La grazia e il libero arbitrio |
Dunque una tale questione non mi sembra che si possa sciogliere in nessun modo, se non intendendo che anche le nostre stesse opere buone, alle quali si conferisce la vita eterna, appartengono alla grazia di Dio.
E il motivo è nelle parole del Signore Gesù: Senza di me nulla potete fare. ( Gv 15,5 )
E ancora l'Apostolo afferma: Per la grazia voi siete stati salvati mediante la fede, e ciò non proviene da voi, ma è dono di Dio; non in seguito alle opere, affinché per caso qualcuno non si glori. ( Ef 2,8-9 )
Egli vide senza meno che secondo l'opinione degli uomini questo concetto si potrebbe intendere nel senso che ai credenti non siano necessarie le opere buone, ma basti per essi la fede sola; e che inoltre gli uomini potrebbero gloriarsi per le opere buone, come se per compierle bastassero le loro sole forze.
Perciò aggiunge subito: Infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù in vista delle opere buone che Dio approntò affinché noi camminiamo in esse. ( Ef 2,10 )
Dopo che ha detto, per dare risalto alla grazia di Dio: Non in seguito alle opere, affinché per caso qualcuno non si glori, per quale motivo, come spiegazione, aggiunge: Infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù, in vista delle opere buone?
Come può stare allora: Non in seguito alle opere, affinché per caso qualcuno non si glori?
Ma ascolta e comprendi: ciò non avviene in seguito alle opere, ossia ad opere che siano tue e ti derivino da te stesso, bensì in seguito alle opere in vista delle quali Dio ti foggiò, cioè ti dette forma e ti creò.
Questo appunto significa: Infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù, in vista delle opere buone; non si tratta di quella creazione per la quale siamo stati fatti uomini, ma della creazione della quale chi era già uomo diceva: Crea in me un cuore puro, o Dio, ( Sal 51,12 ) e di cui dice l'Apostolo: Se dunque uno è in Cristo, è una nuova creazione; le vecchie cose sono passate.
Ecco, sono divenute nuove, e tutte vengono da Dio. ( 2 Cor 5,17-18 )
Dunque siamo foggiati, cioè riceviamo forma e siamo creati in vista delle opere buone, che non siamo noi ad avere approntato, ma che Dio approntò, affinché noi camminiamo in esse.
Pertanto, o carissimi, se la nostra vita buona altro non è che grazia di Dio, senza dubbio anche la vita eterna, che viene data in contraccambio alla vita buona, è grazia di Dio; ed essa pure viene data gratuitamente, perché è stata data gratuitamente la vita buona per la quale quella eterna viene concessa.
Ma quella vita buona per cui viene concessa, è semplicemente grazia; in definitiva questa vita eterna che viene concessa per essa, poiché di essa è premio, è grazia per grazia, come una ricompensa che contraccambia la giustizia.
E così si dimostra vero, perché è vero, che Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere. ( Mt 16,27; Rm 2,6; Sal 62,13 )
Ma forse voi volete sapere se abbiamo letto l'espressione grazia per grazia nei Libri santi.
Bene: avete il Vangelo secondo Giovanni, che splende di tanta luce, dove Giovanni Battista dice di Cristo nostro Signore: Noi dalla pienezza di lui abbiamo ricevuto, e grazia per grazia. ( Gv 1,16 )
Pertanto dalla pienezza di lui abbiamo ricevuto, in proporzione alla nostra capacità, come delle particelle nostre proprie affinché viviamo da buoni, secondo la misura della fede che Dio ha distribuito; ( Rm 12,3 ) poiché ciascuno ha da Dio il proprio dono, l'uno in un modo, l'altro in un altro, ( 1 Cor 7,7 ) questa è appunto la grazia.
Ma in aggiunta riceveremo anche grazia per grazia, quando ci sarà concessa la vita eterna, di cui l'Apostolo dice: Ma grazia di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore, dopo aver affermato: La paga del peccato è la morte. ( Rm 6,23 )
E giustamente è detta una paga, perché a chi combatte nelle file diaboliche la morte eterna viene conferita come un debito.
