Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 109 (108)

1 - Il salmo parla di Giuda e dei Giudei, nemici di Cristo

Che questo salmo contenga una profezia riguardante il Cristo, l'avverte chiunque legga bene gli Atti degli Apostoli, nei quali appare evidente che fu predetto di Giuda, traditore di Cristo, quel che troviamo qui scritto: Diventino pochi i suoi giorni, e l'alto suo ufficio lo prenda un altro. ( Sal 109,8 )

Ciò avvenne quando Mattia fu messo al posto di Giuda ed assegnato come dodicesimo al numero degli Apostoli. ( At 1,15-26 )

Ma se noi tentassimo di applicare soltanto a quell'uomo tutte le cose che qui sono dette di un cattivo, non del tutto o a stento potrebbe ricavarsene un'esposizione adeguata; se invece le intendiamo di un tal genere di uomini cattivi, cioè dei Giudei nemici di Cristo ed ingrati, allora mi sembra che possano tutte esser più chiaramente interpretate.

Ed infatti, come si dicono alcune cose che propriamente sembrano riguardare solo l'apostolo Pietro e che pure non hanno un significato compiuto se non sono riferite alla Chiesa, di cui egli è riconosciuto figura e rappresentante in forza del primato che ebbe sui discepoli ( un esempio è dato dalle parole: A te darò le chiavi del regno dei cieli, ( Mt 16,19 ) e da altre simili ), così anche Giuda, in qualche modo, impersona in sé i Giudei, nemici di Cristo, i quali odiavano allora il Cristo e per successione, perdurando il genere di tale empietà, l'odiano ancora.

A questi uomini ed a questo popolo possono non senza ragione essere riferite non solo le cose che leggiamo esplicitamente di loro in questo salmo, ma anche quelle che propriamente ed espressamente sono dette di Giuda, come è quella che ho già ricordato: Diventino pochi i suoi giorni, e l'alto suo ufficio lo prenda un altro.

Ciò risulterà chiaro, con l'aiuto del Signore, quando giungeremo, secondo l'ordine della nostra spiegazione, ai rispettivi versetti.

2 - [v 2.] Calunnie e odio immotivato dei nemici di Cristo

Il salmo comincia dunque così: O Dio, non tacere la mia lode, perché la bocca del peccatore e la bocca dell'ingannatore si è aperta contro di me.

Questa frase dimostra, da una parte, che è falsa la riprensione, cui si abbandona l'uomo peccatore e ingannatore, e, dall'altra, che è vera la lode proclamata da Dio.

Dio infatti è verace, mentre ogni uomo è menzognero; ( Rm 3,4 ) nessuno può essere verace se non colui in cui parla Dio.

Ora la lode più alta è quella del Figlio unigenito di Dio, per cui viene appunto esaltato, secondo la sua propria natura, come Figlio unigenito di Dio.

Questa natura però non appariva, ma era nascosta sotto le apparenze della debolezza, quando la bocca del peccatore e dell'ingannatore fu aperta contro di lui, e fu aperta perché fu invece " coperta " la sua potenza.

Se poi si dice che si è aperta la bocca dell'ingannatore, è perché quell'odio, che era ingannevolmente dissimulato, proruppe all'esterno in parole.

Questo, del resto, è detto in forma esplicita nei versetti che seguono.

3 - [v 3.] Hanno parlato contro di me con lingua ingannatrice: ciò certamente avveniva quando lodavano Gesù come maestro buono, ipocritamente adulandolo.

Per questo in altro luogo si dice: E quelli che mi lodavano, giuravano contro di me. ( Sal 102,9 )

Dato che poi proruppero nel grido: Crocifiggilo, crocifiggilo! ( Gv 9,6 ) il Salmista subito dopo aggiunge: E mi hanno circondato con discorsi di odio.

Coloro che parlavano con lingua ingannatrice proferivano quasi parole non di odio, ma di amore; si dice contro di me, perché lo facevano per tendergli un tranello, e si precisa poi: con discorsi non di un falso ed ingannevole amore, ma di manifesto odio mi hanno circondato, e senza motivo mi hanno assalito.

Come i buoni amano Cristo disinteressatamente, così gli empi gratuitamente lo odiano, perché come la verità è ricercata di per se stessa dai migliori, senza prospettiva di nessun vantaggio al di fuori di essa, così è l'iniquità che ricercano i perversi.

Per questo anche presso gli autori della letteratura profana troviamo scritto di un uomo perverso: Piuttosto senza motivo egli era cattivo e crudele.1

4 - [v 4.] Sei i gradi di perfezione nella pratica della giustizia

In cambio di amarmi, dice, mi ingiuriavano.

A tal riguardo esiste una distinzione di sei classi, che basta solo citare perché siano facilmente comprese: rendere bene per male, non rendere male per male; rendere bene per bene, rendere male per male; non rendere bene per bene, rendere male per bene.

Le prime due classi sono proprie dei buoni, e la prima di esse è la migliore; le ultime due classi sono proprie dei cattivi, e la seconda di esse è la peggiore; le due classi intermedie appartengono, in qualche modo, ai mediocri, ma la prima di esse li avvicina ai buoni, la seconda li avvicina ai cattivi.

Tutto questo bisogna considerarlo alla luce della Sacra Scrittura.

Chi rende bene per male è il Signore stesso, il quale giustifica l'empio ( Rm 4,5 ) e, mentre pendeva dalla croce, disse: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. ( Lc 23,34 )

Ispirandosi a questo esempio, santo Stefano pregò inginocchiato per quelli che lo lapidavano, dicendo: Signore, non imputar loro questo peccato. ( At 7,59 )

A questo modo di agire si riferisce il precetto: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano e pregate per quelli che vi perseguitano. ( Mt 5,44 )

Che poi non si debba rendere male per male, lo afferma l'apostolo Paolo: Non rendendo a nessuno male per male; ( Rm 12,17 ) e lo dice pure l'apostolo Pietro: Non rendendo male per male, ( 1 Pt 3,9 ) né maledizione per maledizione, per cui anche nei Salmi si legge: Se ho reso del male a quelli che me lo facevano. ( Sal 7,5 )

Alla meno peggiore delle due ultime classi appartengono i nove lebbrosi i quali, dopo essere stati guariti dal Signore, non pensarono a rendergli grazie; ( Lc 17,12.18 ) ma all'ultima, che è la peggiore di tutte, appartengono quelli di cui parla questo salmo: In cambio di amarmi, mi ingiuriavano.

Essi infatti dovevano amore al Signore per i grandi suoi benefici, ed invece non solo non gli davano amore, ma in cambio di quel bene gli rendevano male.

Quanto alle due classi intermedie che - come abbiamo detto - appartengono, in qualche modo, agli uomini mediocri, sono tali che la prima, consistente nel rendere bene per bene, si riscontra anche nei buoni ed in quelli che sono mediocremente buoni o mediocremente cattivi.

Perciò il Signore non rimprovera questo modo di agire, ma non vuole che a questo solo si limitino i suoi discepoli, che intende, al contrario, spingere verso un ideale più alto, dicendo loro: Se amerete quelli che vi amano, cioè se renderete bene per bene, quale ricompensa ne avrete, cioè farete forse una grande azione?

