La grazia e il libero arbitrio |
Chi dunque vuole attuare un comandamento di Dio e non può, certo egli ha già la volontà buona, ma ancora piccola e debole; potrà, quando l'avrà grande e robusta.
Quando infatti i martiri adempirono a quei grandi precetti, lo fecero sicuramente per grande volontà, cioè per grande carità; e di questa carità il Signore stesso dice: Amore maggiore di questo nessuno lo possiede, di dare la propria vita per i suoi amici. ( Gv 15,13 )
Per cui anche l'Apostolo sostiene: Chi ama il suo prossimo, ha adempiuto la legge; infatti: non commetterai adulterio, non commetterai omicidio, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro precetto c'è, viene ricapitolato in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
L'amore del prossimo non fa il male; dunque l'amore è la pienezza della legge. ( Rm 13,8-10 )
Ma è proprio la carità che l'apostolo Pietro non possedeva ancora, quando per paura rinnegò il Signore tre volte.
Infatti nell'amore non c'è timore, come dice Giovanni evangelista nella sua lettera: Anzi il perfetto amore scaccia il timore. ( 1 Gv 4,18 )
E tuttavia la carità, benché piccola e imperfetta, a Pietro non mancava, quando diceva al Signore: Darò per te la mia vita; ( Gv 13,37 ) infatti pensava di poterlo fare perché sentiva di volerlo.
E chi aveva cominciato a dare questa carità, benché ancora piccola, se non Colui che prepara la volontà, e cooperando porta a termine quello che operando ha iniziato?
Perché è proprio lui che dando l'inizio opera affinché noi vogliamo, e poi nel portare a termine coopera con coloro che già vogliono.
Per questo l'Apostolo dice: Sono sicuro che Colui che opera in voi un'opera buona, la condurrà a termine fino al giorno di Cristo Gesù. ( Fil 1,6 )
Dunque Egli fa sì che noi vogliamo senza bisogno di noi; ma quando vogliamo, e vogliamo in maniera tale da agire, coopera con noi.
Tuttavia senza di lui che opera affinché noi vogliamo o coopera quando vogliamo, noi non siamo validi a nessuna delle buone opere della pietà.
Del fatto che Egli opera affinché vogliamo, è detto: È Dio che opera in voi il volere, ( Fil 2,13 ) e del fatto che coopera quando già vogliamo e volendo facciamo: Noi sappiamo che Dio coopera in ogni cosa al bene per coloro che lo amano. ( Rm 8,28 )
Che indica ogni cosa, se non le stesse terribili e crudeli sofferenze?
Certo, quel fardello di Cristo che è pesante per la nostra debolezza, diviene lieve per l'amore.
Infatti il Signore ha detto che il suo fardello è leggero ( Mt 11,30 ) per chi è come Pietro quando subì il martirio per Cristo e non come Pietro quando lo rinnegò.
L'Apostolo, caldeggiando questa carità, cioè la volontà che divampa di divino amore, dice: Chi ci separerà dall'amore di Cristo?
La tribolazione? l'angoscia? la persecuzione? la fame? la nudità? il pericolo? la spada?
Come sta scritto: Perché per causa tua siamo mandati a morte per tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello.
Ma in tutto questo noi stravinciamo per mezzo di Colui che ci ha amati.
Infatti sono certo che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né il presente, né l'avvenire, né l'altezza, né la profondità, né altra creatura ci potrà separare dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore. ( Rm 8,35-39; Sal 44,22 )
E in un altro passo dice: Io vi indico ancora la via superiore a ogni altra.
Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, io divento un bronzo che risuona, un cembalo che tintinna.
E se avrò la profezia, e se conoscerò tutti i misteri, e se avrò tutta la fede, così grande da spostare le montagne, ma non avrò la carità, io non sono nulla.
E se distribuirò tutti i miei beni ai poveri e darò il mio corpo da bruciare, ma non avrò la carità, nulla mi giova.
La carità è longanime, è benigna; la carità non è invidiosa, non è vanagloriosa, non insuperbisce, non fa niente di sconveniente, non cerca i suoi interessi, non si incollerisce, non tiene conto del male, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto tollera; la carità non viene meno. ( 1 Cor 12, 31 - 13,8 )
E poco dopo: Rimane la fede, la speranza, la carità; esse sono tre, ma la maggiore è la carità: perseguite dunque la carità. ( 1 Cor 13, 13 - 14,1 )
Parimenti dice ai Galati: Voi infatti siete stati chiamati alla libertà, o fratelli; solo non usate questa libertà come occasione per vivere secondo la carne, ma servitevi gli uni con gli altri per mezzo della carità.