In quel passo avrebbe potuto dire, e con piena correttezza: Paga della giustizia è la vita eterna; ma ha preferito dire: Ma grazia di Dio è la vita eterna, affinché di qui potessimo capire che Iddio non ci conduce alla vita eterna per i nostri meriti, ma per la sua misericordia.
E di questo parla l'uomo del Signore nel Salmo, quando dice all'anima sua: Colui che ti incorona di pietà e misericordia. ( Sal 103,4 )
Non si rende forse una corona alle opere buone?
Ma dato che ad operare le opere buone nei buoni, è Colui del quale è detto: È Dio che opera in voi il volere e l'operare, secondo il suo beneplacito, ( Fil 2,13 ) è per questo che dice il Salmo: Ti incorona di pietà e misericordia, perché per sua misericordia compiamo le opere buone, alle quali si rende la corona.
Effettivamente non bisogna pensare che egli abbia eliminato il libero arbitrio, perché ha detto: È Dio che opera in voi il volere e l'operare, secondo il suo beneplacito.
Se fosse così non avrebbe detto sopra: Adoperatevi alla vostra salvezza con tremore e timore. ( Fil 2,12 )
Quando infatti si ordina ad essi di adoperarsi, si chiama in causa il loro libero arbitrio; ma se dice: con tremore e timore, è perché non si attribuiscano il fatto di operare bene e non si glorino delle opere buone come se appartenessero a loro.
Ma l'Apostolo, come se gli fosse rivolta la domanda: Perché hai detto: con tremore e timore? fornisce la spiegazione di queste parole con la frase: È Dio che opera in voi.
Infatti se voi temete e tremate, non vi potete gloriare delle opere buone come se fossero vostre, perché è Dio che opera in voi.
Allora, fratelli, voi attraverso il libero arbitrio dovete appunto non fare il male e compiere il bene: è questo che ci prescrive la legge di Dio nei Libri santi, sia dell'Antico, sia del Nuovo Testamento.
Ma leggiamoli e con l'aiuto del Signore cerchiamo di capire l'Apostolo quando dice: Perché nessun essere umano sarà giustificato per mezzo della legge davanti a lui; anzi per mezzo della legge si ha la cognizione del peccato. ( Rm 3,20 )
Ha detto la cognizione, non l'abolizione.
Ma quando l'uomo conosce il peccato, se non interviene l'aiuto della grazia a fargli evitare ciò che ormai conosce, senza dubbio la legge provoca lo sdegno.
Proprio questo dice l'Apostolo in persona in un altro passo; e queste sono parole sue: La legge provoca lo sdegno.
Così si è espresso perché l'ira di Dio è più forte nei confronti del trasgressore, che conosce per mezzo della legge il peccato e tuttavia lo commette; è appunto in questo caso che l'uomo è un trasgressore della legge, come spiega in un altro passo: Dove non c'è legge, non c'è neppure trasgressione. ( Rm 4,15 )
Per questo è detto anche altrove: Affinché serviamo nella novità dello spirito, non nell'antichità della lettera; ( Rm 7,6 ) con l'espressione: l'antichità della lettera vuol fare intendere la legge, ma la novità dello spirito che cos'è se non la grazia?
E per non far pensare che egli voglia accusare o riprendere la legge, subito si pone la domanda: Dunque che diremo?
Che la legge è peccato? Nemmeno lontanamente.
E continua: Ma non ho conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; è la stessa frase che aveva già detto: Per mezzo della legge si ha la cognizione del peccato.
Infatti - dice - io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non dicesse: Non desiderare.
Ma colta l'occasione, il peccato attraverso questo precetto ha operato in me ogni concupiscenza; effettivamente senza la legge il peccato è morto.
Io un tempo senza la legge vivevo; ma, sopraggiunto il precetto, il peccato è risorto, e io perdetti la vita; il precetto che aveva per scopo la vita si trovò per me a risolversi nella morte; il peccato infatti, colta l'occasione, attraverso il precetto mi ha tratto in fallo e per mezzo di quello mi ha ucciso.