Non fanno questo anche i pubblicani? ( Mt 5,46 )

Egli invece vuole che facciano questo e molto altro di più, cioè che amino non solo gli amici, ma anche i nemici.

La seconda di questa classe, consistente nel rendere male per male, si riscontra anche nei cattivi ed in quelli che sono mediocremente cattivi o mediocremente buoni, tanto è vero che la Legge stessa ha fissato per loro la misura della vendetta: Occhio per occhio, dente per dente; ( Dt 19,21 ) questa però - se così si può dire - è la giustizia degli ingiusti.

Non perché sia iniquo che ciascuno riceva in cambio quello che ha fatto, altrimenti la Legge non l'avrebbe mai stabilito; ma perché il desiderio della vendetta è un vizio e spetta, tra gli altri uomini, al giudice decidere di essa, piuttosto che sia il buono a ricercarla per sé.

Pertanto gli empi, decadendo da quella vetta della bontà, che fa rendere bene per male, a quale abisso di malvagità non sono arrivati col rendere male per bene!

Con quanta rapidità essi vi sono precipitati, attraversando i numerosi gradi interposti lungo la china!

Né dev'essere sottovalutato il loro peccato, perché non si dice: In cambio di amarmi, mi uccidevano, ma solo: m'ingiuriavano; in realtà essi lo uccisero perché lo ingiuriavano, negando che fosse Figlio di Dio e dicendo: Egli scaccia i demoni in virtù del principe dei demoni; ( Lc 11,15 ) ed ancora: Egli è un indemoniato e vaneggia, perché lo ascoltate? ( Gv 10,20 ) ed altre simili parole.

Con questa serie di ingiurie cercavano di allontanare da Gesù quelli che egli cercava di convertire; e perciò il Salmista ha preferito esprimersi così per dimostrare che sono più dannosi quelli che ingiuriano Cristo e con questo uccidono le anime, di quelli che, con le loro sevizie, distrussero la sua carne mortale, tanto più che questa sarebbe presto risorta!

5 - Cristo modello incomparabile di pazienza

Ma dopo aver detto: In cambio di amarmi, mi ingiuriavano, che si aggiunge? Io invece pregavo.

Veramente non è detto che cosa chiedeva pregando; ma che potremmo immaginare di meglio se non che pregava per loro?

Essi infatti ingiuriavano in forma gravissima il crocifisso, quando lo beffeggiavano come un semplice uomo che ormai avevano vinto; egli invece da quella sua croce diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno, ( Lc 23,34 ) sicché mentre quelli nel profondo della loro malvagità gli rendevano male per bene, egli dal sommo della sua bontà rendeva loro bene per male.

Si può, peraltro, immaginare che egli pregava pure per i suoi discepoli - come preannunciò anche prima della sua passione - perché la loro fede non venisse meno; ( Lc 22,32 ) mentre pendeva dal legno, per insegnare la virtù della pazienza, non volle dimostrare la sua potenza tra gli insulti dei suoi detrattori, che avrebbe potuto annientare con la forza del suo potere divino.

Ma per noi era molto più utile l'esempio che così ci dava della sua pazienza, più che se ci avesse proposto, distruggendo senza indugio i suoi nemici, di affrettarci impazientemente anche noi a vendicarci dei cattivi, che ci fanno del male.

Sta scritto infatti: Vale più l'uomo paziente che il forte. ( Pr 16,32 )

Alla luce dell'esempio del Signore, le parole divine, quando sentiamo: In cambio di amarmi, mi ingiuriavano; io invece pregavo, contengono un preciso insegnamento per noi: esse ci dicono che, quando scopriamo che alcuni sono ingrati non solo non rendendoci il bene, ma addirittura rendendoci il male per il bene, noi dobbiamo pregare.

Cristo certo pregava per gli altri, fossero i nemici che lo stavano seviziando, o i discepoli che erano nel dolore e rischiavano di perdere la fede; noi invece dobbiamo pregare prima di tutto per noi, perché, con l'aiuto misericordioso di Dio, possiamo vincere il nostro naturale che ci porta a desiderare la vendetta, quando, presenti o assenti, noi siamo ingiuriati.

Inoltre, nel ricordo della pazienza di Cristo, il quale, quasi destandosi all'improvviso, come avvenne quella volta che dormiva nella nave, ( Mt 8,24-25 ) rasserena la tempesta che ci ha intimamente sconvolto, noi dobbiamo con animo tranquillo e placato pregare anche per i nostri detrattori, per poter dire sicuri: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo. ( Mt 6,12 )

E - notiamo - egli li rimetteva, pur non avendo evidentemente nessun peccato da farsi rimettere.

6 - [v 5.] Il Salmo dice poi: E posero contro di me i mali in cambio dei beni.

E come se noi chiedessimo: Quali mali, ed in cambio di quali beni? soggiunge: E l'odio in cambio del mio amore.

È qui che consiste tutto il loro grave peccato!

Difatti come avrebbero potuto nuocergli se perseguitavano uno che accettava la morte non per necessità, ma di sua spontanea volontà?

Ma è l'odio in se stesso il delitto più grande del persecutore, anche se è volontaria la sofferenza del perseguitato.

È poi spiegato abbastanza il senso del precedente versetto: In cambio di amarmi, ( Sal 109,4 ) perché qui si aggiunge: in cambio del mio amore, intendendosi quindi che non gli dovevano un generico amore, ma un amore rispondente al suo amore.

Gesù stesso ricorda questo amore nel Vangelo, quando dice: Gerusalemme, Gerusalemme, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la gallina raccoglie sotto le ali i suoi pulcini, e tu non hai voluto! ( Mt 23,27 )

7 - Dio punisce il peccatore perché ama la giustizia

Il Salmista comincia poi a profetizzare i castighi che essi riceveranno in cambio della loro empietà, e li espone in modo tale da dare l'impressione che, per desiderio di vendetta, egli auspichi che avvengano; sono invece annunciati con assoluta certezza come eventi futuri, che si abbatteranno sopra quegli uomini ad opera della giustizia di Dio.

Senonché questo modo di predire gli eventi futuri sotto l'apparenza di un augurio di male non è compreso da alcuni, i quali pensano che qui si renda odio per odio e che al malanimo corrisponda il malanimo.

In realtà sono pochi davvero quelli che sanno distinguere tra la soddisfazione che, nella punizione dei cattivi, prova l'accusatore desideroso di sfogare i propri risentimenti e quella, ben diversa, del giudice che, con retta volontà di giustizia, punisce i peccati.

Il primo infatti rende male per male; l'altro invece, anche quando colpisce, non rende male per male, in quanto rende il giusto all'ingiusto, e ciò che è giusto non può essere che buono.

Egli dunque punisce non perché si compiace della disgrazia altrui, il che sarebbe male per male, ma perché ama la giustizia, il che è bene per male.

Ed allora non devono i ciechi introdurre l'ombra dei loro cavilli nella luce della Sacra Scrittura, ritenendo che Dio non punisca i peccati, né devono gli empi lusingarsi con la falsa scusa che egli renda male per male.