Infatti tutta la legge si esprime in una frase: Amerai il prossimo tuo come te stesso. ( Gal 5,13-14 )
E così parla ai Romani: Chi ama il prossimo, ha adempiuto la legge; ( Rm 13,8 ) e ai Colossesi: Soprattutto rivestitevi della carità, che è il vincolo della perfezione. ( Col 3,14 )
E a Timoteo: Lo scopo del precetto, dice, è la carità, e aggiungendo di quale carità si tratta, spiega: quella che proviene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non simulata. ( 1 Tm 1,5 )
E poi, quando dice ai Corinzi: Ogni cosa sia fatta tra voi con la carità, ( 1 Cor 16,14 ) dimostra a sufficienza che i rimproveri stessi, che sono sentiti come pungenti ed amari da coloro che sono ripresi, devono essere dispensati con carità.
Per cui altrove, dopo aver raccomandato: Correggete gli inquieti, consolate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti verso tutti, subito aggiunge: Badate che nessuno renda ad alcuno male per male. ( 1 Ts 5,14-15 )
Dunque anche quando vengono corretti gli inquieti si rende non il male, ma piuttosto il bene per il male.
E tutto ciò chi lo effettua se non la carità?
E l'apostolo Pietro dice: Soprattutto abbiate fra di voi una reciproca e continua carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati. ( 1 Pt 4,8; Pr 10,12 )
Dice anche l'apostolo Giacomo: Se adempite la legge regale, secondo le Scritture: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene. ( Gc 2,8; Lv 19, 18 sec. LXX )
Allo stesso modo l'apostolo Giovanni afferma: Chi ama il fratello suo, resta nella luce; ( 1 Gv 2,10 ) e altrove: Chi non è giusto non è figlio di Dio, come pure chi non ama il fratello suo; perché questo è l'annuncio che abbiamo udito dal principio, di amarci gli uni con gli altri. ( 1 Gv 3,10-11 )
E sempre Giovanni in un altro passo: Questo - dice - è il suo comandamento, che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo a vicenda; ( 1 Gv 3,23 ) e ancora: Questo comandamento abbiamo da lui, che chi ama Dio, ami anche il fratello suo; ( 1 Gv 4,21 ) e poco dopo: In questo noi conosciamo che amiamo i figli di Dio, nell'amare Dio e nell'adempiere i suoi precetti.
Questo è infatti amare Dio, osservare i suoi precetti, e i suoi precetti non sono pesanti. ( 1 Gv 5,2-3 )
E nella seconda lettera è scritto: Non è che io ti scriva un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo ricevuto fin dal principio, di amarci gli uni con gli altri. ( 2 Gv 5 )
Lo dice anche il Signore Gesù in persona che tutta la Legge e i Profeti dipendono dai due precetti dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo. ( Mt 22,40 )
E di questi due comandamenti nel Vangelo secondo Marco è scritto: E si avvicinò uno degli scribi, che li aveva uditi discutere, e vedendo che aveva risposto loro bene, gli chiese quale fosse il primo comandamento fra tutti.
E Gesù gli rispose: Il primo di tutti i comandamenti è: Ascolta, Israele, il Signore Dio tuo è l'unico Dio; e amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente; questo è il primo comandamento.
E il secondo è simile ad esso: Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Non c'è comandamento maggiore di questi. ( Mc 12,28-31; Dt 6,4-5; Lv 19, 18 )
Egli dice anche nel Vangelo secondo Giovanni: Vi dò un nuovo comandamento: di amarvi gli uni con gli altri; come io ho amato voi, anche voi amatevi gli uni con gli altri.
In ciò tutti conosceranno che siete i miei discepoli, se avrete amore fra di voi. ( Gv 13,34-35 )
Tutti questi comandamenti d'amore, cioè di carità, sono tanto numerosi e tanto chiari che se uno pensasse di fare alcunché di buono, ma lo facesse senza carità, in nessun modo agirebbe bene; ma questi precetti di carità sarebbero dati invano agli uomini, se essi non avessero il libero arbitrio del volere Tuttavia poiché sono dati per mezzo sia della legge antica sia della nuova ( benché nella nuova sia sopraggiunta la grazia che nell'antica era promessa ), e poiché la legge senza grazia è lettera che uccide, mentre nella grazia è lo spirito che vivifica, da dove proviene negli uomini la carità verso Dio e il prossimo se non da Dio stesso?
Infatti se provenisse non da Dio, ma dagli uomini, avrebbero la vittoria i pelagiani; ma se viene da Dio, siamo noi che vinciamo i pelagiani.
Segga dunque come giudice in mezzo a noi l'apostolo Giovanni, e dica: Carissimi, amiamoci a vicenda.
È su queste parole di Giovanni che i pelagiani cominciano a sollevare il loro orgoglio e a dire: Come ci si può dare questo precetto, se non perché abbiamo da noi stessi la facoltà di amarci a vicenda?
Ma subito il medesimo Giovanni li confonde con le parole che seguono: perché l'amore proviene da Dio. ( 1 Gv 4,7 )
Non proviene dunque da noi, ma da Dio.
Per quale motivo si dice: Amiamoci a vicenda, perché l'amore proviene da Dio, se con questo precetto non si esorta il libero arbitrio a chiedere il dono di Dio?