Pertanto la legge è certo santa, e il precetto è santo, giusto e buono.
Dunque ciò che è buono, per me è divenuto morte? Nemmeno lontanamente.
Ma il peccato per manifestarsi come peccato, attraverso ciò che è buono mi ha prodotto la morte, affinché attraverso il precetto il peccatore o il peccato oltrepassasse ogni misura. ( Rm 7,7-13 )
E ai Galati dice: Sapendo che l'uomo non è giustificato grazie alle opere della legge, ma solo attraverso la fede in Gesù Cristo, anche noi abbiamo creduto in Gesù Cristo affinché siamo giustificati grazie alla fede di Cristo e non grazie alle opere della legge, perché grazie alle opere della legge nessuno sarà giustificato. ( Gal 2,16 )
Come possono dunque sostenere quegli esseri totalmente vuoti e del tutto fuorviati che sono i pelagiani, che la legge è la grazia di Dio, dalla quale riceviamo aiuto per non peccare?
Che vanno dicendo quei miseri, che senza alcuna esitazione osano contraddire la grandezza dell'Apostolo?
Egli dice che il peccato ha ricevuto forza contro l'uomo proprio dalla legge e che attraverso il precetto, benché santo e giusto e buono, tuttavia esso lo uccide e per mezzo di ciò che è buono gli produce la morte; ma dalla morte non si potrebbe liberare, se lo spirito non vivificasse colui che la lettera ha ucciso.
Così altrove dice: La lettera uccide, lo spirito invece vivifica. ( 2 Cor 3,6 )
Ma questi ribelli, ciechi di fronte alla luce di Dio e sordi di fronte alla sua voce, dicono che la lettera invece di uccidere vivifica, e si trovano a contraddire la verità che a vivificare è lo spirito.
Dunque, fratelli, per ammonirvi piuttosto con le parole stesse dell'Apostolo, noi siamo debitori non alla carne, così da dover vivere secondo la carne.
Se infatti vivrete secondo la carne, morrete; se invece farete morire le azioni della carne con lo spirito, vivrete. ( Rm 8,12-13 )
Ho detto ciò per distogliere dal male il vostro libero arbitrio ed esortarlo al bene attraverso le parole dell'Apostolo; non per questo tuttavia dovete gloriarvi nell'uomo, cioè in voi stessi, invece che nel Signore, se non vivete secondo la carne, ma fate morire le azioni di essa con lo spirito.
Infatti non voleva che quelli ai quali si rivolgeva così si inorgoglissero, pensando di poter fare opere tanto eccellenti con il loro proprio spirito, invece che con quello di Dio; e per questo prima dice: Se invece mortificherete le azioni della carne con lo spirito, vivrete; poi subito aggiunge: Quanti infatti sono guidati dallo spirito di Dio, questi sono figli di Dio. ( Rm 8,14 )
Quando dunque mortificate le azioni della carne con lo spirito affinché abbiate la vita, quello che glorificate, quello che lodate, quello che ringraziate, è Colui il cui Spirito vi guida ad essere capaci di tutto questo e a dimostrare di essere figli di Dio.
Quanti infatti sono guidati dallo spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
Dunque tutti quelli che, aggiungendosi il solo aiuto della legge, senza quello della grazia, e confidando nelle proprie facoltà sono guidati dal loro spirito, non sono figli di Dio.
A questa categoria appartengono quelli di cui l'Apostolo dice ancora: Non riconoscendo la giustizia di Dio, e volendo stabilire la propria, non si sono assoggettati alla giustizia di Dio. ( Rm 10,3 )
Parla così dei Giudei, i quali per la presunzione in se stessi rifiutavano la grazia e quindi non credevano in Cristo.
Egli dice che essi volevano stabilire la loro giustizia, che è la giustizia che proviene dalla legge.
Certo la legge non era stata stabilita da essi stessi; anzi, essi avevano stabilito la propria giustizia nella legge che proviene da Dio, perché credevano che le loro forze fossero in grado di adempiere questa medesima legge; con ciò essi non riconoscevano la giustizia di Dio, cioè non la giustizia di cui è giusto Dio, ma quella che proviene agli uomini da Dio.