Ascoltiamo dunque quel che dice, nel suo sviluppo, il discorso divino, e nelle parole di chi sembra augurare del male intendiamo le predizioni di chi profetizza il futuro.

Elevando la nostra mente all'eterna sua legge, dobbiamo scorgere Dio che retribuisce secondo giustizia.

8 - [v 6.] Giuda traditore servo, non di Cristo, ma del diavolo

Metti sopra di lui il peccatore, ed il diavolo stia alla sua destra.

Mentre prima le espressioni di rimprovero si riferivano a più persone, ora il salmo parla di uno solo.

Prima infatti aveva detto: Hanno parlato contro di me con lingua ingannatrice, e mi hanno circondato con discorsi di odio, e mi hanno assalito senza motivo; in cambio di amarmi, mi ingiuriavano; io invece pregavo; e posero contro di me i mali in cambio dei beni, e l'odio in cambio del mio amore. ( Sal 109,3-5 )

Tutte queste cose sono dette di più persone.

Ora invece, preannunciando ciò che hanno meritato per queste loro iniquità e ciò che avverrà di loro secondo il giudizio divino, il testo dice: Metti sopra di lui il peccatore, come se volesse intendere solo colui che si abbandonò a quelle persone di cui aveva prima parlato come di suoi nemici.

Se dunque qui si preannuncia che Giuda, il traditore, secondo quel che è scritto negli Atti degli Apostoli, doveva essere punito con il giusto castigo, ( At 1,20 ) significa: Metti sopra di lui il peccatore, se non che il peccatore è colui che viene indicato nella parte seguente del versetto, dove si dice: Ed il diavolo stia alla sua destra?

In altre parole, ha meritato di avere sopra di sé il diavolo, cioè di esser soggetto al diavolo, chi non ha voluto essere soggetto a Cristo!

Sì dice ancora: Stia alla sua destra, perché egli ha preferito le opere del diavolo alle opere di Dio.

Per ognuno infatti si può non a torto chiamare destra la cosa che preferisce, come la mano destra è preferita alla sinistra.

Per tale ragione anche di quelli che hanno preferito a Dio i piaceri di questo mondo ed hanno chiamato beato il popolo che ne gode, è stato detto molto giustamente: La loro destra è la destra dell'iniquità. ( Sal 144,1 )

E proprio per aver chiamato beato il popolo che gode di questi piaceri la loro bocca ha proferito la vanità, come poco prima dice di essi lo stesso versetto.

Colui invece, la cui bocca proferisce la verità, contraddicendo l'affermazione di costoro che hanno chiamato beato il popolo che gode di quei piaceri, deve ripetere anche quel che segue nello stesso salmo: Beato il popolo, che ha come suo Dio il Signore! ( Sal 144,15 )

Egli infatti alla sua destra non ha il diavolo, ma il Signore, come è detto anche altrove: Scorgevo sempre il Signore al mio cospetto, poiché egli sta alla mia destra onde io non sia smosso. ( Sal 16,8 )

Il diavolo dunque stava alla destra di Giuda, quando preferì l'avarizia alla sapienza ed il danaro alla propria salvezza fino a tradire colui dal quale solo doveva essere posseduto, per non esser posseduto dall'altro: dico il demonio, le cui opere furono distrutte da Cristo, dal quale Giuda non volle esser posseduto.

9 - [v 7.] Giuda incapace di pregare salutarmente

Quando è sottoposto a giudizio, ne esca condannato.

Egli infatti non volle essere come uno che merita di sentirsi dire: Entra nel gaudio del tuo Signore, ma come uno del quale si dice: Gettatelo fuori nelle tenebre. ( Mt 25,21.30 )

E la sua preghiera si volga in peccato.

Il motivo è che non esiste preghiera giusta se non per mezzo di Cristo, che Giuda vendette con l'enormità del suo peccato: la preghiera che non è fatta per mezzo di Cristo non solo non può distruggere il peccato, ma si risolve essa stessa in peccato.

Ci si può domandare quando Giuda poté pregare in questo modo, per cui la sua preghiera si risolse in peccato.

Credo che questo avvenne prima che egli tradisse il Signore, quando già progettava di tradirlo: fin da allora infatti non poteva più pregare per mezzo di Cristo.

D'altra parte, dopo che l'ebbe tradito e ne sentì pentimento, se avesse pregato per mezzo di Cristo, avrebbe chiesto perdono e, chiedendo perdono, avrebbe avuto speranza e, avendo speranza, avrebbe sperato misericordia, e sperando misericordia, non si sarebbe impiccato per disperazione.

Il salmo dunque ha detto: Quando è sottoposto a giudizio, ne esca condannato; ma perché non si pensi che egli avrebbe potuto sottrarsi all'imminente condanna ricorrendo alla preghiera che aveva imparato con i suoi con discepoli e che dice: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) aggiunge: E la sua preghiera si volga in peccato, in quanto non era fatta per mezzo di Cristo, che egli non volle seguire, ma perseguitare.

10 - [v 8.] Si elencano le pene riservate al traditore

Diventino pochi i suoi giorni.

Sono chiamati i suoi giorni i giorni del suo apostolato, i quali si esaurirono già prima della passione del Signore, in conseguenza del suo delitto e della sua morte.

E quasi prevenendo la nostra domanda: Che avverrà dunque del sacro numero di dodici, nel quale il Signore ha voluto significativamente comprendere il gruppo dei primi suoi Apostoli? il testo aggiunge subito: E l'alto suo ufficio lo prenda un altro.

È come se dicesse: Sia egli punito per ciò che ha meritato, e quel numero sia reintegrato.

Se poi uno desidera sapere come questo sia avvenuto, legga gli Atti degli Apostoli.

11 - [v 9.] Diventino orfani i suoi figli, e vedova la sua moglie.

È chiaro che, essendo lui morto, i suoi figli divennero orfani e la sua moglie rimase vedova.

12 - [v 10.] Raminghi siano trasferiti i suoi figli, e vadano mendicando.

Sono chiamati raminghi, perché non sanno dove andare e sono del tutto privi di qualsiasi appoggio.

E siano scacciati dalle loro abitazioni.

Questo serve a spiegare il siano trasferiti, che precede.

Come poi tutto ciò si sia verificato per la sua moglie e i suoi figli, lo indicano i versetti che seguono.

13 - [vv 11.12.] Insidii l'usuraio tutta la sua sostanza, e dilapidino gli estranei tutte le sue fatiche.

Non ci sia chi l'aiuti. Ciò è detto in rapporto alla tutela della sua discendenza, e per questo si aggiunge: Né ci sia chi abbia compassione dei suoi piccoli figli.

14 - [v 13.] Ma poiché questi piccoli figli, anche senza un aiuto e un tutore, potrebbero sempre crescere in mezzo all'indigenza e agli stenti ed assicurare con la procreazione la conservazione della stirpe, subito dopo si aggiunge: Vadano i suoi nati allo sterminio, ed in una sola generazione sia cancellato il suo nome, cioè quel che da lui è stato generato non possa più generare e rapidamente sparisca.