Ma il libero arbitrio di sicuro subirebbe l'esortazione senza alcun frutto se prima non ricevesse una certa parte d'amore, grazie al quale chiede che questo amore gli sia accresciuto fino ad adempiere ciò che è ordinato.
Quando si dice: Amiamoci a vicenda, questa è la legge; quando si dice: perché l'amore proviene da Dio, questa è la grazia.
In realtà la sapienza di Dio porta sulla lingua la legge e la misericordia. ( Pr 3, 16 sec. LXX )
Per cui è scritto nel Salmo: Certo darà la benedizione Colui che ha dato la legge. ( Sal 84,8 )
Nessuno dunque vi tragga in inganno, o fratelli miei, perché noi non ameremmo Dio, se egli stesso non ci avesse amati per primo.
Il medesimo Giovanni lo dimostra con tutta chiarezza dicendo: Amiamo, perché egli stesso per primo ci amò. ( 1 Gv 4,19 )
La grazia ci rende amanti della legge, ma la legge per se stessa, senza la grazia, non ci rende che trasgressori.
E nient'altro ci vuole indicare quello che il Signore dice ai discepoli: Non siete voi che avete eletto me, ma io che ho eletto voi. ( Gv 15,16 )
Se infatti fossimo stati noi ad amare per primi ed egli ci amasse quindi per questo merito, la scelta sarebbe partita da noi, e con ciò ci saremmo meritati di essere scelti da lui.
Ma colui che è la verità dice altrimenti, e smentisce in maniera chiarissima questa vana pretesa degli uomini: Non siete voi che avete eletto me, dice.
Se dunque non siete stati voi a scegliere, senza dubbio neppure siete stati voi ad amare: infatti in qual modo si potrebbe scegliere colui che non si ama?
Ma io - dice - ho eletto voi.
Allora non è vero che anch'essi poi lo hanno scelto e preferito a tutti i beni di questa vita?
Certo, ma essi lo hanno scelto perché erano stati scelti; non sono stati scelti perché lo avevano scelto.
Gli uomini che scelgono non avrebbero alcun merito, se non li prevenisse la grazia di Dio che li sceglie.
Per cui anche l'apostolo Paolo, benedicendo i Tessalonicesi: Il Signore vi moltiplichi - dice - e vi faccia abbondare in carità fra di voi e verso tutti. ( 1 Ts 3,12 )
Questa benedizione perché ci amassimo gli uni con gli altri ce la diede Colui che ci aveva dato la legge di amarci gli uni con gli altri.
E in un altro passo diretto ai medesimi Tessalonicesi, poiché senza dubbio in alcuni di essi già c'era ciò che egli aveva desiderato che avessero, l'Apostolo dice: Noi dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli, com'è giusto, perché cresce di continuo la vostra fede e abbonda la carità di ciascuno di voi, gli uni per gli altri. ( 2 Ts 1,3 )
E questo lo disse affinché per caso essi non si gloriassero di un bene tanto grande che avevano da Dio, come se lo avessero da se stessi.
Poiché dunque cresce di continuo la vostra fede, dice, e abbonda la carità di ciascuno di voi gli uni per gli altri, dobbiamo rendere grazie a Dio per quanto vi riguarda e non lodarvi come se aveste ciò da voi stessi.
E a Timoteo dice: Infatti Dio non ci ha dato uno spirito di timore, ma di coraggio, di carità e di temperanza. ( 2 Tm 1,7 )
Ma considerando questa testimonianza dell'Apostolo dobbiamo guardarci dal dedurre che noi non abbiamo ricevuto lo spirito del timore di Dio, il quale è senza dubbio un grande dono del Signore.
Di esso dice il profeta Isaia: Sopra di lui si poserà lo spirito della sapienza e dell'intelligenza, lo spirito del consiglio e della fortezza, lo spirito della conoscenza e della pietà, lo spirito del timore del Signore. ( Is 11,2-3 )
E non è questo il timore che indusse Pietro a rinnegare Cristo: anzi, lo spirito di timore che abbiamo ricevuto è quello di cui dice Cristo stesso: Temete Colui che ha la potestà di gettare nella Geenna l'anima e il corpo; così vi dico: temete Costui. ( Lc 12,5 )
Ma questo l'ha detto perché non lo rinnegassimo spinti da quel timore che sconvolse Pietro.
Anzi voleva togliercelo questo timore, se poco sopra aveva detto: Non temete coloro che uccidono il corpo, e poi non possono fare nient'altro. ( Lc 12,4 )
No, non abbiamo ricevuto lo spirito di questo timore, ma anzi quello del coraggio, della temperanza, della carità.
E di questo spirito il medesimo Apostolo dice ai Romani: Ci gloriamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la perseveranza, la perseveranza la virtù provata, la virtù provata la speranza e la speranza non delude: perché l'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato. ( Rm 5,3-5 )
Tutto ciò dunque non avviene per mezzo nostro, ma dello Spirito Santo che ci è stato dato; e grazie proprio alla carità che egli dichiara dono di Dio, la tribolazione non ci toglie, ma piuttosto produce la pazienza.