E per persuadervi che la loro giustizia è intesa dall'Apostolo come quella che proviene dalla legge e quella di Dio come quella che da Dio proviene all'uomo, ascoltate ciò che egli dice altrove, parlando di Cristo: Per lui ho ritenuto che tutte le cose fossero non solo perdite, ma anche immondizie, per guadagnare Cristo e per ritrovarmi in lui non con la mia giustizia, che proviene dalla legge, ma con quella che si ha per mezzo della fede in Cristo, che proviene da Dio. ( Fil 3,8-9 )
Che significa infatti: Non con la mia giustizia, che proviene dalla legge?
La legge in sé non era sua, ma di Dio, però chiamava sua la giustizia, benché provenisse dalla legge, perché pensava di poter adempiere quest'ultima con la propria volontà, senza l'aiuto della grazia che si ha per mezzo della fede in Cristo.
Perciò, dopo aver detto: Non con la mia giustizia che proviene dalla legge, prosegue: ma con quella che si ha per mezzo della fede in Cristo, che proviene da Dio.
Era questa che ignoravano i Giudei, dei quali dice: non riconoscendo la giustizia di Dio, cioè quella che proviene da Dio ( e questa infatti la dà non la lettera che uccide, ma lo spirito che vivifica ), e volendo stabilire la propria ( e questa egli l'ha chiamata giustizia che proviene dalla legge, quando ha detto: non con la mia giustizia, che proviene dalla legge ), non si sono assoggettati alla giustizia di Dio, cioè non si sono assoggettati alla grazia di Dio.
Infatti essi erano sotto la legge, non sotto la grazia; e quindi su di essi dominava il peccato, dal quale non è la legge, ma la grazia che libera l'uomo.
Per questo altrove dice: Allora il peccato non dominerà più su di voi; infatti non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia; ( Rm 6,14 ) ciò significa non che la legge sia cattiva, ma che vi sottostanno quelli che essa rende rei fornendo precetti, ma non soccorsi.
La grazia appunto è quella che presta aiuto perché ciascuno sia esecutore della legge, mentre senza la grazia chi è sottoposto alla legge sarà soltanto un suo ascoltatore.
A chi è in tale condizione pertanto dice: Voi che cercate di giustificarvi nella legge siete decaduti dalla grazia. ( Gal 5,4 )
Chi sarà così sordo verso le parole apostoliche, chi sarà così stolto, anzi così folle e incosciente nei propri discorsi da avere il coraggio di sostenere che la legge è la grazia?
Chi sapeva pienamente ciò che diceva, non grida forse: Voi che cercate di giustificarvi nella legge siete decaduti dalla grazia?
Se dunque la legge non è la grazia, poiché al fine di applicare la legge stessa non è la legge che può aiutare, ma la grazia, la grazia sarà forse la natura?
In effetti i pelagiani hanno osato dire anche questo: che la grazia sarebbe la natura, nella quale siamo stati creati in possesso di una mente razionale, che ci mette in grado di capire, fatti ad immagine di Dio, per dominare sui pesci del mare, gli uccelli del cielo e tutte le bestie che strisciano sulla terra.
Ma non è questa la grazia che l'Apostolo raccomanda attraverso la fede in Cristo.
Infatti è certo che questa natura noi l'abbiamo in comune anche con gli empi e i non credenti; la grazia invece, che è data attraverso la fede in Cristo, appartiene solo a quelli che possiedono appunto la fede; infatti la fede non è di tutti. ( 2 Ts 3,2 )
Come a coloro che sono decaduti dalla grazia perché vogliono trovare la loro giustificazione nella legge, con tutta verità l'Apostolo dice: Se la giustizia proviene dalla legge, dunque Cristo è morto per niente; ( Gal 2,21 ) così, se alcuni sono convinti che la grazia raccomandata e ricevuta dalla fede in Cristo sia la natura, anche a loro con tutta verità si può dire: Se la giustizia proviene dalla natura, dunque Cristo è morto per nulla.