15 - [v 14.] Responsabilità personale e responsabilità collettiva

Ma che significa quel che poi si soggiunge? Sia ricordata al cospetto del Signore l'iniquità dei suoi padri, e non sia cancellato il peccato della sua madre.

Bisognerà forse intendere che a lui saranno imputati anche i peccati dei suoi genitori?

Certamente questi peccati non sono imputati a colui che si è trasformato nel Cristo ed ormai più non è figlio degli iniqui, perché non ne imita i costumi.

È stato scritto con assoluta verità sia il monito: Imputerò i peccati dei padri ai figli, ( Es 20,5 ) sia quel che è detto per bocca del Profeta: Come è mia l'anima del padre, così è mia l'anima del figlio; l'anima che avrà peccato, morrà. ( Ez 18,4.20 )

Certamente questo secondo detto si riferisce a coloro che si convertono al Signore e non imitano le malvagità dei loro genitori: lo dimostra apertamente lo stesso Profeta quando dice che le iniquità dei genitori non recano danno a quelli che, praticando la giustizia, saranno ben diversi da loro.

E l'altro detto: Imputerò i peccati dei padri ai figli, ha questa aggiunta: i quali mi odiano, che vuol dire: come mi odiavano i loro genitori.

Si conclude quindi che, come l'imitazione dei buoni fa sì che ad uno siano cancellati anche i suoi propri peccati, allo stesso modo l'imitazione dei cattivi fa sì che uno ottenga e riceva non soltanto ciò che ha meritato, ma anche ciò che hanno meritato gli altri, che egli ha imitato.

Perciò, se Giuda si fosse mantenuto fedele al compito al quale era stato chiamato, in nessun modo sarebbero ricaduti su di lui i suoi personali trascorsi o l'iniquità dei suoi genitori.

Ma poiché non seppe tener fede alla sua adozione nella famiglia di Dio e preferì scegliere l'iniquità dell'antica sua stirpe, ritornò questa iniquità dei suoi padri al cospetto del Signore, onde in lui fosse anch'essa punita, e neppure il peccato della sua madre fu in lui cancellato.

16 - [v 15.] Stiano sempre contro il Signore, cioè i suoi padri e la sua madre stiano sempre contro il Signore, non perché abbiano ad opporsi al Signore, ma perché il Signore non dimentichi in costui i loro pessimi meriti, quando anche di questi gli darà la retribuzione.

Si dice insomma contro il Signore, intendendo al cospetto del Signore; ed infatti altri interpreti hanno tradotto così: Stiano sempre al cospetto del Signore; ed altri: Stiano sempre dinanzi al Signore, nel senso stesso in cui altrove è detto: Hai posto al tuo cospetto le nostre iniquità. ( Sal 90,8 )

Si dice poi sempre, perché quell'enorme delitto sia senza remissione tanto quaggiù, tanto nel mondo futuro.

Vada perduta dalla terra la loro memoria, s'intende cioè dei suoi padri e della sua madre.

È chiamata la loro memoria quella che viene conservata nel succedersi delle generazioni, ed il testo profetizza appunto che essa scomparirà dalla terra, in quanto sia Giuda stesso, sia i suoi figli, che erano come il ricordo vivente dei suoi padri e della sua madre, per mancanza di prole - come è già stato detto sopra - si sono estinti nel breve periodo di una generazione.

17 - Relazioni fra defunti e superstiti

Qui ci si domanda: È forse da credere che nella pena di Giuda rientri anche il fatto che, dopo la sua morte, la sua moglie e i suoi figli si siano ridotti a mendicare e siano andati vagando, scacciati dalle loro abitazioni, mentre l'usuraio insidiava tutta la sua sostanza e gli estranei dilapidavano tutte le sue fatiche e non c'era nessuno che aiutasse o avesse compassione dei suoi piccoli figli?

E ci rientra il fatto che siano morti presto senza successione?

Provano forse i morti un qualche dolore anche per gli eventi che, dopo la morte, accadono tra i loro congiunti?

O bisogna pensare che almeno conoscano questi eventi, di cui si risente altrove secondo i meriti, in bene o in male?

A tutto questo rispondo dicendo che costituisce una grave questione - e non può essere ora discussa perché richiederebbe troppo lunga fatica quella di stabilire se e fino a che punto e in che modo gli spiriti dei morti conoscano gli eventi che si verificano tra noi.

Tuttavia una cosa si può brevemente affermare: se i morti non avessero alcuna preoccupazione per noi, il Signore non metterebbe sulla bocca del ricco epulone, che soffriva i tormenti dell'inferno, queste precise parole: Ho sulla terra altri cinque fratelli ( … ), affinché non vengano anch'essi in questo luogo di tormenti. ( Lc 16,28 )

Ma in qualunque modo intendano il passo quelli che tentano di darne una diversa interpretazione, bisogna certo riconoscere che, se i morti sanno che vivono i loro congiunti, da questo  fatto non segue necessariamente che essi debbano anche sapere gli eventi, lieti o tristi, che si verificano tra i loro cari.

Non li vedono, infatti, né nel luogo delle pene, dove si trovava quel ricco, né nella sede dei beati, dove quello, pur da lontano, intravedeva Lazzaro e Abramo.

Io però dico questo: sono davvero pochi gli uomini che hanno una tale disposizione da trascurare o addirittura disprezzare, almeno finché vivono, quel che capiterà di bene o di male ai loro congiunti dopo la propria morte; sono invece molti - come dimostra la stessa loro sollecitudine nel raccomandare le ultime volontà e nel compilare i più diversi tipi di testamento - quelli che si adoperano abbastanza perché, dopo che sono morti, si trovino bene i loro congiunti.

Un lodevole disinteresse per la durata della loro discendenza, quale si ottiene con la successione delle generazioni, l'hanno soltanto coloro che mortificano se stessi per il regno dei cieli, e desiderano che facciano così i loro figli, o anelano di ricevere la corona del martirio, onde nessuno di loro rimanga su questa terra; tutti gli altri, invece, o quasi tutti, vogliono che dopo la loro morte siano felici in questa vita i propri cari e non vogliono che la loro stirpe finisca.

Ritorniamo allora al caso di Giuda: dopo l'infelice sua morte, avvenne che rimase vedova la moglie ed orfani i suoi figli e, mentre l'usuraio insidiava tutta la sua sostanza e gli estranei dilapidavano le sue fatiche, furono scacciati dalle  loro abitazioni e non trovarono alcuno che avesse pietà dei piccoli figli e finirono in una sola generazione senza lasciar discendenza.

Ora se tutto questo i morti lo avvertono, è per loro il colmo dei mali; se non lo avvertono, è motivo di spavento per i vivi.