Anche agli Efesini augura: Pace ai fratelli e carità con fede.
Grandi beni: ma dica da dove provengono.
Da Dio Padre - afferma - e dal Signore Gesù Cristo. ( Ef 6,23 )
Dunque questi grandi beni non sono che doni di Dio.
Ma non c'è nulla di strano se la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non la ricevono. ( Gv 1,5 )
In Giovanni la luce parla: Ecco quale amore ci ha donato il Padre: che noi siamo chiamati e siamo figli di Dio. ( 1 Gv 3,1 )
E nei pelagiani parlano le tenebre: l'amore che noi abbiamo ci proviene da noi.
Ma se essi avessero l'amore vero, cioè quello cristiano, saprebbero anche da chi lo hanno; come lo sapeva l'Apostolo, che diceva: Noi non abbiamo ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo spirito che proviene da Dio, affinché sappiamo quello che da Dio ci è stato donato. ( 1 Cor 2,12 )
Giovanni dice: Dio è amore, ( 1 Gv 4,16 ) e i pelagiani sostengono perfino di avere Dio stesso non da Dio, ma da se stessi; e mentre ammettono che la scienza della legge ci proviene da Dio, pretendono che la carità ci provenga da noi stessi.
E non ascoltano l'Apostolo quando dice: La scienza gonfia, la carità edifica. ( 1 Cor 8,1 )
Ma nulla c'è di più futile, anzi di più stolto, di più alieno dallo stesso carattere santo della carità che fare una simile asserzione: la scienza proviene da Dio, e senza la carità gonfia; la carità invece proviene da noi, eppure essa fa sì che la scienza non possa gonfiare.
Allo stesso modo quando l'Apostolo dice: La carità di Cristo che sopravanza la conoscenza, ( Ef 3,19 ) nulla c'è di più folle di un pensiero del genere: la conoscenza, che deve essere subordinata alla carità, proviene da Dio, mentre la carità, che sopravanza la conoscenza, proviene dagli uomini.
Ma la vera fede e la sana dottrina dicono che ambedue provengono da Dio, perché è scritto: Dalla sua faccia proviene la scienza e l'intelletto; ( Pr 2,6 ) ed anche: La carità proviene da Dio. ( 1 Gv 4,7 )
E leggiamo: Lo spirito della scienza e della pietà; ( Is 11,2 ) e: Lo spirito del coraggio, della carità e della temperanza. ( 2 Tm 1,7 )
Ma la carità è un dono maggiore della scienza, perché se l'uomo ha la scienza, per non inorgoglirsi deve avere la carità.
La carità, infatti, non è invidiosa, non è vanagloriosa, non insuperbisce. ( 1 Cor 13,4 )
Penso di aver disputato abbastanza contro coloro che combattono energicamente la grazia di Dio, la quale non elimina la volontà umana, ma la cambia da cattiva in buona e dopo averla fatta buona la soccorre; e nella mia discussione mi pare di non essere tanto io quanto la stessa divina Scrittura a parlarvi con le più evidenti testimonianze della verità.
E se voi la esaminate diligentemente, questa divina Scrittura vi dimostra che egli da cattiva rende buona la volontà degli uomini e dopo averla resa buona la dirige alle azioni buone e alla vita eterna.
Ma se anche ci sono volontà che conservano la condizione di questo mondo, queste sono in potere di Dio in maniera tale che egli le può far inclinare dove vuole, quando vuole, sia per rendere benefici ad alcuni, sia per infliggere castighi ad altri, come egli giudica con un giudizio assolutamente occulto, sì, ma senza dubbio assolutamente giusto.
Infatti possiamo trovare che certi peccati sono anche castighi di altri peccati, come i vasi di collera, che l'Apostolo chiama compiuti per la perdizione; ( Rm 9,22 ) così è pure dell'indurimento del Faraone, di cui è espressa anche la causa: esso serviva a dare dimostrazione in lui del potere di Dio. ( Es 9,16 )
Così è della fuga degli Israeliti di fronte al nemico nella città di Gai: nel loro animo si produsse un timore tale che fuggirono, e questo avvenne perché il loro peccato fosse punito come bisognava; perciò il Signore dice a Giosuè figlio di Nave: I figli di Israele non potranno resistere davanti ai loro nemici. ( Gs 7, 4-5.10-12 )
Perché non potranno resistere?
Perché non resistevano per mezzo del libero arbitrio, ma nella loro volontà turbata per il timore si davano alla fuga?
Solo perché è il Signore che domina sulle volontà degli uomini e quando è irato volge al timore quelli che vuole.
Non è forse vero che i nemici degli Israeliti combatterono di loro propria volontà contro il popolo di Dio, che Giosuè di Nave guidava?
E tuttavia la Scrittura dice: Per opera del Signore avvenne che il loro cuore si fortificasse perché andassero in guerra contro Israele e fossero sterminati. ( Gs 11,20 )
Non fu di propria volontà che un uomo malvagio, il figlio di Gemini, malediceva il re David?