Infatti nel nostro mondo la legge c'era già, e non giustificava; c'era già anche la natura, e non giustificava; perciò Cristo non è morto per nulla, ma perché per mezzo suo la legge si adempisse.
È così che egli dice: Non sono venuto ad abolire la legge, ma a completarla. ( Mt 5,17 )
E contemporaneamente è morto perché la natura guastata per colpa di Adamo per mezzo suo fosse restaurata.
Infatti dice anche di essere venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto; ( Lc 19,10; Mt 18,11 ) e credettero in questa sua futura venuta anche gli antichi Padri, che amavano Dio.
Dicono anche: La grazia di Dio, che è stata data per mezzo della fede in Gesù Cristo e che non è né la legge né la natura, è valida a questo scopo soltanto, a rimettere i peccati trascorsi, non ad evitare quelli futuri o a superare le difficoltà che ci si oppongono.
Ma se questo fosse vero, certamente nella preghiera domenicale, dopo aver detto: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, non aggiungeremmo: e non spingerci in tentazione. ( Mt 6,12-13 )
Infatti la prima frase la diciamo perché ci siano rimessi i peccati, la seconda perché possiamo evitarli o vincerli.
E questo certo non lo chiederemmo per nessun motivo al Padre che è nei cieli, se potessimo realizzarlo con il solo potere della volontà umana.
A questo punto mi richiamo alla Carità vostra e molto vi raccomando di leggere diligentemente il libro che il beato Cipriano scrisse su L'orazione domenicale; per quanto vi soccorrerà l'aiuto del Signore, cercate di capirlo ed apprendetelo a memoria.
Lì potrete vedere in qual maniera egli si rivolga al libero arbitrio di quelli che con la stesura del suo lavoro vuole confermare nella fede; intende evidentemente dimostrare che bisogna invocare nella preghiera quelle cose che nella legge ci si ordina di compiere.
Ma quello si farebbe proprio del tutto inutilmente, se a compiere quelle cose fosse sufficiente la volontà umana senza l'aiuto divino.
Quelli che pensano così non difendono il libero arbitrio, ma esagerandolo lo distruggono, e si può comprovare contro di essi che quella grazia che ci viene concessa per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore non è né la conoscenza della legge divina, né la natura, né la semplice remissione dei peccati.
Al contrario è proprio essa a fare sì che la legge si adempia, la natura si liberi, il peccato non domini.
Ma quando si è dimostrato che sono pienamente in fallo su tutto ciò, essi si rivolgono a quest'altra tesi: si sforzano di dimostrare con ogni mezzo che la grazia di Dio è concessa secondo i nostri meriti.
Essi dicono: "Anche se essa non è concessa secondo il merito delle opere buone, perché è per mezzo di essa che operiamo bene, tuttavia è concessa secondo il merito della volontà buona; infatti la volontà buona di colui che prega, precede la grazia e prima ancora c'è stata la volontà di colui che crede: la grazia di Dio che esaudisce segue secondo questi meriti".
Della fede, cioè della volontà del credente, ho già discusso più sopra, e ho dimostrato che essa è congiunta alla grazia a tal punto che l'Apostolo non dice: Ho ottenuto la misericordia perché ero fedele, ma invece: Ho ottenuto la misericordia di essere fedele. ( 1 Cor 7,25 )
Ci sono anche altre testimonianze, fra le quali questa: Ragionate con modestia, secondo la misura della fede che Iddio ha distribuito a ciascuno; ( Rm 12,3 ) ed anche il passo che ho già ricordato: Per la grazia voi siete stati salvati mediante la fede, e ciò non proviene da voi, ma è dono di Dio. ( Ef 2,8 )
Viene poi quello che scrive agli Efesini: Pace ai fratelli e carità con fede da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo; ( Ef 6,23 ) e ancora l'altro passo in cui dice: Perché a voi è stato donato per favore di Cristo non solo di credere in lui, ma anche di patire per lui. ( Fil 1,29 )
Dunque entrambe le cose appartengono alla grazia di Dio, sia la fede di coloro che credono, sia la sopportazione di coloro che soffrono, perché dice sia dell'una che dell'altra che sono state donate.