Se poi si vuole spiegare come Giuda abbia potuto avere una tale sostanza che l'usuraio poteva insidiare e gli estranei dilapidare, quando già con gli altri undici Apostoli seguiva il Signore, è lecito pensare che avesse lasciato tutti i suoi averi al figli e alla moglie, ma senza spezzare sinceramente o stabilmente i vincoli di avarizia che a quei beni lo univano; egli, anche se avesse mostrato l'intenzione di venderli per distribuirli ai poveri, avrebbe fatto certamente come fece Anania dopo l'ascensione del Signore. ( At 5,1-2 )

Non aveva infatti il timore che il Signore nella sua divinità conoscesse la cosa, se pensava già di ingannarlo quando sottraeva dalla borsa le elemosine che vi erano messe. ( Gv 12,6 )

18 - [vv 6-15.] Molte e gravi le pene inflitte ai Giudei, uccisori di Cristo

Ma cerchiamo ormai di vedere, se ci è possibile con l'aiuto del Signore, come tutti questi fatti possano anche adattarsi al popolo giudaico, la cui ostilità verso il Signore è rimasta sotto forma di un odio tenace.

Di questo popolo - abbiamo detto - fu Giuda la figura e il rappresentante, come l'apostolo Pietro lo fu della Chiesa.

Metti sopra di lui il peccatore, ed il diavolo stia alla sua destra; ciò, come è stato inteso di Giuda, così va inteso di questo popolo, perché, respingendo da sé Cristo, divenne soggetto al diavolo, le cui suggestioni, in tutto quanto si riferisce alle malvagie passioni terrene, preferì all'eterna salvezza.

Quando è sottoposto a giudizio, ne esca condannato; perché, persistendo nella sua malizia e nella sua infedeltà, accumula sopra di sé l'ira per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere. ( Rm 2,5-6 )

E la sua preghiera si volga in peccato: perché non è fatta attraverso il Mediatore di Dio e degli uomini, Gesù Cristo uomo, ( 1 Tm 2,5 ) che è sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec. ( Sal 110,4 )

Diventino pochi i suoi giorni: ciò è da interpretare in relazione al regno, perché in seguito non durò molto a lungo il regno dei Giudei.

E l'alto suo ufficio lo prenda un altro: ritengo che come ufficio del popolo dei Giudei si possa convenientemente intendere la figura stessa di Cristo Signore, perché questi secondo la carne venne dalla tribù di Giuda e l'Apostolo afferma: Dico infatti che Cristo è stato ministro dei circoncisi a prova della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri. ( Rm 15,8 )

E il Signore stesso afferma: Non sono stato mandato se non per le pecore perdute della casa di Israele, ( Mt 15,24 ) e ad esse, in effetti, si presentò visibilmente nella sua carne.

Questo dissero i Magi, venuti dall'Oriente: Dov'è il Re dei Giudei, che è nato? ( Mt 2,1-2 )

Questo inoltre era scritto nel titolo posto sopra il crocifisso, ( Gv 19,19 ) sicché, quando i Giudei lo volevano cambiare, Pilato non senza ragione rispose: Quel che ho scritto, ho scritto. ( Gv 19,22 )

Perciò questo ufficio del popolo dei Giudei, cioè il ministero di Cristo Signore, lo prese un altro popolo: quello dei pagani.

Diventino orfani i suoi figli, perché di essi si dice: Ma i figli del regno saranno gettati fuori nelle tenebre. ( Mt 8,12 )

E divennero orfani, quando appunto perdettero il regno, che rappresentò come la perdita del padre; tuttavia si può intendere altrettanto bene che essi perdettero Dio Padre, perché, come dice la Verità: Chi non possiede il Figlio, non possiede neppure il Padre. ( 1 Gv 2,24 )

E vedova la sua moglie: come moglie in questo regno si può intendere la plebe, che i re assoggettano al loro dominio; essa divenne vedova, quando appunto perdette il regno.

Raminghi siano trasferiti i suoi figli, e vadano mendicando: una volta sconfitti, i figli del regno dei Giudei vagarono raminghi tra i pericoli e, sotto l'incalzare dei loro nemici, furono deportati dalla loro terra.

E che significa poi andar mendicando, se non vivere aspettando la compassione degli altri, come essi vivono sotto i re di quelle nazioni tra le quali furono deportati?

Siano scacciati dalle loro abitazioni: proprio questo è avvenuto.

Insidii l'usuraio tutta la sua sostanza, cioè di quel popolo.

Qui non si può meglio intendere che questo: non siano rimessi i loro debiti, i quali sono rimessi soltanto per mezzo di Cristo, che essi invece respinsero e che pure ha insegnato a dire: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )

Si dice poi tutta la sua sostanza nel senso di tutta la sua vita, onde non gli sia condonato nessun debito, cioè nessun peccato.

E gli estranei dilapidino le sue fatiche: gli estranei sono il diavolo e i suoi angeli, perché non accumulano tesori nel cielo quelli che non possiedono Cristo.

Non ci sia chi lo aiuti: chi è che aiuta uno se non lo aiuta Cristo?

Né ci sia chi abbia compassione dei suoi piccoli figli: quelli che sono rimasti orfani per aver perduto il padre, cioè il regno, o anche per aver perduto Dio, di cui hanno perseguitato ed odiato il Figlio, non trovano chi abbia compassione di loro non già per condurre o sostenere la vita terrena, ma per la vera vita, che è quella eterna.

Vadano i suoi nati allo sterminio: si tratta certo dello sterminio che dura in eterno.

In una sola generazione sia cancellato il suo nome: poiché sono stati generati, ma non rigenerati, quei figli sono cancellati in una sola generazione; non sarebbero infatti cancellati nell'altra, cioè nella rigenerazione, se la conoscessero e la rispettassero.

Sia ricordata al cospetto del Signore l'iniquità dei suoi padri: affinché il Signore renda a quel popolo, che persiste nella malizia, anche l'iniquità dei suoi padri.

Egli infatti dice loro così: Voi attestate a voi stessi di essere i figli di coloro che uccisero i Profeti; e poco dopo aggiunge: In modo che ricada sopra di voi tutto il sangue giusto che è stato versato sopra la terra, dal sangue del giusto Abele fino al sangue di Zaccaria. ( Mt 23,31.35.37 )

E non sia cancellato il peccato della sua madre: è il peccato di Gerusalemme, che è schiava con i suoi figli e che uccide i Profeti e lapida coloro che le sono inviati.

Stiano sempre contro il Signore la loro iniquità ed il loro peccato, s'intende perché non siano tolti dal cospetto del Signore e Dio ne faccia vendetta in eterno.

E vada perduta dalla terra la loro memoria: la terra di Dio è il campo di Dio, e il campo di Dio è la Chiesa di Dio: da questa terra è andata perduta la memoria di coloro che ne erano i rami naturali, i quali, per la loro incredulità, sono stati schiantati. ( Rm 11,20-21 )

19 - [vv 16.17.] I Giudei persecutori di Cristo anche nelle sue membra

Per il fatto che non si ricordò di usare misericordia: si può intendere o Giuda o questo popolo.

Ma è meglio applicare al popolo il verbo non si ricordò, perché, se esso uccise Cristo, almeno dovrebbe ricordarsene facendo penitenza, ed usar pure misericordia con le membra di Cristo, che invece perseguitò con ostinata costanza.

Perciò si dice che perseguitò l'uomo povero e mendico.