E tuttavia che dice il re David, pieno di vera, alta e pia sapienza?
Che dice a quello che voleva colpire il temerario mentre scagliava le sue maledizioni?
Cosa ho a che fare con voi, figli di Sarvia?
Lasciatelo andare e maledica, perché è il Signore che gli ha detto di maledire David.
E chi gli potrà dire: Perché hai fatto così?. ( 2 Sam 16,10 )
Poi la divina Scrittura torna quasi da un nuovo principio sul pensiero del re e insiste: E disse David ad Abessa e a tutti i servi suoi: Ecco, il figlio mio che è uscito dalle mie viscere vuole la mia vita, e ora anche il figlio di Gemini.
Lasciatelo dunque maledire, poiché glielo ha detto il Signore, affinché il Signore veda la mia umiltà e mi renda del bene in cambio della sua maledizione di oggi. ( 2 Sam 16,11-12 )
Quale uomo, per quanto saggio, sarà in grado di capire come il Signore abbia potuto dire a quest'uomo di maledire David?
E in effetti egli non lo disse in forma di ordine, perché allora l'obbedienza avrebbe meritato una lode, ma inclinò la volontà di quell'individuo, malvagia per sua colpa, verso tale peccato in base a un suo giudizio giusto ed occulto.
Perciò è scritto: Glielo ha detto il Signore.
Infatti se quello avesse obbedito a un ordine di Dio, avrebbe dovuto essere lodato piuttosto che punito, e invece sappiamo che per questo peccato in seguito fu punito.
E neppure si tace per quale causa il Signore disse a colui di maledire in tal modo David, per quale causa cioè condusse o abbandonò il suo cuore malvagio verso questo peccato: affinché il Signore veda la mia umiltà e mi renda del bene in cambio della sua maledizione di oggi. ( 2 Sam 16,12 )
Ecco in qual modo si può comprovare che Dio si serve anche del cuore dei malvagi a lode ed aiuto dei buoni.
In questo modo si servì di Giuda che tradì Cristo, in questo modo dei Giudei che lo crocifissero.
E da ciò quanti beni fece derivare ai popoli destinati a credere!
Egli si serve anche dell'assoluta cattiveria del diavolo, ma con assoluta bontà, per tener viva e provare la fede e la pietà dei buoni; e questo non lo fa per sé, che conosce ogni cosa prima che avvenga, ma per noi, perché ci è necessario che si agisca in tal modo nei nostri riguardi.
Non è forse di sua volontà che Assalonne scelse il consiglio che gli doveva nuocere?
E tuttavia lo fece proprio perché il Signore aveva esaudito il padre che pregava per un simile esito.
Per questo la Scrittura dice: E il Signore fece scartare il buon consiglio di Achitofel per indurre sopra Assalonne ogni male. ( 2 Sam 17,14 )
Dice che il consiglio era buono perché in quel momento giovava alla causa; infatti era a favore di Assalonne contro suo padre, al quale si era ribellato con l'intenzione di sopraffarlo.
Ma il Signore rese vano il consiglio che aveva dato Achitofel, agendo sul cuore di Assalonne, perché lo respingesse e ne scegliesse uno diverso, che non gli era vantaggioso.
Chi non tremerebbe di fronte a questi giudizi divini, con i quali Dio produce qualsiasi cosa vuole anche nel cuore degli uomini malvagi, rendendo tuttavia a costoro il contraccambio che meritano?
Roboamo, figlio di Salomone, spregiò il salutare consiglio che gli avevano dato i più vecchi, di non trattare duramente il popolo, e piuttosto cedette alle parole dei coetanei, rispondendo minacciosamente a quelli cui doveva riguardo. ( 1 Re 12,1-11 )
Da che cosa proveniva questo comportamento se non dalla sua propria volontà?
Ma per tale motivo si staccarono da lui dieci tribù di Israele e si costituirono un altro re in Geroboamo; così si adempiva la volontà di Dio che nel suo sdegno aveva anche predetto questi avvenimenti.
Che dice infatti la Scrittura? E il re non dette ascolto al popolo, perché il cambiamento proveniva dal Signore, affinché si realizzassero le sue parole che aveva profetizzato per mezzo di Achia il Silonita intorno a Geroboamo figlio di Nabath. ( 1 Re 12,15 )
Sicuramente ciò avvenne per volontà di un uomo, ma tuttavia il cambiamento veniva dal Signore.
Leggete i libri dei Paralipomeni, e troverete scritto nel secondo libro: E il Signore suscitò sopra Ioram lo spirito aggressivo dei Filistei e degli Arabi che confinano con gli Etiopi; e salirono nella terra di Giuda, la saccheggiarono e presero tutto quello che fu trovato nel palazzo del re. ( 2 Cr 21,16-17 )
Qui viene dimostrato che Dio solleva nemici per devastare quelle terre che egli giudica degne di simile castigo.
Ma forse i Filistei e gli Arabi vennero a saccheggiare la terra di Giuda non di loro propria volontà?