Ma il passo principale è: Avendo il medesimo spirito di fede. ( 2 Cor 4,13 )
Infatti non dice: scienza della fede, ma: spirito di fede; e lo dice appunto per farci capire che la fede viene concessa anche se non richiesta, allo scopo di concedere altri doni a chi li richiede.
Come infatti invocheranno - dice - Colui nel quale non hanno creduto? ( Rm 10,14 )
Dunque lo spirito della grazia fa sì che abbiamo la fede, e per mezzo della fede otteniamo con la preghiera di avere la forza di fare ciò che ci viene comandato.
Perciò lo stesso Apostolo continuamente antepone la fede alla legge, perché non siamo in grado di fare ciò che la legge comanda se non otteniamo la capacità di farlo pregando attraverso la fede.
Infatti se la fede appartiene solamente al libero arbitrio e non viene data da Dio, per quale motivo preghiamo a favore di coloro che non vogliono credere per ottenere che credano?
Senz'altro faremmo ciò invano, se non credessimo nella maniera più giusta che Dio onnipotente può convertire alla fede anche le volontà traviate e contrarie ad essa.
Batte certo sul libero arbitrio dell'uomo chi dice: Oggi se udrete la voce di lui, non indurite i vostri cuori. ( Sal 95,8 )
Ma se Dio non potesse eliminare anche la durezza del cuore, non direbbe per bocca del Profeta: Toglierò loro il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne. ( Ez 11,19 )
E che questa predizione è riferita al Nuovo Testamento, lo dimostra a sufficienza l'Apostolo quando dice: La nostra lettera siete voi, scritta non con l'inchiostro, ma con lo spirito del Dio vivente, non in tavole di pietra, ma sulle tavole di carne del vostro cuore. ( 2 Cor 3,2-3 )
Ma non dobbiamo pensare che ciò sia detto a questo scopo, affinché vivano carnalmente coloro che devono vivere spiritualmente; al contrario, dato che la pietra è priva di sensibilità e ad essa è paragonato il cuore duro, a che cosa si doveva paragonare un cuore che comprende se non a carne sensibile?
Allo stesso modo è detto per bocca del profeta Ezechiele: E darò ad essi un altro cuore, e un nuovo spirito darò loro; e strapperò il cuore di pietra dalla loro carne e darò loro un cuore di carne, affinché camminino nei miei precetti, osservino le mie leggi e le mettano in pratica; ed essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, dice il Signore. ( Ez 11,19-20 )
Come potremo sostenere, se non a costo di dire un'assurdità, che nell'uomo deve precedere il merito positivo della volontà buona perché gli sia strappato il cuore di pietra?
Ma proprio questo cuore di pietra non significa altro che la volontà più dura, che assolutamente non si piega di fronte a Dio!
Se infatti c'è stata prima la volontà buona, ormai non c'è più sicuramente un cuore di pietra.
Anche in un altro passo, per bocca del medesimo profeta, Dio dimostra nella maniera più chiara che egli agisce così non a causa di qualche loro merito nel bene, ma per il nome suo, quando dice: Io lo faccio, o casa di Israele, ma per il nome mio santo che voi profanaste fra le genti, presso le quali voi vi recaste; e santificherò il nome mio grande che è stato profanato tra le genti, che voi profanaste in mezzo a loro; e sapranno le genti che io sono il Signore, dice Iddio Signore, quando sarò santificato tra di voi dinanzi ai loro occhi.
E io vi prenderò tra le genti, e vi raccoglierò da tutte le terre, e vi condurrò nella terra vostra; e vi aspergerò di acqua pura e sarete mondati da tutte le brutture vostre e da tutti i vostri idoli, e vi purificherò.
E vi darò un cuore nuovo, e uno spirito nuovo metterò in voi e sarà tolto il cuore di pietra dalla vostra carne, e vi darò un cuore di carne e lo spirito mio metterò in voi, e farò sì che camminiate nelle mie leggi ed osserviate ed adempiate i miei precetti. ( Ez 36,22-27 )
Chi sarà così cieco da non vedere, chi così impietrito da non sentire che questa grazia non viene assegnata secondo i meriti della volontà buona, dato che il Signore dice ed attesta: Io lo faccio, o casa d'Israele, ma per il nome mio santo?