Anche questo può essere applicato a Giuda, perché il Signore non disdegnò di farsi povero, pur essendo ricco, affinché noi ci arricchissimo della sua povertà. ( 2 Cor 8,9 )

Ma come interpretare la parola mendico? Forse ricorre perché egli disse alla donna di Samaria: Dammi da bere, ( Gv 4,7 ) e poi sulla croce: Ho sete. ( Gv 19,28 )

Invece, per la frase che segue, non riesco proprio a trovare come si applichi al nostro stesso Capo, cioè a colui che è il salvatore del suo corpo e che Giuda perseguitò.

Difatti il testo, dopo aver detto: E perseguitò l'uomo povero e mendico, continua dicendo: e mortificare il compunto di cuore, cioè per mortificarlo ( anche così, infatti, alcuni hanno tradotto il verbo ).

Ora non si è soliti chiamare compunto di cuore se non colui che sente il rimorso dei propri peccati ed insieme il dolore nel farne penitenza; in questo senso, di quelli che avevano ucciso il Signore e che, dopo la sua ascensione, avevano ascoltato gli Apostoli, fu detto: Si sentirono il cuore compunto.

Ad essi si rivolse il beato apostolo Pietro, dicendo loro tra l'altro: Fate penitenza, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome del Signore Gesù Cristo, e vi saranno rimessi i vostri peccati. ( At 2,37-38 )

Ma, mentre codesti divennero le membra di colui le cui membra avevano prima inchiodato sul legno della croce, il popolo dei Giudei non si ricordò di usare misericordia; esso perseguitò l'uomo povero e mendico, ma nelle sue membra.

Di queste membra, per quanto attiene alle opere di misericordia, il Signore dirà: Qualunque cosa non avete fatta ad uno dei miei fratelli più piccoli, non l'avete fatta a me. ( Mt 25,45 )

E mortificare il compunto di cuore: egli, sì, fu compunto di cuore, ma nelle sue membra.

Tra coloro, poi, che perseguitavano per mortificare il compunto di cuore, c'era anche Saulo, il quale consentì alla morte di Stefano, che era anch'egli - giova sottolinearlo - di quelli che si sentirono il cuore compunto. ( At 7,59 )

Saulo però si ricordò di usare misericordia e, come al mattino divorava la preda, alla sera divise il bottino; ( Gen 49,27 ) fu anch'egli compunto di cuore, sicché anche in lui i Giudei perseguitarono il povero con l'intenzione di mortificare il compunto di cuore.

Questo infatti essi odiavano nell'apostolo Paolo: che, compunto di cuore, predicava quel Gesù che prima aveva perseguitato.

Mentre appunto stava perseguitando, per mortificare anch'egli il povero, il mendico ed il compunto di cuore nelle sue membra, udì dal cielo la voce: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,1-24 ) e divenne così compunto di cuore e cominciò a soffrire quelle stesse pene, che voleva infliggere al compunti di cuore.

20 - [v 18.] Scelte insensate fatte dai Giudei e conseguente castigo divino

Il Salmo continua poi, dicendo: E amò la maledizione, e verrà su di lui.

Benché anche Giuda abbia amato la maledizione, in quanto rubava dalla borsa e poi vendette e tradì il Signore, tuttavia fu quel popolo ad amare in forma più aperta la maledizione, quando disse: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli. ( Mt 27,25 )

E non volle la benedizione, e si allontanerà da lui.

Questo pure vale per Giuda, che rifiutò il Signore, nel quale si trova l'eterna benedizione; ma a rifiutare in forma più aperta la benedizione fu il popolo dei Giudei, al quale il cieco, che riebbe dal Signore la vista, disse: Volete forse anche voi diventare suoi discepoli? Ma esso non volle la benedizione e, prendendola come una maledizione, rispose: Sii tu un suo discepolo! ( Gv 9,27-28 )

In tal modo, si allontanò da esso la benedizione, che passò quindi alle genti.

E indossò la maledizione come un vestito: si può intendere sia Giuda sia quel popolo.

E gli penetrò come l'acqua nelle sue viscere.

La maledizione dunque sta fuori e sta dentro di lui: fuori come il vestito, dentro come l'acqua, perché cadde sotto il giudizio di colui, il quale può far perire nella geenna sia il corpo che l'anima, ( Mt 10,28 ) ed il corpo appunto sta fuori e l'anima dentro.

E come l'olio nelle sue ossa. Ciò dimostra che egli opera il male con compiacimento, e si guadagna così la maledizione, cioè la pena eterna; la benedizione invece costituisce la vita eterna.

Adesso, indubbiamente, le cattive azioni danno un senso di piacere, come l'acqua che penetra nelle viscere o come l'olio nelle ossa; ma se sono chiamate maledizione, è perché Dio ha preannunciato per esse i tormenti.

Tale maledizione è come l'olio nelle ossa, quando gli uomini ne prendono motivo per credersi forti, perché possono commettere il male quasi impunemente.

21 - [v 19.] Diventi per lui come un vestito, di cui si ricopre.

Se già prima si è parlato di vestito, che vuol dire questa ripetizione?

Forse la frase precedente: Indossò la maledizione come un vestito, ( Sal 109,18 ) differisce da questa che parla di un vestito che non si indossa, ma di cui ci si ricopre?

L'uomo infatti con la tunica si veste, con il pallio si ricopre.

E che significa tutto questo se non gloriarsi dell'iniquità anche al cospetto degli uomini?

E come una cintura - dice - di cui sempre si cinge.

Gli uomini generalmente e principalmente si cingono per essere più liberi nel lavorare, senza essere impediti dalle pieghe dei loro vestiti.

Chi dunque si cinge della maledizione è chi opera il male non per impulso improvviso, ma per un preordinato disegno, ed è tanto bravo nell'agire così da essere sempre preparato.

Per questo qui si dice: E come una cintura, di cui sempre si cinge.

22 - [v 20.] Questa è l'opera di quelli che mi ingiuriano davanti al Signore.

Il testo non dice che è la loro mercede, ma la loro opera, perché è evidente che, parlando di veste da indossare o di manto per ricoprirsi, parlando di acqua, di olio e di cintura, descriveva appunto le opere con cui si acquista la maledizione eterna.

Non è dunque soltanto Giuda, ma sono molti quelli a cui si riferisce l'espressione: Questa è l'opera di quelli che mi ingiuriano davanti al Signore.

È anche possibile però che sia stato usato il numero plurale al posto del singolare, come quando, dopo la morte di Erode, fu detto dall'Angelo: Sono morti coloro che volevano uccidere il bambino. ( Mt 2,20 )

Ma chi sono quelli che più ingiuriano Cristo davanti al Signore, se non coloro i quali fanno ingiuria alle parole stesse del Signore, dicendo che non è lui la persona preannunciata dalla Legge divina e dai Profeti?

E quelli - si aggiunge - che dicono cose cattive contro la mia anima, negando che lui, se l'avesse voluto, avrebbe potuto risorgere, quando egli stesso aveva detto: Ho il potere di dare la mia anima, ed ho il potere di prenderla di nuovo. ( Gv 10,18 )

23 - [v 21.] Relazioni tra il Figlio e il Padre, e tra Dio e l'uomo-Cristo

E tu, Signore, opera con me.