Oppure vennero di loro propria volontà e allora è stato scritto bugiardamente che il Signore suscitò il loro spirito aggressivo a fare ciò?
No, entrambe le cose sono vere, sia che vennero di loro volontà e sia che fu comunque il Signore a suscitare il loro spirito aggressivo.
Anzi si può dire anche così: Il Signore suscitò il loro spirito aggressivo e tuttavia essi vennero di loro volontà.
Infatti l'Onnipotente provoca nel cuore degli uomini anche il moto della loro volontà, cosicché realizza per mezzo di essi quello che per mezzo di essi egli stesso ha voluto realizzare: ed egli assolutamente non sa volere qualcosa d'ingiusto.
Ecco quello che un uomo di Dio disse al re Amessia: Non venga con te un esercito di Israele, infatti il Signore non è con Israele, con nessuno dei figli di Efrem; perché se pensi di avere il sopravvento su di loro, il Signore ti volgerà in fuga davanti ai nemici, perché è facoltà di Dio sia sostenere sia volgere in fuga. ( 2 Cr 25,7-8 )
Per qual motivo la potenza di Dio sostiene alcuni in guerra col dare loro la fiducia, mentre altri li volge in fuga ispirando loro timore, se non è perché Colui che in cielo e in terra compie qualunque cosa vuole, ( Sal 135,6 ) opera anche sui cuori degli uomini?
Possiamo leggere quello che disse Ioas re d'Israele, quando mandò un nunzio al re Amessia che voleva combattere con lui.
Infatti dopo altre parole dice: Ora rimani nella tua casa.
Perché ti aizzi il male e vuoi cadere tu e Giuda con te? ( 2 Re 14,9-10 )
Poi la Scrittura aggiunge: E Amessia non dette ascolto; perché era volere di Dio che egli fosse consegnato in mano a Ioas, perché avevano onorato gli dèi di Edom. ( 2 Cr 25,20 )
Ecco: Dio, volendo punire il peccato di idolatria, operò tutto questo nel cuore di colui contro il quale era certo giustamente irato, ed egli non udì il monito di salvezza, ma lo disprezzò per andare in una guerra dove cadde con il suo esercito.
Iddio dice per mezzo del profeta Ezechiele: E se il profeta erra e parla, sono io, il Signore, che l'ho sviato, e tenderò la mano contro di lui e lo sopprimerò dal mezzo del mio popolo d'Israele. ( Ez 14,9 )
Abbiamo il libro di Ester, donna del popolo d'Israele che in terra di prigionia divenne moglie del re straniero Assuero; ora nel suo libro è scritto che il re aveva ordinato di trucidare tutti gli appartenenti al popolo d'Israele, in qualunque parte del suo regno si trovassero; cosicché ella nella necessità d'intervenire in favore del suo popolo, rivolse le sue preghiere al Signore.
Straordinaria era la necessità che la costringeva ad osare tanto: presentarsi al re trasgredendone gli ordini ed infrangendo le regole del suo stato.
E guardate cosa dice la Scrittura: E la guardò come un toro nell'impeto della sua indignazione, e la regina ebbe timore; il suo colore cambiò per uno svenimento e si piegò sopra il capo della sua ancella che la precedeva; ma Dio cambiò il suo stato d'animo e volse il suo sdegno in dolcezza. ( Est 10,3-3i )
È scritto anche nei Proverbi di Salomone: Come una scaturigine d'acqua, così è il cuore di un re in mano di Dio; lo farà volgere dovunque vorrà. ( Pr 21,1 )
E nel Salmo centoquattro si legge che cosa Dio fece degli Egizi: E volse il loro cuore ad odiare il suo popolo, a tramare inganno contro i suoi servi. ( Sal 105,25 )
E guardate cosa sta scritto anche nelle Lettere apostoliche; nell'Epistola dell'apostolo Paolo ai Romani c'è: Perciò Dio li abbandonò alle cupidigie del loro cuore, all'impurità.
Poco sotto continua: Per questo Dio li abbandonò alle passioni ignominiose; e poi ancora: Siccome non si curarono di conoscere bene Dio, Dio li abbandonò ai loro sentimenti perversi, in modo che facessero ciò che non bisogna. ( Rm 1, 24. 26.28 )
E nella seconda Lettera ai Tessalonicesi dice di alcuni: Per il fatto che non accolsero l'amore per la verità in modo da salvarsi; appunto per questo Dio manderà loro una forza per sviarli, affinché credano alla menzogna e siano giudicati tutti coloro che non hanno creduto alla verità e hanno consentito all'ingiustizia. ( 2 Ts 2,10-11 )
Per mezzo di queste testimonianze delle parole divine, ed altre di tal genere che sarebbe troppo lungo ricordare al completo, si rivela a sufficienza, a quanto credo, che il Signore opera nel cuore degli uomini per inclinare le loro volontà dovunque voglia.
Ora le volge al bene poiché egli è misericordioso, ora al male perché essi lo meritano, sicuramente in base ad un giudizio suo talvolta chiaro, talvolta occulto, ma sempre giusto.