Se infatti affermava: Io lo faccio, ma per il nome mio santo, era solo per non lasciarli credere che ciò avvenisse per i loro meriti nel bene, come i pelagiani non arrossiscono di sostenere.
Quando dice: ma per il nome mio santo, che voi profanaste fra le genti, dimostra non solo che essi in precedenza non hanno meritato nulla nel bene, ma che addirittura hanno meritato nel male.
Chi può non vedere che è un male orrendo profanare il nome santo di Dio?
E tuttavia per lo stesso nome mio, dice, che voi profanaste, io vi farò buoni, non per voi stessi, e santificherò il nome mio grande, che è stato profanato fra le genti, che voi profanaste in mezzo a loro.
Egli dice di santificare il nome suo che più sopra aveva detto santo.
E questo è appunto ciò che noi preghiamo nell'orazione domenicale, quando diciamo: Sia santificato il nome tuo, così che sia santificato tra gli uomini quel nome che senza dubbio per se stesso è sempre santo.
E poi prosegue: E sapranno le genti che io sono il Signore, dice Iddio Signore, quando sarò santificato tra di voi.
Dunque anche se egli è sempre santo, tuttavia è santificato in coloro ai quali largisce la sua grazia, strappando ad essi il cuore di pietra con il quale profanarono il nome di Dio.
Ma perché non si creda che in ciò nulla possano fare gli uomini di per se stessi a mezzo del libero arbitrio, nel Salmo si dice: Non indurite i vostri cuori. ( Sal 95,8 )
E sempre per bocca di Ezechiele: Scacciate da voi tutte le vostre empietà che commetteste empiamente contro di me, e createvi un cuore nuovo e uno spirito nuovo ed adempite tutti i miei precetti.
Perché mai volete morire, o casa d'Israele, dice il Signore?
Perché io non voglio la morte di colui che muore, dice Iddio Signore, e convertitevi e vivrete. ( Ez 18,31-32 )
Rammentiamoci che Colui che dice: e convertitevi e vivrete, è lo stesso cui si dice: Convertici, o Signore. ( Sal 80,4; Sal 85,5 )
Rammentiamoci che egli ordina: Scacciate da voi tutte le vostre empietà, anche se è egli stesso che giustifica l'empio. ( Rm 4,5 )
Rammentiamoci ancora che è sempre il medesimo ad affermare: Createvi un cuore nuovo e uno spirito nuovo, e: Vi darò un cuore nuovo e metterò in voi uno spirito nuovo. ( Ez 36,26 )
Come mai Colui che dice: Createvi, dice anche: Vi darò?
Perché ordina, se è lui che deve dare? Perché dà, se è l'uomo che deve agire?
L'unico motivo è che egli dà quello che ordina, mentre presta l'aiuto per agire a colui che riceve l'ordine.
Sempre c'è in noi una volontà libera, ma non sempre essa è buona.
Infatti o essa è libera dal vincolo della giustizia, quando è serva del peccato, e allora è cattiva; o è libera dal vincolo del peccato, quando è serva della giustizia, ( Rm 6,20-22 ) e allora è buona.
Ma la grazia di Dio è sempre buona, e per mezzo di essa avviene che sia uomo di buona volontà quello che prima era di volontà cattiva.
Sempre per mezzo di essa avviene anche che la stessa volontà buona, quando ormai ha cominciato ad esistere, si accresca e diventi tanto grande da essere in grado di adempiere i precetti divini che vuole, se vuole intensamente e perfettamente.
A questo infatti serve ciò che sta scritto: Se vorrai, osserverai i precetti; ( Sir 15, 16 sec. LXX ) l'uomo che ha voluto ma non ha potuto, deve comprendere che egli non ha voluto ancora pienamente, e deve pregare per avere una volontà tanto grande quanta ne basta ad adempiere i precetti.
Così egli viene aiutato a fare ciò che gli è ordinato.