Alcuni hanno pensato che si dovesse sottintendere misericordia, ed altri hanno addirittura aggiunto questa parola, mentre i codici più corretti dicono così: E tu, Signore, opera con me a motivo del tuo nome.

Ed allora non bisogna prescindere da un senso più alto, intendendo che il Figlio abbia detto al Padre: Opera con me, perché le stesse ed identiche sono le opere del Padre e del Figlio.

Anche se qui vogliamo intendere la misericordia ( dato che segue subito la frase: Perché soave è la tua misericordia ), tuttavia, poiché non si dice: " operala in me ", o " operala sopra di me ", o qualcosa di simile, ma si dice: Opera con me, possiamo giustamente pensare che siano il Padre e il Figlio che congiuntamente operano la misericordia verso i cosiddetti vasi di misericordia. ( Rm 9,23 )

Ma si può anche intendere l'opera con me nel senso di " aiutami ".

Ciò si riscontra nel nostro modo abituale di parlare, quando, accennando a qualcosa che sta dalla nostra parte, diciamo che opera con noi.

Certamente il Padre aiuta il Figlio nella sua natura di servo, in quanto Dio aiuta l'uomo: per questo uomo il Padre è Dio e per questa natura di servo è anche Signore.

Infatti, nella sua natura di Dio, il Figlio non abbisogna di aiuto, possedendo in uguaglianza con il Padre l'onnipotenza, per la quale è anche lui che aiuta l'uomo.

Come infatti il Padre risuscita i morti e li fa vivere, così anche il Figlio fa vivere quelli che vuole; ( Gv 5,21 ) né diversi sono quelli che fa vivere il Padre da quelli del Figlio, né diverso è il modo in cui fa vivere il Padre da quello del Figlio, operando questi le stesse cose ed alla stessa maniera.

È vero dunque che, in quanto il Figlio di Dio è uomo, Dio l'ha risuscitato dai morti, cioè l'ha risuscitato il Padre, a cui egli dice nel Salmo: Risuscitami, ed io renderò loro la ricompensa; ( Sal 41,11 ) ma in quanto è Dio, è vero anche che egli ha risuscitato se stesso, per cui dice: Distruggete questo tempio, ed in tre giorni io lo risusciterò. ( Gv 2,19 )

Tutto questo l'ha espresso anche qui, se uno ci riflette attentamente: egli infatti ha ordinato di scrutare a fondo le Scritture, che danno testimonianza di lui, ( Gv 5,39 ) e non di scorrerle superficialmente.

Ora qui non dice semplicemente: Tu, Signore, Signore, opera con me, ma dice: e tu. Che significa e tu, se non " e io "?

Il fatto poi che non dice una sola volta Signore, ma ripete Signore, Signore, serve ad attestare l'affetto di chi prega, come l'altra espressione: Dio, Dio mio. ( Sal 22,2 )

E se, dopo aver detto: opera con me, ha aggiunto: a motivo del tuo nome, ha in particolare ricordato la grazia.

Ché, senza nessun merito anteriore di opere, la natura umana è stata elevata a un'altezza tanto sublime che tutto insieme il Verbo e la carne, cioè Dio e l'uomo, si chiama Figlio unigenito di Dio.

E questo è avvenuto perché chi era stato creatore ricercasse, mediante quel che non era perduto, quel che invece era perduto; onde il Salmo prosegue così: Perché soave è la tua misericordia.

24 - [v 22.] Liberami, perché io sono indigente e povero.

L'indigenza e la povertà costituiscono la debolezza, per la quale Cristo fu crocifisso.

E il mio cuore fu profondamente turbato dentro di me.

Questo si riferisce a ciò che egli disse nell'imminenza della sua passione: L'anima mia è triste fino alla morte. ( Mt 26,38 )

25 - [v 23.] Come l'ombra quando declina, fui portato via.

Con questo ha voluto significare la morte, perché, come dall'ombra che declina deriva la notte, così dalla carne mortale deriva la morte.

Fui scosso come le locuste. Ritengo che questo si comprenda meglio, riferendolo alle sue membra, ossia ai suoi fedeli.

E per esprimerlo un po' più chiaramente, ha preferito dire come le locuste, e non: come la locusta.

Veramente, anche con l'uso del numero singolare si potrebbero intendere molte locuste, come nella frase: Egli disse, e venne la locusta, ( Sal 105,34 ) ma il passo sarebbe più oscuro.

I suoi fedeli, dunque, furono scossi, cioè messi in fuga dai persecutori, mentre, sotto il nome di locuste, si è voluto indicare o il loro grande numero o il fatto che passarono di luogo in luogo.

26 - [v 24.] Le umiliazioni di Cristo, capo e corpo, compensate con l'immortalità beata

Le mie ginocchia si indebolirono per il digiuno.

Noi leggiamo che Cristo Signore fece digiuno per ben quaranta giorni, ( Mt 4,2 ) ma davvero una tale privazione di cibo provocò in lui l'effetto di indebolire le sue ginocchia?

O forse anche questo si comprende più compiutamente, riferendolo alle sue membra, ossia ai suoi santi?

E la mia carne si trasformò per ( l'unzione del ) l'olio, cioè per la grazia spirituale.

Per questo Cristo prende nome dal crisma, e il crisma significa appunto l'unzione.

La sua carne, ricevendo l'olio, non si è trasformata in uno stato peggiore, ma in uno migliore, in quanto cioè si è risollevata dall'umiliazione della morte alla gloria dell'immortalità.

Prima, pertanto, ha detto: Le mie ginocchia si indebolirono per il digiuno, dove ritengo sia stato indicato che quelli, tra le sue membra, i quali apparivano forti, vedendosi sottratto dai loro occhi il pane che serviva a sostentarli, vennero meno durante la sua passione fino al punto di negarlo: tale fu il caso di Pietro.

Subito dopo, quasi per rassicurarli e per impedir loro di soccombere per un cedimento completo, dice: E la mia carne si trasformò per ( l'unzione del ) l'olio, perché potessi - vuol dire - confermare con la mia risurrezione i discepoli scoraggiati per la mia morte, ed ungerli inviando loro lo Spirito Santo, che non sarebbe venuto su di essi, se non me ne fossi andato.

Questo infatti egli aveva detto: Non può lo Spirito venire, se io non me ne sarò andato; ( Gv 16,7 ) e questo ha detto anche l'Evangelista: Non era stato ancora dato lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. ( Gv 7,39 )

Non era stata ancora trasformata la sua carne!

Che poi si parli di acqua in ragione dell'abluzione o dell'infusione, o si parli di olio in ragione dell'esultanza e dell'ardore di carità, per simboleggiare lo Spirito Santo, non per questo egli è diverso da se stesso, se i simboli sono diversi.

Anche il leone e l'agnello sono animali molto diversi tra loro, eppure con l'uno e l'altro è stato simboleggiato Cristo.

Questi è leone per un motivo, ed è agnello per un altro, eppure non è un altro da sé.