Infatti dev'essere fissa e irremovibile nel vostro cuore la convinzione che non vi può essere ingiustizia presso Dio. ( Rm 9,14 )
E per questo quando leggete nella verità delle Scritture che gli uomini sono sedotti da Dio, oppure che i loro cuori sono storditi o induriti, non abbiate alcun dubbio che essi in precedenza avevano meritato il male, cosicché ciò che subiscono è giusto.
E non incorrete in quel Proverbio di Salomone: La stoltezza dell'uomo stravolge le sue vie; e invece nel suo cuore egli accusa Dio. ( Pr 19,3 )
Ma la grazia non è data secondo i meriti degli uomini, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia; è per questo appunto che è chiamata grazia, perché viene data gratuitamente.
Egli dunque, o attraverso gli angeli, sia del bene che del male, o in qualunque altro modo, è in grado di agire anche nel cuore dei malvagi, secondo quanto hanno meritato; eppure non è lui che ha prodotto la loro malizia, ma essa è stata tratta originariamente da Adamo o è stata accresciuta dalla loro propria volontà.
E allora che c'è di strano se per mezzo dello Spirito Santo egli opera il bene nel cuore dei suoi eletti, dato che ha pure operato perché questi cuori si trasformino da malvagi in buoni?
Ma gli uomini presuppongano pure meriti nel bene a loro piacimento, se pensano che questi devono esserci stati quando uno viene giustificato attraverso la grazia di Dio.
Certo, quando dicono ciò, non comprendono di non far nient'altro che negare la grazia; però, come ho detto, presuppongano quello che vogliono degli adulti.
Ma sul problema dei bambini certamente i pelagiani non riusciranno a trovare nessuna risposta, perché questi non mettono nessuna volontà nel ricevere la grazia; quindi essi non possono dire che c'è stato in precedenza un merito della volontà.
Anzi, per di più vediamo che i bambini possono anche riluttare e piangere quando sono battezzati e ricevono i divini sacramenti; e di questo potrebbero essere incolpati come di un grandissimo peccato d'empietà, se fossero già in possesso del libero arbitrio.
Eppure la grazia rimane impressa anche in quelli che cercano di recalcitrare, chiarissimamente senza che la preceda nessun merito, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia.
E talvolta questa grazia viene concessa anche ai figli dei non credenti, quando essi in qualche modo vengono per l'occulta provvidenza di Dio nelle mani dei convertiti.
Talvolta, al contrario, non la conseguono i figli dei credenti, perché qualcosa impedisce di venire in loro aiuto se si trovano in pericolo.
Ma questi casi si danno per la misteriosa provvidenza di Dio, i cui giudizi sono imperscrutabili e le vie impenetrabili; ( Rm 11,33 ) ed esaminiamo come si sia svolto il ragionamento dell'Apostolo per arrivare ad esclamare così.
Trattava infatti dei Giudei e dei Gentili scrivendo ai Romani, cioè appunto ai Gentili, e dice: Come infatti un tempo voi non credevate in Dio, ma ora avete ottenuto misericordia per la loro incredulità, così anche questi ora non hanno creduto a causa della misericordia da voi conseguita, affinché anch'essi ottengano misericordia; infatti Dio racchiuse tutti nell'incredulità perché possa avere misericordia di tutti. ( Rm 11,30-32 )
E dopo aver riflettuto su quello che ha detto, resta sbigottito non solo per la verità sicura, ma anche per la profondità del suo concetto che lo ha portato a concludere: Dio racchiuse tutti nell'incredulità, perché possa avere misericordia di tutti.
Dunque è come se egli facesse dei mali per derivarne dei beni!
Subito questo pensiero lo fa esclamare: O profondità delle ricchezze di sapienza e di scienza di Dio!
Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! ( Rm 11,33 )
Infatti non pensando a questi imperscrutabili giudizi e impenetrabili vie, uomini perversi, proclivi a criticare, ma non all'altezza di comprendere, ritenevano e andavano proclamando che questa è l'opinione dell'Apostolo: Facciamo il male perché ne venga il bene. ( Rm 3,8 )
Ma nemmeno lontanamente l'Apostolo può avere affermato ciò!
Eppure uomini non in grado di capire pensavano che proprio questo fosse il significato, quando sentivano le parole dell'Apostolo: E subentrò la legge perché abbondasse il peccato: infatti dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia. ( Rm 5,20 )
Ecco: proprio questo fa la grazia, che compiano il bene coloro che hanno fatto il male e non che persistano nel male, aspettando che sia corrisposto loro il bene.
Non debbono dire: Facciamo il male perché ne venga il bene, ma: Abbiamo fatto il male ed è sopraggiunto il bene; adesso facciamo il bene affinché nel secolo futuro riceviamo bene per bene, noi che in questo riceviamo bene per male.
Per questo nel Salmo è scritto: Io canterò a te la tua misericordia e il tuo giudizio, Signore. ( Sal 101,1 )
Prima dunque il Figlio dell'uomo è venuto nel mondo non per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui; ( Gv 3,17 ) e questo lo si deve alla misericordia.
