uomini e valutino nel modo dovuto quale merito sia dar da mangiare a Cristo, quale colpa trascurare Cristo affamato.
Anche la penitenza dei peccati che sappiamo rinnova l'uomo facendolo migliore, non giova a nulla se non sarà resa feconda dalle opere di misericordia.
La Verità stessa lo testimonia per bocca di Giovanni, che a coloro che gli si avvicinavano diceva: Razza di vipere!
Chi vi ha fatto credere che potete sfuggire il castigo ormai vicino?
Fate dunque i frutti che provino la vostra conversione e non mettetevi a dire: Noi siamo discendenti di Abramo.
Perché vi assicuro che Dio è capace di far sorgere veri figli di Abramo da queste pietre.
La scure è già alla radice degli alberi, pronta a tagliare; ogni albero che non fa frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco.
A fare questi frutti richiama la frase precedente: Fate frutti che provino la vostra conversione.
Se mancano questi frutti, la penitenza infruttuosa non serve a fare ottenere il perdono dei peccati.
E quali frutti si debbano dare lo stesso Giovanni indica nel seguito rispondendo alle interrogazioni: Lo interrogavano le folle chiedendogli che cosa mai dovessero fare, cioè quali frutti egli, con le sue minacce, volesse spingerli a produrre.
Ed egli rispondeva: Chi possiede due abiti ne dia uno a chi non ne ha, e lo stesso faccia chi ha dei viveri. ( Lc 3,7-10 )
É una risposta chiara, sicura, esplicita.
L'altra frase citata: Ogni albero che non fa frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco, ha lo stesso significato delle parole che si sentiranno rivolgere quelli collocati alla sinistra: Andate nel fuoco eterno, poiché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. ( Mt 25,42 )
Non basta dunque smettere di peccare se si trascura di riparare le colpe del passato.
Dice infatti la Scrittura: Figlio, hai peccato? Non farlo più.
Ma perché non crediate che questo basti, aggiunge subito: e prega perché le colpe passate ti siano perdonate. ( Sir 21,1 )
Ma anche pregare non gioverà se non vi rendete degni di essere esauditi dando i debiti frutti del pentimento, in modo da non essere tagliati come albero sterile e gettati nel fuoco.
Se volete essere esauditi quando pregate per i vostri peccati: Perdonate e sarete perdonati, date e vi sarà dato. ( Lc 10,37-38 )
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