Non è forte l'agnello e non è innocente il leone, ma Cristo è, ad un tempo, innocente come un agnello e forte come un leone!

Dice ancora in Isaia lo stesso Gesù Cristo: Lo spirito del Signore è sopra di me; perciò egli mi ha unto. ( Is 61,1 )

27 - [v 25.] Ed io divenni per loro oggetto di ludibrio, s'intende per la morte di croce.

Cristo infatti ci riscattò dalla maledizione della Legge, essendo divenuto per noi maledizione. ( Gal 3,13 )

Mi videro, e scossero il loro capo: perché lo videro che pendeva dal legno, ma non lo videro che era risorto; lo videro quando le sue ginocchia si indebolirono, ma non lo videro quando si trasformò la sua carne.

28 - [v 26.] Aiutami, o Signore, mio Dio; fammi salvo secondo la tua misericordia.

Questo può essere riferito all'intero organismo, cioè sia al capo, sia al corpo: al capo per la sua natura di servo, al corpo per i servi stessi, di cui si compone.

Nella loro persona poté, infatti, ben dire a Dio: Aiutami e fammi salvo, come in essi disse a Saulo: Perché mi perseguiti? ( At 9,4 )

E se poi ha aggiunto secondo la tua misericordia, ciò sta a ricordare la gratuità della grazia, che non è dovuta per le opere.

29 - [v 27.] Cristo mano di Dio nelle opere ad extra

E sappiano che la tua mano è questa, e che tu, Signore, l'hai fatta.

Egli ha detto sappiano di quelli stessi, per i quali pregò mentre infierivano contro di lui; questo perché tra coloro, per i quali divenne oggetto di ludibrio e che scuotevano il loro capo in segno di scherno, c'erano anche quelli che in seguito credettero in lui.

Quanti poi attribuiscono a Dio la forma di un corpo umano, imparino in che senso Dio possa avere la mano.

Se infatti quel che fa egli lo fa con la mano, fa forse questa mano con la sua mano?

In che senso dunque qui è detto E sappiano che la tua mano è questa, e che tu, Signore, l'hai fatta?

Dobbiamo pertanto comprendere che è Cristo: la mano di Dio; per questo altrove si dice: E a chi è stato rivelato il braccio del Signore? ( Is 53,1 )

Esisteva questa mano, e tuttavia egli la fece, perché in principio era il Verbo ( … ), e il Verbo si fece carne. ( Gv 1,1-14 )

Esisteva questo Verbo fuori del tempo secondo la divinità, e tuttavia fu fatto dalla stirpe di David secondo la carne. ( Rm 1,3 )

30 - [v 28.] Essi malediranno, e tu benedirai.

È dunque inutile e falsa la maledizione dei figli degli uomini, i quali amano la vanità e ricercano la menzogna; ( Sal 4,3 ) Dio invece, quando benedice, fa quel che dice.

Quelli che insorgono contro di me, siano confusi.

Per il fatto che insorgono, essi pensano di avvantaggiarsi un po' contro di me; però, quando io sarò esaltato al di sopra dei cieli e comincerà a diffondersi la mia gloria sopra tutta quanta la terra, saranno confusi.

Il tuo servo invece si allieterà: si può intendere o perché siede alla destra del Padre, o perché vive nelle sue membra, che si allietano ora, tra le tentazioni, nella speranza e si allieteranno, dopo le tentazioni, in eterno.

31 - [v 29.] Si rivestano di vergogna quelli che mi ingiuriano: cioè si vergognino per avermi ingiuriato.

Ma questo si può anche prendere in senso buono, se poi si correggono.

E si ricoprano, come in una cappa, della loro confusione.

Questa cappa, o, diploide, è un pallio doppio, sicché alcuni autori hanno tradotto così questo versetto: E si ricoprano, come in un pallio doppio, della loro confusione.

Si intende così che saranno confusi al di dentro e al di fuori, cioè sia davanti a Dio sia davanti agli uomini.

32 - [v 30.] Cristo liturgo nella Chiesa e a nome della Chiesa

Confesserò il Signore moltissimo con la mia bocca.

Il testo scrive nimis ( troppo ), che nell'uso comune della lingua latina suole esprimere il più di quel che è dovuto; il suo contrario è parum ( poco ), che significa il meno di quel che è dovuto.

Però nimis in greco si dice άγαν, mentre questo versetto non pone άγαν ma σφόδρα.

Questo termine è stato tradotto variamente dai nostri, i quali l'hanno reso qualche volta con nimis, qualche altra volta con valde ( molto ).

Ora se nimis viene inteso come equivalente di valde, può benissimo applicarsi alla lode, perché la confessione di cui qui si parla, significa lode.

In questo senso il testo continua: E in mezzo a tanti lo loderò.

Ciò è detto anche in un altro Salmo: In mezzo alla Chiesa ti canterò. ( Sal 22,23 )

Ma se a cantare è proprio la Chiesa, che è il corpo di Cristo, in che modo può cantare la Chiesa in mezzo alla Chiesa?

Così anche nel nostro passo, perché i tanti sono le membra di Cristo: se quando essi lodano, è lui che loda trattandosi delle stesse sue membra, in che modo può lodare in mezzo a tanti se si dice che, mentre lodano questi, già loda lui stesso?

O forse egli loda in mezzo a tanti, perché rimane quaggiù con la sua Chiesa fino alla consumazione del mondo? ( Mt 28,20 )

Ed allora l'espressione in mezzo a tanti può essere intesa nel senso che viene egli onorato da questa stessa moltitudine.

Si dice infatti che sta in mezzo colui che è oggetto di un onore speciale.

Se poi si riflette che il cuore è come al centro dell'uomo, non c'è per il passo una migliore interpretazione di questa: nei cuori di tanti lo loderò.

Cristo, invero, abita per la fede nei nostri cuori; ( Ef 3,17 ) e per questo si dice: con la mia bocca, cioè con la bocca del mio corpo, che è la Chiesa.

Difatti con il cuore si crede per la giustizia, e con la bocca si fa la confessione per la salvezza. ( Rm 10,10 )

33 - [v 31.] Perché egli si mise alla destra del povero.

Prima era stato detto di Giuda: Ed il diavolo stia alla sua destra, perché volle accrescere le sue ricchezze, vendendo Cristo; qui invece si dice che il Signore si mise alla destra del povero, perché sia egli stesso la ricchezza del povero.

Se si mise alla destra del povero, non lo fece per moltiplicargli gli anni di vita, destinata una volta a finire, né per accrescere il suo danaro, né per renderlo forte e vigoroso nel corpo o temporaneamente esente da ogni pericolo, ma per fare salva - dice - la mia anima da quelli che la perseguitano.

Ora l'anima si salva da quanti la perseguitano, quando non consente ad essi nel fare il male, e non consente ad essi, quando il Signore si pone alla destra del povero, per impedirgli di soccombere per la sua povertà, cioè per la sua debolezza.

Questo aiuto è stato offerto al corpo di Cristo nella persona di tutti i martiri santi.

Indice

1 Sallust., De Catil. coniurat. 16, 3