Però, successivamente, si dovrà al giudizio se egli verrà a giudicare i vivi ed i morti; per quanto anche in questo nostro tempo la salvazione stessa non avviene senza un giudizio, solo che esso resta occulto.
Perciò dice: Sono venuto in questo mondo per il giudizio, affinché quelli che non vedono, vedano, e quelli che vedono divengano ciechi. ( Gv 9,39 )
Dunque richiamatevi alla mente gli occulti giudizi di Dio, quando vedete che in una causa identica, quale è certamente quella di tutti i bambini che traggono il male ereditario da Adamo, uno riceve il soccorso di essere battezzato, l'altro no, e muore nel vincolo di quel male.
Inoltre, Dio vede nella sua prescienza che un battezzato sarà un empio, eppure costui è lasciato in questa vita; un altro battezzato invece è strappato da questo mondo affinché la malizia non cambi la sua mente. ( Sap 4,11 )
In questi casi non attribuite l'ingiustizia o l'insipienza a Dio, presso il quale si trova la fonte della giustizia e della sapienza; ma come vi ho esortato fin dall'inizio di questo discorso,1 camminate lì dove siete giunti, e Iddio vi concederà la rivelazione anche su questo, ( Fil 3,15.16 ) se non in questa vita, certamente nell'altra.
Infatti non ci sarà cosa occulta che non sarà rivelata. ( Mt 10,26 )
Dunque quando udite il Signore che dice: Sono io, il Signore, che ho sviato quel profeta, ( Ez 14,9 ) e le parole dell'Apostolo: Ha misericordia di chi vuole e indurisce chi vuole, ( Rm 9,18 ) credete pure che se egli permette che uno sia sviato o indurito, costui ha meritato nel male; se invece di un altro ha pietà, riconoscete in questo con fede e sicurezza la grazia di Dio che rende non male per male, ma bene per male.
Eppure non dovete sottrarre al Faraone il libero arbitrio per il fatto che in molti punti Dio dice: Io ho indurito il Faraone; Ho indurito, oppure: Renderò duro il cuore del Faraone. ( Es 4,21; Es 7,3; Es 9,12; Es 10, 20.27 )
Malgrado queste espressioni, non possiamo negare che Faraone stesso indurì il suo cuore.
Infatti si legge proprio così di lui quando furono eliminati dall'Egitto i tafani, perché la Scrittura dice: E anche questa volta il Faraone indurì il suo cuore e non volle lasciare andare il popolo. ( Es 8,28 )
Allora da una parte fu Dio che indurì quel cuore attraverso un giusto giudizio, dall'altra fu il Faraone stesso ad indurirlo attraverso il libero arbitrio.
Perciò state certi che non sarà vana la vostra fatica, se progredendo nel proposito buono saprete perseverare fino alla fine.
Infatti Dio, che ora non retribuisce secondo le loro opere coloro che libera, allora renderà a ciascuno secondo le sue opere. ( Mt 16, 27 )
Sicuramente Dio renderà anche male per male, perché egli è giusto; e bene per male perché egli è buono; e bene per bene perché è buono e giusto; non sarà possibile soltanto che renda male per bene perché non è ingiusto.
Renderà dunque male per male, castigo per ingiustizia; e renderà bene per male, grazia per ingiustizia; e renderà bene per bene, grazia per grazia ( Gv 1,16 )
Rifatevi continuamente a questo libro, e se comprendete ringraziate Dio; nei punti in cui non comprendete, pregate di comprendere: il Signore infatti vi concederà l'intelligenza.
Ricordate che sta scritto: Se qualcuno di voi manca della sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti in abbondanza e non rimprovera, e gli sarà data ( Gc 1,5 )
Questa appunto è la sapienza che discende dall'alto, come dice lo stesso apostolo Giacomo.
Ma scacciate dal vostro animo e pregate di non racchiudere in voi quella sapienza che egli abomina, quando dice: Se avete amara invidia e discordie fra di voi, non è questa la sapienza che discende dall'alto, ma è quella terrena, animale, diabolica.
Dove infatti c'è invidia e discordia, lì c'è disordine e ogni opera cattiva.
Ma la sapienza che discende dall'alto, in primo luogo certamente è pudica, poi pacifica, clemente, conciliante, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza simulazione. ( Gc 3,14-17 )
Quale bene dunque non avrà chi chiederà e otterrà dal Signore questo genere di sapienza?
E anche di qui riconoscete la grazia, perché se questa sapienza venisse da noi non verrebbe dall'alto e non dovrebbe essere richiesta proprio a quel Dio che ci ha creato.
Fratelli, pregate anche per noi, affinché viviamo con temperanza, pietà e giustizia in questo tempo aspettando quella speranza beata, e la manifestazione del Signore e del Salvatore nostro Gesù Cristo, ( Tt 2,12-13 ) a cui appartiene l'onore, la gloria e il regno con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.
Amen.
Indice |
1 | 1,1 |