Infatti è utile volere allora, quando possiamo; e allora è utile potere, quando vogliamo; ma che utilità c'è se vogliamo ciò che non possiamo o non vogliamo ciò che possiamo?
I pelagiani credono di sapere una grande verità, quando dicono: "Dio non darebbe un ordine, se sapesse che non può essere adempiuto dall'uomo".
E chi non lo sa? Ma proprio per questo ordina cose che non possiamo fare, affinché comprendiamo che cosa dobbiamo chiedere a lui.
La fede è appunto quella che con la preghiera ottiene ciò che la legge ordina.
Infine colui che ha detto: Se vorrai, osserverai i precetti, nel medesimo libro dell'Ecclesiastico, un po' dopo, esclama: Chi metterà una custodia alla mia bocca, e sopra le mie labbra un sigillo accorto, affinché io non cada per causa di essa e la mia lingua non mi rovini? ( Sir 22,27 )
Aveva già sicuramente ricevuto i precetti: Frena la lingua tua dal male e le tue labbra non dicano inganno. ( Sal 34,14 )
Se dunque è vero quello che ha detto: Se vorrai, osserverai i precetti, perché domanda che sia messa una custodia alla sua bocca, alla stessa maniera di colui che nel Salmo chiede: Poni, o Signore, una custodia alla mia bocca? ( Sal 141,3 )
Perché non gli bastano il precetto di Dio e la sua propria volontà, se è vero che, se vorrà, osserverà i precetti?
Quanto siano numerosi i precetti di Dio contro la superbia egli lo sa già; se vorrà, li osserverà.
Perché dunque poco dopo dice: Signore Padre e Dio della mia vita, non darmi l'alterezza degli occhi? ( Sir 23,4 )
La legge aveva già detto a lui: Non concupire; ( Es 20,17 ) dunque deve volere e fare quello che gli è ordinato, perché, se vorrà, osserverà i precetti.
Allora perché seguita col dire: Distogli da me la concupiscenza? ( Sir 23,5 )
Un gran numero di volte il Signore impartì precetti contro la lussuria; li adempia, perché se vorrà, osserverà i precetti.
Allora perché grida al Signore: Le brame del ventre e del sesso non s'impadroniscano di me? ( Sir 23,6 )
Se noi facessimo queste obiezioni in sua presenza, egli ci potrebbe rispondere molto giustamente: Da questa mia preghiera con la quale faccio tali richieste a Dio, comprendete in che senso io abbia detto: Se vorrai, osserverai i precetti.
È certo che noi osserviamo i comandamenti, se vogliamo; ma poiché la volontà è preparata dal Signore, ( Pr 8, 35 sec. LXX ) bisogna chiedere a lui di volere tanto quanto è sufficiente perché volendo facciamo.
È certo che siamo noi a volere, quando vogliamo; ma a fare sì che vogliamo il bene è lui, e appunto di lui è detto quello che ho riportato sopra: La volontà è preparata dal Signore; e anche: Dal Signore saranno diretti i passi dell'uomo, e l'uomo vorrà seguire la sua via; ( Sal 37,23 ) e poi: È Dio che opera in voi il volere. ( Fil 2,13 )
È certo che siamo noi a fare, quando facciamo; ma è lui a fare sì che noi facciamo, fornendo forze efficacissime alla volontà; infatti è lui che dice: Farò sì che camminiate nelle mie leggi e osserviate ed adempiate i miei precetti. ( Ez 36,27 )
Quando dice: Farò sì che voi facciate, che altro dice se non questo: Vi toglierò il cuore di pietra, con il quale non facevate, e vi darò un cuore di carne, con il quale facciate?
E queste parole non significano forse: Vi toglierò il cuore duro, con il quale non facevate, e vi darò un cuore obbediente con il quale facciate?
Egli fa sì che noi facciamo, e a lui l'uomo dice: Poni, o Signore, una custodia alla mia bocca. ( Sal 141,3 )
Questo infatti equivale a dire: Fa' che io ponga una custodia alla mia bocca, beneficio divino che aveva già ottenuto colui che afferma: Ho messo una custodia alla mia bocca. ( Sal 39,2 )
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